BIANDRATA (Blandrata), Giorgio
Uno dei più antichi e fervidi seguaci italiani della Riforma, di idee antitrinitarie. Nacque, verso il 1515, da nobile famiglia di Saluzzo, della quale alcuni membri già nel Medioevo erano stati fautori di eretici, ed altri nel sec. XVI avevano emigrato a Ginevra per seguire liberamente il protestantesimo. Giorgio emigrò in Polonia, ove, essendo medico, fu addetto al servizio della moglie di Sigismondo I. Di là passò in Transilvania, quindi in Italia, e si stabilì a Pavia: fu imprigionato dall'Inquisizione, ma riuscì a fuggire nuovamente a Ginevra. In questa città ebbe relazioni epistolari ed orali con Calvino, a cui aveva sottoposto le sue obbiezioni contro la dottrina della Trinità e che gli rispose anche con apposito trattato (Responsum ed questiones G. Blandratae, Ginevra 1559); ma non essendo il B. rimasto convinto, anzi avendo suscitato per il suo atteggiamento i sospetti di Calvino, per prudenza si allontanò con l'Alciati da Ginevra. Trasferitosi a Berna e poi a Zurigo, ritornò infine in Polonia: intervenne ai sinodi di Pińczów (1558) e di Ksia̧ż (1560-1562). In Polonia e più tardi nuovamente in Transilvania (1563) trovò fautori, ma anche avversarî, i quali si unirono a Calvino che continuava da lontano ad osteggiare il B., ritenendolo ateo. Fu in relazione amichevole col vescovo antitrinitario Francesco David e con Fausto Socino. Ma l'amicizia si convertì in ostilità: il David per accusa del B. fu messo in prigione a Deva, ove morì (1579); il Socino accusò più tardi il B., che già era stato diffamato, di essersi convertito al cattolicismo dopo aver accumulato ricchezze presso i protestanti, e di aver indotto il principe Stefano Báthóry a chiamare in Transilvania i gesuiti. Con questi, in realtà, il B. stette in buona armonia sul finire di sua vita; ma non si sa se ciò fosse conseguenza di una sua conversione al cattolicismo, ovvero di uno scetticismo generale in cui poteva esser caduto dopo le sue accanite dispute con i teologi protestanti.
La sua fine è incerta: secondo il gesuita Wujek sarebbe stato strangolato, a scopo di rapina, da un suo nipote chiamato egualmente Giorgio, nel 1588.
Bibl.: Malacarne, Commentario delle opere e delle vicende di G. Biandrata, Padova 1814.