CAPPONI, Gino Pasquale
Nacque a Firenze il 16 apr. 1716 da Ruberto Domenico, chiamato Piero (il quale aveva ottenuto nel 1707 il titolo di marchese, trasmissibile ai discendenti primogeniti, da Ferdinando Carlo di Mantova: Arch. di Stato di Firenze, Archivio Capponi, diploma n. 21), e dalla nobildonna Maria Maddalena Corsi. Appartenne ad una famiglia numerosa (ebbe due fratelli, Piero Luigi e Francesco, nati rispettivamente nel 1712 e nel 1719, e diverse sorelle).
Avviato alla carriera militare fin dall'età di quattordici anni (Litta), divenne tenente e poi capitano della "compagnia colonnella del presidio di Livorno" (Arch. di Stato di Firenze, Capponi, dipl. n. 27), e prese parte alla campagna di Ungheria contro i Turchi negli eserciti di Francesco Stefano e di Carlo di Lorena (ibid., dipl. nn. 27 e 32). Proprio per aver servito in tale campagna, come volontario e a sue spese, testimoniando "de s'attacher à Notre service, même avant que Nous soyons parvenû aux Etats de Toscane", Francesco Stefano lo onorò della carica di suo ciambellano (1 nov. 1737, ibid., dipl. n. 26). Dopo aver svolto altri incarichi per conto del sovrano (Litta), il C. prese parte alla formazione dei contingenti di truppe irregolari di fanteria, creati in Toscana in occasione della guerra di successione austriaca ed ebbe il grado di colonnello delprimo reggimento di queste "Milizie nazionali" (23 febbr. 1741, ibid., dipl. n. 27), reggimento "da esso formate a tutte sue spese, e carico" (ibid., dipl. n. 32) e, perciò, spesso indicato come reggimento Capponi oltre che di Luni.
Frattanto, nel 1739 aveva perso il padre e poté, quindi, usufruire di una parte dell'eredità paterna (Ibid., Decima granducale, 2154); la sua posizione economica assunse particolare rilievo nel 1748 quando divenne il principale rappresentante del suo ramo familiare. Era stato prescelto quale erede universale dallo zio paterno Girolamo Francesco Capponi Antella (Ibid., testamento del 21 genn. 1747, not. F. Meucci), il quale, "per la continuazione, e conservazione di sua famiglia", l'aveva sostituito nei diritti della successione al nipote primogenito Piero Luigi, "risoluto di non accasarsi"; tale sostituzione fu fatta con la "condizione espressa, che... si accasi e prenda moglie dentro il tempo, e termine di un anno dal dì della seguita morte del detto Signor Testatore", ma con la possibilità di proroghe le cui modalità erano previste nel testamento stesso. Girolamo Francesco morì poco dopo aver fatto il suo ultimo testamento (fu sepolto in S. Spirito l'8 febbraio 1748, Ibid., Medici e speziali, 264) e il C. entrò in possesso dei suoi beni e di quelli dei due fratelli i quali sanzionarono la loro rinunzia ai medesimi con le scritture del 28 giugno e del 4 luglio 1748 (Ibid., Decima granducale, 2172). Il C. celebrò ben presto il suo matrimonio con Giulia Maria Teresa di Marco Martelli (30 ott. 1749), dalla quale ebbe due figli, Ruberto Domenico (nato il 22 apr. 1752) e Maria Maddalena (nata il 25 febbr. 1754, Ibid., Processidinobiltà, 2). Con decreto del 19 aprile 1751 ottenne l'iscrizione alla classe del patriziato fiorentino(ibid.), in esecuzione delle disposizioni contenute nella legge sopra la nobiltà e cittadinanza emanata dal primo granduca lorenese; nel 1753 fu ammesso nell'Ordine di S. Stefano (Ibid., Capponi, diploma n. 29).
Frattanto erano stati soppressi i contingenti irregolari cui sopra si è accennato, e si dette vita ad un corpo di uomini a cavallo e a piedi che prese il nome di guardie di sanità, "pronte ad accorrere tanto a' bisogni della Sanità, che della giustizia", dipendenti dal Magistrato di sanità di Firenze e poste sotto il comando del C.(motu proprio del 27 sett. 1753, Ibid., Magistrato di sanità, 42). Questa riforma arrecò, almeno temporaneamente, un danno al C. e ad un altro colonnello, Ferdinando Pandolfini, i quali lamentavano nel 1760 che dopo la soppressione dei reggimenti di milizie nazionali erano stati "réduits à moitié de paye", e che non avevano "pas même continué à jouir des prérogatives annexées à leur grade militaire"; supplicavano perciò di essere "réconnus en la dite qualité de Colonnels en ordonnant que leur rang respectif courera à compter du jour qu'ils furent nommés Colonnels des dits Régimens" (Ibid., Reggenza, 182). Rango e anzianità furono riconosciuti al C. dal granduca (brevetto in data di Vienna del 28 maggio 1760, Ibid., Capponi, dipl. n. 30).
Il nuovo corpo delle guardie di sanità non dette buona prova; il C., incaricato di proporre nel 1764 un "piano" di riforma delle medesime, chiese che esse fossero considerate un corpo strettamente "militare", che il sovrano accordasse loro le "bandiere", un armamento più efficiente e perfezionato, una dotazione di vestiario. in minima parte a carico dell'erario e da rinnovare "di sei in sei anni" (Ibid., Magistrato disanità, 42). Pompeo Neri in una lettera indirizzata al Magistrato di sanità (24 agosto 1764, ibid.) non si pronunziò su tale progetto che rimetteva all'esame del Consiglio di reggenza e invitò ad organizzare una "subitanea difesa" contro le forme epidemiche provenienti dall'Italia meridionale, "sentito novamente il predetto Signore Colonnello Capponi"; la riforma delle guardie non fu allora eseguita, e se ne parlava ancora molto tempo dopo (ibid.).La situazione di insoddisfazione era certo sentita dal C., il quale aveva inutilmente chiesto nel 1763 di far parte di uno dei reggimenti di fanteria del sovrano (Ibid., Reggenza, 181).
Con l'arrivo di Pietro Leopoldo (il C. fu tra coloro che andarono ad accogliere il nuovo granduca alla villa reale di Pratolino nel settembre 1765) gli furono affidati altri incarichi; all'inizio del 1766 fu inviato a Napoli per "complimentare" Ferdinando IV di Borbone, dalquale fu ricevuto l'11 marzo.
Un anno dopo circa il C. ripartì per andare ad annunziare alla corte di Spagna la nascita di una figlia di Pietro Leopoldo, arrivando a Madrid il 27 febbraio dell'anno 1767. In riconoscimento dei servizi che erano stati resi a Francesco Stefano e a lui personalmente, Pietro Leopoldo lo elevò nello stesso 1767, "al grado, e carica di General Maggiore attuale delle nostre Truppe in Toscana" (Ibid., Capponi, dipl. n. 32); in tale qualità intervenne a sedare un tumulto avvenuto a Firenze tra soldati e polizia nel maggio del 1774 (Litta; Wandruszka, p. 320). Morì a Firenze il 23 febbr. 1781.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Archivio Capponi, diplomi nn. 21, 26 s, 29 s., 32; Ibid., Medici e speziali, morti, reg. 264, cc. 187v, 335v; Ibid., Camera di commercio, morti, regg. 190, 201; Ibid., Decima granduc., voll. 1722, nn. 373 s.; 2154, nn. 27-31; 2172, nn. 77 s.; 3568 cc. 194, 265; Ibid., Processi di nobiltà, f2, n. 6; Ibid., Carte Sebregondi, fam. Capponi; Ibid., Libro d'oro dei patrizi di S. Spirito, I, n. XXII; Ibid., Magistr. di sanità, f42; Ibid., Reggenza, ff.181 s.; Ibid., Segret. degli Esteri, busta 884, ins. 10, n. 4; Ibid., Arch. notarile, notaio Ferdinando Meucci, prot. n. 25768, e notaio Domenico Maria Bruni, prot. n. 25999; Ibid., Camera fiscale, anni 1768-1775. Documenti inerenti alla situazione economica del C. si trovano presso la Bibl. nazionale di Firenze, Archivio Capponi, libri di commercio, nn. 213 s., 218, 220 s., 224; N. Giorgetti, Le armi toscane e le occupaz. straniere in Italia, II, Città di Castello 1916, pp. 17 ss.; E. Viviani Della Robbia, Bernardo Tanucci ed il suo più importante carteggio, II, Firenze 1942, p. 102; A. Wandruszka, Pietro Leopoldo, un grande riformatore, Firenze 1968, p. 320; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Capponi, tav. XXI; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, II, p. 296.