SOMMARIVA, Giorgio.
– Nacque probabilmente a Verona attorno al 1435, da Giovanni e da Grandillia dal Brolo. La famiglia paterna possedeva fortune cospicue, e il padre ricoprì incarichi politici di rilievo (fu vicario e podestà a più riprese).
Nel 1461 si sposò con Lucia Frisoni (da cui ebbe i figli Giovanni, Girolamo, Leone e Bianca) e alla morte del padre (tra il 1462 e il 1463) si trovò ad amministrarne i beni e a far da tutore ai fratelli Pierfrancesco e Bernardino. Alla fine del 1467 iniziò la carriera politica: fu membro del Consiglio dei Dodici e dei Cinquanta (1468, 1469); sovrastante alla bolla delle Commissioni (1469); funzionario nella curia del Podestà (1469-70). Il 25 novembre 1471 venne nominato provvisore delle fortificazioni del Veronese, con stipendio di 120 ducati annui: a questo incarico si dedicò con scrupolo e determinazione e, nel febbraio 1478, riuscì ad associarsi il primogenito Giovanni, che ottenne uguale salario e diritto di subentrare al padre.
Al 1479 risale un episodio violento che determinò il successivo corso della sua esistenza: con la complicità di Troilo e Andriano, figli di Francesco da Faenza, Sommariva fece rapire Iacopa Bontempi e la unì in matrimonio al figlio Giovanni nonostante fosse già sposata a Lodovico di Nicolò Brenzoni. La vicenda portò a un processo che si concluse nel gennaio del 1480 con una sentenza assai dura: Sommariva fu condannato al pagamento di multe ingenti, perse il proprio incarico e fu bandito da Verona. Passato a Treviso, si diede da fare per rientrare nelle grazie del governo veneziano: da allora, come testimoniano quasi tutte le opere andate a stampa, non perse mai l’occasione per ribadire la propria fedeltà a Venezia e per metterne in rilievo la funzione di baluardo della cristianità. Il suo comportamento e le amicizie su cui poteva ancora contare gli guadagnarono un alleggerimento della pena: pur senza revocare il bando, la Repubblica lo nominò infatti governatore di Gradisca d’Isonzo nel marzo del 1482, con stipendio di 72 ducati annui. A Gradisca Sommariva si adoperò per la costruzione di opere pubbliche (soprattutto difensive), e lo zelo dimostrato nel nuovo incarico valse a lui e al figlio, nell’ottobre del 1485, la reintegra nella carica di provvisore e delle fortificazioni del Veronese. Ma anche questa volta la Repubblica non revocò il bando, tanto che Sommariva dettò il proprio testamento – scritto parte in terzine e parte in prosa – dalla casa di Gradisca il 21 maggio 1488.
Poco più tardi decadde dalla carica di governatore, e dal 1492 (ma forse da prima) fu a Venezia: a questa nuova fase del suo esilio risalgono gli opuscoli d’interesse storico legati soprattutto alla spedizione di Carlo VIII in Italia. In tutti questi scritti Sommariva alluse ripetutamente alla propria penosa situazione di esule e al desiderio di essere liberato dal bando. Il che accadde finalmente, a quanto sembra, il 30 novembre 1498: rientrato a Verona, Sommariva non ebbe altri incarichi pubblici; fece di nuovo testamento il 18 maggio 1500 (la notizia, pur di seconda mano, pare attendibile) e risulta defunto all’altezza dell’estimo del 1502 (si ignora l’esatta data di morte).
L’opera di Sommariva attende tutt’ora uno studio accurato dopo i lavori fondamentali di Vittorio Mistruzzi. Dati nuovi potranno emergere anzitutto da una sistematica esplorazione dei materiali manoscritti, in specie quelli depositati alla Biblioteca civica di Verona: il ms. 1657 contiene, per esempio, tra l’altro una serie di abbozzi poetici di grande interesse ma di difficile decifrazione che occorrerà prima o poi esaminare da vicino. Gli scritti attualmente noti di Sommariva, non sempre databili con precisione, sono ripartibili in tre settori principali: poesia lirica, volgarizzamenti, poesia storica e storico-satirica (vanno aggiunti, in posizione più defilata, alcuni testi in prosa di carattere latamente tecnico-amministrativo, legati all’attività professionale). Il Sommariva lirico – poeta sgraziato e deferente ai grandi modelli di Petrarca e Dante – è quasi tutto consegnato agli ottantaquattro testi, in gran parte sonetti, copiati da Felice Feliciano nel codice Ottelio 10 della Biblioteca civica di Udine (rime d’amore per la veneziana Loredana Loredan e la veronese Angela Maffei, rime in morte di Costanza Cavalli, rime di corrispondenza e rime erotiche composte per conto di altri). Il grosso dell’esperienza lirica di Sommariva può dirsi chiuso al principio degli anni Sessanta, e al 1461 risalgono anche i notevolissimi sonetti dialettali (certamente suoi 17 in veronese rustico e 3 in bergamasco; altri ancora, pavani, potrebbero forse essergli attribuiti) che ne fanno un precursore della letteratura pavana e dello stesso Ruzzante, e che sono tramandati dal codice Ottelio e in parte dal Vaticano Rossiano 1117 (anch’esso di mano di Feliciano, come ha mostrato Andrea Comboni). Altri testi in versi saranno poi pubblicati tra il 1495 e il 1500 (Vivande pitagoriche, Salatuzza di virtù).
Del 1470 è la traduzione in terzine della Batracomiomachia pseudomerica, stampata qualche anno più tardi (verosimilmente attorno al 1475) e sopravvissuta in un solo esemplare ora alla John Rylands Library di Manchester; a cinque anni più tardi data la traduzione, anch’essa in terzine, delle Satire di Giovenale, presentata al doge Pietro Mocenigo nell’elegante codice di dedica ora Marciano it. IX.66 (il testo fu stampato nel 1480 e poi varie volte nel secolo successivo): prima nel suo genere, prolissa e coriacea, punteggiata di dialettalismi, la versione sommariviana di Giovenale è all’origine della tradizione satirica italiana in terzine, e fu senz’altro presente a Niccolò Lelio Cosmico, Antonio Vinciguerra e Ariosto.
Tra gli scritti storico-politici spiccano i violenti libelli antisemiti: quelli sulla vicenda di Simone Lomferdorm (poi venerato come beato Simonino da Trento) stampati a Verona attorno al 1478 (Deploratio) e a Treviso nel 1480 (Ecco il Martyrio); e quelli su un’altra presunta vittima degli omicidi rituali ebraici, il fanciullo morto a Portobuffolè che Sommariva chiama con le fonti coeve Sebastiano novello (Martyrium Sebastiani novelli ed Eulogio, stampati a Treviso rispettivamente nel 1480 e 1484). Continua in questi scritti il largo impiego delle terzine, utilizzate non solo per illustrare le vicende dei due infanti martirizzati, ma persino per ricapitolare le sentenze emesse contro gli ebrei.
Allo stesso torno di anni risale la Cronicheta e ricordo de alcune cose natabili de Verona (1478), che contiene importanti notizie economiche e militari sulla città e il suo circondario (interessanti in tal senso anche le relazioni riportate alla luce da Andrea Ferrarese, relative alla disastrosa rotta del canale Castagnaro, alle sue conseguenze e alle opere di manutenzione necessarie a scongiurare future alluvioni). Di scarsa originalità sono invece i libelli antifrancesi pubblicati tra il 1495 e il 1496 a seguito della discesa di Enrico VIII in Italia: si ricordano la Sacrosanta admonitione facta al Dominio Illustre fiorentino (1495); la In Gallos exhortatio (1495); il Processo contra el Re di Gallia (1495); la Cronaca volgare delle cose geste nel Regno napoletano (1496); Del mal franzoso (1496). Quasi tutti scritti in terzine o sotto forma di corona di sonetti, sono testi compilativi o derivanti dalla messa in versi di documenti ufficiali (come ha dimostrato Mistruzzi).
Opere. Oltre ai testi tramandati dai mss. Udine, Biblioteca civica, Ottelio X e Città del Vaticano, Biblioteca apostolica, Rossiano 1117, sono andati a stampa: Batracomyomachia (volgarizzamento), Venezia, N. Jenson, ca. 1475; Deploratio spectabilis et clarissimi Georgii Summarippa Veronensis ob conversationem non nullorum cristianorum cum perfidis iudeis non obstante martirio beati Simonis Tridentini ..., s.n.t. (ma Verona, dopo il 20 giugno 1478); Satire (volgarizzamento), Treviso, M. Manzolo, 1480; Ecco il Martyrio cum tutto il processo formato in Trento pel novel Symone, Treviso, B. Celeri, 1480; Eulogio. Sentenza contra gli hebrei, Treviso, B. Celeri, 1480; Martyrium Sebastiani novelli, Treviso, B. Celeri, 1480; Eulogio. Sentenza contra gli hebrei, Treviso, B. Celeri, 1480; Questo è il secondo eulogio e la sentenza contra gli hebrei che Sebastian novello occise..., Treviso, M. Manzolo, 1484; Vivande pitagoriche, Venezia, C. Botti, ca. 1495; Quivi è la Sacrosanta admonitione fatta al Dominio Illustre Fiorentino..., Venezia, C. Botti, 1495; Georgi Summarippa Veronensis Patricii In Gallos exhortatio, Venezia, C. Botti, 1495 e Venezia, P. Quarenghi, 1495; Processo contra el Re di Gallia, Venezia, C. Botti, 1495; Questo è il breve apostolicho eminente che illustra el duce Agustin Barbadicho, Venezia, C. Botti, 1495; Questo è il processo contra el Re di Gallia, Venezia, C. Botti, 1495; Cronaca volgare in terza rima delle cose geste nel Regno napoletano dal 537 al 1495, Venezia, C. Botti, 1496 e Venezia, G.M. Bonelli, 1496; Del mal franzoso, Venezia, C. Botti, 1496; Salatuzza di virtù, Venezia s.n.t. (1495-1500). Per descrizioni accurate delle stampe e censimento degli esemplari vedi Indice generale degli incunaboli, IV, nn. 9094-9107, e Gesamtkatalog der Wiegendrucke, M44450-M44481 passim, con pareri talvolta discordanti sulla paternità delle stampe prive di note tipografiche.
Fonti e Bibl.: Per le fonti si ricorra al primo dei due articoli di V. Mistruzzi citati infra. V. Rossi, Poesie storiche sulla spedizione di Carlo VIII in Italia, Venezia 1887; C. Cipolla, La relazione di G. S. sullo stato di Verona e del veronese (1478), in Nuovo Archivio Veneto, VI (1893), 1, pp. 161-214; C.G. Fabris, Sonetti villaneschi di G. S., Udine 1907; V. Mistruzzi, G. S. Rimatore veronese del secolo XV (Parte I. Vita e opere), in Archivio veneto-tridentino, VI (1924), 11-12, pp. 115-202; Le poesie storiche, ibid., VII (1925), pp. 112-197; V. Rossi, Il Quattrocento, Milano 1938, p. 247; C. Dionisotti, Tradizione classica e volgarizzamenti, in Id., Geografia e storia della letteratura italiana, Torino 1967, p. 129; A. Balduino, Le esperienze della poesia volgare, in Storia della cultura veneta, III, 1, Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, a cura di G. Arnaldi, M. Pastore Stocchi, Vicenza 1980, p. 345; M. Milani, Le origini della poesia pavana e l’immagine della cultura e della vita contadina, ibid., p. 385; Rimatori veneti del Quattrocento, a cura di A. Balduino, Padova 1980, pp. 85-89; A. Comboni, Dittico «villanesco», in Studi in onore di Ugo Vaglia, Brescia 1989, pp. 19-27; Id., Una nuova antologia poetica del Feliciano, in L’“Antiquario” Felice Feliciano veronese tra epigrafia antica, letteratura e arti del libro, Padova 1995, pp. 161-176; M. Spiazzi, Gli opuscoli antisemiti di G. S. (1474-1484). I casi di Trento e Portobuffolè, Negarine di San Pietro in Cariano 1995; M. Milani, Antiche rime venete, Padova 1997, pp. 55-101; A. Corsaro, La regola e la licenza. Studi sulla poesia satirica e burlesca fra Cinque e Seicento, Manziana 1999, pp. 39-42; A. Robin, Les sonnets rustiques véronais de G. S. (vers 1470-1490), in P.R.I.S.M.I. La Reinassance italienne. Images et relectures, III (2000), pp. 45-57; B. Frale, Come Romeo e Giulietta. Un famoso scandalo veronese al tempo di papa Sisto IV, in Medioevo. Studi e documenti, II (2007), pp. 193-224; A. Ferrarese, Due relazioni inedite di G. S. sulla rotta del Castagnaro, in Quaderni della Bassa Veronese, II (2008), pp. 97-116; D. Pescarini, La lingua di un poeta veronese del XV secolo: G. S., in Tra lingua e dialetto, Padova 2010, pp. 143-148; L. D’Onghia, Quattrocento sperimentale veneto: un diagramma e qualche auspicio, in Quaderni veneti, n.s., I (2012), 1, pp. 90-94; Id., I sonetti bergamaschi di G. S., in «Una brigata di voci». Studi offerti a Ivano Paccagnella per i suoi sessantacinque anni, Padova 2012, pp. 183-196; A. Comboni, G. S., in Atlante dei Canzonieri del Quattrocento, Firenze 2017, pp. 692-695; I. Campeggiani, I pericoli del matrimonio. Qualche tessera per la satira V di Ariosto (senza dimenticare le altre), in Il dialogo creativo. Studi per Lina Bolzoni, Lucca 2018, pp. 281-286.