GABRIELLI, Giorgio
Nacque a Palermo il 6 dic. 1886 da Gabriele e da Giuseppa Brancato.
La formazione professionale e culturale del G. avvenne nella Palermo degli inizi del secolo, satura di fermenti filosofici. Frequentò la scuola normale e, ottenuta la licenza di maestro, insegnò alle elementari, dove assunse pure la funzione di animatore del tirocinio. Questo suo impegno scolastico si prolungò poi nell'attività sindacale, anche attraverso una rivista quindicinale, L'Azione magistrale, che rimase in vita fino al 1915 e svolse un'intensa attività di discussione dei problemi magistrali.
A Palermo, però, avvenne soprattutto la formazione pedagogica del G., sotto la guida di F. Orestano, teorico di un irrazionalismo di tipo nietzschiano, di G.A. Colozza, rappresentante di un tardo - cauto e critico - modello di positivismo pedagogico, ma in particolare di G. Gentile, che proprio a Palermo veniva maturando ed esponendo, nelle lezioni universitarie e nelle conferenze tenute nella Biblioteca filosofica organizzata da G. Amato Pojero, il suo pensiero filosofico e pedagogico. Da costoro il G. mutuò l'attenzione all'attività del bambino, la passione per una didattica critica e dinamica, la volontà di rinnovare la vita stessa della scuola. Sempre a Palermo, presso l'editore Remo Sandron, entrò in contatto con G. Lombardo Radice, che veniva teorizzando una pedagogia idealistica e, insieme, una visione della scuola come "scuola serena": essa deve mettere al centro l'attività del bambino, che è, soprattutto, "artista" e "poeta". Lombardo Radice e le sue Lezioni di didattica e ricordi di esperienza magistrale (Palermo 1912) saranno i punti di riferimento centrali dell'elaborazione didattica e della teorizzazione scolastica del Gabrielli.
Trasferitosi a Roma come ispettore scolastico, si dedicò, con tenacia ed entusiasmo, all'attuazione dei nuovi programmi scolastici del 1923, elaborati da Lombardo Radice; promosse una Biblioteca magistrale laziale, che ambiva a essere "un centro di propulsione e di sperimentazione di nuove didattiche e di nuove impostazioni metodologiche" (Grossi); si impegnò in una ricca e articolata attività pubblicistica, affrontando i problemi della scuola italiana nei suoi vari momenti anche politici e ideologici e collaborando a molte riviste, da I Diritti della scuola (alla cui attività partecipò per oltre cinquanta anni) a Scuola italiana moderna, passando per Scuola di base, e molte altre ancora.
Durante il ventennio fascista il G. fu un esponente di punta di quella nuova pedagogia scolastica che guardava al rinnovamento della scuola in senso "attivistico" e che si trovò schierata a difesa della Carta della scuola di G. Bottai, che apriva a esperienze del mondo del lavoro e rinnovava la struttura della scuola media. A questo periodo risalgono i volumi La scuola di domani (Torino 1931), prefato da N. Padellaro, figura eminente della pedagogia "di regime", come pure La scuola in cammino (Firenze 1938) e Principi, fini e metodi della scuola fascista secondo la Carta della Scuola (ibid. 1940).
Rimasto al suo posto di ispettore al ministero, sia durante sia dopo la guerra, partecipò attivamente alla "ricostruzione" pedagogica e scolastica dell'Italia: fece parte della Commissione per l'elaborazione dei programmi scolastici del 1945, ispirati dall'americano C.W. Washburne e dal suo "attivismo" e, nel 1946, pubblicò un Commento ai programmi, che voleva accompagnarne la pratica attuazione, fungendo da guida per i maestri.
Riprese anche la sua attività di animatore pedagogico - con l'associazione Amici della didattica - e di organizzatore sindacale, dando vita, con altri rappresentanti del mondo magistrale, al Sindacato nazionale della scuola elementare (Sinascel) che per lungo tempo ebbe un ruolo molto significativo nell'ambito della categoria, favorendo lo schieramento di molti maestri su posizioni moderate e filogovernative, legate alla politica scolastica della Democrazia cristiana.
Si impegnò, poi, sia nella complessa e infruttuosa inchiesta, che doveva preludere alla riforma della scuola in ogni ordine e grado, voluta dal ministro della Pubblica Istruzione G. Gonella, sia nell'ambito della scuola popolare (ancora con Padellaro), dando vita a corsi per adulti rivolti "a debellare l'ancora dilagante piaga dell'analfabetismo in Italia" (Grossi).
Nel 1953, per raggiunti limiti di età, lasciò il ministero della Pubblica Istruzione ed entrò nella consulta del Centro didattico nazionale scuola elementare, dove fu a lungo vicepresidente; come tale partecipò alla elaborazione dei nuovi programmi per la scuola elementare sui quali pubblicò un nuovo commento: I programmi d'insegnamento per la scuola primaria del 1955 (Torino 1955). Negli anni Sessanta si occupò anche di scuola materna, dedicando a essa due saggi: La nuova scuola materna (Napoli 1968) e Gli orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali (Torino 1970).
Il G. morì a Roma il 10 luglio 1973.
Nel corso di un'attività legata costantemente alla scuola e alla formazione degli insegnanti - ora come pubblicista, ora come sindacalista o animatore - che accompagna tutto lo sviluppo della scuola italiana nel Novecento, dagli albori del secolo agli anni Settanta, la riflessione pedagogico-scolastica del G. si è articolata soprattutto intorno a tre nuclei di problemi, cui è rimasta sempre sostanzialmente fedele: l'idea di "scuola nuova"; il rinnovamento della didattica, con particolare attenzione ai programmi; la valorizzazione del metodo globale naturale per l'apprendimento della lettura.
L'idea di una scuola nuova - cui aveva dedicato nel 1924 La scuola viva (Roma) e nel 1926 La scuola nuova (Palermo; relativo ai programmi per la scuola elementare usciti nel 1923) - veniva al G. da Lombardo Radice e dal suo ideale di "scuola serena": al centro di essa è il bambino, con la sua personalità, la sua interiorità, i suoi caratteri "estetici"; il G. vide questo programma concretato, in modo esemplare, nel metodo d'insegnamento adottato da Maria Boschetti Alberti nel Canton Ticino, e a lei dedicò, infatti, una densa monografia pedagogica: Il pensiero e l'opera di Maria Boschetti Alberti (Firenze 1954). Al centro della nuova scuola elementare andava poi posto un nuovo metodo di apprendimento della lettura, un metodo "naturale" e globale, che seguisse i ritmi propri del bambino nell'apprendere l'alfabeto e le sue combinazioni. Se il metodo globale, che parte dall'unione di leggere e scrivere e pone al centro la frase, col suo significato e, solo successivamente, l'analisi delle parole e delle lettere, è quello che risulta naturale per il bambino, esso va in particolare sottolineato e seguito
Per il G., comunque, l'attività scolastica era eminentemente legata alla concreta attuazione dei programmi, che gli insegnanti devono conoscere e sapere usare, rispettandone i principî informatori. Di qui la necessità di "portare" i programmi ai maestri attraverso un'opera di "commento" (e il G. commentò, infatti, sia i programmi del '23 sia quelli del '45 e del '55, proprio a questo scopo) in modo da creare una diffusa coscienza della didattica e della sua problematicità: questione cui dedicò anche il volume del 1964, La ricerca metodologica (Napoli).
Fonti e Bibl.: Necr. di G. Catalfamo, in Prospettive pedagogiche, X (1973), 4, pp. 254-259; M. Mencarelli, in Scuola di base, XX (1973), 5-6, pp. 126-132; M. Casotti, in Scuola italiana moderna, LXXXIII (1974), 13, p. 4. Vedi anche: G. Cives, Cento anni di vita scolastica in Italia, Roma 1960, ad ind.; D. Grossi, G. G. e il metodo globale naturale, Roma 1979; E. De Fort, La scuola elementare dall'Unità alla caduta del fascismo, Bologna 1996, ad ind.; Enc. biogr. e bibliogr. italiana, E. Codignola, Pedagogisti ed educatori, s.v.