PESSUTI, Gioacchino
PESSUTI, Gioacchino. – Nacque a Roma il 13 aprile 1743 da Pietro, tipografo, e da Maddalena Migliotti.
Proveniente da una famiglia di modeste condizioni, ricevette tuttavia una buona preparazione letteraria. Studiò nel collegio degli scolopi dove ebbe come maestro Francesco Maria Gaudio, dimostrando una precoce disposizione all’apprendimento delle scienze matematiche. Leggendo nel celebre corso di Christian Wolff la parte riguardante le sezioni coniche, ne ricavò un’esposizione originale delle proprietà generali di queste curve. Il suo talento per le matematiche fu profuso nell’insegnamento privato per le professioni di ingegneri e architetti: tra i suoi allievi vanno ricordati Girolamo Scaccia, poi soprintendente alle paludi Pontine, e Raffaele Stern, architetto del Quirinale e restauratore del Colosseo.
La fama pubblica che lo circondò gli procurò il posto di professore di matematica dei cadetti nobili di San Pietroburgo. Si ignorano i dettagli del suo trasferimento nella capitale della Russia. È noto tuttavia che gli zar cercavano talenti in tutta Europa; in particolare, Caterina II reclutò in ambiente romano l’architetto Giacomo Quarenghi, che diede a San Pietroburgo la sua impronta neoclassica. Lì Pessuti incontrò Leonhard Euler, che lo indirizzò agli studi della matematica superiore e lo impiegò in alcuni suoi calcoli. I suoi rapporti con Euler sono documentati da una lettera di presentazione del figlio, Johann Albrecht, a Jerôme Lalande, quando nel 1769 il clima nordico non congeniale alla salute costrinse Pessuti a lasciare San Pietroburgo. Nel viaggio di ritorno si fermò a Parigi, dove strinse relazioni con Jean-Baptiste d’Alembert e Nicolas de Condorcet, con i quali rimase in corrispondenza. A Roma, con Giovanni Ludovico Bianconi diede vita a due periodici scientifico-letterari: le Efemeridi letterarie (1772) e l’Antologia romana (1774); nel 1781, alla morte di Bianconi, ne assunse la direzione.
Gli interessi letterari di Pessuti diedero luogo a numerose recensioni di opere, incluso il suo discorso in difesa dell’Aristodemo di Vincenzo Monti, che accompagnò la prima edizione romana delle tragedie del poeta di Alfonsine (Roma 1788). Nel 1775 era diventato membro dell’Accademia dell’Arcadia con il nome di Ildauro.
Il debutto di Pessuti come matematico avvenne tramite lunghe recensioni delle Institutiones Analyticae di Vincenzo Riccati e Girolamo Saladini pubblicate sul Nuovo giornale de’ letterati d’Italia (Modena 1773). Esse innestarono una polemica con Riccati; dopo la morte di questi, Pessuti pubblicò le sue Riflessioni analitiche (1777).
Con la protezione del cardinale Fabrizio Ruffo, potente tesoriere di papa Pio VI, Pessuti ottenne, nel 1787, la cattedra di fisica matematica nella Sapienza romana, affiancando in un primo tempo il suo maestro Gaudio. All’insegnamento romano è legata la pubblicazione degli Opuscoli due (Roma 1789). Il primo riguarda le pompe idrauliche, il secondo la legge della velocità delle acque che fluiscono da piccoli fori. Sono due argomenti molto studiati dall’idrodinamica nel Settecento; Pessuti mostra familiarità con le opere di Jean Bernoulli, Euler, d’Alembert, ma anche con quelle più elementari di Bernard Bélidor, Étienne Bézout, Charles Bossut, e gli esperimenti di Francesco Domenico Michelotti. Pessuti intendeva portare il lettore alla conoscenza dei più moderni risultati senza far uso del calcolo infinitesimale, allora ancora non familiare agli studenti universitari romani.
Allo scopo di rendere intellegibili i migliori lavori su un importante strumento geodetico, Pessuti diede alle stampe la Descrizione maneggio ed usi del teodolito (Roma 1794), dedicandolo a Carlo Luigi Costantini, avvocato concistoriale e rettore della Sapienza. La costruzione dello strumento gli era stata richiesta dal cardinale Fabrizio Ruffo per i lavori di bonifica delle paludi Pontine.
Una svolta nella vita di Pessuti come in quella di tanti intellettuali romani della fine del Settecento (per esempio, Costantini, Gianvincenzo Petrini, Faustino Gagliuffi, Ennio Quirino Visconti) si ebbe con la proclamazione, il 15 febbraio 1798, della Repubblica Romana e della fine del potere temporale della Chiesa. Pessuti fu uno dei consoli provvisori della Repubblica alla quale Gaspard Monge e Pierre Daunou diedero una costituzione modellata su quella francese dell’anno terzo, con nomi adattati all’antica Repubblica romana (i direttori divennero i consoli, il Consiglio legislativo il Tribunato, il Consiglio dei seniori il Senato). Monge provvide al riassetto del territorio del nuovo Stato e alla creazione dell’Istituto nazionale della Repubblica Romana, di cui Pessuti fu uno dei presidenti.
L’Istituto era formato da quarantotto membri residenti in Roma e da quarantotto associati residenti negli altri comuni della Repubblica. Era diviso in due classi: scienze matematiche e fisiche; filosofia, letteratura e belle arti. La prima classe comprendeva le sezioni di matematica, fisica, chimica, storia naturale, anatomia, agricoltura. La seconda classe si articolava nelle sezioni di filosofia, scienze, politiche, storia e antichità, grammatica ed eloquenza, poesia e musica, arti del disegno. La differenza più evidente rispetto all’‘Institut’ francese era la mancanza di una classe autonoma di scienze morali (la più importante novità dell’Institut); i temi di questa classe erano trattati a Roma nelle sezioni di filosofia e di grammatica. Il 14 e 15 marzo erano stati già nominati i primi membri residenti dell’Istituto. Le prime due sezioni della classe di scienze matematiche e fisiche risultarono così composte: alla Sezione di matematica Giuseppe Calandrelli, Pietro Franchini, Giuseppe Mari, Pessuti; alla Sezione di fisica Daniele Francesconi, Bartolomeo Gandolfi, Feliciano Scarpellini, Giuseppe Settele. Il 4 aprile 1798 (15 germile) l’Istituto, nella sua prima sede (le Stanze di Raffaello in Vaticano), procedette all’elezione dei due presidenti delle classi; risultarono eletti per la classe di matematica e fisica Pessuti e per la classe di filosofia, lettere e arti Visconti. La prima seduta generale si tenne il 5 aprile. L’Istituto della Repubblica Romana svolse un ruolo notevole in campo culturale e nell’organizzazione dell’istruzione pubblica e fornì il primo esempio di un istituto per le scienze e le arti fuori della Francia, fornendo anche il modello del celebre Institut d’Egypte, del quale Monge, partito da Roma per raggiungere la flotta di Bonaparte, fu il primo presidente.
L’impegno nelle istituzioni della Repubblica Romana costò caro a Pessuti, quando nel settembre 1799 subentrò la reazione. Nel 1798 Monge aveva convinto Scarpellini, animatore di un gruppo di scienziati che si riunivano presso il collegio Umbro Fuccioli dal 1794, a darsi una forma organizzativa (accademia del collegio, 1799). Di fatto questa accademia transitò nella neonata Accademia dei nuovi Lincei, fondata nel 1801 da Francesco Caetani, duca di Sermoneta, con Pessuti presidente e Scarpellini segretario. Nel dicembre dello stesso anno, il governatore di Roma convocò il duca Caetani intimandogli di allontanare dall’Accademia sette suoi membri, tra i quali Pessuti, per trascorsi repubblicani. Il duca si rivolse al cardinale Ercole Consalvi, segretario di Stato, riuscendo a mantenere l’integrità dell’Accademia: i successi militari di Napoleone sconsigliavano la persecuzione degli antichi repubblicani.
Pessuti, già membro dell’Accademia delle scienze di Mantova (1789) e di Torino (1790), fu fatto socio nel 1803 della Società Italiana, fondata da Anton Maria Lorgna. Sulle Memorie di matematica e fisica della Società Italiana trovarono spazio i suoi nuovi lavori di matematica: Nuove considerazioni su di alcune proprietà de’ coefficienti della nota formula del binomio newtoniano (t. XI, 1804); Considerazioni su di un problema meccanico (t. XIII, 1807); Sopra un metodo di approssimazione proposto senza dimostrazione da Simpson (t. XIII, 1807); Teoria dell’azione capillare del sig. Laplace (XIV, p. I, 1809); Nuovo metodo per la trigonometria sferica (t. XV, 1811). Egli continuava a essere uno studioso notevolmente aggiornato e trovava spazio per investigazioni di matematica pura che non si era concesso dal periodo del suo apprendistato matematico.
Dal 1809 Roma entrò a far parte dell’Impero francese e Pessuti fu nominato rettore provvisorio dell’Università; la sua salute intanto era peggiorata e quasi non riusciva a muoversi da casa. Le sue lezioni universitarie furono supplite dall’allievo Settele. Nello stesso anno fu fatto socio dell’Accademia Ellenica fondata a Roma da Antonio Nibby.
Morì a Roma il 20 ottobre 1814.
Un suo biografo ha lasciato la descrizione dell’immagine fisica: «Fu il Pessuti di statura bassa, colore olivastro tendente al pallido, scarno, ma ossuto, ciglia nere e folte, occhio spazioso, vivace ed accorto, bocca larga, voce alquanto profonda, gesto svelto ed espressivo» (Rambelli, 1836, p. 269). Un suo ritratto si trova nell’Elogio (1820).
Fonti e Bibl.: Alcuni manoscritti di Pessuti sono conservati presso la Biblioteca Vaticana: Schede di G. P., Vaticano latino 9828.
Elogio di G. P., in Memorie di matematica e fisica della Società Italiana, XVIII (1820), p. I, pp. XX-XXVI; G.F. Rambelli, G. P., in E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, III, Venezia 1836, pp. 266-269; S. Giuntini, Una discussione sulla natura dello zero e sulla relazione fra i numeri immaginari e i numeri reali (1778-1799), in Bollettino di storia delle scienze matematiche, IV (1984), 2, pp. 25-63; J. Vernacchia Galli, L’Archi-ginnasio romano secondo il diario del prof. Giuseppe Settele (1810-1836), Roma 1984, pp. 61, 63, 85; G.B. Guglielmini, Carteggio “De diurno terrae motu”, a cura di M.T. Borgato - A. Fiocca, Firenze 1994, passim; M. Caffiero, Le Efemeridi letterarie di Roma (1772-1798), in Dimensioni e problemi della ricerca storica, I (1997), pp. 77-78; M.P. Donato, Accademie romane. Una storia sociale (1671-1824), Napoli 2000, passim; L. Pepe, Istituti nazionali, accademie e società scientifiche nell’Europa di Napoleone, Firenze 2005, pp. 31-69, 277-285; U. Baldini, The sciences in the University of Rome in the 18th century, in Universities and science in the early modern period, a cura di M. Feingold - V. Navarro-Brotons, Dordrecht 2006, pp. 201-230.