POMODORO, Giorgio
POMODORO, Giorgio (Giò). – Nacque a Orciano di Pesaro il 17 novembre 1930 da Antonio e da Beatrice Luzzi.
Nel 1945 si trasferì con la famiglia a Pesaro, dove studiò all’Istituto tecnico per geometri Donato Bramante e compì una sorta di apprendistato insieme al fratello Arnaldo, anch’egli scultore, presso un laboratorio orafo. Diplomatosi nel 1951 fu chiamato per il servizio di leva, che svolse tra il 1952 e il 1953, prima a Siena, poi a Bologna e infine a Firenze. Nel capoluogo toscano alimentò il suo interesse per l’arte visitando quotidianamente i musei e avvicinandosi all’ambiente artistico che gravitava intorno alla galleria Numero; inoltre si dedicò all’oreficeria compiendo le prime sperimentazioni plastiche nel laboratorio Migliorini.
Nel 1953 tornò per alcuni mesi a Pesaro, dove, insieme con il fratello e l’amico Giorgio Perfetti, fondò lo Studio 3P e realizzò una serie di gioielli che i tre presentarono al pubblico alla casa Rossini.
Nel 1954, in seguito alla morte del padre, si stabilì a Milano con la madre, la sorella e il fratello; insieme a quest’ultimo intraprese una ricerca artistica nell’ambito dell’oreficeria, orientando la sua attenzione verso le tendenze informali. Contemporaneamente, sotto la sigla Studio 3P, espose sia alla galleria Numero di Firenze sia alla galleria Montenapoleone di Milano, con la quale iniziò a collaborare grazie al diretto interessamento di Lucio Fontana, che invitò i due fratelli a partecipare alla X Triennale di Milano. Dopo le mostre tenute nel corso del 1955 a Parigi (Galerie de France), Roma (galleria dell’Obelisco), Milano (galleria del Naviglio) e Venezia (galleria del Cavallino), nel 1956 Pomodoro fu invitato alla XXVIII Biennale di Venezia. Nel 1957 partecipò di nuovo alla Triennale di Milano e cominciò a scrivere per la rivista Il Gesto, periodico d’avanguardia vicino alle poetiche del Nuclearismo e dell’Informale italiano. In seguito, prese parte alla rassegna Arte nucleare (Milano, galleria S. Fedele) e aderì al gruppo Continuità, lavorando alacremente con Franco Bemporad all’organizzazione delle mostre del gruppo. Nel 1958 tenne una personale alla milanese galleria del Naviglio con la presentazione in catalogo di Giò Ponti.
Per tutto il decennio degli anni Cinquanta risulta impossibile distinguere il lavoro di Giò da quello di Arnaldo, poiché insieme idearono e realizzarono la maggior parte dei gioielli e dei piccoli bassorilievi che presentarono alle rassegne espositive di quel periodo. A partire dal 1953 Pomodoro creò una serie di gioielli utilizzando l’antichissima tecnica della fusione dell’oro colato negli ossi di seppia scavati in negativo. Ciò gli permise di ottenere delle particolari texture sulle superfici: poiché vi rimanevano impresse le fitte trame dell’osso di seppia, gli oggetti acquisivano un certo aspetto primitivo. Dal 1954 eseguì delle piccole lamine d’oro o d’argento sbalzate sulle quali tracciò grafemi di matrice informale (Collana, 1956: ripr. in Somaini - Cerritelli, 1995, p. 143). Alla Biennale di Venezia del 1956 espose una serie di rilievi in argento, appoggiati semplicemente su una superficie di stoffa dipinta o montati su supporti di legno appositamente sagomati, che volle dedicare al poeta Ezra Pound essendo ispirati dai versi ermetici delle sue poesie (Periplo d’inverno, 1955, ripr. in Giò Ponti. Il percorso di uno scultore, 2011, p. 23). Dal 1956 cominciò a lavorare a sculture di maggiori dimensioni, in bronzo e piombo (Geological situation, 1956, ripr. ibid.), dando ai segni-forma un’organizzazione più regolare, simile alle conformazioni vegetali o minerali. Tra il 1957 e il 1958, invece, ricoprì le superfici dei bronzi con fitte iterazioni segniche e tracciati geometrici regolati ortogonalmente (Segni e tracce, 1958, bronzo, ripr. ibid., p. 49).
Nel 1958, anno in cui sposò Gigliola Gagnoni (dalla quale ebbe un figlio), affittò uno studio insieme al fratello in via degli Orti a Milano. Sul finire dell’anno si allontanò per divergenze teoriche dal gruppo costituitosi intorno alla rivista Il Gesto, e, seguendo un nuovo indirizzo di ricerca, dette avvio a due nuove serie: Fluidità contrapposta, che propose nel 1959 alla manifestazione internazionale Documenta II, a Kassel (Fluidità contrapposta, 1958, ripr. in Giò Ponti. Il percorso di uno scultore, 2011, p. 24), e Superfici in tensione. Con queste ultime si presentò con una personale alla Galerie internationale d’art contemporain di Parigi nel 1959 e, sempre nella capitale francese, ottenne nello stesso anno il primo premio per la scultura (ex aequo con Anthony Caro) alla I Biennale per i giovani artisti.
Tra il 1959 e il 1962 lavorò ai cicli Contatti e Gusci.
Superata la poetica informale del segno-gesto automatico, con le Superfici in tensione Pomodoro elaborò uno stilema del tutto nuovo, indicando una peculiare e personalissima linea di ricerca nel panorama della scultura internazionale. Egli indirizzò la sua attenzione verso il processo di determinazione della forma e la fluida continuità che essa doveva avere nello spazio. Le opere della serie erano ottenute «ponendo in tensione superfici di stoffa o di gomma, modificandole con tiranti e con corpi prementi, e colando del gesso liquido che si solidificava su questo ‘supporto’ in tensione, autoportante, proprio perché posto in tensione. Le forme in gesso così ottenute, dopo aver asportato il tessuto pelle, venivano poi realizzate in bronzo fuso e levigato sino alla lucidatura specchiante» (G. Pomodoro, Prontuarietto della scultura, 1987, pubblicato in Giò Ponti. Il percorso di uno scultore, 2011, p. 24). Così facendo otteneva delle superfici fatte di curve, rientranze e protuberanze, come in una bandiera mossa dal vento, dove la repentina e continua alternanza tra andamenti concavi e convessi, amplificata dall’effetto specchiante del materiale, faceva perdere il senso della distinzione tra i differenti piani dell’aggetto e lo sfondo. Dall’inizio degli anni Sessanta sviluppò questa ricerca anche nel marmo bianco statuario, finemente polito e levigato.
Nel 1962 espose a Roma (palazzo Massimo), a Milano (galleria Blu) e a Ginevra (Musée de l’Athénée); inoltre fu invitato alla XXXI Biennale di Venezia, dove ottenne una sala personale per esporre i gioielli eseguiti insieme al fratello. L’anno successivo allestì una personale al Palais des beaux-arts di Bruxelles.
Il 1964 segnò una data importante nel percorso creativo dell’artista, perché vide la fine della lunga collaborazione tra Giò e il fratello. Si presentarono insieme per l’ultima volta alla XXXII Biennale di Venezia per poi proseguire ciascuno la propria ricerca artistica.
Qualche mese dopo Pomodoro ottenne due importanti riconoscimenti internazionali: la Tate Gallery di Londra acquistò l’opera One (1960, bronzo) della serie Superfici in tensione e fu invitato a Documenta III. Nell’ambito della ricerca, inoltre, in questo stesso periodo sviluppò concettualmente la serie delle Superfici in tensione, avviando il ciclo Le folle, delle quali La grande folla (1964, bronzo) venne acquistata dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e la Grande Ghibellina fu acquisita dalla collezione Nelson Rockefeller di New York.
Nelle Folle, Pomodoro dimostrò la possibilità di sviluppare contenuti simbolici o narrativi con il solo linguaggio astratto, senza fare ricorso ad alcuno stilema figurativo. In seguito dichiarò questi intenti di poetica già a partire dai titoli delle opere, dedicando interi cicli a figure mitologiche o uomini illustri (Hermes, Marat, Galileo, Keplero). Secondo Pomodoro, infatti, la scultura costituiva un momento di indagine della dimensione fisica e spaziale, ma soprattutto un confronto con lo spazio umano della memoria e con quello dell’interazione tra oggetto plastico e soggetto che interagisce. Per questo tra il 1963 e il 1969 precisò una costante del suo metodo di lavoro, ovvero la scala dimensionale delle opere che, sia nelle Folle sia nei Quadrati Borromini, risulta rapportata alle misure medie del corpo umano.
Tra il 1965 e il 1966 eseguì i primi studi per le Strutture portanti, i Radiali e i Quadrati Borromini, che espose al Louisiana Museum di Copenaghen (1965) e al Kunst-und Museumverein di Wuppertal (1966).
Dopo due viaggi negli Stati Uniti, dove soggiornò per alcuni mesi, tra il 1966 e il 1967 realizzò l’opera Black Liberator (marmo nero del Belgio, ripr. in Giò Ponti. Scultore dal 1958 al 1974, 1974, p. 23), in riferimento alla causa dei neri d’America.
Nel 1967 tenne un’importante personale alla Marlborough Gallery di New York.
Tra il 1968 e il 1969 si dedicò alla serie Contatti, nella quale, proseguendo le indagini sulle superfici ondulate dall’andamento continuo, inglobò in dialettica tensione lo spazio vuoto tra i volumi, le forme e i differenti elementi della scultura (Marat, 1968, marmo giallo di Siena, e Contatti antagonisti, 1969, bronzo, entrambi ripr. in Giò Ponti. Sculture a Firenze, 1996, pp. 43, 49).
Dalla seconda metà degli anni Sessanta, Pomodoro incrementò notevolmente la produzione orafa ottenendo alcuni contratti in esclusiva con le gallerie internazionali Marlborough (New York, Roma) e Martha Jackson (New York). Iniziò inoltre un’assidua collaborazione con gli orafi Fusari di Graffignana (Lodi), Fumanti di Roma e Marcello Lissoni di Milano. Dal 1967 progettò e disegnò «gioielli economici», ossia destinati a una produzione in edizioni limitate sfruttando talvolta procedimenti semi-industriali, per il marchio GEM Montebello (fondato dalla sorella Teresa insieme a Giancarlo Montebello).
Nei gioielli, intesi come microsculture da indossare, Pomodoro traspose gli esiti delle ricerche plastiche ricercando tensioni lineari, giustapposizioni cromatiche ed effetti di continuo movimento tra le superfici. Per ottenere ciò sfruttò varie colorazioni di oro e pietre, la fusione nell’osso di seppia, la salmistratura delle lamine, le filettature in oro bianco, i castoni a bordi rovesciati (Spilla pendente “Modello A”, 1964, oro giallo, oro rosso, oro puro, oro bianco, rubini, ripr. in Giò Ponti. Il percorso di uno scultore, 2011, p. 153).
Nel corso degli anni Settanta, accantonata momentaneamente l’attività orafa, Pomodoro si occupò in prevalenza di scultura in pietra, spesso di notevoli dimensioni, tanto che nel 1970 decise di aprire uno studio a Querceta, sulle pendici delle Alpi Apuane.
Durante il biennio 1971-72 iniziò due nuovi cicli di opere: gli Archi e il Sole produttore comune raccolto.
Gli Archi, nei quali declinò in orizzontale le forme delle Strutture portanti, piuttosto che essere un’esercitazione di stile sull’elemento architettonico, furono un’ardita interpretazione in chiave astratto-costruttivista del tema classico del nudo disteso (Arco I, 1971-72, Giò Ponti. Scultore a Firenze, 1996, p. 52).
Nel 1974 si presentò con una personale alla galleria del Naviglio di Milano e durante l’estate tenne la sua prima antologica presso la Loggetta Lombardesca di Ravenna. Altre significative tappe della sua attività espositiva furono le due personali del 1976 al castello dell’imperatore di Prato e al Musée d’Ixelles a Bruxelles.
Nel 1977 nel centro di Ales, in Sardegna, completò – avvalendosi della fattiva collaborazione degli abitanti – il Piano d’uso collettivo, una scultura architettonica dedicata ad Antonio Gramsci nel suo paese natale.
Pietra miliare della ricerca di Pomodoro, il Piano d’uso collettivo è il primo dei «luoghi scolpiti», secondo la definizione che ne diede l’autore. Convinto dell’alto valore civile della scultura che invade lo spazio pubblico, Pomodoro coinvolse i cittadini nella realizzazione di questo monumento scevro da ogni forma di retorica e pensato come un luogo praticabile e fruibile. Fece ripavimentare la piazza con pietre calcaree, sulle quali incise figure simboliche e scritte in sardo, e su questa sorta di palcoscenico inserì alcuni elementi plastici emergenti dalle forme emblematiche e che divennero parte integrante del suo lessico: il sole-spirale, la sezione aurea, la piramide. Data l’importanza concettuale del progetto espose i bozzetti e il reportage fotografico relativo alle fasi costruttive del complesso scultoreo-urbanistico nella mostra a Ca’ Pesaro a Venezia (1977).
Nel 1978 ideò l’allestimento scenografico per La forza del destino di Giuseppe Verdi, che fu rappresentata all’Arena di Verona. Qualche mese dopo fu invitato alla XXXVIII Biennale di Venezia con una sala personale. L’anno successivo iniziò la progettazione del monumentale Teatro del sole - 21 giugno, Solstizio d’estate, una piazza fontana dedicata a Johann Wolfgang von Goethe che gli venne commissionata dalla municipalità di Francoforte sul Meno.
L’opera fu concepita come una complessa struttura plastico-formale, densa di rimandi simbolici e astronomici, tanto che per posizionare gli elementi che la compongono (come ad esempio l’alta struttura verticale che funge da gnomone) l’artista si avvalse della consulenza dell’astrofisico Johann Karl Ehrenfried Kegel, ribadendo così il suo concetto di opera d’arte intesa come momento conoscitivo e intervento corale.
A partire dal 1979 Pomodoro si dedicò alla progettazione di una serie di medaglie, che gli furono commissionate da enti pubblici o importanti società private, affidandone la realizzazione allo Stabilimento Stefano Johnson di Milano (Medaglia per la COGEFAR, 1979, bronzo, ripr. in Giò Ponti a Johnson, 1992, p. 30; Medaglia per il Consorzio CTF-Traforo del Frejus, 1980, bronzo, ripr. ibid., p. 14).
Nel 1980 presentò a Verona, in piazza dei Signori, una delle sue opere più significative: il Luogo di misure (1977-80, pietra di Trani, ripr. in Giò Ponti: scultura, 1998, p. 63).
Sviluppando ulteriormente l’idea di monumento praticabile, Pomodoro concepì l’opera veronese come un luogo scolpito formato dall’incastro di grossi blocchi di pietra squadrati e sovrapposti architettonicamente, sui quali incise segni, numeri, lettere e forme altamente evocative e dai significati emblematici. Per fornire ai visitatori sicuri parametri di misurazione del luogo inserì tra i blocchi alcuni elementi plastici come la colonna, la sfera, la piramide e il cubo, dalle dimensioni rapportabili a quelle del corpo umano.
Sempre nel 1980 disegnò per il teatro La Fenice di Venezia le scenografie del Flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart e terminò il complesso scultoreo-architettonico Ponte dei martiri - Omaggio alla Resistenza per l’omonima piazza della città di Ravenna. Nel 1982 mise in opera Città germinale, scultura ambientale per l’atrio del Credito fondiario di Roma; inoltre, la Società aeroportuale SEA gli commissionò l’opera Spirale ’82, che fu collocata di fronte all’aeroporto di Milano Malpensa. Nello stesso anno espose alla Mostra arte italiana 1960-82 e alla Hayward Gallery di Londra. Nel 1984 venne di nuovo invitato con una sala personale alla XLI Biennale di Venezia e tenne un’antologica con opere dal 1954 al 1984 nelle sale di palazzo Lanfranchi a Pisa.
Nel 1985 a Lugano installò nel parco della villa La Favorita la scultura Montefeltro, i passi e il volgersi, e contemporaneamente al palazzo civico presentò la serie completa del ciclo di sculture Hermes.
L’attenta indagine di testi letterari e poetici, al pari dello studio dell’archeologia e delle antiche culture, sottende l’intera ricerca di Pomodoro, come dimostrato anche da quest’ultimo ciclo che volle dedicare a Károly Kérenyi, eminente studioso del mito e della religione greca che visse a lungo ad Ascona. Le opere del ciclo Hermes hanno uno sviluppo verticale, sono una sorta di pilastri sottoposti a spinte e torsioni dal forte andamento ascensionale che, superando la pesantezza della materia come fece il dio greco, sembrano librarsi nello spazio con un movimento spiraliforme (Hermes e Afrodite, 1982-83; Hermes conduce il sole, 1984; ripr. entrambi in Ballo, 1987, pp. 242, 250).
Nel 1986 donò alla città di Orciano la scultura Sole deposto (1985-86, pietra di Trani, ripr. in Giò Ponti. Luoghi scolpiti tra realtà e utopia, 1990, p. 71) e ne studiò la collocazione progettando la piazza che venne aperta sul luogo dove un tempo sorgeva la sua casa natale. Contemporaneamente terminò Sole-Luna-Albero un altro intervento di riqualificazione urbanistica al centro di un vasto complesso edilizio a Monza (piazza Ramazzotti), per il quale Pomodoro ideò anche gli elementi funzionali come le panchine, l’illuminazione e il verde pubblico.
Nel 1987 a Milano, presso l’oratorio della Passione della chiesa di S. Ambrogio, propose la mostra tematica sulla serie Soli, mentre a Roma fu presente con una personale (galleria L’isola) e a Messina con un’antologica (palazzo dei Leoni). Nel 1989 fu il Comune di Milano a dedicargli un’importante antologica alla Rotonda della Besana, e in piazza Adriano a Torino venne inaugurata la scultura Sole aerospazio (bronzo), che fu donata alla città dalla società Aeritalia in occasione del ventesimo anniversario della sua fondazione.
Nel 1990 Pomodoro allestì una personale a villa Renatico Martini a Monsummano Terme, cui fece seguito quella dell’anno seguente alla Fondazione Veranneman di Krushoutem (Bruxelles).
Nell’estate del 1991 venne inaugurato il complesso monumentale Luogo dei quattro punti cardinali nel parco pubblico di Taino, sul Lago Maggiore.
Nel 1992 fu invitato alla rassegna «Oro d’autore. Omaggio a Piero della Francesca» ad Arezzo; ancora, fu presente con una personale alla galleria Daniele Ugolini di Roma e alla XVIII Triennale di Milano. Qualche mese dopo terminò due importanti commissioni pubbliche: il Monumento funebre del tenore Mario Del Monaco (marmo, cimitero comunale di Pesaro) e la stele monumentale Spirale per Galileo Galilei (bronzo e granito) che fu collocata di fronte al rettorato dell’Università di Padova; inoltre raccolse tutte le medaglie che aveva ideato fino a quel momento per la ditta Johnson nell’esposizione allestita presso il Museo archeologico di Milano.
Il medagliere di Pomodoro si compone di pezzi coniati in serie limitata, tanto da poter essere considerati multipli d’arte, nei quali l’autore trasferì, con differenti variazioni tematiche e invenzioni stilistiche, alcuni degli elementi caratterizzanti la sua ricerca plastica (i simboli del sole, della piramide, del labirinto, della spirale o della sezione aurea) che adattò alla forma circolare della medaglia e coniugò di volta in volta con iscrizioni e altri elementi iconografici in base alle esigenze dei committenti (A Galileo Galilei, 1991, bronzo dorato: ripr. in Giò Ponti e Johnson, 1992, p. 41). L’artista propose una concezione del tutto nuova della medaglia, trasformata da oggetto statico in entità dinamica rotante, posizionandola su un perno girevole fissato su una base, di solito piramidale (Medaglie dell’Azienda italiana pubbliche affissioni, AIPA, 1980, bronzo dorato, ripr. ibid., p. 33).
Nel 1993 portò a termine Scala solare - Omaggio a Keplero, commissionatagli da un privato collezionista per l’ingresso principale dell’Università di Tel Aviv.
Nel 1994 fu invitato alla mostra The italian metamorphosis, 1943-1968 al Guggenheim Museum di New York. L’anno successivo entrò a far parte del board dell’International sculpture center di Washington D. C.
A cominciare dalla seconda metà degli anni Novanta, Pomodoro tornò a occuparsi di oreficeria con rinnovato interesse, e nel 1995, su richiesta della ditta orafa UnoAErre di Arezzo, disegnò una collezione di ventotto pezzi per una linea seriale di gioielli, di cui facevano parte due anelli sigillo, Zeus e Apollo (oro giallo e pietra naturale molata, entrambi ripr. in Giò Ponti. Il percorso di uno scultore, 2011, p. 142), la collana In memoria degli anni ’50 (oro giallo e rubini, ripr. ibid., p. 155), il bracciale Animali semifantastici per bambini (oro giallo e pietre naturali, ripr. ibid., p. 146) e le spille Superfici tensionate (oro giallo, ripr. ibid., p. 163).
Nell’autunno del 1995 fu invitato a esporre le più significative sculture della sua ricerca presso lo Yorkshire sculpture park di Wakelfield in Gran Bretagna e nella sede dell’Accademia italiana a Londra. Nello stesso periodo allestì alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia un’ampia antologica riservata alla produzione orafa, che fu inserita tra le mostre collaterali della Biennale. L’anno successivo quest’ultima rassegna, in parte ampliata, fu proposta ad Arezzo (basilica inferiore di S. Francesco), Tokyo (Ginza Cloisonne Hall), Vienna (Kunsthistorisches Museum) e New York (Fashion Institute of technology Museum).
Nel 1996 a Palazzo Vecchio di Firenze Pomodoro allestì un’altra importante antologica, affiancando alle sculture un considerevole numero di dipinti, acquerelli e disegni afferenti al ciclo dei Soli. L’anno successivo donò alla città di Firenze Sole per Galileo Galilei (1996-97, bronzo e pietra serena), che venne collocata sul lungarno Serristori (piazza Poggi).
Nel corso del 1998 espose sculture e disegni a Padova (palazzo del Monte di Pietà), Aosta (Centro espositivo St. Benin), Bergamo (galleria Fumagalli) e Torino (galleria Berman); inoltre venne invitato alla VII Biennale internazionale del Cairo, dove gli fu riservata una sala personale.
Il corpus di disegni e dipinti realizzati da Pomodoro nel corso della sua attività è considerevole. In quelle che l’autore preferì denominare «opere disegnate» sviluppò i temi dei cicli scultorei (Bandiera per Vladimiro, 1962; Spirale, 1982; Sole Galileo, 1996; tutti ripr. in Giò Ponti. Il percorso di uno scultore, 2011, pp. 63, 95, 110), utilizzando varie tecniche e materiali eterocliti: dall’encausto al bitume, dalle vernici alle ossidazioni ottenute combinando composti chimici e acquerelli. Come supporti usò fogli di carta spessi appositamente prodotti a mano in Spagna.
Nel 1999 realizzò una delle ultime serie di gioielli, la parure Nuages, composta da collana, bracciale e orecchini in argento (Firenze, palazzo Pitti, Museo degli argenti). Nello stesso anno la Fondazione Veranneman (Bruxelles) ospitò per la seconda volta una grande mostra di Pomodoro e acquisì per il proprio parco di sculture l’opera Sole caduto - a Galileo (marmo bianco). Negli ultimi mesi del 1999 fu invitato in qualità di master artist a tenere uno stage all’Atlantic Center for the arts a Smyrna Beach in Florida.
Nell’aprile del 2000 gli fu conferito il premio internazionale Guglielmo Marconi per la scultura. Nel maggio il comune di Laives acquistò Scala solare - omaggio a Keplero, che fu collocata di fronte al complesso scolastico cittadino.
Nel febbraio 2001 si presentò con una personale di opere pittoriche all’Istituto italiano di cultura a Colonia, mentre a Genova partecipò all’esposizione Artisti italiani del XX secolo: dalla Farnesina alla Stazione Marittima e in tale circostanza al porto venne inaugurata la monumentale scultura Sole - agli italiani nel mondo.
Nel 2002 portò a termine Vela (bronzo e marmo), commissionatagli dal Comune di Sestri Levante come monumento alla memoria di Carlo Bo, e in aprile, primo fra gli artisti italiani, ricevette dall’International sculpture center il prestigioso premio alla carriera Lifetime achievement award in contemporary sculpture.
Morì a Milano il 21 dicembre 2002.
Fonti e Bibl.: Giò P. Sculture dal 1958 al 1974 (catal.), a cura di R. De Grada, Ravenna 1974; G. Ballo, Giò P., Milano 1987; Giò P. Luoghi scolpiti tra realtà e utopia 1973-1990 (catal.), a cura di C. Zappia, Perugia 1990; Giò P. e Johnson. Medaglie 1979-1992 (catal.), a cura di M. Johnson, Milano 1992; L. Somaini - C. Cerritelli, Gioielli d’artista in Italia. 1945-1995, Milano 1995, pp. 140-151; Giò P. Sculture a Firenze (catal.), presentazione di G. Carandente, Firenze 1996; Giò P. Ornamenti. 1954-1996 (catal., Arezzo), a cura di G. Centrodi, Firenze 1996; A. Del Guercio, Scultura astratta a Milano. Ricerche plastiche dopo l’Informale (catal., Gazoldo degli Ippoliti - Milano), Mantova 1997, pp. 17-19; Giò P. Pietre e marmi. 1965-1997 (catal., Aosta), a cura di A. Del Guercio, Milano 1998; Giò P.: scultura. Fotografia: Lorenzo Cappellini (catal., Padova), a cura di C. Rebeschini, Torino 1998; G.M. Accame, Giò P. Opere disegnate 1953-2000 (catal.) Bergamo 2000; L. Caramel, Giò P. Ariannaurea, Prato 2000; Giò P. 1930-2002. Un omaggio della Fondazione Ragghianti (catal.), a cura di V. Fagone, Lucca 2003; P. Daverio, Giò P. La figlia del Sole. Un percorso espositivo per Forte dei Marmi, Pisa 2004; Gio P. Sentire la scultura: “Il Flauto magico” e le grandi opere nel Parco della musica (catal.), a cura di C. Terenzi - E. Mazza - L. Pellegrini, Roma 2004; C. Zappia, Le cave di Monsummano: l’ultima utopia di Giò P. (catal. Monsummano Terme), Firenze 2008; Giò P. Il percorso di uno scultore. 1954-2001 (catal., Alessandria - Acqui Terme - Casale Monferrato - Novi Ligure - Tortona - Valenza, 2011-12), a cura di G. Godio - M. Meneguzzo, Torino 2011.