CAPPONI, Gino
Di famiglia illustre e antica, nato a Firenze il 13 settembre 1792. Nel 1800 fu condotto a Vienna dal padre, marchese Pier Roberto e vi si trattenne tre anni, iniziandovi lo studio delle maggiori lingue straniere. Ritornato a Firenze nel 1803, riprese gli studî sotto la guida dello scolopio Canovai per le matematiche, del servita padre Battini per il greco e il latino. Ebbe pure precettore per breve tempo, dal 1807, l'umanista abate Zanoni. Nel '12 ha inizio la sua attività di scrittore con la pubblicazione di un opuscolo sul primo viaggio del Vespucci, in difesa del padre Canovai. Nel '13 è inviato in deputazione a Parigi, a fare omaggio a Napoleone, insieme con altri quattro notabili fiorentini. Tornato il granduca Ferdinando III, alla caduta dell'impero, il C. prende a frequentare la corte, dove è scelto a cavaliere di compagnia del principe di Carignano (1817). Ma si sottrae presto a quella vita dissipatrice e fatua e intraprende lunghi viaggi, dapprima in Italia, a Roma, nell'Italia meridionale e settentrionale (dal 1816 al 1818), di poi all'estero, a Parigi, in Inghilterra, dove stringe amicizia col Foscolo, in Scozia, in Irlanda; nel viaggio di ritorno (aprile-giugno 1820) attraversa il Belgio, l'Olanda, la Germania e la Svizzera, dove tornerà nel '25 per studiarvi le istituzioni educative. Dovunque guarda con occhi aperti la vita, studia minutamente le idee, le tradizioni, gli istituti, le costumanze, giudicando uomini e cose con acutezza e penetrazione di storico già maturo, sollevandosi, nell'esaminare gli avvenimenti, a quella visione larga e umanamente comprensiva, che è stata sempre la sua dote precipua di scrittore. Ritornato a Firenze, vi trascorse il resto della sua vita (mori il 3 febbraio 1876), dedicata agli studî, ai lavori delle accademie cittadine, a promuovere istituzioni di cultura e di beneficenza (nel'27 aiutò la fondazione del Giornale agrario toscano, nel'36 della Guida dell'Educatore, diretta dal Lambruschini; nel 1829 insieme con Cosimo Ridolfi e Lambruschini fondava la prima Cassa di risparmio di Firenze), contribuendo non poco a ridestare a nuova vita "l'inerte Toscana" dell'ultimo periodo del granducato.
Non solo egli ebbe dimestichezza con i migliori uomini dell'Italia del suo tempo, in particolar modo con Lambruschini e Tommaseo, ma può considerarsi "nella storia del risorgimento italiano uno dei centri di tutto il moto spirituale che in quella storia si venne compiendo: amico e consigliere, animatore e moderatore, e insomma guida e maestro della maggior parte degli uomini di pensiero e d'azione artefici della nuova Italia" (Gentile). Molto fecondo per la cultura fu in particolar modo il legame d'amicizia da lui stretto con Giampietro Vieusseux interprete intelligente, esecutore pronto e tenace delle idee che il C. con signorile larghezza profondeva intorno a sé, senza però possedere l'energia di tradurle in atto. La sua riluttanza all'azione, che lo indusse a riprovare sempre i mezzi rivoluzionarî, non credendo "bastasse a liberare la patria alzare un grido e un fucile" e a tenersi in disparte dalla politica militante, crebbe naturalmente dopo il 1840, quando lo colse la cecità, sebbene in questo torno di tempo la causa italiana guadagnasse sempre più il suo animo, sino a destarvi "vivissima fede" quando il nome di Pio IX venne a rendere popolare la causa d'Italia, e "un consenso mirabile pareva congiungere insieme i voleri d'ogni natura e d'ogni qualità d'uomini in un pensiero di ragionevolezza". Ma già prima, nel '45, era uscito di riserbo con un articolo Sui moti di Rimini, pubblicato sul 70° numero della Gazzetta Italiana, fondata dalla Belgioioso a Parigi, nel quale aderiva apertamente al programma moderato del d'Azeglio. Promulgato il 17 febbraio '48 lo statuto e apertosi poco di poi il parlamento, egli, che era già stato chiamato a far parte della Consulta, insieme col Ridolfi, fu eletto senatore. Caduto il ministero presieduto dal Ridolfi, fu offerta a lui la presidenza del Consiglio, che accettò a malincuore per non sottrarsi a un imperioso dovere, ma che tenne per soli settanta giorni (17 agosto-27 ottobre). Ha narrato egli stesso la storia di questo suo breve periodo di governo in uno scritto mirabile per pacata obiettività e arguta e penetrante analisi dei mali che travagliavano le diverse fazioni e della improvvisazione e inettitudine politica sua e degli altri moderati chiamati al governo. Dopo questo breve intermezzo di attività politica ritornò ai suoi studî. Proclamata l'annessione della Toscana, fu eletto senatore (1860) e partecipò anche attivamente ai lavori legislativi nel periodo in cui la capitale fu a Firenze; ma crebbe sempre più in lui, con gli anni, il senso del distacco dalle idee e dai sentimenti delle nuove generazioni, di cui intese sempre meno le esigenze e le aspirazioni, sebbene sino alla morte lo abbia circondato l'affettuoso rispetto di tutti gli animi bennati.
Il C. non ha dato in nessuna opera organica e compiuta la misura del suo altissimo ingegno, del giudizio acuto e profondo, dello stile vigoroso e personale, dello squisito gusto artistico, della cultura larga e intimamente rivissuta. Come è stato ripetutamente osservato, caratteristica della sua attività letteraria è la frammentarietà. Se si eccettuano difatti pochi saggi, compiuti sì ma di limitato respiro, come le lettere al professore Capei, Sulla dominazione dei Longobardi in Italia (pubblicate nell'Archivio storico italiano, le prime due in Appendice, I, 1844; le ultime tre nel t. X della n. s., parte II, 1859), e le Cinque letture di economia toscana (tenute ai Georgofili dal 1824 al 1836 e raccolte in vol. nel 1845), le opere in cui meglio si rivelano le alte doti del suo intelletto sono rimaste allo stato di abbozzo. In primo luogo il mirabile e originalissimo Frammento sull'educazione (pubblicato a Lugano nel'45, ma già compiuto nel 1841), e poi la Storia di Pietro Leopoldo e il Saggio sull'istoria del cristianesimo nei primi due secoli, pubblicati postumi dal Tabarrini. Mirabile anche il suo epistolario, fra i più notevoli del Risorgimento, in cui sono discussi con acume, probità e profondità, vitalissimi problemi della filosofia, della politica, dell'arte contemporanea, dalla riforma religiosa alla questione della lingua (Lettere di Gino Capponi e di altri a lui, raccolte e pubblicate da A. Carraresi, 6 voll., Firenze 1882-90; N. Tommaseo e G. Capponi, Carteggio inedito dal 1833 al 1874 per cura di I. Del Lungo e P. Prunas, Bologna 1911. Sono usciti finora 3 voll. e la prima parte del quarto. Altre lettere furono pubblicate sparsamente. M0lto notevoli quelle comprese nel vol, II di A. Gambaro, Riforma religiosa nel carteggio inedito di R. Lambruschini, Torino 1926).
L'unica opera apparentemente organica, intorno alla quale lavorò circa venti anni, ma che si lasciò persuadere a licenziare alle stampe solo alla vigilia della morte, la Storia della repubblica di Firenze (1875), non è nata di getto da un unico principio dominatore, ma è composta come per lavoro di tarsia; manca quindi d'intrinseca e vigorosa unità, sebbene anch'essa offra pagine eccellenti in cui rifulgono le migliori doti di Capponi scrittore.
Il suo vero capolavoro rimane innegabilmente quel Frammento sull'educazione, che deve considerarsi lo scritto educativo italiano più originale della prima metà del secolo XIX. Nel C. a un tatto psicologico squisito e a un vivissimo senso della concretezza dell'educazione, si congiunge un sano scetticismo circa la "vanagloria dell'arte", che celebrava ai suoi tempi e ha celebrato per tutto il corso del secolo i suoi trionfi. Tempra storica seria e profonda, adusato a sviscerare i più complessi fatti sociali, alieno da ogni forma di angustia pedantesca, il C. persegue con una critica implacabile e acutissima ogni forma di illusione pedagogica di predeterminare dall'estrinseco il libero svolgimento dell'attività spirituale, e rivela l'intrinseca debolezza e la scarsa vitalità di ogni mezzo educativo che non sbocci spontaneamente dalla storia, ma sia escogitazione di mente solitaria. La pienezza spirituale dell'educatore, non già gli artifici anche i più sapienti, parlano all'anima e persuadendola la educano. L'arte dell'inerte parola e il meccanismo dei metodi sono nati dallo scadere e oscurarsi nelle coscienze delle grandi idee direttrici che per secoli avevano illuminato le vie dell'umanità e che sogliono da sole bastare a fecondare le menti di tutto un popolo, di tutto un secolo. Ma per il C. il segreto dell'educazione è sì nella personalità dell'educatore e nella vigoria delle fedi che alimentano la vita familiare e sociale, ma l'una e l'altra coadizione non dipendono in fondo, per lui, dalla volontà degli uomini, ma dall'imperscrutabile volontà della Provvidenza. Noi siamo e rimarremo "meschini divulgatori della inerte parola" sino a che "il corso dei fatti generatori di nuovi ordini" non sia compiuto, sino a che la Provvidenza, siccome suole, non avrà tratto il bene dal male. "Quando incerta di sé medesima la generazione degli adulti ignora a qual termine debba avviare chi a lei succede, e quando nessuna autorità compone le menti e nessun verace affetto le sospinge, mi pare, tutti gli sforzi e tutti i discorsi, mentre disvelano il morbo, disvelano anche l'impotenza de' rimedi e per me credo, che in nessun tempo mai l'efficacia dell'educazione fosse minore che al nostro".
Bibl.: Un saggio di bibliografia è stato dato dal Gentile, in Capponi, Le più belle pagine, Milano 1926, pp. 260-266. Gli scritti minori sono raccolti nei due volumi curati dal Tabarrini, scritti editi ed inediti, Firenze 1877. Dei Pensieri sull'educazione si sono avute parecchie ristampe, una per es. del Tabarrini, nell'opera suddetta, e poi, di recente, del Tagliatela (Lanciano 1919), di E. Codignola (Firenze 1920), del Vidari (Torino 1923), ecc. Su di lui: M. Tabarrini, G. C., i suoi tempi, i suoi studi, i suoi amici, Firenze 1879; A. von Reumont, G. C., Ein Zeit-und Lebensbild, Gotha 1880 (trad. ital., Milano 1881); E. Masi, Fra libri e ricordi di storia della Rivoluzione italiana, Bologna 1887, pp. 357-372, 455-76; I. Del Lungo, Tommaseo e Capponi, in Nuova Antologia, CI (1902); A. D'Ancona, G. C. e P. Giordani, in Miscellanea nuziale Negri-Scherillo, Milano 1904, ora in Memorie e documenti di storia italiana dei secoli XVIII e XIX, Firenze 1914; P. Prunas, L'Antologia di G. P. Vieusseux, Roma 1906; P. Barbera, G. C. e i suoi tempi, in La Toscana alla fine del granducato, Firenze 1909; G. Gentile, Il carteggio Tommaseo-Capponi, in Critica, XIII (1915), pp. 384-86, ora nel vol. Albori della nuova Italia, I, Lanciano 1923, p. 165 segg.; B. Croce, Una teoria del Pascoli e alcuni pensieri sulla poesia del Capponi e del Tommaseo, in Critica, IX (1911), pp. 315-318, ora in Conversazioni critiche, Bari 1918, s. 1ª, pp. 63-67; id., La storiografia in Italia dal cominciamento del secolo decimonono ai giorni nostri, in Critica, XIV (1916), p. 11 segg. e 104, ora in Storia della storiografia italiana nel secolo XIX, I, Bari 1921, pp. 136 segg., 164; G. Gentile, G. C. e la coltura toscana del secolo XIX (già pubblicata in Critica, 1916-20; sul Capponi, XIV (1916), p. 42 segg.), Firenze 1922; V. Benetti-Brunelli, L'educazione nazionale nel pensiero di G. C., Roma 1920; pref. del Codignola alla ristampa del Frammento; A. De Rubertis, L'Antologia di G. P. Vieusseux, Foligno 1922; A. Gambaro, Riforma religiosa nel carteggio inedito di R. Lambruschini, voll. 2, Torino 1926; pref. del Gentile a Le più belle pagine già citate, Milano 1926.