FUNAIOLI, Gino
Nacque il 2 ott. 1878 a Pomarance, presso Volterra, terzo di cinque figli di Alessandro, avvocato e possidente, e di Albina Cercignani. Compiuti gli studi liceali a Siena, frequentò l'Istituto di studi superiori di Firenze, dove si formò alla scuola di F. Ramorino e G. Vitelli nel settore degli studi classici, di E.G. Parodi e di P. Rajna nell'ambito della glottologia e delle lingue e letterature neolatine. Conseguita la laurea in letteratura latina sotto la guida del Ramorino, compì un primo anno (1901-02) di perfezionamento in Germania, a Monaco, entrando in contatto con E. Wölfflin e gli ambienti del Thesaurus linguae Latinae. Seguì un più lungo soggiorno a Bonn (1902-13), dove il F. stabilì rapporti con i maggiori antichisti di quell'ateneo, W. Christ, L. Traube, H. Usener e soprattutto il latinista F. Bücheler. Il periodo trascorso a Bonn segnò gli inizi della produzione scientifica e della carriera di insegnante: dal 1905 tenne il lettorato di italiano e corsi di grammatica latina. Tornato in Italia alla vigilia della prima guerra mondiale, dal 1914 al 1920 fu a Messina come docente dapprima di grammatica greca e latina e successivamente di letteratura latina, disciplina di cui fu via via titolare a Palermo (1920-27), succedendo al Ramorino presso l'università Cattolica di Milano (1927-34), a Bologna (1935-40), raccogliendo l'eredità di G. Albini, e infine alla Sapienza di Roma (1940-48), dove ricoprì anche la carica di preside di facoltà dal 1947 al 1953.
Dopo l'apprendistato nella Firenze di Vitelli e di Rajna, sotto il segno congiunto del metodo storico e della filologia formale di derivazione tedesca, il F. completò la sua formazione in Germania. Al soggiorno tedesco pertengono un intelligente studio sul caso locativo (Der Lokativ und seine Auflösung, in Archiv für latein. Lexikogr., XIII [1903], pp. 301-372; trad. it., Il caso locativo latino e la sua dissoluzione, in G. Funaioli, Studi di letteratura antica, II, 1, Bologna 1947, pp. 247-325), l'ancor oggi utile raccolta dei Grammaticae Romanae fragmenta (Lipsiae 1907; rist. 1967) e l'ultradecennale collaborazione, forte di una ventina di contributi, alla Realencyclopädie (Pauly - Wissowa) che culmina con l'importante voce C. Sallustius Crispus, redatta nel 1913-14 (ibid., II, 1920, coll. 1913-1955), all'epoca forse la migliore sintesi sullo storico romano.
Il periodo trascorso in Germania tenne al riparo il F. dalla polemica che dopo il 1903 (anno in cui usciva L'irrazionale nella letteratura di G. Fraccaroli) oppose i classicisti italiani seguaci della critica estetica di intonazione crociana ai difensori del metodo filologico di stampo germanico. Bersaglio primo fu la scuola del Vitelli, ma in breve il clima che si creò alla vigilia e durante il primo conflitto mondiale saldò il nazionalismo antigermanico con l'antifilologismo dei "nuovi" classicisti.
Meno pugnace ma non meno tenace di G. Pasquali, al rientro in patria il F. si trovò a conciliare, entro i propri confini biografici, rigorosa formazione filologica alla tedesca, professione di cattolicesimo - non esente da venature idealistiche e da interessi per l'estetica crociana - e simpatie nazionalistiche, destinate ad aprirgli la strada verso l'adesione al fascismo. Frattanto, negli anni messinesi, difese la lezione di metodo fatta sua a Firenze e a Bonn, curò i preliminari di un progetto ispiratogli dal Bücheler e contribuì alla nascita della Rassegna Italiana di lingue e letterature classiche, fondata da V. Ussani nel 1918 insieme con il grecista C. Cessi, e con la collaborazione appunto del Pasquali e del F.: iniziativa intesa a non perdere i contatti con quanto accadeva oltre Reno, tanto più meritoria in quanto nata "nei tempi turbinosi dell'ultima guerra, quando per odio alla Germania si corse il rischio di voler far getto di quanto si doveva al sapere germanico" (V. Ussani, Lingua e lettere latine, Roma 1921, p. 9).
Parallelamente alla carriera accademica si dipanò un'intensa attività di ricerca che nel corso degli anni Venti privilegiò soprattutto Virgilio. Nel 1924 uscì a Palermo L'oltretomba nell'Eneide di Virgilio, dove lo scenario del libro VI del poema consente allo studioso di interpretare il poeta latino - "figlio primogenito di Omero e padre spirituale di Dante" - nel solco della continuità culturale, senza disconoscere l'importanza dei modelli greci ma senza nulla concedere a loro pretese supremazie assolute. L'intero decennio fu però occupato dalle ricerche sul materiale scoliastico virgiliano, lavoro suggerito dal Bücheler ai tempi del soggiorno a Bonn e continuato negli anni, fino alla redazione della monumentale Esegesi virgiliana antica. Prolegomeni alla edizione del commento di Giunio Filargirio e di Tito Gallo (Milano 1930): opera ancora fondamentale per valutare la portata della scoliografia non serviana e preziosa miniera di informazioni erudite.
Nelle intenzioni del F. il volume riuniva lavori preparatori in vista di un'edizione del commento di Filargirio, impresa mai portata a termine; ma a conferma di un ininterrotto interesse per Virgilio si segnala, tra numerosi contributi minori, l'edizione, criticamente riveduta insieme con il collega bolognese G. Albini, dell'opera virgiliana allestita nel 1938 per l'Accademia Virgiliana di Mantova (importante per la rivalutazione del cod. Mediceo, ma non sempre convincente nella volontà di scorgervi tracce di varianti d'autore).
La fedeltà a Virgilio non circoscrisse la produzione del F., che collaborò intensamente all'Enciclopedia Italiana: oltre sessanta voci, diverse per ampiezza e impegno, che rinnovano esperienze del passato (le voci per la Realencyclopädie) nella prospettiva matura di uno studioso ormai in grado di misurarsi con l'intero patrimonio delle lettere di Roma e la loro fortuna nel tempo. Testimonianza di tale maturità offrono i saggi che confluiscono nei due volumi in tre tomi degli Studi di letteratura antica (Bologna 1946-47).
Particolare attenzione merita il primo volume, perché riunisce tre lavori che assicurano posto duraturo al F. nel panorama degli studi latini: la prolusione milanese del 1927 La letteratura latina nella cultura antica (pp. 1-34); la voce Roma. Letteratura, apparsa in Enc. Italiana, XXIX (1936), pp. 699-714, e ristampata come Disegno storico della letteratura romana (pp. 35-120); infine i Lineamenti d'una storia della filologia attraverso i secoli (pp. 185-356), nati dalla fusione di voci dell'Enciclopedia e da nuovi studi.
La prolusione, secondo il Pasquali, "mostra ottima informazione e sano giudizio sui problemi delle origini" (Spiriti e forme della letteratura latina, in Belfagor, II-III [1948], p. 612, poi in Pagine stravaganti…, II, p. 304). Per il F. "il tempo sembra maturo per dire della civiltà romana con la dovuta equanimità e comprensione, liberi da preconcetti romantici o etnici o politici: con serenità di storici" (Studi, I, p. 8). Convinto della scarsa omogeneità dei primi nuclei italici e della società romana d'età storica (con buona pace delle simpatie fasciste), egli fece compiere un notevole passo avanti al dibattito, sbarazzandosi di una nozione ambigua e "pericolosa" - quella di razza - che era servita in età romantica per negare agli abitanti del Lazio il genio dell'arte e che era stata egualmente sfruttata dai cacciatori d'originalità a tutti i costi, a loro volta abbagliati da archetipi etnici depositari delle doti della stirpe. Per il F. fasi iniziali e sviluppi delle lettere di Roma si intendono solo alla luce di vasti processi di "assimilazione" di cultura greca: intesa, quest'ultima, non alla stregua di pigre pratiche imitative, ma quale legge del divenire umano, criterio selettivo che regola i fenomeni di acculturazione e orienta in direzioni autonome compositi patrimoni culturali in cui si fondono esperienze proprie e prestiti altrui. Su questa vera e propria dinamica storica si innesta senza determinismi di sorta il discorso delle realizzazioni artistiche che, se pertiene - come volle certo crocianesimo diffuso - alle singole personalità degli autori e alla qualità delle singole opere, non rimase estraneo tuttavia a una dimensione collettiva in quanto oggetto di trasmissione culturale.
La riscoperta della storia priva di fisse maschere razziali ha dunque per conseguenze la riscoperta dell'individuo e una più viva attenzione al valore dei singoli scrittori di Roma, senza che questo comporti la dissoluzione della storia letteraria in monadi artistiche distinte. Se altro merito poi va considerato, del F. e della generazione cui appartenne, questo è nel riconoscimento che "la letteratura latina è rivolta all'analisi di se stesso più che la greca" (Pasquali, Spiriti e forme…, p. 308). In tale direzione si era mosso, negli anni Venti, C. Marchesi e, negli anni Trenta, A. Rostagni; ma anche il F. sapeva far sentire, pur nei limiti di una voce enciclopedica, come tra gli elementi caratterizzanti di molti autori latini risaltino affatto l'individualismo e l'effusione sentimentale, cui minor spazio sembra aver concesso la cultura greca. Il F. non perdeva di vista, inoltre, i nessi tra lo svolgimento letterario e l'emergere di forti energie individuali che a far data dal II sec. a.C. accelerano la storia della Repubblica romana (fino al suo esaurirsi nel principato) e si riflettono nelle opere coeve, mostrando come spinte individuali, vicenda collettiva e forme letterarie siano predicati di uno stesso discorso storico.
Infine, per quanto concerne i Lineamenti d'una storia della filologia attraverso i secoli, si dovrà osservare che si tratta del primo lavoro organico del genere compiuto in Italia: su di esso sembrava agire - questa volta è il caso di sottolinearlo - la lezione crociana della Storia della storiografia. Anche se sommario per l'età medievale e, di contro, segnato da "troppi nomi e troppo pochi giudizi" (ibid., p. 309), si legge ancor oggi con profitto qual comodo viatico per chi voglia affrontare temi e problemi inerenti alla storia degli studi classici.
Nell'anno della cessazione dal servizio attivo come docente (1948), insieme con il grecista G. Perrotta, fondò e diresse Maia. Gli ultimi anni lo videro impegnato, presso il Centro di studi ciceroniani (di cui fu vicepresidente), nel progetto di un'edizione completa, critica e divulgativa, di tutte le opere di Cicerone, di cui - in Campidoglio, il 18 dic. 1957 - poté celebrare il bimillenario della morte (Universalità di Cicerone, poi in Studi romani VI [1958], pp. 1 ss.).
Il F. morì a Firenze il 28 dic. 1958.
Scritti: Un elenco completo è in La bibliografia di F., a cura di G. Scano - M. De Marco (oltre 300 titoli, con indice dei recensori e dei soggetti, in calce al volumetto del Centro di studi ciceroniani che contiene la commemorazione di E. Paratore, G. F., Roma 1960, pp. 27-73); a tale elenco va aggiunto Cicerone. Pro Archia, introd. di E. Paratore, Roma 1963.
Fonti e Bibl.: Notizie inedite, relative alla famiglia e agli anni giovanili, si devono alla cortesia della bisnipote del F., Paola Funaioli Gabriele. Inoltre: Enciclopedia Italiana, App. II, 1, 1948, p. 1012; G. Pasquali, Spiriti e forme della letteratura latina, in Belfagor, II-III (1948), pp. 612-617 (poi in Pagine stravaganti di un filologo, a cura di C.F. Russo, II, Firenze 1994, pp. 304-313); E. Paratore, Storie della letteratura latina in Italia dall'inizio del secolo a oggi, in Paideia, III (1948), pp. 15-17; Id., Gli studi di latino negli ultimi cinquant'anni, in Cinquant'anni di vita intellettuale italiana, 1896-1946. Studi in onore di B. Croce, a cura di C. Antoni - R. Mattioli, Napoli 1950, pp. 427 s.; A. Bernardini - G. Righi, Il concetto di filologia e di cultura classica dal Rinascimento ad oggi, Bari 1953, pp. 648, 681; G. Perrotta, Ricordo di G. F., in Maia, XI (1959) (rist. in Cesare, Catullo, Orazio e altri saggi, Roma 1972, pp. 305-307); E. Paratore, in Rendiconti dell'Accademia naz. dei Lincei, s. 8, XV (1960), pp. 145-160; Id., G. F., in I critici (Marzorati), IV, Milano 1969, pp. 2495-2511; B. Riposati, in Enc. Virgiliana, II, Roma 1985, pp. 608 s.; C.J. Classen, L'influsso di G. Pasquali sulla filologia classica in Germania, in Giorgio Pasquali e la filologia classica del Novecento, a cura di F. Bornmann, Firenze 1988, pp. 154 s. (in partic. sull'episodio della laurea honoris causa di cui vennero insigniti, presso l'univ. G. Augusta di Göttingen nel 1937, il F. e G. Pasquali); I. Lana, Italia. La filologia latina nel secolo XX, in La filologia greca e latina nel secolo XX, a cura di G. Arrighetti - F. Montanari, II, Pisa 1989, pp. 1142, 1162; M. Cagnetta, Antichità classiche nell'Enciclopedia Italiana, Roma-Bari 1990, pp. 57 s.; P. Ferratini, Tra filologia e ideologia. La cultura classica nello studio bolognese durante il ventennio, in Aspetti della cultura emiliano-romagnola nel ventennio fascista, Milano 1992, pp. 15-60 (sull'adesione al fascismo del F. e di altri docenti dell'ateneo bolognese come G. Coppola e P. Ducati); F. Giordano, Filologi e fascismo. Gli studi di letteratura latina nell'"Enciclopedia Italiana", Napoli 1993, pp. 85-113; G.F. Gianotti, Per una storia delle storie della letteratura latina, V, in Aufidus, XXII (1994), pp. 104-107; L. Gamberale, Le scuole di filologia greca e latina, in Le grandi scuole della facoltà, Roma 1994, pp. 78-85.