MICELI, Giorgio. –
Nacque a Reggio di Calabria il 21 ott. 1836 da Domenico; non si conosce il nome della madre.
Quasi nulla sappiamo intorno alla sua formazione musicale, rimasta circoscritta, secondo Florimo, all’ambiente familiare; ma una sua romanza, composta quando egli aveva solo dieci anni, risulta eseguita in teatro nella sua città natale, e con grande successo.
A dodici anni, come altri musicisti formatisi nella periferia del Regno, si trasferì a Napoli «per il perfezionamento artistico e per l’azzardo di una carriera di livello nazionale» (Salvetti). A Napoli fu allievo dapprima di Filippo Gallo, quindi, per sei anni, di Giuseppe Lillo. Nel 1871 fu nominato maestro di canto nei Reali Educandati femminili di Napoli e nel 1887 direttore del conservatorio di Palermo, dove rimase fino al 1894.
L’esordio sulle scene napoletane risale al 1852, con Zoé ossia l’amante in prestito, su libretto di Ernesto Del Prete, che fu rappresentata al teatro Nuovo quando il M. aveva appena sedici anni, con un lusinghiero consenso anche da parte della critica: «Noi restammo meravigliati di scorgere in sì giovane età tanto senno tanta posatezza, e tanta giusta misura nel creare e condurre i suoi pezzi di musica […]. Bei concetti, ridenti accompagnamenti, canti schietti e spontanei, rendono questa musica piacevole e graziosa» (L’Omnibus, 21 apr. 1852). La stessa opera fu riproposta, con gran successo, il 20 nov. 1855 a Reggio Calabria (ne dà notizia L’Italia musicale il 19 dic. 1855) e il 10 marzo 1856 a Messina.
Nel 1853 compose Gli amanti sessagenari, una «commedia buffa», su libretto di E. Leone Bardare, che presenta tutti i connotati dell’opera comica ottocentesca. L’opera, rappresentata nell’estate dello stesso anno al teatro Nuovo, fu bene accolta dal pubblico, un po’ meno dalla critica, e rimase in cartellone, con crescente successo, per oltre due settimane.
Grazie al successo delle sue due prime opere, il teatro napoletano del Fondo gli commissionò Il conte di Rossiglione, un’opera in tre atti, su libretto di Stefano Ribera, rappresentata nel 1854, che però non ebbe l’esito sperato. Nei giornali del tempo si leggono pareri discordanti e la stessa opera innescò vivaci polemiche non solo sulla musica ma anche, e soprattutto, sul libretto.
Il 31 luglio 1858, sempre al teatro del Fondo, fu rappresentata La fidanzata del Tirolo, che però si rivelò un fiasco, tant’è vero che lo stesso M., dopo la prima, non volle che venisse replicata. Il Diorama, La Gazzetta di Napoli e L’Omnibus attribuiscono la colpa agli esecutori; L’Italia musicale, invece, sostiene che se alcuni pezzi furono applauditi è proprio per merito dei cantanti e non della musica.
Seguirono dodici anni di silenzio in campo operistico (durante i quali il M. si dedicò principalmente alla musica strumentale e vocale da camera); quando tornò a scrivere per il teatro, prima di presentare al pubblico la nuova opera, la sottopose, in casa sua, al giudizio di un gruppo di amici, tra cui Luigi Mazzone, che ne diede notizia sulle pagine de La Scena, giornale che si pubblicava a Venezia. L’articolo venne poi riproposto su Napoli musicale del 22 sett. 1869, con il titolo Un’opera comica francese scritta da un napoletano.
L’opera è La somnambule, su libretto di Eugène Scribe e Germain Delavigne, rappresentata a Napoli il 2 giugno 1870 al teatro della Società filarmonica con grande consenso sia di pubblico sia di critica. Tiepida, seppure «molto applaudita», fu invece la critica nei confronti de L’ombra bianca, la versione italiana de La somnambule, con testo tradotto da Alfredo Morgigni, andata in scena al teatro Nuovo il 31 dic. 1871: la nuova versione avrebbe «spogliato il bellissimo spartito del Miceli di quella impronta tipica che fu tanto applaudita ed encomiata da quanti udirono la Sonnambula in casa del suo autore la sera del 20 agosto 1869» (Napoli musicale, 14 genn. 1872).
Il 31 dic. 1872 andò in scena al teatro Nuovo La rivista del 1871 o Gli speculatori, opera con musica di vari autori, fra cui anche il M., ma l’esito non fu felice.
Nel 1873 scrisse, per la Società filarmonica, La fata, su libretto di Enrico Golisciani, che fu rappresentata prima al teatro della stessa Società filarmonica (17 apr. 1875) e poi al Politeama. Il successo fu tale che gli stessi giornali invitarono l’impresario del S. Carlo a inserire nel proprio cartellone Il convito di Baldassarre, su libretto di Francesco Dall’Ongaro, un’opera di soggetto biblico che il M. aveva già scritto da tempo. L’opera andò in scena, appunto al S. Carlo, il 12 marzo 1878, «con esito splendido» secondo Florimo, anche se la stampa cittadina non fu tutta d’accordo.
Nel maggio 1886 finalmente fu rappresentata La figlia di Jefte, su libretto di Carlo Michele Caputo. L’opera, seppure con un altro titolo – La gemma d’Isdraele –, era pronta già nel 1882, ma notevoli furono le difficoltà che il M. dovette affrontare prima di vederla rappresentata. Difficoltà deplorate, nella stampa del tempo, da critici come Francesco D’Arcais, Luigi Mazzone e Federico Ferdinois – per citarne solo alcuni – che avevano assistito, nel 1882, alle esecuzioni private dell’opera, in casa del M. o di Caputo e che, convinti del valore della stessa, invocavano gli editori a pubblicarla e gli impresari a rappresentarla.
Il M. compose anche due cantate: Dall’Etna al Vesuvio e La leggenda di Pisa. La prima, di cui ci resta solo il libretto, è una cantata celebrativa, su testo di Giovanni Florenzano, composta a più mani, insieme con Enrico Bevignani e Pasquale Traverso ed eseguita al S. Carlo il 6 sett. 1861 durante i festeggiamenti per l’anniversario dell’entrata di Garibaldi a Napoli. La seconda, su testo di Caputo, scritta per la Società orchestrale e corale di Pisa, fu eseguita, con grande successo, il 19 apr. 1885 nella sala Vega dell’hotel Royal di Napoli, proprio perché «non doveva essere udita da un pubblico qualunque» (Napoli musicale, 30 apr. 1885), ma da pochi intenditori di gusto raffinato.
Il M. morì a Roma il 2 dic. 1895.
Nutrita appare la sua produzione di musica vocale da camera: oltre alle arie d’opera ridotte per canto e pianoforte, si contano oltre sessanta liriche per voce e pianoforte, pubblicate sia come brani singoli, sia in raccolte – tra cui cinque album dello stesso autore (La primavera, Milano, s.d.; Rapimenti del passato, Roma, dopo 1870; Sospiri dell’anima, Milano 1877; Ricordi di Pisa, ibid. 1880; Lagrime e speranze, Napoli 1886) – sia infine come inserti in riviste destinate ai salotti della borghesia dell’epoca. Quello del M. è un repertorio piuttosto vario, anche negli esiti artistici, che offre momenti di buona musica, seppure nei limiti convenzionali del genere.
Interessante, seppure esiguo, il repertorio di musica sacra: un’Ave Maria molto apprezzata anche da Ch. Gounod, uno Stabat Mater a quattro voci e orchestra, un Miserere a tre voci e organo, una Messa solenne per due tenori, due bassi e organo, una Messa solenne a tre voci, coro e orchestra, secondo Florido datata 1870, e un’altra Messa solenne a quattro parti, solo, coro e grande orchestra, scritta, probabilmente, per il concorso dell’Accademia filarmonica di Bologna del 1881 e forse eseguita a Palermo – dove il M. era direttore del conservatorio –, nella chiesa dell’Olivella nel mese di gennaio 1889.
Ancora più interessante, specialmente se consideriamo la scarsa attenzione dei compositori italiani del tempo a questo genere, si rivela il repertorio di musica strumentale da camera: un quartetto in sol maggiore per archi (1863); un quartetto in sol minore per archi (1882); un quintetto in re maggiore per archi e pianoforte (1882; incompiuto); un sestetto per pianoforte e archi; uno scherzo per pianoforte e piccola orchestra (1892); un trio in do per pianoforte, violino e violoncello, e un quartetto in la maggiore con pianoforte e archi, con il quale, nel 1865, vinse il concorso Basevi di Firenze. Nel quartetto con pianoforte il M. dimostra una profonda conoscenza della scuola classica; del resto «il suo insegnante di composizione al Conservatorio di Napoli, Giuseppe Lillo, ha lasciato diffusa memoria di un autentico culto beethoveniano in anni precedenti alla “moda” post-unitaria» (Salvetti). Certamente il quartetto in sol maggiore, il trio in do e quartetto in la maggiore con pianoforte, composti negli anni Sessanta, «sono opere di solida struttura, di bella inventiva e di piacevole ascolto» (ibid.).
Tra la produzione del M. si segnalano ancora: il coro Cara, il tributo unanime, per l’onomastico della direttrice del secondo educatorio in S. Marcellino; l’Inno della Marina italiana su testo di F. Dall’Ongaro; la Mazurka per orchestra (un «omaggio» a S. Mercadante); una Serenata per coro e pianoforte, scritta per l’esposizione marittima di Napoli; una Serenata-coro con accompagnamento di chitarre e mandolini per la quale fu insignito della croce di cavaliere della Corona d’Italia.
Molta della musica del M. è rimasta manoscritta e si conserva, quasi tutta, a Napoli presso la Biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a Majella. Un elenco delle sue opere si trova negli atti del convegno G. M. e la musica nel Mezzogiorno d’Italia nell’Ottocento – al quale si rinvia – che può essere integrato consultando la rispettiva voce in SBN musica, dove sono indicate anche le biblioteche che conservano tali opere e le rispettive collocazioni.
Tra i lavori manoscritti del M. conservati a Napoli nella Biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a Majella si segnalano: Zoé ossia l’amante in prestito, 1852 (copia: 3.4.1-2); Gli amanti sessagenari, 1853 (autografo: 14.1.1); Il conte di Rossiglione, 1854 (autografo: 19.3.23; copia: 1.1.12); La fidanzata del Tirolo, 1858 (3.5.29); L’ombra bianca, 1871 (20.8.17); La rivista del 1871 o Gli speculatori, 1872 (3.1.17); La fata, 1873 (autografo: 20.8.16); Il convito di Baldassarre, 1878 (15.8.17); La figlia di Jefte (La gemma d’Israele), 1882 (20A.1.35-36); Ricordi dell’opera La fata (copia: 65.4.8/q); la cantata La leggenda di Pisa, 1885 (autografo: 18.3.10); Messa solenne per due tenori, due bassi e organo (20A.1.49); Messa solenne a quattro parti, solo, coro e grande orchestra, [1881] (copia: 25.1.20); coro Cara, il tributo unanime, 1883 (autografo: Cantate Appendice 122.1-13); Mazurka per orchestra (copia: 1.4.18[9]); Quartetto per archi, 1863 (autografo: 20A.1.49[3]); Quintetto in re maggiore per archi e pianoforte, 1882 (autografo: 20A.1.49[4]); Scherzo per pianoforte e piccola orchestra, 1892 (autografo: 20A.1.49[5]).
Fonti e Bibl.: L’Omnibus, 10 apr. 1852, 21 apr. 1852, 17 maggio 1854, 7 giugno 1854, 14 giugno 1854; La Gazzetta di Milano, 2 maggio 1852, 22 maggio 1854; Il Diorama, 7 ag. 1858; Gazzetta musicale di Napoli, 6 ag. 1853; Gazzetta musicale di Milano, 7 ag. 1853, 2 maggio 1886, 12 dic. 1895; La Gazzetta di Napoli, 20 maggio 1854; L’Italia musicale, 13 ag. 1853, 27 maggio 1854, 14 giugno 1854, 19 dic. 1855; Napoli musicale, 22 sett. 1869, 14 genn. 1872, 8 febbr. 1878, 20 marzo 1878, 30 apr. 1885, 29 marzo 1886, 17 apr. 1886, 30 apr. 1886; La Musica, 21 ott. 1876, 7 apr. 1877, 4 febbr. 1878; Giornale di Napoli, 13 ag. 1878; La Musica popolare, 7 dic. 1882, 17 dic. 1883; L’Opinione, 1° genn. 1883; Il Trovatore, 23 apr. 1885; L’Occhialetto, 3 apr. 1886, 24 apr. 1886; Il Teatro illustrato, V, n. 52, aprile 1885; VI, n. 65, maggio 1886; Caporal terribile, VI, n. 18, 2 maggio 1886. V. inoltre F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, III, Napoli 1882, pp. 437-439; F. Ferdinois, Ricordi giornalistici, Napoli 1920, pp. 242-244; Il teatro di S. Carlo, II, La cronologia 1737-1987, a cura di C. Marinelli Roscioni, Napoli 1987, pp. 322, 394, 411; Fr. Lippmann, «Casta Diva»: la preghiera nell’opera italiana della prima metà dell’Ottocento, in Recercare, II (1990), pp. 173-207; Napoli e il teatro musicale in Europa tra Sette e Ottocento. Studi in onore di Fr. Lippmann, a cura di B.M. Antolini - W. Witzenmann, Firenze 1993, ad ind.; G. Salvetti, Un esordio o un congedo?, presentazione del cd: G. Miceli, Trio in do per pianoforte, violino e violoncello, op. 2 e Quartetto in la maggiore per pianoforte, violino, viola e violoncello, op. 3, Vibo Valentia, Istituto di bibliografia musicale calabrese, 2005; G. M. e la musica nel Mezzogiorno d’Italia nell’Ottocento. Atti del Convegno internazionale di studi, Arcavacata di Rende … 2004, Vibo Valentia 2009 (con saggi, fra gli altri, di B. Lazotti, Fr. Lippmann, M. Marino, L. Pati, A. Pugliese, J. Rosemberg, F. Seller, L. Sisto); C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, II, p. 97; Diz. enciclopedico universale della musica e dei musicisti, Le biografie, V, p. 84.
A. Pugliese