GIORGIO d'Alemagna (Zorzo Tedesco)
Nacque a Modena intorno al secondo decennio del Quattrocento da Alberto Tedesco. La sua formazione di miniaturista si colloca nel complesso ambito culturale dell'area emiliana nella prima metà del Quattrocento. L'importanza che Bologna ricopriva nella produzione libraria ha portato molti studiosi a proporla come probabile luogo di formazione di G., che nelle prime opere documentate presenta un linguaggio ancora tardogotico, espressivo e linearistico, aperto alle soluzioni prospettiche provenienti dagli artisti lombardi e veneti.
In quest'ambito è possibile collocare la realizzazione della Bibbia Albergati (New Haven, Yale University, Beinecke Rare Book and manuscript Library, 407), nella quale è stata individuata la mano di G. in alcune miniature.
Il codice fu eseguito tra il 1438, anno in cui il cardinale Niccolò Albergati, vescovo di Bologna, aveva presieduto il concilio di Ferrara, e il 1443, data della sua morte. Probabilmente G. vi collaborò con altri miniatori tra cui Cristoforo Cortese. La decorazione presenta caratteristiche che, oltre agli elementi propri della cultura miniaturistica bolognese, individuabile soprattutto nelle due decorazioni a piena pagina e in alcune iniziali, sono state collegate, per quanto riguarda i fregi, a influenze toscane, senza escludere il contesto stilistico ferrarese.
A Ferrara G. è documentato per la prima volta in un mandato di pagamento del 18 nov. 1441 relativo all'esecuzione di alcune miniature per un Breviario commissionato da Leonello d'Este.
L'opera, oggi smembrata, è passata sul mercato antiquario inglese e americano; e la sua identificazione è stata possibile per la presenza, su un foglio, del ritratto del committente. Il prezioso manoscritto fu eseguito da G. tra il 1441 e il 1448 insieme con altri artisti: Bartolomeo di Benincà, Matteo de' Pasti e Guglielmo Giraldi. A G. sono attribuibili alcuni fogli, tra cui uno con la raffigurazione di s. Ambrogio e un altro con il profilo di s. Agostino.
Nel 1449 Leonello commissionò a G. un Missale Romanum noto come Messale di Borso d'Este (Modena, Biblioteca Estense, alfa W.5.2 = Lat. 239).
Il codice, trascritto dal padre servita Martino da Castello, fu decorato da G. tra il 1449 e il 1451 quando, alla morte del committente, l'opera subì un'interruzione. Il lavoro riprese solo nel 1457 sotto Borso d'Este. A questa data G. mostra di aver assorbito molte suggestioni della produzione pittorica e scultorea ferrarese di quegli anni.
In questo stesso periodo G. lavorò alla decorazione delle Tabulae astrologiae di Giovanni Bianchini, dedicate a Leonello d'Este (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, I.147).
La dedica al signore fa supporre che questo sia l'esemplare originale o una copia immediatamente successiva, visto che Leonello morì nel 1450. Nel recto della prima carta G. raffigurò, con insolita iconografia, s. Giovanni Evangelista nelle vesti di uno scienziato che tiene in mano un astrolabio.
Intorno al 1450 G. fu forse tra quei primi miniatori, attivi a Ferrara, che entrarono in contatto con la corte di Rimini, chiamati da Sigismondo Malatesta e Malatesta Novello. A lui viene infatti attribuita la decorazione del De immortalitate animae di Giovanni Cocchi (Roma, Biblioteca Casanatense, 103) commissionato dalla corte riminese.
Tra l'ottobre e il novembre del 1452 gli fu commissionata da Borso d'Este la decorazione di dieci cassette e altrettante piccole ancone, dipinte con diversi soggetti, e una tavoletta in gesso a rilievo raffigurante Cristo in trono e gli apostoli. Queste opere oggi disperse possono essere messe in relazione con la documentata collaborazione di G., per quanto riguarda gli arredi, nei lavori dello studiolo nel palazzo di Belfiore a Ferrara. A tale tipo di produzione si collega un Reliquiario (Dublin0, National Gallery of Ireland) in legno dorato e pergamena con una miniatura raffigurante la Crocifissione, opera tradizionalmente attribuita a G. e datata al 1450 circa.
Nel 1453 G. realizzò la sua opera più famosa e per lungo tempo l'unica documentata perché la sola, tra quelle eseguite dall'artista, a essere segnalata nel catalogo della Libreria ducale: La Spagna in rima (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, II.132).
Il testo racconta l'impresa di Carlo Magno in Spagna, dai preparativi della guerra fino alla morte di Orlando e alla vendetta di Carlo. G. doveva eseguire il principio e trentatré grandi iniziali. Il manoscritto, completato nel 1456, mostra il progressivo adeguamento di G. al clima culturale che si andava affermando alla corte estense. Il gusto tardogotico e il suo stile linearistico, testimoniato dalle evidenti reminiscenze pisanelliane ancora presenti, per esempio, nel profilo di Giovanni Paleologo (c. 1r), si aggiornano grazie alle innovazioni pittoriche che artisti come Cosmè Tura stavano avviando.
Nel 1455 G. partecipò alla più importante committenza di Borso d'Este nell'ambito della produzione libraria, la realizzazione della celebre Bibbia di Borso, opera di straordinaria ricchezza decorativa (Modena, Biblioteca Estense, V.G. 12-13 = Lat. 422-423).
La decorazione del manoscritto, redatto da Pietro Paolo Marone, fu eseguita tra il 1455 e il 1461 e vide attivi, oltre a G., Taddeo Crivelli, Franco dei Russi, Girolamo da Cremona, Marco Avogaro e altri artisti. Nell'opera, uno degli esempi più alti della miniatura ferrarese, si fanno più evidenti, grazie all'influenza di Taddeo Crivelli, le adesioni alla pittura di Cosmè Tura e di Andrea Mantegna e la definizione di un linguaggio miniaturistico specificamente ferrarese.
È forse da attribuire a G. un Libro d'ore della collezione Spencer (New York Public Library, 45), databile tra 1456 e il 1457; con certezza può entrare nel suo catalogo la decorazione eseguita con Giraldi tra il 1458 e il 1459 dell'Opera cum commentario Servii Donati di Virgilio (Parigi, Bibliothèque nationale, Lat. 7939.A).
Il manoscritto fu commissionato dal patrizio veneziano Leonardo Sanuto il 10 ott. 1458, quando si trovava a Ferrara come rappresentante della Repubblica veneta. Il codice è particolarmente interessante perché è l'unico esempio di opera classica con una decorazione a carattere narrativo eseguito a Ferrara nel Rinascimento, unicità confermata dal fatto che la committenza non provenne dalla corte. A G. possono essere attribuiti il principio e quasi tutte le iniziali; mentre a Giraldi appartengono le piccole scene semimonocrome. Anche nella decorazione di questo manoscritto emerge l'importanza delle soluzioni pittoriche di Cosmè Tura.
Nel 1461 sono documentate la committenza di Borso e la realizzazione di mano di G. di un Breviario, oggi perduto.
Il 20 genn. 1462 il Comune di Ferrara, adempiendo al mandato ducale, concesse a G., allora residente nella contrada di S. Paolo, ai suoi figli e legittimi discendenti la cittadinanza ferrarese.
Agli inizi del settimo decennio del secolo risale la decorazione della Declaratio musicae disciplinae di Ugolino da Orvieto (Biblioteca apostolica Vaticana, Ross. 455). Qui G. eseguì il frontespizio dove è raffigurato Iubal, una delle rare rappresentazioni dell'inventore della musica secondo la tradizione ebraica.
Verso il 1465, in collaborazione con Taddeo Crivelli, G. lavorò a un Libro d'ore (Basilea, Öffentliche Bibliothek der Universität, AN.VIII.45) eseguendo ventuno miniature; mentre a Crivelli spettano le prime quattro.
Tra la fine del settimo e l'ottavo decennio del secolo G. si trasferì a Modena, sua città natale, avviando la decorazione di una serie di corali per i benedettini del monastero di S. Pietro, in collaborazione con altri maestri tra cui di nuovo Giraldi, Angelo e Bartolomeo degli Erri.
La realizzazione di questi lavori dovette durare a lungo e coinvolse anche il figlio Martino. Molti di questi codici sono conservati nell'abbazia di Montecassino. Tra questi un Graduale (Archivio privato, Corale S. Pietro di Modena, n. 13) non sempre riferito a G., ma più genericamente a un miniatore lombardo vicino alla sua cultura. La mano di Martino è invece riscontrata in due Salteri-Innari (ibid., nn. 19 e 29).
In questo stesso periodo G. compare nei pagamenti per due Salteri, scritti nel 1473-74 (Modena, Archivio capitolare, O.III.4, 5), da lui miniati per il duomo di Modena, sempre in collaborazione con il figlio Martino.
G. morì nel 1479.
Martino proseguì l'attività paterna seguendo la tradizione legata al Breviario di Leonello e alla Bibbia di Borso. Nei primi anni Settanta eseguì un Messale per il vescovo e abate Filippo Zoboli di Reggio Emilia (Parma, Biblioteca Palatina, Parm. 851). Nel 1477 fu chiamato a Bologna per completare la decorazione degli undici Corali di S. Petronio lasciati interrotti da Taddeo Crivelli in seguito al suo brusco licenziamento. In queste opere, terminate nel 1480, Martino dimostrò una maggiore attenzione per gli esempi di Marco Zoppo e Francesco Del Cossa, nonché ricordi della pittura di Piero Della Francesca. Nel 1485-86 è documentato dai pagamenti per alcune opere realizzate per il duomo di Ferrara e a questa stessa data risale la decorazione di un Graduale per il monastero di S. Giovanni Evangelista a Parma (ms. B). Non si conosce la data della sua morte.
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