GIORDANIA (App. III, 1, p. 760)
Superficie e popolazione. - In seguito all'occupazione da parte di Israele, nel 1967, di Gerusalemme e della Cisgiordania, la G. è ritornata alla sua più autentica ma anche più povera dimensione territoriale. Oggi occupa una regione tutta transgiordana, che penetra profondamente nel deserto a sud e a sud-est, mentre a sud-ovest si affaccia nel golfo di ‛Aqaba con l'omonimo porto che costituisce l'unico preziosissimo sbocco sul mare. Pertanto, dai 96.622 km2, che rappresentavano la sua superficie territoriale all'indomani della guerra arabo-israeliana del 1948, bisogna sottrarre i 5642 km2 dei distretti di Nābulus, el-Quds ed Hebron, occupati attualmente dalle forze armate israeliane. Se a questi si sommano poi gli 81.048 km2 completamente desertici, si evidenzia con estrema chiarezza che attualmente la vera e propria superficie disponibile per il popolo giordano è quella pari a 1/9 circa di quella territoriale.
Dal 1958 a oggi, la popolazione giordana ha continuato ad accrescersi con un ritmo elevato pervenendo a una cifra (2.616.299 ab.) che appare nettamente sproporzionata rispetto alle effettive possibilità del paese; considerevole è anche il numero di immigrati rappresentati da profughi palestinesi. Escludendo le aree desertiche, pertanto, si può calcolare che la densità media supera i 120 ab. per km2, registrando un valore piuttosto elevato.
Il processo di urbanizzazione, già in atto nel decennio 1950-60, continua a interessare in pratica sino a oggi la sola capitale ‛Ammān, la cui popolazione, stimata nel 1971 intorno ai 520.000 abitanti, si è raddoppiata in meno di un decennio ad opera degl'immigrati palestinesi, spesso alloggiati tuttora in campi per profughi.
Economia. - La G. ha perso, a causa delle recenti vicende belliche, proprio i territori più fertili, e ciò ha reso ancora più precaria la situazione economica, già di per sé grave. L'agricoltura e in particolare la cerealicoltura resta comunque la base dell'economia del paese ma, nonostante i notevoli sforzi per una maggiore diffusione delle colture irrigue mediante l'utilizzazione delle acque dello Yarmuk, resta ancora arretrata; molto diffuso è l'allevamento nomade (ovini, caprini, bovini, cammelli). Le risorse minerarie sono scarse; la principale ricchezza del paese è rappresentata dai fosfati di al-Hasā, eṣ-Ṣalt e er-Ruseifa (913.000 t nel 1970) e dai sali potassici (14.000 t nel 1970) estratti presso il mar Morto. Nella parte meridionale del paese è stata segnalata la presenza di petrolio. Recente è pure la scoperta di giacimenti di rame a Wādī ‛Araba. L'energia è completamente di origine termica, con produzione, nel 1970, di 165 milioni di kWh. Le industrie giordane, se si esclude una raffineria di petrolio a Zarqā, sono di modesta entità (birrifici, cementifici, tabacchifici).
Le vie di comunicazione sono insufficienti: una linea ferroviaria di 366 km collega Der‛ā ad ‛Ammān, Ma‛ān, Naǵb el-Ashtor e al porto di ‛Aqaba.
L'unico aeroporto è quello internazionale di ‛Ammān. La G. ha oggi una bilancia commerciale gravemente deficitaria e il peso delle sue importazioni è pari a circa sei volte quello delle sue esportazioni.
Bibl.: R. Blanchard, La terre de la promesse, Parigi 1965; N. H. Aruri, Jordan: a study in political development (1921-1965), L'Aia 1972; Y. T. Toni, S. Mousa, Jordan: land and people, Amman 1973.
Storia. - Riprese le relazioni diplomatiche ed economiche con l''Irāq nel dicembre 1960, rimase viva la tensione con la sola Repubblica araba unita, che accennò ad attenuarsi agl'inizi del 1961 con uno scambio di lettere fra Ḥusein e Giamāl 'Abd en-Nāṣer. Nel settembre, tuttavia, il riconoscimento dato alla Siria dopo l'uscita dalla Repubblica araba unita riaprì il conflitto con l'Egitto che si trascinò fino al 1964. Comunque la situazione interna relativamente tranquilla consentì al sovrano d'intraprendere un'attiva politica estera, assicurando al paese vari appoggi. Nel 1966 una nuova crisi con la Siria, appoggiata dall'Egitto e dall'Unione Sovietica, creò difficoltà alla G., che reagì appoggiandosi all'Arabia Saudita e agli Stati Uniti; complicò le cose la rottura con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, accusata di fomentare la sovvenzione (luglio 1966). Siria e OLP invitarono il popolo a rivoltarsi contro il re. Ne seguirono scontri alla frontiera siriana e attentati. La minaccia di un nuovo conflitto con Israele consigliò presto un accomodamento e la conclusione di un accordo di difesa con l'Egitto. La guerra con Israele del giugno 1967 si concluse in modo catastrofico per la G. che, oltre a subire ingenti perdite, perdette tutti i territori a O del Giordano e fu sommersa da una nuova ondata di profughi. Nel clima d'instabilità politica seguente la sconfitta le organizzazioni della resistenza vennero assumendo il controllo sui Palestinesi e sui campi dei profughi, creando proprie strutture autonome quando non in contrapposizione con quelle statali; alle loro azioni di guerriglia Israele rispose con pesanti rappresaglie contro villaggi giordanici. La situazione non mancò di provocare la reazione del governo e dell'esercito, in massima parte composto di beduini: nel novembre 1968 dimostrazioni di guerriglieri in ‛Ammān degenerarono in scontri armati; nuovi violenti incidenti si ebbero nel febbraio 1970, quando il governo tentò di limitare il porto d'armi, e ancora nel giugno. Nel luglio l'accettazione da parte giordanica del piano di pace proposto dagli Stati Uniti (per altro seguita a quella dell'Egitto) aggravò la crisi, la cui violenza fu accresciuta nel settembre da un attentato contro il re Ḥusein e dal dirottamento, operato da uomini del Fronte di liberazione della Palestina, di quattro aerei occidentali, poi distrutti, operazione che sollevò notevoli reazioni internazionali. Ne seguì una vera e propria guerra civile: malgrado gl'interventi di vari stati arabi in appoggio alla resistenza palestinese, essa si concluse nell'aprile 1971 con la sua espulsione dal territorio giordanico. La liquidazione dei movimenti di guerriglia lasciò il paese isolato e oggetto di duri attacchi da parte degli altri stati arabi; nell'agosto si ebbero nuovi scontri alla frontiera siriana; tentativi dell'Arabia Saudita di mediare una composizione restarono senza esito. Nel settembre il primo ministro fu ucciso al Cairo, dove si trovava per una riunione del Consiglio di difesa della Lega araba, da Palestinesi che affermarono di avere agito con il consenso dell'Egitto; in loro difesa si schierarono comunque i presidenti dell'Algeria, della Libia e dell''Irāq. Nel frattempo Ḥusein si preoccupava di rafforzare la sua posizione interna: esclusa l'attività dei partiti politici (sospesa per l'applicazione, dalla guerra del 1967, della legge marziale) fu formata, come unica organizzazione politica legale, l'Unione nazionale giordanica (agosto 1971; nel marzo 1972 essa mutò il nome in Unione nazionale araba), della quale il re era presidente. Tuttavia il problema maggiore rimaneva quello dei rapporti con i Palestinesi, cui già nel febbraio 1960 era stato offerta la cittadinanza giordanica; in effetti la politica della G. era di assorbimento nello stato dei territori già palestinesi. L'opposizione delle organizzazioni di resistenza e degli altri stati arabi e gli avvenimenti successivi, indussero il re Ḥusein a mutare atteggiamento: e nel marzo 1972 avanzò la proposta di un Regno arabo unito, stato federato comprendente la Transgiordania, con capitale ‛Ammān, e i territori della Cisgiordania, con capitale Gerusalemme, ciascuna regione dotata di propria autonomia ma legate da un unico capo di stato, il re, e da un governo federale. La proposta fu avversata dai Palestinesi, dagli stati arabi e dallo stesso Israele (che nella realtà occupava i territori della progettata Cisgiordania): malgrado le resistenze, Ḥusein dovette piegarsi alla volontà araba di affidare la rappresentanza di tutti i Palestinesi, e l'amministrazione dei territori eventualmente liberati, all'Organizzazione per la liberazione della Palestina, soluzione sancita in un vertice arabo tenuto a Rabāt nell'ottobre 1974 e accettata dal re. Tuttavia la tensione contro di lui e il suo governo (tentativo di colpo di stato militare nel novembre 1972, complotto contro il primo ministro e i ministri nel febbraio 1973) continuava a essere viva: voci di un attentato contro la sua persona organizzato da elementi palestinesi estremisti erano ricorrenti nei primi mesi del 1975. Nel 1976 la politica della G. fu caratterizzata da una sempre più stretta collaborazione con la Siria.
Bibl.: P. Lyautey, La Jordanie nouvelle, Parigi 1966; J. M. Verdes, Pours les Fidayine, ivi 1969; A.-M. Goichon, Jordanie réelle, ivi, I (1967), II (1972).
Archeologia. - Rispetto alla regione propriamente palestinese, la G. a E del Giordano e del Mar Morto è stata oggetto di un ben minor numero di scavi. Dal 1933, grazie all'opera di N. Glueck, che ha sistematicamente esplorato, registrato e datato la maggior parte delle numerose rovine, si è entrati in possesso del bagaglio di cognizioni topografico-archeologiche indispensabili per intraprendere una seconda più approfondita fase d'indagine. La prospezione ha rivelato inoltre che, a parte la zona compresa tra le valli del Giordano e dello Yarmuk, la quale rientra in schemi culturali piutosto di tipo palestinese, il territorio transgiordano è caratterizzato da due lunghi periodi di abbandono degli stanziamenti, dovuto a un rifluire allo stato nomadico delle popolazioni: la prima interruzione è compresa tra il 20° e il 13° secolo a. C., la seconda tra il 6° e il 1° secolo a. Cristo.
Nel Paleolitico l'occupazione, non molto intensa, sembra concentrarsi, come mostrano le raccolte di manufatti litici, soprattutto nella regione settentrionale. Pertinenti a tale periodo sono da considerarsi i disegni di animali scolpiti nella roccia scoperti a Kilwa nel Gebel Tubaiq. Per il Neolitico, a parte i tipici dolmen diffusi in tutta l'area, vanno ricordati gli scavi di Beidha, poco a N di Petra, che hanno fornito importanti testimonianze per il completamento dell'orizzonte neolitico pre-ceramico di Gerico (passaggio tra la casa a pianta circolare e quella a pianta rettangolare). Il copioso materiale del periodo Calcolitico raccolto durante le ricognizioni superficiali è ben integrato da quello rinvenuto in alcuni sondaggi vicino al Giordano (Tell Abu Habil, Arqub edh-Dhahr), e soprattutto dagli scavi di Teleilat Ghassul, che, oltre ai dati stratigrafici utili per la successione delle tipologie ceramiche, ha restituito notevoli affreschi con figure umane stilizzate e motivi geometrici eccezionalmente elaborati. Assai sporadiche si dimostrano le testimonianze del Bronzo Antico: esse si limitano essenzialmente alla necropoli di Bab edh-Dhra‛ sul Mar Morto e agli scavi di Khirbet Iskander.
Soltanto con il 1300 a. C. ricomincia una stabile occupazione dell'altipiano giordano. Sono di questo periodo due santuari costruiti in mattoni crudi rinvenuti a Tell Deir ‛Alla, che ha fornito tra l'altro anche alcuni documenti scritti assai probabilmente con caratteri sillabici, e ad ‛Ammān, nonché numerose tombe con ricchi corredi ceramici da Madaba, Irbid, Tell es-Sa‛idiyeh, preziosi per lo studio della continuità tra la cultura del Bronzo Tardo e quella del Ferro. Sempre più copiose si vanno rivelando le tracce dell'età del Ferro per una miglior comprensione storica dei regni degli Ammoniti, Moabiti ed Edomiti. Le esplorazioni hanno ormai ben determinato la linea di confine, protetta da fortezze, del territorio di Ammon. Scavi a Khirbet el-Hagiar e nella capitale Rabbat Ammon (‛Amman) hanno restituito notevoli esempi di statuaria con nomi di divinità. Iscrizioni nelle gioiellerie delle tombe e abbondanti corredi ceramici si pongono come importanti testimoni anze per il grado di specificità della cultura locale e contribuiscono a illuminare le notizie dei testi biblici. Di nuovo ai risultati delle ricognizioni americane si deve la conoscenza dell'intensa attività mineraria nella zona d'influenza edomita (Wadi ‛Arabah). Una fiorente industria per la fusione e la raffinazione del rame, attribuibile al tempo del re Salomone, è stata scoperta a Tell Kheleifeh presso il Golfo di ‛Aqaba, da identificarsi assai verosimilmente con il porto israelita di Ezion-Geber.
Con l'entrata sotto il dominio babilonese di tutta la regione giordano-palestinese si assiste, verso il 580 a. C., di nuovo a un ritorno delle popolazioni stanziate alla condizione nomade. Da questa situazione di abbandono nascono i presupposti per l'indisturbato accrescersi della supremazia nabatea nella regione meridionale del paese (Petra).
Bibl.: Opere di carattere generale: G. L. Harding, The Antiquities of Jordan, New York-Washington 1967 (ediz. riveduta); E. B. Smick, Archaeology of the Jordan Valley, Grand Rapids 1973. Esplorazioni: N. Glueck, Explorations in Eastern Palestine, in Annual of the American Schools of Oriental Research, 14, 15, 18-19. Riviste: Quarterly of the Department of Antiquities in Palestine, Gerusalemme; Annual of the Department of Antiquities of Jordan, Amman.