LEVI, Giorgio Renato
Nacque a Ferrara il 27 maggio 1895 da Lamberto e Bice Cattelan. Dopo aver compiuto gli studi secondari, si iscrisse alla facoltà di scienze dell'Università di Padova, dove erano allora dominanti le figure di Giuseppe Bruni e Carlo Sandonnini. Fu Bruni a scoprire il suo precoce e insolito talento scientifico: appena diciannovenne il L. pubblicò infatti il suo primo lavoro, di orientamento mineralogico. In seguito, un anno prima della laurea, Bruni gli affidò una difficile ricerca sui cloriti, che fu pubblicata nel 1915 (a nome del L. e di Bruni) nella Gazzetta chimica italiana (Acido cloroso e cloriti, vol. 45, parte II, pp. 161-179). Il L. si laureò in chimica il 15 giugno 1916, con una tesi sugli ammoniacati dei sali d'argento da cui ricavò tre articoli pubblicati sugli Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti (Sugli ammoniacati dei sali di argento, XLVI [1916], parte II, pp. 17-42, 235-246; XLVII [1917], parte I, pp. 259-272). Lo scoppio della prima guerra mondiale distolse il L. dalla carriera accademica e lo portò a dare il proprio contributo alla produzione bellica.
Egli trovò un impiego nel laboratorio di ricerche della Società italiana prodotti esplodenti (SIPE) di Cengio, di proprietà di Federico Quartieri, che aveva voluto Ettore Molinari, il più noto e avanzato fra i chimici industriali italiani, a dirigere i suoi stabilimenti. Il responsabile diretto delle ricerche del L. era Emilio Noelting, un chimico di vaglia che in Germania aveva diretto fin dal 1880 l'importante scuola di chimica di Mulhouse, ed era stato espulso nell'estate del 1915 dalle autorità tedesche. Il tirocinio professionale del L. si realizzò quindi in un contesto caratterizzato sia dalle necessità ineludibili della guerra, sia dall'elevato livello scientifico-tecnologico dell'impresa in cui era stato chiamato a lavorare. È di quegli anni la sua messa a punto di un metodo per la produzione di benzidina che coinvolgeva nel processo due sottoprodotti industriali, l'idrogeno proveniente dalle lavorazioni per la soda caustica, e l'ossido di ferro, residuo della preparazione dell'anilina.
Il 1° genn. 1919 si trasferì alla Italica di Rho, una delle pochissime imprese produttrici di coloranti sintetici in Italia con l'incarico di direttore del laboratorio di ricerche sui coloranti azoici; vi rimarrà fino al 31 genn. 1921, compiendo ricerche in parte coperte da segreto industriale e in parte pubblicate fra il 1921 e il 1922 nel Giornale di chimica industriale e applicata (Sulla separazione degli acidi beta-naftilamin monosolfonici, III [1921], pp. 97-101; Determinazione volumetrica degli acidi amidonaftol mono e di-solfonici, pp. 297-302; Coloranti derivati dalla deidrotioparatoluidina e dalle due primuline e loro affinità per cotone, IV [1922], pp. 62 s.). Nel frattempo maturarono le condizioni per un suo ritorno all'università.
Nel febbraio 1920 il Comitato scientifico tecnico italiano gli conferì una borsa di studio e il 16 ottobre dello stesso anno fu nominato assistente di ruolo alla cattedra di chimica generale ed analitica, tenuta da Bruni presso l'Istituto tecnico superiore (Politecnico) di Milano. Nel 1921 ebbe la libera docenza in chimica generale. Poco dopo, e in modo insolito, si aprì per il L. un nuovissimo filone di ricerca.
Nel 1922 il governo italiano aveva dato al Comitato nazionale scientifico tecnico l'incarico di curare le ordinazioni a imprese tedesche in conto di riparazioni belliche di apparecchi scientifici. Fu lo stesso Bruni ad affermare che, salvo l'iniziativa della fondazione della nuova struttura di ricerca, tutto l'ingente lavoro di messa a punto della strumentazione e quello effettivo di indagine strutturale fosse affidato al Levi.
Sin dall'inizio della nuova attività di ricerca il L. ebbe con sé allievi eccezionali del livello di Giulio Natta, Adolfo Quilico e Adolfo Ferrari.
La collaborazione con questi studiosi, prima allievi e poi colleghi, non si limitò alla strutturistica: con Natta studiò la stabilità delle soluzioni dei cloriti alcalini (1923) e con Quilico l'azione dei solfiti sul beta-nitro-naftalene (1925). La determinazione della struttura di parecchi elementi metallici e di numerosi composti inorganici fu accompagnata dalla trattazione di alcuni problemi di interesse chimico, come la non esistenza del sottossido di argento (con Quilico, 1924) e le proprietà delle soluzioni solidi di elementi a valenza diversa (lavoro che pubblicò con Bruni: Soluzioni solide di composti di elementi di valenza diversa, in Atti dell'Accademia nazionale dei Lincei. Rendiconti, XXXIII [1924], parte II, pp. 377-384). Secondo la testimonianza di Adolfo Quilico, grande chimico organico, tra i suoi allievi di maggior successo, il L. aveva una particolare abilità nello scoprire precoci vocazioni chimiche.
La mole di articoli prodotti nell'ambito del laboratorio di strutturistica con i raggi X consentì al L. di classificarsi secondo in un concorso per cattedra a Pisa nel 1926. Fu quindi chiamato all'Università di Milano, dove a partire dal 1° genn. 1927 coprì la cattedra di chimica fisica nella facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali. La facoltà, di nuovissima formazione, consentì al L. di impegnarsi in prima persona nell'organizzazione degli insegnamenti e dei laboratori di chimica. Nella sede milanese il L. proseguì le sue ricerche di cristallografia con i raggi X, affiancato nel 1930 da Delfina Ghiron e nel 1935 da Giorgio Peyronel. Una ricca documentazione delle tecniche e degli strumenti in uso nel laboratorio di strutturistica con i raggi X del Politecnico di Milano fu fornita dallo stesso L. in Lo studio delle sostanze cristalline coi raggi X e le sue applicazioni chimiche (in La Chimica e l'industria, VII [1925], pp. 78-89). Tuttavia, il clima accademico milanese non soddisfaceva completamente il L., che riuscì a ottenere il trasferimento all'Università di Pavia, dove andò a ricoprire l'insegnamento di chimica generale e organica dal 29 ott. 1936.
In questo periodo fu provato da una grave perdita familiare: la moglie Paola Vivante (da cui aveva avuto due figli, Paolo, nato il 31 genn. 1932, e Franco, nato il 9 genn. 1935) morì nel giugno 1938 e nell'autunno del 1938 si abbatterono su di lui le conseguenze delle leggi razziali per le quali fu "dimesso dal servizio".
Mentre ancora venivano avviate le usuali pratiche burocratiche per il pensionamento, il L. fu chiamato a lavorare in Olanda, presso i laboratori della Philips a Eindhoven, dal chimico Anton Eduard van Arkel. Ma, dopo un breve soggiorno a Basilea, dove il 5 genn. 1939 sposò Delfina Ghiron, nel febbraio successivo il L. raggiunse il Brasile. Integratosi perfettamente nel nuovo contesto professionale, fondò a San Paolo un laboratorio di ricerche e analisi per conto delle Indústrias reunidas fábricas Matarazzo (IRFM), un vero impero industriale, un conglomerato di imprese cresciuto nei primi decenni del Novecento sotto la guida di Francesco Matarazzo, italiano emigrato in Brasile alla fine dell'Ottocento. Al momento in cui il L. approdò in Brasile il fondatore della IRFM era scomparso da un paio di anni e la direzione delle molte imprese era affidata ai figli.
L'attività del L. nel laboratorio della IRFM fu volta principalmente a risolvere i problemi creati al conglomerato di imprese dalla guerra in corso, ed è solo in questa luce che si comprende la quantità e la varietà dei contributi tecnologici del Levi. Il L. si occupò della fabbricazione degli alcali attraverso una interessante reazione fra nitrato del Cile e carbone di legna; preparò l'alluminato di sodio, utilizzato dai saponifici, per reazione tra bauxite, nitro del Cile e carbone di legna; estrasse la caffeina dal tè verde; si occupò di fertilizzanti e di ausiliari per l'industria tessile.
Nel 1942 gli fu affidata la cattedra di chimica fisica all'Università di San Paolo. Pubblicò inoltre alcuni lavori scientifici su riviste brasiliane, fra i quali Análise cromatográfica de alguns polissacarídeos, in Arquivos do Inst. biológico de defesa agrícola e animal, São Paulo, XI (1940), pp. 197-202, in cui si descrive una tecnica di cromatografia in luce ultravioletta per il frazionamento di macromolecole.
Il 20 dic. 1944 il L. fu reintegrato nel ruolo di docente universitario con decreto del ministro Vincenzo Arangio Ruiz. Il L. esitò e fece ritorno in Italia solo nel novembre 1946 per riprendere l'insegnamento nell'Università di Pavia. Il L., tuttavia, andò incontro a una situazione disagevole, anche per i rapporti non facili con il rettore P. Fraccaro: preferì quindi tornare in Brasile. Dopo la riassunzione del servizio in Italia il 3 nov. 1949, con il passaggio dalla cattedra di chimica generale a quella di chimica industriale, che a Pavia corrispondeva a un insegnamento complementare, ritornò in Brasile dove andò a ricoprire l'insegnamento di chimica analitica presso la facoltà di farmacia e odontologia di San Paolo dal 1° marzo 1950 al 28 febbr. 1953. Durante quest'ultimo soggiorno in Brasile il L. diresse la ricerca di un importante gruppo farmaceutico.
Tornato definitivamente in Italia nella sede pavese, il L. dette il suo contributo scientifico maggiore con la partecipazione al riattrezzamento dell'istituto chimico, in particolare con l'acquisizione di un microscopio elettronico, il primo funzionante nelle università italiane.
Il L. morì a Pavia il 3 apr. 1965.
Fonti e Bibl.: Necr., in La Chimica e l'industria, XLVII (1965), pp. 1123 s. (L.R. Curti); P.P. Ewald, The world-wide spread of X-ray diffraction methods, in Fifty years of X-ray diffraction, a cura di P.P. Ewald, Utrecht 1962, p. 501; M.A. Rollier, G.R. L., in Università di Pavia, Annuario anno accademico 1965-66, Pavia 1966, pp. 595-597; A. Quilico, The human personality of Giulio Natta, in Giulio Natta. Present significance of his scientific contribution, a cura di S. Carrà et al., Milano 1982, pp. 3-6; E. Signori, Le leggi razziali e le comunità accademiche. Casi, problemi, percorsi nel contesto lombardo, in Una difficile modernità. Tradizioni di ricerca e comunità scientifiche in Italia, 1890-1940, a cura di A. Casella et al., Pavia 2000, pp. 469, 482; A. Karachalios, I chimici di fronte al fascismo. Il caso di Giovanni Bonino (1899-1985), Palermo 2001, pp. 29, 67-70.