GEMISTO PLETONE, Giorgio (Γεώργιος Γεμιστὸς Πλήϑων)
Filosofo, nato a Costantinopoli intorno al 1355, morto nel Peloponneso verso il 1450. Venuto, con l'imperatore Giovanni VI, il principe Demetrio, il patriarca Giuseppe, Bessarione e altri, nel 1438 a Ferrara e a Firenze, al concilio per la riunione delle Chiese, come consigliere (δυγπλήιος) dell'imperatore e membro della delegazione, s'interessò non tanto delle questiori teologiche e religiose, che scarsamente sentiva, quanto di quella rinascita del platonismo, per cui indusse Cosimo de' Medici a fondare l'Accademia platonica fiorentina. A Platone aveva cercato infatti di avvicinarsi anche nel nome, traducendo nel sinonimo Πλήϑων ("il riboccante") il nome di Γεμιστός ("il colmo"). L'amore per il platonismo si connetteva in lui con l'intento di risuscitare l'antica cultura, per farne la base d'un rinnovamento spirituale del mondo: di qui l'avversione che per lui nutrirono i rappresentanti della chiesa ortodossa (e non solo il più fiero di questi, Gennadio, patriarca di Costantinopoli, che in lui vedeva combattuto anche il proprio aristotelismo), concordi nel giudicarlo pagano e nemico del cristianesimo.
Tra i suoi numerosi scritti sono da ricordare, oltre ad alcune opere storiche, il Περὶ ὧν 'Αριστοτέλης πρὸς Πλάτωνα διαϕέρεται (De Platonicae atque Aristotelicae philosoppiae differentia, con la vers. latina di B. Donato, Venezia 1532), il Περὶ εἱμαρμένης (De fato, Leida 1722), e, sopra tutti, la Νόμωνν συγγραϕή (Codice delle leggi) di cui Gennadio ordinò la distruzione (i frammenti superstiti sono stati pubblicati da C. Alexandre, con traduzione di A. Pelissier, Parigi 1858). In quest'opera, che anche nel titolo richiamava le Leggi di Platone, G. volle dare l'espressione più grandiosa al suo ideale di una società e di uno stato rinnovati sulle fondamenta del platonismo. Ma, di fatto, egli non distingueva bene tra platonismo e neoplatonismo: era decisamente antiaristotelico (e in ciò promoveva la dissoluzione della scolastica operata dal Rinascimento) nella difesa della trascendenza delle idee contro la dottrina della sostanzialità degl'individui, ma nella rivendicazione del mondo ideale attribuiva a questo le forme personali e mitologiche che erano state care al neoplatonismo più tardo: di qui la sua rivalutazione dell'antica teologia ellenica. E del tardo neoplatonismo G. condivideva l'interessamento per la presunta sapienza orientale (v. gli Oracula magica Zoroastris, Parigi 1599), allo stesso modo che le tendenze sincretistiche, che gli fecero accogliere, nel campo dell'etica, anche molti motivi stoici. La maggior parte degli scritti di G. è raccolta in Migne, Patrologia Graeca, CXXX.
Bibl.: W. Gass, Gennadius und Plethon, Breslavia 1844; F. Schultze, G. G. P. und seine reformator. Bestrebungen, Jena 1864; J. W. Taylor, Plethos Criticism on Plato and Aristotle, Menasha Wis. 1921.