ORSINI, Giordano
ORSINI, Giordano. – Figlio del potente Matteo Rosso di Giangaetano Orsini, nacque presumibimente nei primi decenni del Duecento.
Votato alla carriera ecclesiastica al pari del fratello maggiore Giangaetano, da quest’ultimo − assurto al soglio pontificio con il nome di Nicola III nel 1277 – fu creato cardinale diacono del titolo di S. Eustachio nel concistoro del 12 marzo 1278.
Nonostante l’assoluta preminenza dei suoi più stretti congiunti e la dignità cardinalizia conseguita, sono pochi gli episodi significativi della sua esistenza e della sua attività messi in evidenza dalle fonti disponibili. Tolomeo da Lucca lo ricorda come «vir magne excellentie et innocentie» (Historia ecclesiastica, 1727, col. 1179), ma Salimbene de Adam, polemizzando sul merito di talune nomine cardinalizie del tempo, lo definisce senza mezzi termini «homo parve litterature et quasi laycus» (Cronica, 1966, pp. 246 s.), mettendone in luce la poca cultura e, a quanto pare, i costumi non proprio consoni a quelli di un porporato; nessun’altra indicazione sulla sua preparazione e sulle inclinazioni della sua personalità emerge dalle testimonianze coeve. In ogni caso la sua figura certamente non spicca nella storia della Chiesa del secolo XIII come quella degli altri esponenti del casato suoi contemporanei che vestirono la porpora, ed egli appare più che altro come un comprimario di secondo piano.
Nel 1262 è ricordato come cantor della Chiesa di Chartres in una divisione di beni del suo casato; come tale («discretus vir magister Iordanus cantor Carnotensis, germanus domini Iohannis cardinalis», Epistolae saeculi XIII, III, p. 661), nel 1265 figura tra i presenti al solenne giuramento prestato da Carlo d’Angiò nella chiesa romana di S. Maria in Aracoeli («ecclesia Sancte Marie de Capitolio»). Sempre con il titolo di cantor Carnotesis è attestato nel 1268 come cappellano papale di Clemente IV, mentre dal 1271 compare (in un mandato del re d’Inghilterra Enrico III) come canonico della cattedrale di York, prebendario di Fenton.
Un atto del 1286, rogato «in domibus in quibus […] dominus Iordanus cardinalis morabatur videlicet in monte qui dicitur Iohannis Ronzonis» (Archivio di Stato di Roma, Per., cass. 59, perg. 25), sembra indicare che ebbe la sua residenza romana sul leggero rilievo collocato a non molta distanza dalla testata sinistra del ponte di Castel S. Angelo denominato allora appunto Mons Iohannis Ronçonis, dove la famiglia Orsini a partire dalla metà del Duecento stabilì uno dei suoi principali capisaldi residenzali in città. È stato supposto che la località prese il nome di Monte Giordano, che è quella che ancor oggi lo indica, proprio dalla residenza del cardinale (Frommel, 2009), ma in realtà solamente dalla metà del Quattrocento si affermò definitivamente tale toponimo, derivato dal nome del cardinale Giordano Orsini (morto nel 1438) che ne fu proprietario.
Nel 1278 Orsini fu presente al solenne atto con il quale i sindaci di Bologna riconobbero il dominio pontificio sulla città.
All’indomani della morte di Nicola III (1280) i due cardinali del casato Orsini, Giordano, appunto, e Matteo Rosso, subirono gravi conseguenze nel contesto della generale sollevazione antiorsina che seguì la scomparsa del pontefice. I viterbesi fecero addirittura irruzione nel conclave che si teneva nella loro città e imprigionarono i due porporati, accusandoli di ritardare artatamente l’elezione del nuovo papa. Il contrasto che seguì la sollevazione antiorsina, a un tempo militare e giudiziario, si concluse con un arbitrato pronunciato dal neoeletto Martino IV, che doveva sancire la pace tra il Comune di Viterbo e gli Orsini. Il primo passo compiuto dai viterbesi per ottenere la ratifica di tale pronunciamento e stabilire i conseguenti accordi di dettaglio fu, all’inizio del 1286, inviare loro ambasciatori ai cardinali Giordano e Matteo Rosso, i quali richiesero che il Comune delegasse l’inquisitore frate Angelo da Rieti a trattare la pace e cedere i propri diritti sui castra contesi. La complessa vicenda si protrasse ancora a lungo, apparentemente però senza il diretto coinvolgimento del cardinale Giordano.
Ancora nel 1286 questi presenziò alla divisione degli innumerevoli possedimenti territoriali che suo fratello Matteo Rosso e i figli di un altro suo fratello defunto ormai da tempo, Rinaldo, avevano ancora in comune.
Morì, quasi certamente a Roma, l’8 settembre 1287, vittima di un’epidemia che stroncò la vita di altri cinque cardinali e dello stesso pontefice Onorio IV.
Non si è conservato il suo testamento, ma solamente la lecentia testandi accordatagli da Martino IV il 5 dicembre 1282. Unicamente il Liber anniversariorum della basilica di S. Pietro in Vaticano riferisce di un consistente lascito disposto da Giordano a favore della basilica stessa.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Per., cass. 59, perg. 25; Ptolomei Lucensis Historia ecclesiastica a nativitate Christi usque ad annum circiter MCCCXII, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XI, Milano 1727, col. 1179; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della santa Romana Chiesa, II, Roma 1793, pp. 12, 15; Les registres d’Honorius IV (1285-1287), a cura di M. Prou, Paris 1886-88, coll. 214 s., n. 278; Les registres de Grégoire X et de Jean XXI, a cura di J. Guiraud - L. Cadier, Paris, 1892-1906, n. 31; Les registres de Clément IV (1265-1268), a cura di E. Jordan, Paris 1893-1945, n. 366, 411, 691, 700; Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae per G.H. Pertz, a cura di C. Rodenberg, in Mon. Germ. Hist., Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, III, Berlin 1894, pp. 661, 701, 716; Petri Cantinelli Chronicon (a. 1228-1306), a cura di F. Torraca, in Rer. Ital. Script., II ed., XXVII, 2, Città di Castello 1902, pp. XXI, 57; R. Sternfeld, Der Kardinal Johann Gaëtan Orsini (papst Nikolaus III.) 1244-1277. Ein Beitrag zur Geschichte der der Römischen Kurie im 13. Jahrhundert, Berlin 1905, pp. 50, 106, 120, 137, 199; Necrologi e libri affini della Provincia romana, a cura di P. Egidi, I, Roma 1908, pp. 250 s.; E. Duprè Theseider, Roma dal Comune di popolo alla signoria pontificia (1252-1377), Bologna 1952, pp. 203, 222; Tholomei Lucensis Annales. Die annales des Tholomeus von Lucca in doppelter Fassung, nebst Teilen der Gesta Florentinorum und Gesta Lucanorum, a cura di B. Schmeidler, in Mon. Germ. Hist., Scriptores Rerum germanicarum, Nova series, VIII, Berlin 1955, pp. 185, 211; G. Marchetti Longhi, I Boveschi e gli Orsini, Roma 1960, p. 70; Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, I-II, Bari 1966, pp. 246 s.; Close rolls of the reign of Henry III. Preserved in the Public record office, XIV, London 1970, p. 428; A. Paravicini Bagliani, I testamenti dei cardinali del Duecento, Roma 1980, pp. XXXI, 44, 48, 104, 240, 245, 247; S. Carocci, Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e primo Trecento, Roma 1993, pp. 53, 135 s., 178, 398; M. Thumser, Rom und der römische Adel in der späten Stauferzeit, Tübingen 1995, pp. 150, 154; A. Paravicini Bagliani, La vita quotidiana alla corte dei papi nel Duecento, Roma-Bari 1996, pp. 16, 121, 123, 150; F. Allegrezza, Organizzazione del potere e dinamiche familiari. Gli Orsini dal Duecento agli inzi del Quattrocento, Roma 1998, pp. 8 n., 24 n., 76 n., tav. 2; S. Carocci, Il nepotismo nel medioevo. Papi, cardinali e famiglie nobili, Roma 1999, pp. 125, 143, 160; Die chronik des Saba Malaspina, a cura di W. Koller - A. Nitschke, in Mon. Germ. Hist., Scriptores in folio, XXXV, Hannover 1999, p. 278; Fasti Ecclesiae Anglicanae 1066-1300, VI, York, a cura di D.E. Greenway - J. Le Neve, London 1999, p. 72; C.L. Frommel, L’antica basilica di San Lorenzo in Damaso: indagini archeologiche nel Palazzo della Cancelleria (1988-1993), Roma 2009, p. 403; A. Di Santo, Monumenti antichi. Fortezze medievali. Il riutilizzo degli antichi monumenti nell’edilizia aristocratica di Roma (VIII-XIV), Roma 2010, pp. 68-70, 89 n. 15.