DELLA CHIESA, Gioffredo
Almeno due sono i personaggi di questo nome appartenenti all'antica famiglia saluzzese vissuti entrambi nel secolo XV: il primo, nato nel 1397, fu consigliere e segretario del marchese Ludovico di Saluzzo, il D., figlio di Nicolino e di Margherita Guercia, di circa mezzo secolo più giovane, autore della Cronaca di Saluzzo fu scudiero e sindaco della città di Saluzzo.
Al primo di essi un'ininterrotta tradizione storiografica, risalente alla fine del Cinquecento, attribuiva la paternità della Cronaca di Saluzzo, edita nel 1845 da Carlo Muletti col sottotitolo L'arbore e genealogia de la illustre casa di Saluzzo discesa dal saxonico sangue, con molte altre antiquitade agiunte d'altri potentaty e signory e successivamente (1848) inserita nel terzo tomo Scriptorum della collezione torinese Historiae patriae Monumenta (coll. 841-1076).
Pare sia stato l'erudito sabaudo Filiberto Pingone (1525-1582) il primo a identificare l'autore della Cronaca con "Joffredus ab Ecclesia Saluciensis iureconsultus consiliarius marchionum Saluciarum", suggerendo in questo modo la datazione dell'opera attorno al secondo quarto del secolo XV, attribuzione generalmente accolta da tutti coloro che in seguito si occuparono di essa. Carlo e Delfino Muletti anzi, sulla base di documenti saluzzesi che presentavano il segretario Gioffredo operante negli anni 1427-1451, supposero che l'autore avesse raccolto il materiale fra il 1420 e il 1430 e che nel decennio successivo si fosse dedicato alla stesura del testo e attribuirono a più tarde interpolazioni, dovute agli amanuensi, i riferimenti ad avvenimenti successivi al 1440 che comparivano nella narrazione. Axel Goria, tuttavia, nei suoi studi sul cronista astigiano Guglielmo Ventura del 1937, aveva avanzato il dubbio che la Cronaca saluzzese non fosse stata composta nella prima metà del secolo, cogliendo nel testo significativi accenni all'età posteriore e intere citazioni testuali da opere pubblicate molto più tardi, difficilmente attribuibili ai copisti dei codici; nel 1975, infine, partendo, per un verso, dalle considerazioni del Goria, M. Bertiglia e A. Brandimarte Morelli rivoluzionavano l'attribuzione tradizionale poiché, prendendo in esame i riferimenti della Cronaca a opere pubblicate negli ultimi anni del Quattrocento o addirittura nel Cinquecento - quali le Chroniques de France, il Supplementum Chronicarum e la Cronica di Monferrato di Galeotto Del Carretto - e riscontrando in alcuni casi l'inconfutabile dipendenza del D. dalla disposizione tipografica e dagli errori di quelle edizioni, giungevano alla conclusione che l'opera non poteva essere stata composta prima del 1492, il che sarebbe inoltre confermato dallo stesso dato linguistico, rappresentato da una prosa molto meno dialettale di quella dei testi della stessa area composti nella prima metà del Quattrocento.
Se la data di composizione è stata con buoni motivi ritardata di oltre mezzo secolo rispetto all'attribuzione tradizionale, ne consegue che anche il suo autore non può più essere identificato col segretario marchionale scomparso verso il 1453, ma occorre trovare un Gioffredo Della Chiesa vissuto più tardi, dal momento che l'attribuzione della Cronaca a un personaggio di tal nome resta fuori discussione in quanto appare nella nota di un manoscritto di essa, conservato alla Biblioteca nazionale di Parigi, di indiscussa antichità: sulla base di queste indicazioni le stesse Bertiglia e Brandimarte Morelli rintracciavano il secondo Gioffredo quattrocentesco della famiglia saluzzese, ben distinto dal segretario marchionale, ancorché appartenente allo stesso ramo.
Sono figli di un Guglielmo Della Chiesa, abitante a Saluzzo nel 1330, Nicolino, sindaco di Saluzzo nel 1376, Giorgino ed Enrico, sindaco nel 1366. Dal secondogenito Giorgino, per Lorenzino suo figlio, segretario marchionale, discende il primo Gioffredo, nato verso il 1397, consigliere e segretario del marchese Ludovico di Saluzzo, per il quale fu ambasciatore presso il re di Francia e che fece testamento l'8 maggio 1453 in Parigi dove presumibilmente morì, lasciando due figli, Giorgio e Violante, avuti dalla moglie Giovannina Fabale di Moncalieri, sposata nel 1435. Dal primogenito Nicolino nacque Lazzarino, consigliere della città di Saluzzo nel 1402 e padre di un secondo Nicolino, vivente nel 1458, che ebbe per moglie Margherita Guercia di Saluzzo: da Nicolino e Margherita nacquero Gioffredo, Lazzarino e Giorgina. Proprio in questo secondo Gioffredo è da individuare l'autore della Cronaca. Scarse sono le notizie biografiche sul D.: compare nel 1480 insieme con la cognata Margherita, vedova del fratello Lazzarino, e con i nipoti Bernardino e Nicolino in un documento relativo al pagamento di un fitto dovuto alla chiesa di S. Giovanni di Saluzzo, ente con cui appare essere in relazione ancora nel 1495 con gli stessi nipoti, rimasti orfani anche della madre. Proprio di tali nipoti Gioffredo, insieme con un certo Andrea Fasolo, era tutore già nel 1490, anno in cui dovette vendere una vigna per pagare la dote di Enrietta, sorella dei due pupilli, andata in sposa a Stefano Achiardo di Dronero. Alla medesima famiglia Achiardo apparteneva anche il genero di Gioffredo, il dottore Pietro Achiardo, che sposò l'unica figlia del cronista, Caterina, nata dal suo matrimonio con Francesca di Giovanni Perenetto. Sappiamo infine che negli anni in cui presumibilmente scrisse la Cronaca coprì l'ufficio di scudiero del marchese di Saluzzo e che nel 1501, secondo una tradizione ben radicata nella famiglia, fu sindaco della città di Saluzzo. Dopo questa data non abbiamo ulteriori notizie del personaggio.
Scritta in prosa in un volgare alquanto pulito, benché non scevro da frequenti dialettalismi, la Cronaca di Saluzzo rappresenta certo - insieme con la Cronica di Monferrato di cui appare poco posteriore - uno dei principali contributi storiografici del tardo Medioevo piemontese. L'intento del suo autore è dichiaratamente l'esaltazione della stirpe dei marchesi di Saluzzo attraverso la particolareggiata ricostruzione delle sue vicende storiche, in relazione con le altre forze politiche operanti nell'Italia nordoccidentale nello stesso periodo. La narrazione copre in questo modo circa cinque secoli, muovendo dalle mitiche origini sassoni degli Aleramici, di cui i marchesi di Saluzzo sono un ramo, per giungere fino ai personaggi della famiglia contemporanei all'autore, e occupa ben 235 colonne dell'edizione dei Monumenta. Se eccessivamente benevolo può oggi sembrare il giudizio che il Muletti più di un secolo fa premetteva all'edizione della Cronaca, valutandola come "la prima che lasciate in disparte le tante favole assurde e romanzesche... abbia preso a svolgere con istudiate investigazioni e a narrare con bella sincerità la storia di una cospicua famiglia e di una stirpe chiara per antichità", rimane in ogni caso un merito dell'autore l'aver fatto ampio uso nella narrazione di documenti d'archivio di prima mano, spesso integralmente riportati nel testo. Ciò non significa, beninteso, che il D. utilizzi solamente documenti d'archivio, poiché ampio spazio ha anzi la rielaborazione della produzione cronachistica precedente, e non soltanto quella piemontese. A Giacomo d'Acqui è infatti debitore, senza ombra di dubbio, della cosiddetta "leggenda aleramica" posta all'inizio della cronaca, secondo la quale i marchesi di Saluzzo sarebbero discesi da quell'Aleramo di sangue reale sassone, rapitore e quindi sposo di Adelasia figlia dell'imperatore Ottone I che lo elevò al rango di marchese, affidandogli l'ampio territorio semideserto compreso fra l'Orba, il Tanaro e il mar Ligure. Dalle Anciennes croniques de Savoy Gioffredo mutua poi il favoloso racconto delle guerre fra Bosone d'Arles e i Genovesi e la stessa esposizione della genealogia dei conti di Savoia, così come dal Supplementum Chronicarum di Iacopo Filippo dei Foresti ricava notizie sulle origini leggendarie dei Visconti milanesi. Più complessa appare invece la dipendenza dal cronista astigiano Guglielmo Ventura, le cui notizie occupano gran parte della Cronaca di Saluzzo relativamente ai secoli XIII e XIV: non già dal cronista stesso avrebbe infatti attinto il D., secondo il Goria, bensì dalla traduzione in volgare che era stata fatta da Galeotto Del Carretto nella sua Cronica di Monferrato, "riproducendone integralmente alcuni squarci ed altri riassumendo".
Basandosi su informazioni desunte dalla produzione storiografica corrente ai suoi tempi e inserendo a chiarificazione e a complemento la documentazione ricavata dagli archivi marchionali, Gioffredo costruisce la sua esposizione articolandola cronologicamente, dopo una parte introduttiva sulle origini, secondo i marchesi che via via si succedono nella conduzione del marchesato di Saluzzo e narrando di loro nascite, matrimoni, alleanze, guerre e incrementi territoriali, col conservare tuttavia una prospettiva di più ampio respiro che dà spazio anche agli altri protagonisti, le cui vicende possono talora interrompere lo schema prefissato e occupare uno specifico paragrafo, come nel caso dei marchesi di Busca, di quelli di Cravesana o dei conti di Biandrate. Excursus, divagazioni e confronti con la sorte delle altre famiglie illustri, pur nella loro esauriente illustrazione storica, non servono, in definitiva, nell'economia della Cronaca che a far emergere dalla comparazione come la famiglia dei marchesi di Saluzzo sia a buon diritto la più antica, l'unica in cui l'autorità sia passata ininterrottamente di padre in figlio e quella che mai "sino al presente usa tirannia ne in ly beny ne in le persone" dei suoi sudditi.
Bibl.: C. Muletti-D. Muletti, St. di Saluzzo, Saluzzo 1829, III, passim; A. Tallone, Reg. dei marchesi di Saluzzo, Pinerolo 1906, pp. 1 s.; A. Goria, Studi sul cronista astigiano G. Ventura, in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, III (1937), pp. 167-177; M.Bertiglia-A. Brandimarte Morelli, Contributo alla cronologia e all'attribuzione della "Cronaca di Saluzzo", in Boll. storico - bibibliogr. subalpino, LXXIII (1975), pp. 655-664.