ALEMAGNA, Giorgio d'
Nato nella seconda metà del sec. XIV, fu uno dei più importanti membri della sua famiglia. Ebbe grande autorità nella corte di Giovanna Il e fu sempre sostenitore del partito angioino. Il 23 nov. 1421 si dimostrò avverso all'accordo tra la regina e Luigi III d'Angiò da un lato, e Alfonso d'Aragona dall'altro, in base al quale la questione della successione al trono, sospesa durante la vita di Giovanna, sarebbe stata dopo la sua morte risolta dal papa. Due anni dopo Luigi III, che era, con la regina, tenuto quasi prigioniero in Aversa dal potente favorito di lei, ser Gianni Caracciolo, lo mandò governatore in Calabria, sostituendolo, poi, nel 1426 con Pietro di Beauvan. Nel 1433, avendo Alfonso d'Aragona proposto una tregua di dieci anni, Giovanna Il affidò all'A., a Marino Boffa, conte d'Arienzo e di Bovino, e a Giovanni Cicinello, presidente del Tribunale della Sommaria, l'incarico di stenderne i capitoli. Quando, nel 1435, la regina venne a morte, si apprese dal testamento che, oltre a dichiarare erede Renato d'Angiò, fratello di Luigi III, ella aveva istituito un consiglio di reggenza, del quale l'A. faceva parte.
Nè in minor conto lo tenne la regina Isabella, venuta a reggere lo stato di Napoli in luogo del marito, Renato d'Arigiò, tenuto allora prigioniero dal duca di Borgogna; infatti, nel 1436, mandò l'A. a Genova con Enrico il Bastardo a stringere i patti della lega tra Napoli e la Repubblica. L'A. compare ancora tra gli uomini più ragguardevoli della corte di Renato, quando costui, liberato dalla prigionia, venne nel Regno. Nel 1438 lo seguì nella spedizione attraverso l'Abruzzo, e l'anno dopo, insieme con Santolo Galeota, venne mandato come commissario per stabilire una nuova tregua chiesta da Alfonso d'Aragona. Ma giunti a Melito, presso Napoli, con gli oratori del re di Francia, che per la stessa faccenda li accompagnavano, i due inviati angioini furono assaliti e percossi da uno squadrone di gente d'arme aragonese e costretti a tornare indietro. Essendo fallito così il tentativo di tregua, Alfonso assalì e prese Salerno, e invase le stesse terre dell'A., costringendo la moglie di costui a cedergli il castello di Buccino e a dargli in ostaggio il figliolo. Nel 1442, perduta Napoli, tranne i castelli di Capuana, Sant'Elmo e Castelnuovo, Renato abbandonò l'impresa, imbarcandosi su una nave genovese e seguito dai più devoti baroni e cavalieri provenzali e napoletani, tra cui l'A. Per questa nuova prova di fedeltà, l'A. meritò che nelle varie trattative condotte dallo stesso Renato e dai suoi capi e rappresentanti con Alfonso d'Aragona, prima e dopo la partenza, sempre si facesse il suo nome tra i pochi, per i quali si richiedeva il perdono e la restituzione dei beni. Il 22 nov. 1442, in Foggia, il Magnanimo gli concesse l'uno e l'altra (i suoi beni consistevano allora in Buccino col casale Cosentino, Ricigliano, Balvano, Laviano, Platano, e nel Castello di San Lorenzo, località site nel Principato Citeriore; in Lavello, Castelgrandine, Rapone e Santa Sofia in Basilicata); ma nell'intimo dell'animo egli non dové mai sentirsi legato alla nuova dinastia. Infatti nel parlamento del 1443, a prestare omaggio ad Alfonso, comparve la moglie, Sveva Orsini, non l'Alemagna. Ciononostante, nel 1452 ottenne da Alfonso I la nomina a consigliere ordinario e, dopo l'elevazione al trono del nuovo re Ferdinando I, si recò a Napoli a rendergli omaggio (luglio 1458). Quando però nel 1459 i baroni si ribellarono al re e chiamarono nel Regno Giovanni d'Angiò, l'A. si unì ai ribelli. Non si sa, però, quanto attivamente egli abbia partecipato alle operazioni militari, perché dopo il 1459 si perde di lui ogni traccia. Si ignora anche l'anno della sua morte. Ebbe tre figli, Paolo, Pietro e Giacomo.
Fonti e Bibl.: G. Pontano, Historiae neapolitanae seu rerum suo tempore gestarum libri sex, V, Neapoli 1769, p. 19; Diurnali detti del duca di Monteleone, a cura di N. F. Faraglia, Napoli 1895, p. 91; T. Caracciolo, Opuscoli storici, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXII, 1, a cura di G. Paladino, p. 93; Regesto della cancelleria aragonese di Napoli, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1951, p. 10; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, I, Firenze 1580, p. 173; F. Campanile, Dell'armi overo insegne dei nobili, Napoli 1618, pp. 216 ss.; E. Nunziante, I Primi anni di Ferdinado d'Aragona e l'invasione di Giovanni d'Angiò, in Arch. stor. per le prov. napol., XVIII (1893), p. 4; N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904, pp. 217, 344, 403; Id., Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, Lanciano 1908, cfr. Indice.