FRIEDMANN, Gino
Nacque a Modena il 20 maggio 1876 da Angiolo, avvocato livornese, e da Benedetta Sacerdoti, discendente di un'influente famiglia israelita che, prima dell'Unità, aveva rivestito un ruolo significativo nelle finanze del Ducato e aveva consolidato una vasta proprietà sulle terre già costituenti i latifondi dell'abbazia di Nonantola.
I Sacerdoti conducevano le proprie terre con criteri imprenditoriali tradizionali, ma che si distinguevano, per efficienza, da quelli della schiera dei piccoli e medi possidenti. La vastità dell'azienda materna (308 ettari suddivisi in 30 poderi) era tra gli elementi che, imponendo al F. di misurarsi con problemi di una gestione ampia e complessa, avrebbero fatto di lui il pioniere di soluzioni agronomiche, organizzative e commerciali d'avanguardia.
Laureatosi in giurisprudenza egli si dedicò alla professione forense, ma presto l'abbandonò per occuparsi della conduzione della proprietà. Per accrescerne la redditività, intraprendeva un programma di sviluppo agrotecnico coinvolgente tutte le produzioni della campagna modenese: al primo posto quella lattierocasearia (formaggio parmigiano-reggiano) e il parallelo allevamento suinicolo, al secondo quella vitivinicola, al terzo quella cerealicola.
Per il primo obiettivo si preoccupava di migliorare le caratteristiche genealogiche del bestiame e di razionalizzare, con l'acquisto di attrezzature moderne, i procedimenti di lavorazione dei tre caseifici aziendali. Sul secondo misurava l'impossibilità di introdurre procedure di vinificazione razionali nelle cantine mezzadrili, e di produrre economicamente vini commerciali anche coammassando le uve dell'azienda, pure tra le più estese della provincia, in una sola cantina: mirando a dimensioni industriali si faceva, quindi, promotore, nel 1913, della cantina sociale di Nonantola, fino dalla fondazione destinata a superare le dimensioni di tutti i sodalizi analoghi fondati, in precedenza, nella provincia. Fu il primo successo del F. quale alfiere della cooperazione.
Per la cerealicoltura il F. mirò all'incremento delle rese mediante l'uso sistematico dei concimi chimici, in specie quelli fosfatici, e l'adozione delle macchine per la motoaratura e per la trebbiatura a vapore, riuscendo, vinte le prime resistenze, a convincere i mezzadri ad abbandonare le pratiche agrarie tradizionali e ad adottare le nuove.
Agli impegni di imprenditore, e di promotore della cantina sociale dell'agro in cui operava, seguendo le orme dello zio, Carlo Sacerdoti, presidente del Comizio agrario di Modena, univa l'espletamento di funzioni dirigenziali nelle organizzazioni agricole: nominato, nel corso della prima guerra mondiale, commissario agricolo provinciale, alla soppressione della funzione, nel settembre del 1919, si adoperò per la costituzione della Federazione provinciale degli agricoltori, di cui ricoprì la presidenza fino al 1921. Come rappresentante degli agricoltori modenesi intervenne alle assise nazionali con analisi e proposte contrassegnate da acume e concretezza.
In ossequio alla tradizione che voleva il possidente partecipare, tra i maggiorenti locali, all'amministrazione comunale, si cimentò nell'agone politico a Nonantola e fu eletto consigliere, quindi sindaco.
A Nonantola all'alba del secolo il Comune era stato governato da una maggioranza socialista, che alle elezioni del 1915 aveva conquistato l'80 per cento dei suffragi. Richiamati al fronte tutti gli amministratori, il Municipio era stato rimesso a un commissario regio, che vi rimase fino alle elezioni del 1920, quando i socialisti conservarono la maggioranza ma persero, a ragione dei contrasti interni, la preminenza di cui avevano goduto in passato. Nella breccia si inserì qualche consigliere moderato: primo tra tutti il F., che con la propria opposizione predispose il terreno alla vittoria moderata del 1922. Sull'onda del successo si insediò come sindaco alla testa di una giunta composta da conservatori, fascisti, cattolici e anticlericali, che comunque dimostrò una piena indipendenza dal regime: quando, nel 1926, la Federazione provinciale fascista rimproverò alla giunta la mancata adesione al partito di più di uno dei propri membri, il F. e i suoi collaboratori preferirono le dimissioni piuttosto che prendere la tessera.
Nel ruolo di sindaco il F. procedette alla revoca di tutte le misure delle giunte socialiste che favorivano mezzadri e braccianti, reputandole lesive dei diritti dei proprietari, ma varò alcune misure di carattere sociale come un programma di edilizia popolare; provvide anche alla costruzione dell'acquedotto. Per attivare l'economia locale fu tra i promotori della ferrovia a scartamento ridotto Modena-Nonantola.
Consolidata l'attività della cantina sociale di cui era presidente, nel 1920 ne trasformò la ragione sociale per estenderne l'attività alla lavorazione del pomodoro, una produzione caratteristica di alcune zone del Modenese che il F. pensò di intraprendere per utilizzare le strutture e le maestranze della cantina in un periodo, quale quello della maturazione del pomodoro, di stasi delle attività enologiche. Promosse, contemporaneamente, la costituzione di una cremeria per commercializzare il burro dei caseifici sociali dell'agro nonantolano che non erano in grado di farlo singolarmente. Propugnò la cooperazione anche per la trasformazione della barbabietola da zucchero, una lavorazione che richiedeva impianti di ingente impegno finanziario. Cercò invano, però, di unire le volontà per raccogliere i capitali necessari. Considerò l'insuccesso uno scacco dell'agricoltura nazionale, che non aveva saputo percorrere una strada che in Olanda si era dimostrata praticabile e fruttuosa.
Convinto dei principî di cui aveva dimostrato la validità, si fece promotore del tentativo di estendere il sistema cooperativo nell'intera provincia: nel 1920 fu creata la cantina sociale di Formigine, alla quale seguirono, nel 1923, quelle di Modena, di Sorbara, di Limidi e di Settecani. Nel 1922 promosse la costituzione della Federazione nazionale delle cantine sociali, di cui assunse la presidenza.
Al momento della prima esperienza del F. le cantine sociali italiane erano una costellazione disomogenea di entità di incerta vitalità, tra le quali si celavano non poche cooperative di comodo, che screditavano l'intera compagine.
Il F. si impegnò nell'impresa, convinto che l'organizzazione dei sodalizi che unissero serietà sociale, funzionalità tecnica e dinamismo mercantile avrebbero portato cospicui vantaggi all'economia agricola nel suo complesso, al consumo e all'esportazione. Forte delle realizzazioni conseguite espose le sue idee in una molteplicità di scritti. Tra i più ampi e organici Le cantine sociali (in L'Italia agricola, LXV [1928], pp. 224-233), in cui enucleava le idee guida per l'associazionismo enologico.
Nel 1929 il F. integrava il disegno di collegamento degli organismi enologici con la creazione, a Modena, della Società per la lavorazione delle vinacce, che assicurò ai viticoltori delle cantine federate l'utile ricavabile da sottoprodotti la cui trasformazione richiedeva impianti di dimensioni esorbitanti le capacità di una cantina sociale.
Nell'anno della costituzione la Federazione riuniva 80 delle 100 cantine esistenti nel paese. Nel 1938, dopo la promulgazione delle leggi razziali, il F. prima fu costretto ad abbandonare le funzioni amministrative poi anche a interrompere l'attività imprenditoriale. Durante la guerra, in collegamento con gli organismi ebraici internazionali, il F., come presidente della comunità israelita modenese, organizzò il ricovero nella grande villa nonantolana dello zio, Carlo Sacerdoti, di decine di giovani ebrei fuggiti dalle zone dell'est europeo occupate dalle truppe tedesche. Quando, dopo l'8 sett. 1943, anche l'Italia fu controllata dalle armate hitleriane, egli fu tra i primi ebrei tradotti in Svizzera dalla rete clandestina organizzata da due sacerdoti, Ennio Tardini e Arrigo Beccari, che dettero vita al centro clandestino di ricovero e assistenza di Villa Emma, la villa nonantolana della famiglia Sacerdoti.
Rientrato in Italia al termine del conflitto e riavuti i beni espropriati dai provvedimenti antirazziali, il F. riprese l'impegno nella cooperazione. Eletto di nuovo alla presidenza della cantina sociale di Nonantola, riassunse la guida della federazione nazionale di cui era stato fondatore.
Il clima della ricostruzione era favorevole alla cooperazione, alla cui promozione, additata dagli economisti come la strada maestra per ovviare alla frammentazione delle attività produttive derivanti dall'esiguità delle dimensioni aziendali, i successivi programmi di sviluppo agricolo dedicarono stanziamenti ingenti. Gli equilibri politici imposero tuttavia che di quelle provvidenze fruissero soprattutto le confederazioni cooperative legate ai grandi partiti popolari: l'associazione di cooperative fondata dal F. su principî insieme mutualistici e liberali restava ai margini dello sviluppo cooperativo che pervadeva le campagne italiane. Ancora nel 1958 il F., in una prolusione all'Accademia fiorentina dei Georgofili, sottolineava, nell'imminenza della creazione del Mercato comune, l'urgenza di consolidare l'ordito delle cooperative operanti nelle campagne, ispirandone l'azione all'aggiornamento tecnologico, all'efficienza economica e al dinamismo mercantile.
Il F. morì a Modena il 31 luglio 1964.
Scritti: Lavori agricoli per il dopoguerra, in Gazzetta dell'Emilia (Modena), 8-9 nov. 1918; Agricoltura e liberi lavoratori, ibid., 25-26 luglio 1919; La proroga dei contratti agrari, Roma 1921; La crisi delle uve e le Cantine sociali, in Gazzetta dell'Emilia, 10-11 ottobre, 13-14 ottobre e 20-21 ott. 1922; Per la costituzione di una Società cooperativa per la lavorazione regionale delle vinacce in Modena, Modena 1926; Una banca per gli agricoltori, Modena 1937; Sviluppi della cooperazione rurale, Torino 1938; Lavorazione sociale cooperativa delle bietole, ibid. 1941; Le cantine sociali in Italia, in Atti dell'Acc. italiana della vite e del vino, III (1951), pp. 396-413; Cooperative per le lavorazioni sociali di prodotti agricoli, in Atti dell'Acc. economico-agraria dei Georgofili, V (1958), pp. 252-272; Cantine sociali, Modena 1960; Assicurazione dei viticoltori contro i danni della grandine, in Atti dell'Acc. economico-agraria dei Georgofili, IX (1962), pp. 84-93.
Fonti e Bibl.: Cattedra ambulante provinciale di agricoltura di Modena, in Gazzetta dell'Emilia, 21 marzo 1919; Importante ordine del giorno degli agricoltori modenesi contro la politica agraria del governo, ibid., 16-17 sett. 1919; Interessi agrari, ibid., 25-26 sett. 1919; La Federazione degli agricoltori contro la impostazione dei soprafitti di guerra agli affittuari lavoratori, ibid., 2-3 nov. 1919; P. Manicardi, La crisi nei prezzi delle uve, ibid., 17-18 ott. 1922; G. S., Il commissario agricolo provinciale, ibid., 26-27 sett. 1919; La Federazione nazionale delle Cantine sociali dal 1922 al 1928, Modena 1928, passim; M. Dal Co, Le cantine sociali modenesi, Modena 1935, p. 11; La lavorazione sociale cooperativa prodotti agricoli di Nonantola, Roma 1938, passim; I. Vaccari, Villa Emma. Un episodio agli albori della Resistenza modenese, nel quadro delle persecuzioni razziali, Modena 1960, pp. 20 s., 29; N. Poletti, Aspetti e problemi delle campagne modenesi dal 1915 al 1917; il caso dell'azienda agricola G. F., Università di Modena, Facoltà di economia e commercio, tesi di laurea, a.a. 1984-85; G. Malaguti, G. F.: proprietario terriero di inizio secolo. Breve storia locale, Bologna 1990.