Pasquali, Giorgio
Filologo classico (Roma 1885 - Belluno 1952), tra i maggiori della cultura contemporanea. I contributi che riguardano D. sono costituiti soprattutto da recensioni; più precisamente: Il Virgilio nel Medio Evo del Comparetti, introduz. alla nuova edizione (Firenze 1937) dell'omonimo libro (ora in Pagine stravaganti, Il, Terze pagine stravaganti, ibid. 1968, 119-132); L'edizione dei classici italiani da D. al Manzoni, recensione a M. Barbi, La nuova filologia e l'edizione dei nostri scrittori da D. al Manzoni, Firenze 1938, in " Leonardo " IX (1938) 471-483 (ora in Pagine stravaganti, Il, Terze pagine stravaganti, pp. 154-175); Studi recenti su Virgilio nel Medio Evo, recens. a " Studi Medievali " n.s., V (1932) - numero speciale dedicato a Virgilio nel Medioevo -, in " Studi d. " XXII (1938) 140-144 (prima parte) e in " Leonardo " IX (1938) 332-345 (seconda parte), ora in Pagine stravaganti, II, Terze pagine stravaganti, pp. 133-151; Ricordo di M. Barbi, in Pagine stravaganti, II, Stravaganze quarte e supreme, pp. 434-451.
Poche cose ma rilevanti, dato che la recensione per il P. non è mai riassunto, ma occasione d'impostazione critica: suo intento costante è di far esplodere la problematica di alcuni nodi critici e culturali. Ad esempio nella recensione al numero speciale di " Studi Medievali ", discutendo l'intervento di K. McKenzie e G.R. Silber, il P. appare sostanzialmente d'accordo con l'affermazione degli autori che la ripetizione Troia-Ilion usata da D. non implica una specificazione topografica (distinzione fra rocca e città aperta o fra città e campagna) ma solamente la riproduzione di una formula endiadale usata da Virgilio; il P. estende però l'osservazione individuando in questo modus il peculiare sistema dantesco di utilizzare il testo virgiliano e in genere la tradizione classica, colta e riprodotta nei suoi stilemi e nelle sue formule retoriche: insomma la tecnica allusiva di Dante.
La commemorazione del Barbi è per il P. occasione per mettere a fuoco, insieme con la figura dell'insigne dantista, anche l'ottica degli studi filologici; qui appare a chiare lettere la concezione pasqualiana della filologia e della sua funzione; si potrebbe intitolare " contro il filologismo per la filologia ": dalle parole del P. si evidenzia la concezione di una filologia attenta ai valori della storia e della cultura, e l'immagine di un filologo che sia storico e uomo di cultura. La filologia è storia letteraria e storia della cultura; in questo il P. ha assorbito la lezione europea dello storicismo e della filologia tedeschi; semmai il limite del P. sta nel non essersi sufficientemente distaccato dall'ideale d'intellettuale di tipo umanistico di stretta tradizione nazionale.
Dunque l'importanza del P. nel campo degli studi danteschi non sta tanto in questo o quell'intervento - ché poco scrisse su D. e mai in forma diretta - ma nell'impostazione generale che ha saputo dare agli studi filologici (si pensi al fondamentale volume sulla Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 1934, 1952², dove sono [pp. 444 ss.] alcune illuminanti osservazioni sugli scritti danteschi del Boccaccio e sul problema della doppia redazione del Trattatello in laude di Dante) da un lato come maestro di un'agguerrita schiera di filologi non solo classici, e dall'altro come creatore di un metodo di ricerca rigorosamente scientifico e nello stesso tempo duttile, adogmatico, mai meccanico, attento ai valori della storia e ai problemi generali.
Bibl. - Per un inquadramento generale della figura di G.P., cfr. S. Timpanaro e G. Folena, in I Critici, III, Milano 1969, 1803-1825 e 1825-1833, con bibliografia.