TECCE, Giorgio. –
Nacque a Napoli il 13 aprile 1923 da Raffaele, avvocato, e da Ines Venier.
Il padre morì prematuramente, nel 1925. La madre, insegnante di lingue straniere, era di origine veneziana, ma i suoi genitori si erano trasferiti a Roma. Dopo la morte del marito vi si spostò anche lei, insieme ai tre figli: Tommaso, il maggiore, Giorgio, ed Emilia, la figlia minore.
Conseguita la maturità classica, Tecce si laureò in chimica nel novembre del 1946, presso l’Università degli studi di Roma (oggi Sapienza Università di Roma). Fin dagli inizi ebbe un forte interesse per la biochimica e la microbiologia. Nel novembre del 1947 fu nominato assistente volontario presso l’istituto di fisiologia generale della stessa università, e tra il 1948 e il 1950 pubblicò i suoi primi lavori scientifici. Nello stesso periodo fece parte del Seminario biologico Roberto Damiani, una struttura informale sorta nel 1944-45, composta per lo più da studenti interni degli istituti biologici dell’Università di Roma, e finalizzata a rinnovare e internazionalizzare gli studi biologici italiani dopo l’isolamento culturale del periodo fascista (Cassata, 2008, p. 61 e nota). Ne facevano parte altri futuri ricercatori con cui Tecce ebbe legami politici e scientifici, come Giorgio Morpurgo e Maria Antonietta Spadoni.
Nel luglio del 1951 Tecce sposò Vanda Morello, dalla quale ebbe due figli: Francesca e Marco.
Nell’anno accademico 1952-53 divenne assistente incaricato dell’insegnamento di chimica delle fermentazioni (dal 1956-57 chimica delle fermentazioni e batteriologia industriale) nella facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Roma. Tecce appartenne al gruppo di scienziati che negli anni Cinquanta lavorava per introdurre nelle università italiane le nuove conoscenze sulla struttura del DNA e poi sulla espressione genica e l’induzione enzimatica. Il suo corso di chimica delle fermentazioni si distaccava dal tradizionale interesse per le fermentazioni classiche o per gli aspetti industriali della produzione di alcol etilico o di acido citrico per volgersi al metabolismo microbico. Si erano perfezionate in quegli anni anche tecniche quali la microscopia elettronica e l’ultracentrifuga analitica, e si sviluppava la collaborazione con i fisici, in particolare con Mario Ageno. Il metabolismo degli zuccheri, e in particolare dei pentosi nei batteri, fu uno dei suoi primi oggetti di ricerca (Frontali, 2017, p. 2). Nel 1955 ottenne la libera docenza in chimica delle fermentazioni e subito dopo vinse il concorso per assistente ordinario presso la cattedra di fisiologia generale, materia di cui fu incaricato presso la facoltà di scienze dall’anno accademico 1958-59; avrebbe mantenuto entrambi gli insegnamenti fino all’anno accademico 1968-69, quando fu nominato professore straordinario di biologia molecolare, poi ordinario nel 1973. Dal 1958 gli fu affidata la direzione dell’istituto di fisiologia generale della stessa facoltà.
Nei primi anni Sessanta, un’importante linea di attività fu lo studio dei microrganismi termofili, di cui si ricercavano le modalità di funzionamento della sintesi di proteine e di acidi nucleici a temperature di 70 °C e oltre. Dalla fine degli anni Sessanta, poi, Tecce e i suoi allievi svilupparono un’ulteriore linea di ricerca di grande interesse, e di notevole importanza a livello internazionale, sulla presenza nei mitocondri di un genoma autonomo da quello del nucleo cellulare. Questa ricerca, effettuata nel lievito modello Saccharomyces cerevisiae, produsse una delle prime dimostrazioni dell’esistenza di un DNA mitocondriale. L’informazione genetica in esso contenuta risultò necessaria per la sintesi proteica che aveva luogo nei mitocondri e che determinava la sintesi di varie subunità degli enzimi della catena respiratoria terminale (citocromi). La perdita in tutto o in parte di questo DNA determinava dunque la perdita della capacità di respirare. Queste linee di ricerca rappresentavano la direzione di sviluppo degli interessi scientifici di Tecce e dei suoi allievi, e nel 1970 furono alla base dell’istituzione del Centro di studio sugli acidi nucleici del Consiglio nazionale delle ricerche, che ebbe la sua prima sede presso la facoltà di scienze dell’Università di Roma e che fu da lui promosso e diretto.
La produzione scientifica di Tecce diede luogo alla pubblicazione di una sessantina di articoli scientifici dal 1948 al 1972 e si interruppe nei primi anni Settanta per la prevalenza assunta nella sua attività dalle responsabilità istituzionali e dagli impegni di notevole rilevanza politica a essi collegati. Eletto una prima volta preside della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali nel 1973, succedeva a Giuseppe Montalenti. Nel giugno del 1975 lasciò la presidenza, e a completare il triennio gli subentrò il fisico Carlo Bernardini; nel 1976 fu rieletto e rimase in carica fino al 1988. Da preside, Tecce si trovò a collaborare con due rettori provenienti dalla facoltà di ingegneria, Giuseppe Vaccaro (1973-76) e Antonio Ruberti (1976-87), espressi dallo schieramento accademico progressista del quale lui stesso faceva parte.
Giunse alla guida della facoltà di scienze in un periodo molto complicato: le proteste giovanili della seconda metà degli anni Sessanta avevano portato alla liberalizzazione dell’accesso all’università determinando un fortissimo aumento della popolazione studentesca, e avevano investito anche il mondo della ricerca, aprendo un periodo di conflittualità con i ricercatori più giovani. Gli atenei avevano moltiplicato il numero degli iscritti, che a livello nazionale era passato dai 500.000 del 1968-69 agli 840.000 del 1973-74, per superare un milione di studenti nel 1978-79 (dati ISTAT).
L’aumento degli iscritti era stato particolarmente accentuato nell’Università di Roma, che già negli anni Settanta aveva superato i 100.000 studenti, per giungere ai 180.000 negli anni Ottanta e Novanta. Nel 1972 il Parlamento aveva approvato l’istituzione a Roma di un secondo ateneo statale, con sede a Tor Vergata. Il corpo docente della seconda università, che iniziò lo svolgimento dell’attività didattica nel 1982, era formato da un nucleo iniziale proveniente da La Sapienza (come Ruberti volle denominarla nel 1980 per distinguerla dal nuovo ateneo). Di quest’ultima venivano perciò acuiti i disagi, in un quadro generale caratterizzato dallo scarso incremento delle risorse per l’università e la ricerca, a fronte di un’inflazione con percentuali a due cifre. I problemi della Sapienza erano visti dall’opinione pubblica come un paradigma di quelli più generali dell’università italiana, e la loro risonanza si accentuò con la nuova ondata di proteste studentesche del 1977-78, che vide la città universitaria romana teatro di gravi incidenti in occasione di un comizio del segretario della Confederazione generale del lavoro Luciano Lama. Nel 1980, poi, le Brigate rosse assassinarono il giurista Vittorio Bachelet all’interno della stessa città universitaria.
Le linee di intervento sostenute da Tecce erano basate sull’ampliamento della docenza, sulla richiesta di un significativo incremento delle risorse finanziarie, e sul raggiungimento di una reale autonomia dell’università. Questa strategia era sostanzialmente convergente con quella di Ruberti, che nel suo doppio ruolo di rettore e di uomo politico riuscì a far approvare la legge 382 del 1980, che tra l’altro riordinava la docenza universitaria e istituiva il ruolo dei ricercatori (Gori Giorgi, 2017). Come preside della facoltà di scienze, Tecce partecipò attivamente al dibattito politico sia all’interno dell’ateneo, sia a livello nazionale, e alla luce della nuova legge promosse la riorganizzazione della facoltà, passando dai vecchi istituti a una nuova struttura basata sui dipartimenti. Si interessò inoltre di diffusione della cultura scientifica, collaborando a varie iniziative editoriali e promuovendo il rinnovamento della didattica delle scienze, sia a livello universitario, sia negli altri ordini e gradi dell’istruzione. Va inserito in questo quadro anche il suo sostegno agli studi sulla storia delle discipline scientifiche.
Nel 1981 fu indicato dal Partito comunista come consigliere di amministrazione della RAI, incarico che mantenne fino al 1985, quando lo stesso partito lo candidò al Consiglio regionale del Lazio. Continuò tuttavia a insegnare, partecipando attivamente alla vita della Sapienza, e fu insignito dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e della medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte. Tecce era capogruppo consiliare del gruppo misto, quando nel 1988 decise di candidarsi per l’elezione a rettore. Dopo la nomina a ministro nel luglio del 1987, infatti, Ruberti aveva abbandonato la carica, e nel giugno del 1988 si era dimesso per motivi di salute il suo successore, lo storico Giuseppe Talamo, espressione della stessa coalizione accademica, dalla quale, secondo quanto riferito dai giornali dell’epoca, Tecce si era nel frattempo staccato. Lo schieramento che aveva sostenuto Talamo presentò allora il linguista Tullio De Mauro, avendo come concorrenti lo stesso Tecce e il preside della facoltà di economia Ernesto Chiacchierini, sostenuto dalla Democrazia cristiana. Tecce prevalse al ballottaggio, contro De Mauro, per quasi 200 voti. Il punto programmatico centrale della sua candidatura era il rigetto dell’ingerenza dei partiti nella vita dell’ateneo, ed era stato in effetti il solo candidato a non avere il sostegno di alcun partito politico.
Fu determinante nel suo successo l’appoggio della grande maggioranza dei professori associati, che si erano astenuti nelle tornate precedenti chiedendo maggiori diritti e tutele rispetto ai professori ordinari, e della facoltà di medicina, interessata ad affermare l’autonomia nella gestione del Policlinico. Come rettore Tecce dovette subito affrontare le proteste degli studenti del movimento ‘della pantera’, nel 1989; negli anni Ottanta e Novanta, inoltre, alcune facoltà furono coinvolte nello scandalo di ‘Esamopoli’ (corruzione per registrare come superati esami mai sostenuti), e nel maggio del 1997 fu assassinata la studentessa Marta Russo; in entrambi i casi Tecce riuscì a circoscrivere le vicende giudiziarie, evitando che si riflettessero sulla reputazione dell’intero ateneo. Fonte di gravi problemi furono invece le questioni legate alla gestione del Policlinico, il cui rapporto con la Regione Lazio era reso particolarmente complesso dal regime giuridico introdotto dalla legge 502 del 1992 (Graziano, 2006), e dalle questioni relative ad assunzioni e promozioni. Per tali vicende nel 1995 fu messo sotto inchiesta dalla magistratura e dalla Corte dei conti, e fu convocato, insieme al preside della facoltà di medicina, Luigi Frati, dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla sanità, presieduta da Claudio Martelli. Per le vicende del Policlinico sarebbe stato infine multato dalla Corte dei conti nel 2003.
Verso la fine del suo ultimo mandato come rettore Tecce volle contrastare lo smembramento della Sapienza previsto dalla legge sui ‘mega-atenei’, scontrandosi con il ministro Luigi Berlinguer e con la quasi totalità del Senato accademico, che in tale smembramento vedeva un’opportunità per ridefinire i rapporti fra le diverse anime dell’ateneo (fu definito dalla stampa ‘il cartello dei presidi’). Non più sostenuto dalla facoltà di medicina, della quale aveva ostacolato lo sdoppiamento, nell’ottobre del 1997 Tecce non riuscì ad arrivare al ballottaggio. Nonostante le vicende degli ultimi anni di rettorato, tuttavia, era ancora molto apprezzato. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi avrebbe scritto, in occasione della sua scomparsa: «Lo ricordiamo per la grande passione civile e lo straordinario impegno in favore della ricerca scientifica come fondamento di una società più avanzata, più giusta e più solidale».
Collocato a riposo nel 1998, per raggiunti limiti di età, si spense a Roma il 21 gennaio 2006.
Fonti e Bibl.: Non essendo ancora possibile consultarne il fascicolo personale, conservato nell’Archivio della Sapienza Università di Roma, le notizie relative alla carriera e all’attività scientifica di Giorgio Tecce sono state tratte dagli Annuari dell’università, dalla stampa quotidiana, dai verbali del consiglio della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali e dalle banche dati bibliografiche OPAC-SBN e Semantic Scholar, https:// www.semanticscholar.org/author/Giorgio-Tecce/5328502. Cfr. inoltre: per notizie che contestualizzino la sua formazione, F. Cassata, Le due scienze. Il «caso Lysenko» in Italia, Torino 2008, pp. 52-75; sull’approccio didattico, L. Frontali, My life with yeast, in FEMS Yeast Research, 2017, vol. 17, n. 1, https://academic. oup.com/femsyr/article/17/1/fow107/2670562 (1° maggio 2019); sul contesto in cui svolse la sua attività come preside e poi come rettore, C. Gori Giorgi, Ruberti, Antonio, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXXIX, Roma 2017, pp. 30-33; sul Policlinico Umberto I, Commissione parlamentare d’inchiesta sulle strutture sanitarie (seduta del 31 maggio 1995, 17° resoconto stenografico), Audizione del rettore dell’Università di Roma “La Sapienza” […], e del preside della facoltà di medicina […], Senato della Repubblica, XII legislatura, Roma 1995, e G. Graziano, L’Azienda Policlinico e il suo inserimento nel SSN, in Il Policlinico Umberto I. Un secolo di storia, a cura di C. Serarcangeli, Roma 2006, pp. 359-372. Si deve a Laura Frontali una breve memoria inedita sulle linee di ricerca seguite da Tecce e dai suoi allievi.