GHISI, Giorgio
Figlio di Bartolomeo, di famiglia patrizia veneziana, signore di Tino e di Micono, e nipote di Andrea (che nel 1207 aveva conquistato le due isole dell'arcipelago greco), nacque probabilmente dopo la metà del XIII secolo.
La prima notizia sul G. riguarda le sue nozze con la figlia ed erede di Guy de Dramelay, da cui ebbe in dote la baronia di Chalandritsa, in Morea, che il G. deteneva nel 1292 esercitando nel contempo la funzione di capitano della castellania di Kalamata.
Nel settembre 1292 il G. venne coinvolto nelle operazioni militari condotte in Romania da Ruggero di Lauria, grande ammiraglio di Sicilia e di Aragona, che nel corso di una tregua parziale fra il suo sovrano, Giacomo re di Sicilia e di Aragona, e gli Angioini di Napoli, guidò la flotta reale in Oriente per fare guerra all'imperatore di Bisanzio Andronico II Paleologo. Nel corso della spedizione Ruggero di Lauria saccheggiò varie località, fra cui le isole di Tino e Micono che appartenevano a Bartolomeo Ghisi. Sulla via del ritorno, confidando nella validità della tregua che doveva estendersi alla Morea, essendone il principe vassallo del re di Napoli, fece scendere a terra l'equipaggio per rifornirsi vicino a Zonklon (Navarino), ma venne attaccato dal G., che fu però sconfitto e, caduto nelle mani degli avversari, costretto a riscattarsi pagando 10.000 iperperi.
Il G. ebbe successivamente una parte attiva nelle operazioni militari della guerra fra Venezia e Andronico II, iniziata nel 1296 e conclusasi nel 1302. Il Comune veneziano ricorse all'aiuto dei cittadini più facoltosi, che armarono flotte corsare a proprie spese. In questa circostanza il G. realizzò un accordo con Belletto Giustinian e Bartolomeo Michiel, che a lui si associarono allo scopo di sottrarre ai Bizantini le isole di Ceo e di Serifo. I termini dell'accordo non ci sono esattamente noti, ma è verosimile che il signore di Tino e Micono abbia fornito le navi al figlio e che gli altri due soci abbiano provveduto all'armamento. La conquista andò a buon fine e le due isole vennero occupate dai Veneziani.
La cronologia dell'avvenimento è incerta e sono state proposte le date del 1296, del 1301 e del 1302. Nel 1296 l'occupazione potrebbe essere avvenuta in concomitanza con la spedizione di Ruggero Morosini, detto Malabranca, che risalì l'Ellesponto per recarsi ad attaccare la colonia genovese di Galata a Costantinopoli. Nel 1302, al contrario, potrebbe essere connessa all'incursione compiuta in luglio da una flotta veneziana, condotta da Belletto Giustinian, che giunse fino alla capitale bizantina penetrando nel Corno d'Oro. È improbabile tuttavia che il Giustinian abbia comandato contemporaneamente una flotta pubblica inviata da Venezia e una flottiglia privata per la conquista delle due isole, per cui la data più credibile per la spedizione è da ritenersi l'estate del 1301, tenendo conto anche di una deliberazione del Maggior Consiglio di Venezia del 30 genn. 1302, con la quale si autorizzava una dilazione per Belletto Giustinian e Bartolomeo Michiel nella restituzione del denaro ricevuto per armare una galea.
La conquista di Ceo e di Serifo portò tuttavia a un contrasto, trascinatosi per alcuni anni, fra il G. e i suoi due compagni di avventura. Il G. non rispettò infatti i patti convenuti con il Michiel e il Giustinian appropriandosi di diritti che non gli spettavano. I due soci ricorsero al tribunale del bailo di Negroponte (verosimilmente Francesco Barbaro, in carica dal 1302 al 1304) e dei suoi consiglieri, ottenendo una sentenza in proprio favore con cui si imponeva al G. la restituzione, entro un termine che ignoriamo, di quanto aveva usurpato. Il G., però, ne rifiutò l'esecuzione; il bailo di Negroponte trasmise quindi la documentazione al governo veneziano e il doge Pietro Gradenigo, d'intesa con il Minor Consiglio e la Quarantia, gli ordinò di porre sotto sequestro i territori contesi e di nominare un castellano finché la questione fosse risolta. Nel 1303 il Michiel, a nome del Giustinian, scrisse al doge segnalando la disponibilità a eseguire l'ordine e chiedendo che fosse fatta giustizia. La questione, tuttavia, si trascinò ancora per qualche tempo, a giudicare dal fatto che il 4 luglio 1304 il Maggior Consiglio delegò la Signoria, con l'assistenza di un consiglio di quindici membri, a giudicare in merito ai castelli di Bartolomeo Michiel e Belletto Giustinian, ma è probabile che sia stata risolta con un compromesso soddisfacente per entrambe le parti, sebbene nulla dicano in proposito le fonti. Certo è solo che in seguito i tre conquistatori conservarono una parte delle isole, anche se non è possibile dire se la suddivisione rispettava gli accordi contratti inizialmente e in seguito oggetto di contestazione. Comunque siano andate le cose, però, il ricorso alle autorità veneziane per dirimere la questione rappresentò un notevole successo per il Comune, che rafforzò politicamente e giuridicamente le proprie posizioni nell'arcipelago, da cui era stato estromesso nella fase iniziale della conquista.
La moglie del G. morì prima di lui, lasciandogli forse due figlie; in data di poco anteriore al 25 apr. 1299, egli sposò in seconde nozze Alice Dalle Carceri, figlia di Merino (II) ed erede di un terzo dell'isola di Negroponte. Non ci è nota la data in cui Alice Dalle Carceri subentrò al padre nella baronia centrale di Negroponte, che a lui apparteneva, ma tra il 1° sett. 1303 e il 31 ag. 1304 il G. appare per la prima volta come signore di un terzo di Negroponte in una lettera di Carlo II d'Angiò re di Napoli. Il re, agendo a nome del figlio Filippo, principe di Taranto, e su richiesta di Isabella, principessa di Acaia, vietò al G., a Maria Da Verona e a Beatrice, signori di Negroponte, di cedere ad altri i loro feudi, dato che il principato si trovava sotto la sovranità di Filippo. Non conosciamo le circostanze per cui i destinatari della lettera intendevano cedere i loro feudi; per quanto riguarda il G., potrebbe non trattarsi necessariamente di quelli di Negroponte ma anche degli altri di cui era titolare. Ai primi dovevano essersi aggiunti Tino e Micono: l'ultima menzione di Bartolomeo Ghisi come vivente risale infatti al 4 ott. 1302, quando venne inserito in una tregua conclusa fra Venezia e Andronico II Paleologo. È probabile che il G., come il Michiel e il Giustinian, si sia riconosciuto vassallo del doge di Venezia per la parte delle isole di Ceo e Serifo che possedeva, ma come signore di Tino e Micono dipendeva del principe di Acaia. Come signore di Negroponte divenne inoltre non solo vassallo del principe di Acaia, ma anche suo pari allo stesso titolo dei duchi di Atene e di altri feudatari di Romania.
Il G. è ricordato in seguito nella signoria di Negroponte da un documento del 18 ag. 1306, con cui il Senato veneziano autorizzava il bailo di Negroponte Pietro Mocenigo a contrarre un mutuo per l'acquisto di un terzo del ponte di S. Corrado, appartenente al G., che collegava Negroponte alla terraferma greca. Il 13 ott. 1308 il G., signore di un terzo di Negroponte, di Tino e Micono, chiese alla Signoria di Venezia di poter prorogare il pagamento di 400 iperperi, resto di una somma che doveva a causa di un battello genovese, verosimilmente catturato e saccheggiato dagli abitanti di una delle sue isole. La richiesta venne soddisfatta, ma il G. lasciò trascorrere il tempo utile senza corrispondere quanto doveva, per cui nel marzo del 1309 il Senato gli ordinò di provvedere senza indugio al pagamento per evitare che si procedesse contro di lui per via giudiziaria.
L'anno seguente il nome del G. compare nelle trattative condotte fra Venezia e l'imperatore Andronico II Paleologo. Nel 1306, infatti, il Comune veneziano si era associato alla progettata crociata di Carlo di Valois contro l'Impero d'Oriente, rompendo così la tregua decennale sottoscritta con Bisanzio nel 1302, ma il fallimento dell'impresa lo aveva spinto a riavvicinarsi a Costantinopoli per garantire in qualche modo i traffici in Levante, che venivano messi in difficoltà dalla pirateria. Furono inviati due ambasciatori dal Paleologo per trattare una tregua e questi, verso l'agosto del 1310, ricevettero dal Senato veneziano l'ordine di far sì che vi fossero inclusi il duca dell'Arcipelago Guglielmo Sanuto e il Ghisi. Il trattato venne poi concluso l'11 novembre dello stesso anno ma, contrariamente alle richieste del governo veneziano, non vi compaiono il nome del G. o di altri signori veneziani; vennero tuttavia riconosciute come valide le clausole del trattato del 1285 in cui era stato inserito Bartolomeo, padre del G., e si deve ritenere che siano state considerate implicitamente in vigore anche per il suo successore nella signoria delle isole.
Nel 1309 il G. partecipò alle trattative fra il bailo di Negroponte Belletto Falier e la Compagnia catalana, che per motivi a noi sconosciuti era entrata in guerra con i Veneziani e i signori terzieri dell'isola. Le trattative andarono a buon fine e i Catalani passarono subito dopo al servizio del duca di Atene Gualtieri di Brienne. L'intesa fu tuttavia di breve durata e nel 1310 si giunse alla guerra aperta che culminò, il 15 marzo 1311, in una battaglia in prossimità di Almiro in Tessaglia, alla quale prese parte anche il G., che vi perse la vita. Alice Dalle Carceri sopravvisse al marito e, per qualche tempo, fu reggente della baronia. Il G. ebbe due figli maschi: Bartolomeo, in seguito gran connestabile di Acaia, e Marino che non ebbe un ruolo di rilievo nella vita pubblica.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Notamenta de Lellis, vol. I, pars 2, pp. 1993 s.; A. Navagerius, Historia Veneta, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XXIII, Mediolani 1733, col. 1009; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, I, Venezia 1876, p. 35 n. 150; Les registres de Boniface VIII, a cura di A. Thomas - M. Faucon - G. Digard, II, Paris 1904, p. 386 n. 3009; Chronique de Morée, a cura di J. Longnon, Paris 1911, pp. 302 s., 309; Le deliberazioni del Consiglio dei rogati (Senato). Serie "Mixtorum", II, Libri XV-XVI, a cura di R. Cessi - M. Brunetti, Venezia 1961, p. 134 n. 86; R.J. Loenertz, Les Ghisi dynastes vénitiens dans l'Archipel 1207-1390, Firenze 1975, pp. 100 s., 103-122, 200 nn. 17 s., 205 n. 24, 298-300, 326 s.; K. Hopf, Ghisi, in Allgemeine Encyclopädie der Wissenschaften und Künste, LXVI, Leipzig 1857, pp. 339 s.; F. Thiriet, La Romanie vénitienne au Moyen Âge. Le développement et l'exploitation du domaine colonial vénitien (XIIe-XVe siècles), Paris 1959, p. 158; S. Borsari, Studi sulle colonie veneziane in Romania nel XIII secolo, Napoli 1966, pp. 79-81, 83 n., 110 s.; D. Jacoby, La féodalité en Grèce médiévale. Les "Assises de Romanie": sources, application et diffusion, Paris-La Haye 1971, pp. 25, 69, 196, 237 n., 238.