CLOVIO, Giorgio Giulio
Nacque nel 1498 nel villaggio di Grižane (vicino Crikvenica, litorale croato a sud est di Fiume); non è sicura la forma originale del suo nome, del quale è peraltro generalmente accettata la croatizzazione della forma latina o italiana: Juraj Julije Klović (per la difficile questione vedi Golub, 1973-1977).
Non esistono dati sulla sua giovinezza e sui primi studi. Si ritiene che andò nel 1516 a Venezia dove rimase alcuni anni a servizio del cardinale Domenico Grimani e di suo nipote Marino. Soggiornò pure a Roma, dove incontrò Giulio Romano, che divenne suo maestro di pittura. Verso il 1523 partì da Venezia per l'Ungheria con Alberto da Carpi per lavorare alla corte del re Luigi II, per il quale dipinse un Giudiziodi Paride e una Morte di Lucrezia (ubicazione ignota). Dopo fa morte del sovrano nella battaglia di Mohács, il C. ritornò nel 1526 a Roma, dove fu assunto in servizio da Lorenzo Campeggi, cardinale protettore della Germania e dell'Inghilterra, e dove venne di nuovo in contatto con Giulio Romano. Durante il sacco del 1527 fu arrestato dalle truppe imperiali; rilasciato, si trasferì a Mantova, dove divenne monaco nell'abbazia benedettina di S. Rufino cambiando il nome di battesimo, Giorgio, in Giulio, in onore del maestro. Visse poi nel monastero di Candiana presso Padova, dove ebbe rapporti amichevoli col miniaturista veronese Girolamo dai Libri. Successivamente egli venne nuovamente in contatto con Marino Grimani, che era divenuto cardinale; con il suo aiuto ottenne la dispensa dagli ordini e uscì dal convento rimanendo sacerdote e conservando il nome di Giulio. Passò quindi a vivere a Perugia, al servizio del Grimani, per il quale creò alcuni dei suoi capolavori. Il soggiorno a Perugia viene datato fra il 1534 (0 1532) e il 1538. Nel 1536 il card. Grimani gli assegnò il beneficio parrocchiale della chiesa di S. Bartolomeo a Castel Rigone (Perugia; cfr. Golub, 1977 e 1980).
Verso il 1538 ritornò a Roma, dove nel 1540 entrò al servizio del cardinale Alessandro Farnese, il nipote del papa Paolo III, rimasto per lunghi anni suo protettore, per il quale illuminò alcuni codici. Con lo stesso cardinale passò nel 1551 a Firenze dove restò fino al 1553 ed eseguì su pergamena un Crocifisso con la Maddalena e una Pietà per il duca Cosimo de' Medici. Soggiornò poi, ospite di Ottavio, fratello di Alessandro Farnese, a Parma (1556), dove lavorò pure per Margherita d'Austria. Nel 1557-1558 fu a Piacenza, dove subì un'operazione all'occhio sinistro e nel 1560 a Candiana, dove ebbe rinnovato il permesso di vivere fuori del monastero. Ritornato a Roma (1561), sempre al servizio del cardinal Farnese, nel palazzo della Cancelleria (Golub, 1978), vi rimase fino alla morte.
Nei soggiorni romani il C. venne in contatto con i più illustri rappresentanti della letteratura e dell'arte tra i quali Michelangelo, Giorgio Vasari, Pieter Bruegel, Vittoria Colonna. In particolare strinse amicizia con il giovane Domenico Theotokopulos, il Greco, del quale, in una lettera al cardinale Farnese del 16 nov. 1570, descriveva l'arrivo da Venezia - dimostrando quanto questo giovane nativo di Candia e scolaro di Tiziano fosse ben presto ammirato a Roma - e che proponeva al cardinale di dargli alloggio (Ronchini, 1865).
Risultato di questa amicizia sono due ritratti del C. di mano del Greco. Nel primo quadro (Napoli, Pinacoteca nazionale di Capodimonte), datato tra il 1570 e il 1573, il C. è rappresentato da solo; la seconda volta, invece, la sua effigie si trova assieme ai ritratti di Michelangelo, di Tiziano e di Raffaello nell'angolo inferiore della Cacciata dei mercanti dal tempio (Minneapolis, Institute of Art), che si data tra il 1572 e il 1574. Di un Autoritratto giovanile del 1528 si conserva una copia, considerata opera della cerchia di Antonio Mor, nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, mentre un Autoritratto più tardo è a Firenze, nella Galleria degli Uffizi.
Il C. morì a Roma, canonico lateranense, il 3 genn. 1578, e fu sepolto nella chiesa di S. Pietro in Vincoli (Golub, 1980). Nel suo testamento vengono menzionati, tra l'altro, alcuni suoi disegni eseguiti su modelli di Michelangelo e Raffaello e molte miniature come pure opere del Bruegel (Bertolotti, 1882).
È molto difficile redigere il catalogo completo delle opere del C., dato che molte di esse, ricordate dalle fonti, sono oggi perdute o disperse, mentre altre gli vengono attribuite senza fondamento. Quelle giunte a noi e attribuitegli con certezza o con verisimiglianza sono, però, sufficienti per darci una chiara visione del suo linguaggio artistico.
D. Kniewald (1940), ha attribuito al C. le miniature della seconda parte del Messale del preposito di Čazma Giorgio de Topusko e del vescovo di Zagabria Simone Erdödy (Zagabria, Tesoro del duomo, n. 354).
In questo codice sono legate assieme una parte più antica (datata tra il 1495 e il 1498e miniata da due autori anonimi sotto l'influsso delle stampe tedesche e olandesi) e una parte più recente (quella attribuita al C.) con miniature rappresentanti Scene della vita di Gesù e della Vergine e medaglioni con paesaggi e con margini riccamente decorati da angeli paffuti tra ghirlande di fiori e rami di foglie. Il Kniewald interpreta un monogramma a p. 132come firma del C. e data la decorazione del codice tra il 1524e il 1526, cioè nel periodo del soggiorno dell'artista alla corte di Luigi II d'Ungheria. L'attribuzione viene accettata dalla Berkovits (1969) e da Zlamalik (1978), mentre è invece ritenuta ipotetica dalla Cionini Visani e da Gamulin (1977).
L'Evangeliarium Grimani della Biblioteca Marciana di Venezia (Lat. I, 103), che reca la data 1528, è illustrato da dodici composizioni rappresentanti gli Evangelisti e Scene della vita di Gesù, da numerose iniziali ornate e da ricchi fregi. In questo codice, eseguito per Marino Grimani, sono visibili elementi veneti nelle inquadrature delle pagine, nei motivi decorativi, nel colorito e nei paesaggi uniti in felice connubio con influssi dell'ambiente romano e con riflessi dell'arte düreriana. Questi dati stilistici giustificano l'attribuzione al C. (contestata da alcuni autori) sostenuta dalla Cionini Visani (1971 e 1977) che data le miniature tra il 1531 e il 1534.
Tra questi due codici miniati (se si accetta l'attribuzione del primo) si dovrebbe datare un foglio di corale che si trova nella Royal Library del castello di Windsor e che reca la firma "D. Julio Clovio f.". In uno schema ancora quattrocentesco dominano nella pagina due piccole composizioni, delle quali una rappresenta un Cardinale seduto in compagnia di un nobile e di un frate (viene talvolta interpretata come l'incontro del cardinale Grimani e del Clovio); mentre l'altra raffigura il cavalleresco personaggio di S. Teodoro. Il foglio è ornato da una ricchissima decorazione nella quale si incontrano elementi veneti di derivazione mantegnesca e belliniana e romani di origine raffaellesca ed è pervaso da un vivace senso coloristico molto pronunciato. L'attribuzione di questo foglio di alta qualità al giovane C. suscita perplessità, così che la Cionini Visani (1971) propone di attribuirlo alla collaborazione tra il C. e Girolamo dai Libri e di datarlo verso il 1530, quando il C. ebbe nel monastero di Candiana rapporti amichevoli col grande miniaturista veronese.
Il primo vero capolavoro del C., sempre accettato da tutti, è il Beatissimae Mariae Virginis officium della British Library di Londra (ms. 20.927), eseguito per il cardinale Marino Grimani (del quale a p. 14 reca lo stemma). Alle grandi composizioni miniate, rappresentanti l'Annunciazione,Davide in preghiera,Cristo presso la tomba di Lazzaro e la Crocifissione, si aggiungono piccole composizioni, fra le quali merita speciale menzione la bellissima Battaglia di scheletri e cavalieri. Lo stile rivela l'acquisizione da parte del C. di un linguaggio completamente ispirato all'ambiente romano e specialmente raffaellesco con già visibili tendenze manieristiche. Questo elemento è non meno visibile nella ricca decorazione, composta da putti, grottesche, arabeschi e candelabri, che in qualche particolare rivela i contatti dell'artista, con la pittura tedesca.
Per lo stesso Marino Grimani il C. decorò (ma v. Tolnay, 1978) pure il Commentario alla epistola di S. Paolo ai Romani del Soane's Museum di Londra (ms. 11), che si data tra il 1537 e il 1538. La grande miniatura rappresenta la Conversione di S. Paolo e deriva direttamente da Raffaello; nella parte ornamentale sono più che chiaramente visibili elementi provenienti dalla logge vaticane, mentre i nudi nei margini derivano direttamente da Michelangelo. Una raffinata componente manieristica è presente in tutta la ricca decorazione e si avverte in particolare nei rapporti coloristici, nella tendenza a deformazioni anatomiche e nelle prospettive irreali.
Non molto più tardi si deve datare il codice miniato con le Stanze sopra l'impresa dell'Aquila di Eurialo d'Ascoli della Biblioteca Albertina di Vienna (ms. 2660), che glorificano la vittoria di Carlo V a Tunisi nel 1535. Il codice, donato all'imperatore nel 1543, è decorato con una miniatura che tradizionalmente veniva interpretata come la Morte di Didone, mentre la Cionini Visani (1971) vede nell'aquila allegorica il simbolo dell'imperatore che protegge la fede cristiana, rappresentata da una fanciulla nuda. Nella pagina col titolo dell'opera vi è una seconda miniatura con un tempio rotondo bramantesco circondato da alcuni personaggi. Agli elementi michelangioleschi e raffaelleschi dei ricchi margini ornati si aggiungono quelli parmigianineschi che si riflettono nelle figure androgine e nella raffinata gamma coloristica.
Nel 1546 il C. terminò dopo nove anni di fatica il suo massimo capolavoro, l'OfficiumVirginis del cardinale Alessandro Farnese, oggi nella Morgan Library di New York (ms. 69), già nella Bibl. naz. di Napoli, che contiene ventotto miniature con Scene del Nuovo e del Vecchio Testamento messe a confronto, due miniature di tematica liturgica e una ricchissima decorazione dei margini e delle cornici (riprodotto integralm. in Smith, 1976).
Fra le più belle composizioni sono la Torre di Babele, la Lotta tra Sansone e i Filistei, la Visione di Ezechiele, il Serpente di bronzo, l'Incontro di Salomone e della regina di Saba,Ester e Assuero, l'Annunciazione, la Natività, la Fuga in Egitto, la Sacra famiglia e Le profezie sulla Vergine. Queste e le altre composizioni sono sotto l'influsso diretto di Raffaello e di Michelangelo, soprattutto delle stanze e delle logge vaticane e del soffitto della Sistina, rispettivamente. A queste influenze l'accurata analisi della Cionini Visani (1971) ha aggiunto quelle düreriane, quelle pronunciatamente manieristiche derivanti dal Parmigianino, dal Bertoja e dal Salviati, le opere dei quali il C. aveva l'occasione di vedere alla corte del Farnese.
Non negando l'influsso dei grandi maestri menzionati, si deve sottolineare che in questo codice il C. ha creato interpretazioni proprie sia nelle composizioni sia negli ornamenti eseguiti sempre con estrema maestria. Una personale visione manieristica si riscontra nei paesaggi degli sfondi e nell'intimità degli interni, nella morfologia dei personaggi dai corpi allungati e dalle espressioni sibilline, nell'originale scala coloristica col predominio di azzurri, di viola, di verdi pallidi, di gialli, di rosa, di grigi e di blu lapislazzulo. Nei margini decorativi si succedono figure di angeli e di ignudi, di profeti e di sibille, di sfingi e cariatidi, di maschere e bucrani, nastri svolazzanti, trofei d'armi, vasi, fiori e pietre preziose, che, sebbene derivanti anch'essi principalmente dalla ricca decorazione delle logge vaticane, dimostrano la inesauribile fantasia e la raffinata e sempre personalissima ispirazione del Clovio. I paesaggi (quali Baia di Napoli,Sicilia con l'Etna), nei quali è stata giustamente riscontrata una componente fiamminga, sono forse i particolari più originali di questo capolavoro.
Dopo il 1550 viene generalmente datato il Townesley Lectionary della Public Library di New York (ms. 91). Nelle miniature di questo manoscritto, miniato, ugualmente, per il card. Farnese, traspare una più pronunciata nota di spiritualità controriformistica (Resurrezione,Giudizio universale) innestata sull'eredità raffaellesco-michelangiolesca e interpretata sempre in chiave manieristica.
Oltre a questa serie di codici miniati, ai quali alcuni autori aggiungono ancora qualche opera sulla quale sono però discordi le opinioni, l'artista dipinse anche quadri di piccolo formato, miniature sparse e disegni. Fra le molte opere si ricordano: i bellissimi grandi fogli miniati del Louvre con S. Paolo che acceca Elima e Le tre Virtù teologali, datati verso la fine del quarto decennio all'epoca del Commentario Soane, che presentano sempre più accentuati elementi manieristici sia nella tipologia dei personaggi sia nel repertorio ornamentale e nella tenue gamma coloristica; le composizioni di piccolo formato dipinte per Cosimo de' Medici (Crocifissione con la Maddalena e Pietà; Firenze, Uffizi), che si datano al soggiorno fiorentino e discoprono i contatti dell'artista con la "maniera" toscana; le tre miniature Sacra famiglia con guerriero,Sacra famiglia con s. Elisabetta e David che uccide Golia (New York, coll. Wildenstein), datate dalla Levi D'Ancona (1950) nel tardo periodo e che ripetono con una nota più stanca gli elementi consueti.
Agli ultimi anni del C. vengono datate le Quattro scene della Passione e la S. Sindone della Galleria Sabauda di Torino, che segnano il ritorno del vecchio artista a una visione più classica e più calma (N. Gabrielli, Galleria Sabauda, Torino 1971, p. 108, figg. 194 s.). Tra i disegni meritano speciale menzione la Crocifissione e la Deposizione del British Museum di Londra, la Deposizione dell'Art Institute di Chicago, Giuditta con la testa di Oloferne della Galleria Strossmayer di Zagabria (già nella coll. W. Gemsheim di Londra) e la tarda Conversione di s. Paolo del British Museum di Londra.
Sebbene si ispirasse spesso alle opere di Raffaello e della sua cerchia, di Michelangelo e di altri pittori e per quanto qualche sua composizione dia talvolta più l'impressione di quadro in miniatura che di miniatura vera e propria nel senso medievale del termine, che probabilmente non era neanche il suo scopo, il C. fu una notevole personalità artistica che ha saputo infondere l'ultimo vero alito di vita a un ramo della pittura che pareva, con l'invenzione della stampa, esser condannato a morire. Recentemente la sua "microvisione" è stata sottoposta ad acute analisi anche come fenomeno sociologico del suo tempo (Peić, 1978). Artista personale, che ha saputo creare una nuova visione spiritualizzata e raffinata nell'ambito del manierismo, questo maestro, lodato e compreso dai contemporanei e in parte trascurato da certi autori posteriori, riacquista la sua importanza nel quadro della rivalutazione del manierismo e delle penetranti interpretazioni di questo fenomeno condotte dalla recente storiografia artistica.
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