AGLIANO, Giordano
Vissuto nel sec. XIII, fu uno dei maggiori esponenti della nobile famiglia dei signori di Agliano, le cui origini non sono state chiarite con sicurezza.
La famiglia Agliano fu creduta un ramo dei marchesi di Busca, e, più precisamente, fu confusa con i Lancia, o Lanza, ma non esiste alcun documento né si possiede alcuna testimonianza sicura. Tutti gli ascendenti dell'A. sono conosciuti come signori di Agliano, e può darsi che derivino da quegli Agliano che nel sec. X furono assai influenti in Asti ed ebbero anche titolo comitale. Con il ramo dei Lancia o Lanza, dei marchesi di Busca, gli Agliano strinsero parentela per via di donne.
Il 18 giugno 1213 l'A. donò al Comune di Asti quanto possedeva nel castello o nella villa di Agliano, e ricevette quindi ogni cosa in feudo dal Comune stesso, del quale diventò cittadino. Fu testimone, nel 1217, all'acquisto da parte del Comune astigiano di beni feudali in Canelli e alla donazione, al Comune stesso, di parte di Saluzzo. Il 27 febbr. 1219 fu testimone all'alleanza stretta da Asti con il marchese Enrico del Carretto ai danni di Alba, e il 19 apr. 1227 all'alleanza tra Asti e Bonifacio, marchese di Monferrato, contro Alessandria.
Con alcuni esponenti della famiglia dei Lancia, l'A. passò, in anno imprecisato, nell'Italia meridionale, al servizio dell'imperatore Federico II, che ne sposò la cugina Bianca Lancia - e poi di re Manfredi, dai quali ebbe le contee di Montalbano, Giovinazzo e San Severino.
Nel 1255 si distinse nella battaglia di Nola. Nel 1256 fu inviato, una prima volta, in Toscana, con l'incarico di riordinare le forze ghibelline e di osteggiare i guelfi. Nel 1259 re Manfredi promise ai ghibellini di Toscana di inviare nuovamente, a loro sostegno, l'A. insieme con numerosi armati. Questi, nel 1260, cercò di persuadere la città di Orvieto a non recar danno a quella di Siena, e quando si venne alla battaglia di Montaperti, il 4 sett. 1260, guidò alla vittoria i Senesi, alle cui milizie aveva unito ottocento lance tedesche e oltre mille ghibellini, di diverse località, condotti con sé in Toscana. Dopo la battaglia fece da moderatore per frenare gli eccessi dei ghibellini; fu vicario di re Manfredi, per alcuni anni, in Toscana, in Umbria e anche nella marca di Ancona, dove sconfisse le truppe pontificie.
Quando Carlo I d'Angiò mosse alla conquista del reame di Napoli, l'A. accorse in aiuto di Manfredi: nella battaglia di Benevento, del 26 febbr. 1266, combatté in seconda fila con i ghibellini toscani e lombardi. Dopo la sconfitta, coperto di ferite, venne fatto prigioniero. Condotto in Provenza, egli morì di fame in carcere, dopo che gli erano stati strappati gli occhi e tagliati un piede e una mano.
Fonti e Bibl.: Codex Astensis, qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, II, III, IV, Roma 1880, docc. 312, 313, 421, 422, 603, 695, 914; G. B. Moriondo, Monumenta Aquensia, II, Torino 1790, p. 840; G. Casalis, Diz. geografico storico statistico commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, I, Torino 1833, p. 61; C. Merkel, Manfredi I e Manfredi II Lancia, Torino 1886, pp.179-182; Q. Sella e P. Vayra, Del Codice d'Asti detto de Malabayla, Memoria, in Codex Astensis, cit., I, Roma 1887; A. Manno, Il Patriziato Subalpino, II, Firenze 1906, pp.9-10; Encicl. Ital., XX, p. 487.