CHIARINI, Giorgio
Nacque intorno al 1400, forse a Firenze, da un Lorenzo. Di lui non abbiamo altre notizie se non quelle, scarsissime, desumibili dai codici che ci hanno conservato El libro di mercatantie et usanze de' paesi, di cui il C. fu forse l'autore. In sostanza, sappiamo solo che agli inizi del 1457 egli era a Ragusa, nella casa di un Martino Chiarini (probabilmente un suo congiunto) in rapporti d'affari con i Pazzi di Barcellona, e che qui allora finì il codice Panciatichiano 72 per conto del fiorentino Ricciardo di Vieri del Bene.
Da ciò, e dal cognome stesso, potrebbe dedursi la sua appartenenza ad una famiglia toscana: secondo il Cinelli, infatti, il C. sarebbe stato fiorentino. Il Borlandi trovò le tracce di un Piero di Bernardo Chiarini che si trovava a Venezia nel 1396 e nel 1399 (cfr. la lettera di M. Cirnico, edita a cura di S. Morpurgo, in Arch. paleografico ital., I [1882], 2, tav. XX); non si hanno tuttavia elementi validi per stabilire un sicuro legame di parentela tra costui e il Chiarini.
Il Libro di mercatantie è un compendioso manuale di mercatura, in cui sono riportati pesi, misure e monete delle principali nazioni, con i relativi cambi e le usanze locali relative al commercio in generale e alle lettere di cambio in particolare; ebbe grande importanza in quanto fu il primo di tali prontuari ad essere stampato. Dell'opera si conservano solo tre manoscritti, ampiamente descritti dal Borlandi nella sua edizione critica. Il più antico è l'autografo cod. Panciatichiano 72 della sezione Palatina della Biblioteca nazionale di Firenze, che nell'explicit ci dà le uniche notizie biografiche sul C.: "Io Giorgio di Lorenzo Chiarini l'o rscritto Ed è di Ricciardo di Vieri del Bene da Ffirenze. El quale libro fu chopiato in Raghugia in chasa di Stefano di Gianmangnia tenuta a ffitto per Martino Chiarini pe' Pazi di Barzelona. Addì XXII di giennaio MCCCCLVIII [1459 s.c.]". Segue il segno araldico dei Del Bene e poi un elenco delle date della Pasqua dal 1445 al 1532. Il secondo è il cod. Fond Italien 911 della Biblioteca nazionale di Parigi, nel cui indice sono indicati due capitoli che non si trovano nel testo: "A trovare in che dì entra ogni mese"; "Conoscimento di più monete". Infine abbiamo il cod. Magliabechiano 203, classe XXIX della Biblioteca nazionale di Firenze: all'inizio vi si trova un medaglione con ritratto d'uomo e la scritta: "Giorgio di Lo. Chiarini"; alla fine, la sottoscrizione del copista, il cisterciense Ignazio di Stefano Becchi, datata 27 apr. 1483. Tale codice appartenne a Francesco di Filippo di Francesco del Pugliese, membro di un'antica famiglia di mercanti fiorentini assurta al patriziato, eletto priore di Firenze nel 1490 e poi di nuovo nel 1497; lo si deduce dalla nota di possesso: "Questo libro è di Francesco del Pugliese", risultante alla fine del sec. XV, sulla guardia membranacea all'inizio del codice. Tutto questo fa pensare, secondo il Borlandi, ad una trascrizione curata per conto della famiglia Del Pugliese od offerta forse dal C. stesso a qualche membro di quest'antica famiglia. Oltre ai tre codici esistono anche tre edizioni a stampa: la più antica risale al 1481, e fu stampata a Firenze da Francesco di Dino di Iacopo (Hain, n. 4956; Indice gen. d. incun., n. 2747). La seconda, non datata, risale probabilmente al 1490 circa: è un'edizione paciniana di Bartolomeo de' Libri (Hain, n. 4955; I.G.I., n. 2748). La terza edizione fu dovuta ad Angelo Ugoletti che la stampò a Parma nel 1498 (I.G.I., n. 2748), e fu integralmente ricostituita su frammenti, prima ignoti da F. Borlandi. La larga diffusione del Libro di mercatantie alla fine del sec. XV e nella prima metà del XVI si dovette non solo alle suddette edizioni, ma anche alla Summa de arithmetica di Luca Pacioli che nelle sue due edizioni (Venetiis 1494, Toscolani 1523) riporta integralmente il testo del Libro di mercatantie, alla Distinctio IX, Tractatus XII.
Non si può stabilire con certezza se il C. sia realmente l'autore del Libro di mercatantie:nel codice Panciatichiano 72 egli dice di aver scritto il libro, ma ciò non significa necessariamente che ne sia l'autore; potrebbe averlo solo copiato o scritto sotto dettatura. Molti studiosi hanno affrontato il problema di determinare l'autore del libro e varie sono state le ipotesi presentate. Poullain (cit. in Brunet, Manuel)attribuì l'opera a Luca Pacioli; il Carli-Rubbi e il Carampi pensarono a Francesco di Dino di Iacopo, che ne era stato il primo editore; al C. la assegnarono invece due eruditi toscani, il Cinelli e il Fossi. Quest'ultima tesi fu accolta da vari repertori incunabolistici, e poi dallo Smith, dal Raynaud, dal Mazzatinti e da molti altri studiosi. Il Brunet e il Davidsohn invece attribuirono l'opera, come già il Carli-Rubbi, al suo primo editore. Il Borlandi, infine, confrontando i codici e le edizioni a stampa del Libro, ne dedusse, rifacendosi alla tesi di A. Agostini, che si tratta piuttosto di un'opera "collettiva", formatasi cioè poco per volta per aggiunte successive.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. naz., ms. Magliab. cl. IX, 66: G. Cinelli, La Toscana letter. ovvero Storia degli scrittori fiorentini, I, p. 675; G. R. Carli-Rubbi, Delle monete e dell'instituzione delle zecche in Italia, I, L'Aja 1754, p. 157; II, Pisa 1757, pp. 88-128; G. Garampi, Saggi di osservazioni sul valore delle antiche monete pontificie, Roma 1792, p. 132; App., p. 24; F. Fossi, Catalogus codicum saeculo XV impressorum qui in publica Bibliotheca Magliabechiana Florentiae adservantur, I, Florentiae 1793, pp. 515 s.; J. Ch. Brunet, Nouvelles recherches bibliographiques, II, Paris 1838, p. 302; Id., Manuel du libraire et de l'amateur de livres, III, Paris 1862, col. 1067; G. Raynaud, Inventaire des manuscrits italiens ... qui ne figurent pas dans le catalogue de Marsand, Paris 1882, p. 72; F. Zambrini, Le opere volgari a stampa dei secc. XIII e XIV, Bologna 1884, col. 611; L. Goldschmidt, Universalgeschichte des Handelsrechts, Stuttgart 1891, pp. 5, 187; M. Cantor, Vorlesungen über Geschichte der Mathematik, II, Leipzig 1892, p. 301; D. E. Smith, Rara arithmetica, Boston 1908, pp. 10 s.; E. Weber, Literaturgeschichte der Handelsbetriebslehre, Tübingen 1914, pp. 7 ss.; R. Davidsohn, Gesch. von Florenz, IV, Berlin 1925, pt. IIa, p. 241; pt. IIb, p. 134; A. Agostini, Sopra un preteso plagio di Luca Pacioli e sopra un incun. ital., in Arch. di st. della scienza, II (1925), p. 119; S. Morpurgo, Suppl. a "Le opere volgari a stampa dei secc. XIII e XIV" di F. Zambrini, Bologna 1929, p. 155; F. Edler, Glossary of business,Italian series 1200-1600, Cambridge, Mass., 1934, p. 3; F. Borlandi, El libro di mercatantie et usanze de' paesi, Torino 1936, pp. XX-XXV, XXVII-XXX XXXIV ss.; C. Ciano, La "pratica di mercatura" datiniana(secolo XIV), Milano1964, p. 5; L. Hain, Rep. bibliographicum, I, 2, pp. 99 ss.; R. Reichling, Appendices ad Hainii-Copingeri Rep. bibliographicum, IV, pp. 187 ss.; G. Mazzatinti, Inventario d. mss. ital. d. Biblioteche di Francia, I, p. 165.