DELL'AQUILA (de l'Aigle, Delaygli), Giorgio (Giorgio Fiorentino)
Di questo pittore fiorentino si ignora la data di nascita mentre sappiamo che morì nel 1348. Quasi tutte le notizie che lo riguardano sono desunte dalla contabilità dei Savoia (Tesoreria generale,conti dell'Hôtel di Chambéry ecc., tutti in Schede Vesme)e ce lo mostrano attivo presso la corte sabauda dal 1314 all'anno della sua morte ed evidenziano la straordinaria considerazione in cui fu sempre tenuto: risulta pictor domini di Amedeo V fin dal primo documento di allogazione per gli affreschi della sala grande nel castello di Chambéry (1314), è definito "ipictor et operarius noster de arte sua pictatoria" da Aimone nel 1335, "dilectum familiarem et pictorem nostrum" ancora da Aimone nel 1341. Lavorò al servizio di Amedeo V, Edoardo e Aimone spostandosi continuamente all'interno della contea.
Purtroppo di lui non conosciamo alcuna opera, ma la frequenza con la quale venne impiegato e le donazioni di cui fu fatto oggetto sottolineano l'importanza della sua produzione e quindi il peso che questa dovette aver esercitato sulla cultura figurativa di area sabauda, tanto più che l'artista fu sempre circondato da una numerosa bottega, spesso menzionata nei documenti di pagamento. Il primo di questi cita un anonimo maestro che il D. aveva portato con sé ("secuni capientis") e che è pagato giornalmente un po' più del D. stesso; ciò può far supporre che quest'ultimo non fosse ancora emancipato (e quindi assai giovane), nonostante sia il solo menzionato per nome. Nel 1315 fece un viaggio da Chambéry a Parigi per portare delle castagne ad Amedeo V, che risiedeva nel castello di Gentilly; i documenti tacciono su un suo eventuale intervento nella residenza comitale, ma la presenza del D. a Parigi appare un dato non trascurabile. Sempre nel 1315 dipinse due tavole per l'altare del castello di Chambéry e tra il 1317-1318 le pareti e il soffitto della cappella: il pagamento include i colori, l'oro e l'argento, e il costo degli operai che l'aiutarono. Nello stesso anno affrescò la loggia antistante la cappella del castello di Le Bourget (e qui sono citati molti altri maestri con lui) e nel 1318-1319 quella del castello di Chambéry. Nel 1323, morto Amedeo V, Edoardo, suo successore, continuò ad impiegarlo; infatti in alcuni conti del chiavaro di Carignano e della castellania di Pinerolo, compresi tra il 1323 e il 1326, relativi alla spedizione di olio di noci nel castello di Pinerolo "pro destrenpandis coloribus causa pingendis", si apprende che il D. decorava qui le sale, i portici e la cappella del castello.
Intorno al problema se dipingesse a olio nacque, sulla fine del Settecento, un erudito dibattito tra il Vernazza (1792), sostenitore di questa tesi, e il Della Valle (1793, pp. 5 s.) che la rifiutava. L'argomento venne ripreso nel 1903 da Ferdinando Gabotto che pubblicò una serie di nuovi documenti relativi alla decorazione dei castelli di Rivoli e Pinerolo, a riprova che l'olio serviva proprio per stemperare i colori.
Nel 1324 erano stati pagati al D. i colori per la decorazione della camera del conte Edoardo nel castello di Chambéry e, un anno dopo, gli fu pagata la decorazione di uno scudo per il quale venne retribuito anche tale "Girardus Detres". Nel 1328 dipinse l'altare di S. Eustachio nella chiesa dei frati minori di Chambéry, nel 1329 un S. Cristoforo nella cappella del castello di Le Bourget e quindi la cappella, la sacrestia e la loggia nel castello di Saint-Martin-le-Chátel in Bresse. Queste notizie le apprendiamo da un documento della castellania di Chambéry del 1335 in cui Aimone di Savoia assegna al D. e ai suoi eredi una pensione annua e perpetua che verrà aumentata nel 1341.Il documento del 1341 cita il pittore come colui che dipinse la "cappellam nostram Alte Combe w che fu completata entro il 1342, come ci dice un pagamento a Giovanni di Grandson e a un valletto "magistri Georgii pictoris" (Schede Vestne, p.1369). Sembra così di intendere che il D., forse già impegnato altrove, avesse lasciato due aiuti a completare il lavoro, ma i documenti, fino all'anno della sua morte, tacciono sulla sua attività.
Nonostante manchi il documento di allogazione, è stata attribuita al D. (Viale, 1938, p. 38), su una base puramente deduttiva, la straordinaria decorazione, oggi perduta, descritta da un'anonima fonte francese dell'inizio del XV secolo, della sala del castello di Rivoli (Schede Vesme, pp. 1323 s.); fu eseguita a ricordo della sosta che qui fece l'imperatore Enrico VII, cognato di Amedeo V, quando, nel 1310, si recò a Roma a cingere la corona (l'affresco rappresentava l'imperatore, il papa Clemente V e quarantadue personaggi del seguito con i rispettivi stemmi). Assolutamente insostenibili le attribuzioni al D. dell'immagine della Consolata, nell'omonima chiesa torinese, avanzata da M. Paroletti (Turin et ses curiosités,Torino 1819, p. 389) e quella del Trittico del Rocciamelone (Susa, S. Giusto) suggerita da G. B. Pugno (Brevi notizie...,Susa 1867, pp. 28 s.).
La mancata conoscenza dell'opera del D. aumenta la difficoltà di intendere meglio il fenomeno di penetrazione e diffusione, in area sabauda, di prototipi trecenteschi fiorentini che ci consentirebbero di leggere più chiaramente alcuni fatti figurativi piemontesi di metà Trecento, tutt'oggi difficili da decifrare (in particolare gli affreschi di Montiglio, di Vezzolano, di S. Domenico di Torino). Questi creerebbero forse meno interrogativi se, come suggerisce Romano (1979), "si ritrovasse un giorno un dipinto di Giorgio dell'Aquila più simile a un'opera del Maestro del 1310 se non di Memmo di Filippuccio, che a un'opera di nobile accademia giottesca".
Fonti e Bibl.: Oltre alla bibliografia in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, II,p. 50, sub voce Aquila, Giorgio d'; XIV, p. 83(sub voce Giorgio da Firenze), si veda: Schede Vesme, IV,Torino 1983, sub vocibus Giorgio da Firenze, pp. 1317-1323,Giorgio dell'Aquila, pp. 1323 s.,Jean de Grandson, p. 1369; G. Vernazza, Notizie patrie spettanti alle arti del disegno,in Biblioteca oltremontana, Il (1792), pp. 279 s.; G. Della Valle, Prefazione,in G. Vasari, Le vite, X,Siena 1793, pp. 5 s.; L. Cibrario, Origini e progresso delle istituzioni della monarchia di Savoia,Torino 1855, p. 106;F. Gabotto, La pittura a olio in Piemonte nella prima metà del sec. XIV,in Boll. stor..., bibliogr. subalp., IV (1903), pp. 183-185, A. Naef, Chillon,Genève 1908,pp. 113 ss.; V.Viale, Arte alla corte sabauda e in Piemonte nel XIV e XV sec.,in ISavoia, a cura di J. de Blasi, Firenze 1938, pp. 37 s.; L. Mallé, Le arti figurative in Piemonte, Torino 1973, pp. 85, 106; E. Casteinuovo, in Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale (catal.), a cura di E. Castelnuovo-G. Romano, Torino 1979, p. 47;G. Romano, ibid., p. 268.