GUASCONI, Gioacchino (Giovacchino)
Nacque, probabilmente ad Ancona, il 30 apr. 1438 da Biagio di Iacopo e da Nanna di Gioacchino Mazzinghi.
Dal matrimonio, avvenuto nel 1419, nacquero altri undici figli: Lena, Maria, Checca, Mea, Lorenzo, Bartolomeo, Iacopo, Albiera, Antonia, Bonaccio e Ginevra. Il padre del G., che apparteneva a un'antica famiglia del ceto medio mercantile fiorentino, fu esponente di un certo rilievo del regime oligarchico di Firenze - soprattutto negli anni del predominio albizzesco - e svolse un'intensa attività politico-diplomatica. Con il rientro a Firenze di Cosimo de' Medici dopo l'esilio veneziano, nell'ottobre del 1434, la famiglia Guasconi fu privata dei diritti politici e condannata al confino per tre anni, pena commutata nell'esilio per dieci anni ad Ancona.
Fu quindi ad Ancona che il G. dovette trascorrere la sua giovinezza, come due sue sorelle che dalle fonti catastali del 1447 risultano maritate nella Marca. Nel 1444 i provvedimenti di confino ai fiorentini condannati nel 1434 erano stati rinnovati e lo furono ancora nel 1458. Almeno dagli anni Settanta il G. tentò di rientrare a Firenze; da Napoli, dove allora si trovava per avere costituito una società con Filippo e Lorenzo Strozzi, anch'essi in esilio, scrisse una lettera, il 13 maggio 1472, a Lucrezia Tornabuoni per ricordarle la richiesta di grazia a Lorenzo de' Medici, al quale indirizzò in tal senso varie lettere fino al 1477, accompagnandole da doni di cavalli e persino di una gazzella. Il 12 e il 13 giugno 1475 chiedeva da Bologna di poter soggiornare qualche tempo a Firenze. È questa forse l'ultima testimonianza della corrispondenza del G. dall'esilio, perché il 17 marzo 1478, per intervento del Magnifico, i Consigli sospesero la pena e il G. poté rientrare a Firenze.
Nella sua città il G. tornava in condizioni economiche difficili. Dalla dichiarazione catastale, nella quale compaiono due figli illegittimi e senza dote, Lorenzo di 13 anni e Lisabetta di 8 mesi, risulta nullatenente. L'impresa commerciale di Napoli era finita per la morte di Lorenzo Strozzi (1480) e - come si evince da una lettera di Roberto Strozzi datata Pisa, 28 genn. 1488, indirizzata a Filippo Strozzi a Firenze - il G. cercava di porre rimedio agli errori compiuti dal suo socio. Egli dovette continuare a occuparsi di questioni commerciali, soprattutto nel Regno di Napoli, anche per conto di Lorenzo de' Medici, come testimoniano due lettere a lui indirizzate, scritte da Napoli il 5 maggio 1481 e il 30 nov. 1482.
Il G. sposò Francesca di Bernardo Ridolfi tra il 1481 e il 1484: nella portata catastale del 1480 non risulta ancora sposato, mentre il 13 genn. 1485 è registrata la nascita del primo figlio, Raffaello; in seguito nacquero Nanna, Giuliano e Alessandra. Dal 1486 al 1488 dimorò nuovamente a Napoli dove era ancora in società con Filippo Strozzi, che morirà nel 1495. Solo dopo la caduta dei Medici, nel novembre del 1494, il G. entrò nella vita pubblica, quando aderì al nuovo corso istituzionale di ispirazione savonaroliana e divenne uno dei cittadini di maggiore prestigio e influenza. Il 20 genn. 1495 fu estratto per entrare nel Consiglio maggiore, l'organismo più rappresentativo del nuovo governo repubblicano, e dal 15 marzo fu dei Dodici buonuomini, una delle cariche più alte. Dal 1° agosto fu podestà di Prato e, in tale veste, si occupò del trasferimento dello Studio pisano in quella città insieme con il maestro Oliviero Arduini e con Piero di Braccio Martelli, viceprovveditore dello Studio. Alla fine del 1495 il G. iniziò un'importante e lunga ambasceria presso il re di Francia Carlo VIII, insieme con il vescovo Francesco Soderini e, in seguito, con Neri Capponi, che al momento si trovava a Lione.
Scopo principale della missione era trattare la restituzione di Pisa e delle fortezze di Sarzana, Sarzanello e Pietrasanta, ancora in mano ai Francesi. Gli ambasciatori avrebbero dovuto far presente il pericolo in cui si trovava la Repubblica, dalla cui sicurezza dipendeva anche il successo dell'impresa napoletana che il sovrano si accingeva a intraprendere. Bisognava inoltre comunicare che il governo fiorentino avrebbe cercato un accordo con il pontefice Alessandro VI tramite l'ambasciatore Ricciardo Becchi, di ritorno a Roma, dal momento che un'alleanza con la Francia poteva determinare la decisione della Santa Sede di appoggiare gli Orsini e Piero de' Medici, e quindi rischiava di costituire una seria minaccia per Firenze. Allo stesso modo Firenze avrebbe agito con gli altri membri della Lega, Venezia e l'imperatore.
La missione prevedeva una sosta a Bologna, dove gli oratori avrebbero incontrato Giovanni Bentivoglio, e quindi il trasferimento a Lione. Di lì scrissero una prima volta ai Dieci di balia il 7 febbr. 1496; altre lettere furono inviate da Amboise il 22 febbraio e nuovamente da Lione tra maggio e luglio. Durante la lunga ambasceria in Francia, durata fino al 1498, Girolamo Savonarola fece scrivere al G. da un proprio seguace, Domenico Mazzinghi, perché esortasse Carlo VIII a promuovere la convocazione del concilio. Il G. rispose al Mazzinghi l'11-12 apr. 1498, con una lettera nella quale chiedeva informazioni sul Savonarola.
Tornato a Firenze il 22 luglio 1498, dopo l'esecuzione del Savonarola, continuò a partecipare attivamente alla vita politica; il 25 sett. 1498 espresse un parere in materia fiscale su come reperire finanziamenti per la riconquista di Pisa. Il 1° genn. 1499 fu eletto vicario della Valdelsa; ancora il 9 e il 13 agosto si pronunciò nelle consulte in merito alle vicende pisane e il 1° settembre assunse per due mesi l'alta carica di gonfaloniere di Giustizia.
In tale ruolo fu deputato a ratificare la lega stipulata a Milano con il re di Francia Luigi XII. Alla fine di settembre del 1499 dovette intervenire nel caso di Paolo Vitelli, condottiero al servizio di Firenze che, su ordine suo e della Signoria, fu arrestato a Cascina come traditore, per aver tolto l'assedio a Pisa nonostante il parere contrario del governo. In conseguenza di ciò il Vitelli - che con questa manovra aveva sperato di ottenere un'altra condotta a lui più favorevole economicamente - fu portato a Firenze e il 1° ottobre giustiziato.
Il 25 marzo seguente il G. fu eletto tra i Conservatori di legge e, il 20 settembre, all'ufficio dei Dieci di libertà e pace, carica cui rinunciò per assumere, il 18 genn. 1501, quella di vicario del Valdarno di Sotto. Dal 1° genn. 1502 fu degli Otto di guardia e balia e il 30 marzo e il 6 aprile intervenne nelle consulte sulla linea da adottare a Pistoia per sedare la lotta tra i Panciatichi e i Cancellieri. Nell'aprile del 1502 fu inviato per quindici giorni come commissario a Volterra per provvedere ai lavori di manutenzione della fortezza; vi tornò dal 29 maggio all'8 giugno, assumendo poi la carica di capitano e commissario di quel territorio.
Il G. fu tra i tre cittadini candidati alla carica di gonfaloniere di Giustizia a vita: insieme con Piero Soderini e Tommaso Malegonnelle nel settembre 1502 partecipò allo scrutinio da cui, nel secondo ballottaggio, risultò vincitore il Soderini. Il G. ebbe l'appoggio dei frateschi, il movimento savonaroliano, e fu terzo.
Come membro dei Dieci di libertà e pace - ufficio tenuto dal 10 dic. 1502 - prese parte attiva ai dibattiti politici, come quello sulla ribellione di Arezzo e la fuga delle genti d'arme con il conseguente abbandono delle fortezze, sostenendo la necessità di offrire denaro al re di Francia per non perderne l'alleanza. Il 23 settembre, insieme con Giuliano di Andrea Puccini, fu tra i Cinque conservatori del contado e dal 10 giugno 1504 fu ancora dei Dieci di libertà e pace.
Quando, nel luglio 1505, il condottiero Bartolomeo d'Alviano, secondo quanto informava Pandolfo Petrucci da Siena, era diretto a Piombino e di lì a Pisa attraverso la Maremma senese per radunare truppe, il G. si espresse per il prolungamento della missione di Niccolò Machiavelli presso il Petrucci per indagare sulle sue intenzioni. Il 22 ag. 1505 fu nominato ufficiale sopra l'arbitrio (una forma di tassazione straordinaria), insieme con Girolamo Fortini; dal 4 genn. 1506 assunse la carica di capitano di Cortona e dal 10 dicembre fu ancora dei Dieci di libertà e pace. Il 28 sett. 1507 ebbe l'ufficio di conservatore di legge.
Alla fine del 1507 il G. espresse il suo parere sui rapporti con Massimiliano I: pensava che l'ambasciatore Francesco Vettori dovesse trattare il più possibile sulla somma di denaro richiesta dall'imperatore per non mettere a rischio la libertà e la sicurezza dello Stato. In quei giorni il G. fu implicato, insieme con altri cittadini, fra cui Iacopo di Bongianni Gianfigliazzi, in una questione riguardante il vescovo di Cortona, Guglielmo Capponi, che manovrava affinché l'arcivescovo di Firenze, Rinaldo Orsini, rinunciasse alla carica in suo favore. Il gonfaloniere Soderini, che detestava il Capponi, sperava invece che, alla morte dell'Orsini, gli subentrasse il cardinale Francesco Soderini: pertanto invitò il G. e altri a intervenire presso la Signoria affinché si scrivesse al pontefice Giulio II pregandolo di opporsi a questa rinuncia. Tuttavia, per non inimicarsi alcuni membri della famiglia Capponi e Giovan Battista Ridolfi - uno dei maggiori esponenti della classe dirigente, che con questa casata era imparentato -, il G. e gli altri cittadini coinvolti nella questione non vollero intervenire, lasciando l'iniziativa al gonfaloniere Soderini che riuscì, comunque, a far fallire il piano del Capponi.
Nella politica europea il G. era favorevole alla lega con il re di Francia senza compromettere i rapporti con la Spagna: tale accordo sarebbe tuttavia dovuto avvenire per il minor tempo possibile e solo dopo la restituzione di Pisa, avvenuta il 9 giugno 1509. Rivestì ancora le cariche ricoperte in passato e, il 1° dic. 1511, l'ufficio dei Sei della mercanzia; come ultimo incarico, il 1° genn. 1514 fu designato operaio di S. Maria del Fiore.
Le ultime notizie del G. sono relative alla sua partecipazione, nel 1512, alla Balia che determinò il ritorno dei Medici a Firenze in quello stesso anno e a una disposizione degli Otto di pratica per la sua cancellazione dalle liste dei debitori tenute dall'Ufficio dello Specchio, avvenuta il 2 dic. 1517.
Il G. morì a Firenze l'8 apr. 1521 e fu sepolto in S. Marco.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, 21, nn. 380, 394, 407, 441, 484; 32, nn. 291, 300; 33, n. 769; 35, n. 782; 38, nn. 165, 531; 85, n. 62; 137, n. 585; Tratte, regg. 80, cc. 193r, 218r; 174, cc. 204v, 205v, 206; 175, cc. 218v-222; 711, c. 174v; 905, c. 121v; 932, c. 128r; 987, c. 20r; Catasto, 1016, c. 142r; Portate dei cittadini, 48, 407, 497, 623, ad indices; 676, cc. 586r-589v; 1016, c. 142r; Provvisioni, 190, c. 45v; Protocolli, 40, c. 7r; Carte Strozziane, s. III, 116, c. 104; 145, c. 97; 347, c. 254; s. V, 46; Studio fiorentino-pisano, 4, c. 234v; 6, c. 30v; Legazioni e commissarie, 21, cc. 145v-149r; Signori e Collegi, Condotte e stanziamenti, 17, c. 19v; 20, cc. 54v, 62r, 90v; Decima repubblicana, 27, c. 172; Consulte e pratiche, 64, c. 112v; 65, cc. 73v, 77v; 66, cc. 435v, 441r; 67, cc. 97v, 121, 131r, 136-137r, 165v, 179r, 190; 68, cc. 26v, 115r, 121v-122r, 128r, 131v ss., 154r ss., 172r; Otto di pratica, Missive, 30, c. 156v; Ufficiali della grascia, 191, c. 85r; Manoscritti, 597: Pucci, VI ins. 43; 352: dell'Ancisa, c. 104v; 360: dell'Ancisa, cc. 163-165; 393: Dei, ins. 8; Ceramelli Papiani, 2534; Raccolta Sebregondi, 2785; Dieci di balia, 17-23; Signori, Minutari, 16, c. 188; Priorista di Palazzo, c. 228v; Notarile antecosimiano, 21121, cc. 170v-171v; Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo Passerini, 8, 188; Poligrafo Gargani, 1027, 1032-1033; Ibid., Arch. dei Buonuomini di S. Martino, Capitoli e indulgenze dei procuratori della Congregazione dei buonuomini di S. Martino, I, filze 14-17; Roma, Arch. generale dell'Ordine dei predicatori, XIII, 3998.H, c. 35; Delizie degli eruditi toscani, XIX (1785), p. 202; XX, p. 101; XXI, pp. 123, 143, 148, 183, 317; XXII (1786), p. 130; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola e de'suoi tempi, con l'aiuto di nuovi documenti, II, Firenze 1888, pp. LXIX-LXXI, CCLXIV-CCLXVI; P. Gori, Lettere inedite diGiovacchino di Biagio di Iacopo G., Firenze 1891; F. Guicciardini, Storie fiorentine dal 1378 al 1509, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 121, 124, 183, 187 ss., 206, 240, 250, 305 s.; N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, p. 148; Consulte e pratiche, a cura di D. Fachard, 1505-1512, Genève 1988; 1498-1505, ibid. 1993, ad indices; R. Zaccaria, Documenti su Biagio Guasconi e la sua famiglia, in Interpres, XI (1991), p. 311; B. Cerretani, Ricordi, a cura di G. Berti, Firenze 1993, pp. 41, 61, 67, 138; Id., Storia fiorentina, a cura di G. Berti, Firenze 1994, pp. 230, 298, 311; Carteggi delle magistrature dell'etàrepubblicana. Otto di pratica, II, Missive, a cura di R.M. Zaccaria, Firenze 1996, p. 487; A. Desjardins, Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, I, Paris 1859, pp. 640-679; S. Bertelli, Pier Soderini "vexilliferperpetuus Reipublicae Florentinae". 1502-1512, in Renaissance Studies in honor ofHans Baron, a cura di A. Molho - J.A. Tedeschi, Firenze 1971, pp. 344, 349 s.; A.F. Verde, Lo Studio fiorentino (1473-1503). Ricerche e documenti, III, Pistoia 1977, pp. 564 s., 913; IV, Firenze 1985, pp. 714, 1152, 1154, 1420; S. Bertelli, "Uno magistrato per a tempo lungho o unodogie", in Studi di storia medievale e moderna per Ernesto Sestan, I-II, Firenze 1980, pp. 476 s., 479, 493; H.C. Butters, Governors and government in early sixteenth-century Florence. 1512-1519, Oxford 1985, pp. 46, 68, 123, 127; L. Polizzotto, The elect nation:the Savonarolan movement in Florence. 1494-1545, Oxford 1994, pp. 33, 217, 221-223.