DEL BUONO, Gioanpietro (Giovanni Pietro)
Le notizie sulla vita di questo compositore sono scarse e lacunose, e ignoti sono tuttora la data e il luogo di nascita. Di sicuro sappiamo solamente che nel 1641 pubblicò in Sicilia una raccolta di Canoni, oblighi et sonate in varie maniere sopra l'Ave maris stella... a 3, 4, 6, 7, 8 et 9 voci e le Sonate a 4 (in Palermo, Appresso Ant. Martarello e Santo d'Angelo). L'unica copia giunta sino a noi si trova nel Civico Museo bibliografico musicale di Bologna ed è accompagnata da un manoscritto, che secondo il Newman è quello originale, in cui i canoni sono realizzati e trascritti in partitura; le sonate invece sono già in partitura su quattro pentagrammi nella stampa originale. L'opera è dedicata a G. A. Scribani che, da quanto dice il Mugnos, era un nobiluomo genovese stabilitosi in Sicilia insieme con il fratello e conduceva affari con la corte del viceré di Sicilia (Teatro genealogico..., p. 362). La dedica induce a credere che il D. sia stato a servizio dello Scribani per qualche tempo.
Sebbene questi elementi colleghino la figura del D. alla Sicilia, non sono sufficienti per poter affermare con certezza che egli sia originario dell'isola ("palermitano" secondo il Catalogo del Gaspari); allo stesso modo, non sembrano confortare l'ipotesi del Carapezza, secondo la quale si può identificare il D. con il "Sig. D. Gio. di Bona, benefitiale della città di Terra Nova" (cioè Gela, in Sicilia), al quale è dedicato un mottetto nei Fioretti nuovi di frà Antonio Perconti, siciliano della città di Lecata, minor conventuale di San Francesco (Assisi, G. Salvi, 1621). La Library of Congress di Washington possiede un gran numero di volumi in cui sono conservati molti materiali d'archivio provenienti da Palermo e dalla Sicilia in genere, ma le ricerche condotte dal Newman su tali materiali sono state del tutto vane: né il D., né lo Scribani vengono mai menzionati. Il fatto inoltre che il D. sia dedicatario di una composizione da parte di un frate può solo debolmente confortare la qualifica, non documentata, di "monaco" che gli viene data dal Gerber, dall'Eitner, dal Fétis e dallo Schmidl.
La stampa originale contiene, oltre alla dedica, una avvertenza "A i benigni lettori", in cui l'autore dichiara di aver composto i suoi canoni, "oblighi" e sonate sopra lo stesso canto fermo sul quale "così eminentemente, e con tanto artificio molti anni sono vi fabricò quel sì celebre huomo Francesco Soriano...". La composizione cui fa riferimento il D. va senz'altro identificata con quella del Soriano che ha per titolo: Canoni e Oblighi di cento e dieci sorte, sopra l'Ave maris stella... a 3, 4, 5, 6, 7 et 8 voci (Roma, G. B. Robletti, 1610). È evidente come il titolo della pubblicazione del D. ricalchi quello della raccolta del Soriano; il D., Soriano e altri come A. Brunelli e G. M. Nanino sono tra i principali autori in questo periodo di raccolte unitarie di composizioni su unico canto fermo: raccolte simili (tenendo conto naturalmente dei cambiamenti di stile e di propositi) sono state pubblicate lungo tutto il sec. XVI e XVII, fino ad arrivare ai grandi capolavori bachiani. Il commento di G. Gaspari alla raccolta del D. ne rende in modo molto evidente la caratteristica quando la definisce "opera artificiosissima, e che palesa una profonda perizia nel suo autore" (Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale, I, pp. 297 s.). Lo stesso D. dichiara nella avvertenza ai lettori di aver composto sopra lo stesso canto fermo usato dal Soriano per dimostrare "quanto sia infinita" la scienza del contrappunto. L'inno gregoriano usato dal D. come canto fermo nella sua raccolta è il primo delle tre versioni presenti nel Liber usualis (p. 1259), ed è anche quello più usato dai compositori di musica polifonica: tra gli altri lo usarono S. Dunstable, G. Dufay, Josquin in musiche vocali; G. Cavazzoni, A. Cabezòn, G. Frescobaldi in musiche per strumenti a tastiera. Gli "oblighi" che sono in tutto dodici, a 4-6 voci, sono "composizioni con tutte le parti obligate, cose, che sopra Canto fermo, patiscono non poche difficoltà", dice sempre il D. nella avvertenza ai lettori. I "canoni" sono in tutto settantadue, a 3-8 voci, su tutti i gradi della scala; alcuni sono "con qualche stravaganza" e "piglian qualche licenza" (Avvertenze ai Lettori). Come nelle sonate, anche nei canoni e negli oblighi è sempre la voce del "tenor" che tiene l'intero canto fermo non trasposto, qualche volta all'ottava alta, tanto che esso è stampato su un foglietto sciolto a parte. Delle sonate colpisce innanzitutto la destinazione esclusiva al "cimbalo": nella tavola stampata in fondo alla raccolta la dicitura esatta dice infatti: "XIIII Sonate di cimbalo". Esse costituiscono, almeno per ora, il più antico esempio di pezzi definiti "sonate" per strumento da tasto a corde. La collocazione nella raccolta come unico pezzo, tra il n° 83 e il n° 84, e il fatto che sono composte tutte sopra il medesimo canto fermo, inducono a considerarle come un organismo unitario. La loro specificità rispetto ai precedenti immediati, indicati da Apel (p. 133), consiste nel fatto che il canto fermo è mantenuto sempre nella stessa voce ("tenor"), a parte l'ultima in cui si trova all'ottava alta; questo fatto le collega da una parte al tipo più antico di composizione polifonica, l'organum quadruplum, e dall'altra ai "Versi", brevi brani organistici che si alternavano al canto di un inno liturgico. In queste sonate che non sono destinate all'uso liturgico è da apprezzare, oltre alla incisività delle idee e alle dissonanze audaci, la capacità di invenzione contrappuntistica. Le quattordici sonate del D. sono state pubblicate a cura di P. E. Carapezza in edizione moderna dalla Polskie Wydawnictwo Muzycne (Cracovia 1979).
Fonti e Bibl.: F. Mugnos, Teatro genealogico delle famiglie nobili... del Regno di Sicilia, I, Palermo 1647, p. 362; G. Gaspari, Catal. della Bibl. del Liceo musicale di Bologna, I, Bologna, 1890, p. 297 s.; C. Sartori, Bibliografia della musica strumentale italiana, Firenze 1952, pp. 374 s.; W. S. Newman, The 14 Sonate di cimbalo by G. P. del Buono "palermitano" (1641), in Collectanea historiae musicae, II (1956), pp. 297-310; Id., The Sonata in the Baroque Era, Chapel Hill 1959, pp. 19, 48 s., 56, 98, 126 s., 240; W. Apel, Die süditalienische Clavierschule des 17. Jahrhunderts, in Acta musicologica, XXXIV (1962), p. 128; P. E. Carapezza, I duo della scuola siciliana. Musiche rinascimentali siciliane, Roma 1971, p. XII; Répértoire international des sources musicales, II, Einzeldrucke vor 1800, Kassel 1972, p. 331; R. Gerber, Historisch-biographisches Lexikon der Tonkünstler, I, Graz 1977, p. 223; P. E. Carapezza, Le quattordici sonate di cimbalo di G. P. D., in Analecta musicologica, XXII (1984), pp. 131-147; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, III, p. 111; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, II, p. 236; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, XV, Suppl., coll. 1747 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 263; The New Grove Dictionary of music and musicians, V, p. 334.