BALDESI, Gino
Nato a Firenze il 22 sett. 1879 da Angelo, dopo una giovinezza irrequieta, durante la quale fece i mestieri più disparati (apprendista tipografo, mozzo, scultore, fattorino), si arruolò per quattro anni nell'esercito. Fu un periodo di punizioni continue, utilizzato dal B. per una intensa, ma farraginosa lettura, prevalentemente di opere di carattere economico. Abbandonato l'esercito, continuò a studiare, riuscendo anche a imparare abbastanza bene il francese e l'inglese.
Ancora giovane il B. si era iscritto al partito socialista, senza mettersi particolarmente in luce fino allo scoppio della guerra mondiale, quando diventò redattore de La Difesa di Firenze, periodico socialista, che, in quel periodo, aveva assunto posizioni riformiste e interventiste. Riformato, si impiegò presso le officine Galileo, dove cominciò a interessarsi di problemi sindacali e a farsi notare fra i metallurgici (FIOM) fiorentini. Da allora scrisse spesso di problemi del lavoro, con vari pseudonimi, sull'Avanti!; da G. M. Serrati, in quel tempo direttore dei giornale, egli venne presentato a L. D'Aragona, e quando R. Rigola, che per dodici anni era stato segretario generale della Confederazione generale del lavoro, si dimise per protesta contro il patto di collaborazione del 12 sett. 1918 tra la Confederazione e il Partito socialista, il B. fu chiamato dal D'Aragona, subentrato nella carica, come segretario aggiunto.
Grazie alla conoscenza dell'inglese, il B. partecipò nel 1919, come delegato operaio, alla conferenza internazionale del lavoro, tenuta a Washington per organizzare l'Ufficio internazionale del lavoro previsto dalla parte XIII del trattato di Versailles.
In quella sede il B. sostenne la tesi della redistribuzione delle materie prime tra paesi produttori e paesi poveri, ritenendola l'unica soluzione alla dilagante disoccupazione: la proposta, bocciata, trovò la sola approvazione di tutti i rappresentanti italiani, da quello governativo a quello degli industriali. Questi concetti rivelavano l'accettazione, da parte del B., della teoria corradiniana della nazione Proletaria che lotta con le nazioni plutocratiche e capitalistiche; teoria che già prima era stata, per i sindacalisti, uno dei ponti, per confluire nel nazionalismo, e poi, per alcuni elementi socialisti, nell'interventismo. Riprendendo e ampliando la sua tesi, il B. pubblicò infatti nel 1922 a Firenze Perché il mondo è povero,dove più esplicitamente appariva il trasferimento del concetto di proletario dalle classi alle nazioni: i paesi del mondo sono divisi in due gruppi contrapposti, i paesi detentori delle ricchezze del sottosuolo e i paesi "soggetti a sfruttamento perché non possono gareggiare con la concorrenza dei ricchi e sono, perciò, alla loro mercé".
Dopo l'occupazione delle fabbriche nel settembre 1920, il B. fu tra i membri operai della commissione paritetica incaricata di formulare proposte sul controllo sindacale delle industrie. Nel 1921 egli rappresentò ancora la Confederazione generale del lavoro alla III sezione della Conferenza internazionale di Ginevra, dedicata allo studio delle norme di una legislazione internazionale per la tutela dei salariati agricoli. Fino al 1922 fu membro operaio del consiglio di amministrazione del Bureau International du Travail di Ginevra. Eletto nel 1921 deputato di Firenze, fu tra i protagonisti della lotta interna del Partito socialista, che portò alla sua scissione.
Firmatario, con il D'Aragona, della mozione della frazione riformista "concentrazione socialista", al XVII congresso del Partito (Livorno, 15-21 genn. 1921), contrattaccò la relazione di Terracini, che, a nome dei "comunisti puri", aveva messo sotto accusa la direzione della Confederazione generale del lavoro per l'atteggiamento rinunciatario tenuto durante il periodo dell'occupazione delle fabbriche. Sul piano più strettamente politico, e sempre in polemica con i comunisti, egli sostenne l'opportunità di arrivare al socialismo, non per mezzo della rivoluzione, ma attraverso vari gradi di riforme.
Quando, dopo la scissione comunista di Livorno del 1921, nell'ottobre 1922 l'ala massimalista espulse dal partito la frazione riformista, il B. entrò a far parte del Partito socialista unitario e della redazione del suo organo, La Giustizia:nell'agosto-settembre precedenti con il D'Aragona egli aveva chiesto la rottura del patto di alleanza fra la Confederazione generale del lavoro e il Partito socialista, rottura che fu sancita nello stesso ottobre 1922, e con la quale gli esponenti sindacalisti s'illudevano di salvare i sindacati dalla montante ondata reazionaria. Dopo la marcia su Roma, il B. ebbe contatti con Mussolini, che ebbe per un momento l'intenzione di includerlo, d'accordo col re, nel suo governo. Anche se, con altri deputati confederali, come B. Buozzi, D'Aragona, G. Di Vittorio, il B. votò contro il governo Mussolini, certo all'inizio egli mantenne una posizione piuttosto elastica verso il nuovo regime. È del 2 dic. 1922 un incontro del B. e di Tito Zaniboni con Mussolini, durante il quale si parlò di unificazione di tutte le forze sindacali su una base apolitica, argomento che fu oggetto di un successivo colloquio del B. con D'Annunzio, avvenuto il 5 dicembre. Ma tutte queste iniziative fallirono, probabilmente per l'opposizione dei gruppi più conservatori del fascismo. Quando nel 1923 venne istituito il ministero dell'Economia nazionale, il nome del B. venne fatto ancora una volta come possibile sottosegretario di Stato. Più tardi passò ad una posizione più critica nei confronti del fascismo come appare dal libro Dalle antiche corporazioni al moderno sindacalismo (Milano 1924), in cui attaccava la concezione corporativa del sindacato fascista, e dalla relazione che firmò, assieme al Turati, per il congresso del Partito socialista unitario del 1925, dove si rivendicava l'intera politica del Partito fino all'Aventino e si arrivava a prevedere prossima la fine del fascismo per la rinnovata unità di tutte le forze democratiche.
Intanto il B. ricopriva, nella Confederazione generale del lavoro, la carica di segretario della Lega nazionale delle cooperative e quella di segretario della Federazione degli elettrici (FIDAE). Nel dicembre 1924, al IV congresso della Confederazione generale, fu eletto nel nuovo comitato direttivo. Ma ormai l'importanza della Confederazione, nella vita sindacale italiana, andava scomparendo.
Il 9 nov. 1926 il B. fu tra i 120 deputati dichiarati decaduti dal Consiglio dei ministri su proposta del segretario del Partito fascista. Il B. si ritirò a vita privata e, assieme a V. Cesari, già segretario della FIDAE, e a G. Di Dio, già segretario della FIOM fiorentina, aprì a Roma un ufficio di rappresentanza di acciai speciali. Non partecipò, a differenza di E. Reina, A. Azzimonti, G. B. Maglione, R. Rigola e altri (che, col manifesto del 4 genn. 1927, constatato che un'organizzazione di mestiere non riconosciuta dal regime non poteva sussistere in Italia, avevano sciolto la Confederazione), a quell'Associazione nazionale per lo studio dei problemi del lavoro, che ebbe come organo I problemi del lavoro,e che fu tollerata dal fascismo per molti anni, fino al 1940, per l'esplicita rinuncia a ogni concezione classista (cfr. programma redazionale, Milano, 4 genn. 1927). Collaborò, però, sotto lo pseudonimo di "Streetman", al Lavoro di Genova, diretto da Giuseppe Canepa, che col gruppo dell'Associazione mantenne una stretta collaborazione e ne fu in un certo senso il quotidiano.
Morì a Roma il 12 febbr. 1934.
Scritti principali, oltre quelli già ricordati: Scioperi o serrate ?,in Critica sociale,XXIX (1919), p. 230; Consigli di aziende e controllo dei prodotti, ibid., XXX (1920), pp. 134-136; [insieme con D'Aragona], La mozione di Reggio Emilia, ibid., pp. 307 s.; Il controllo sindacale sulle aziende,Milano 1921; Sull'Aventino,Roma s. d.; Ditante briciole fare un'ostia sola,Firenze 1923; Per rinnovarsi,in Critica sociale,XXXIII (1923), pp. 291-293; L'economia capitalistica e la inchiesta sulla produzione,Milano 1925; La crisi dei cambi,in Critica sociale, XXXV (1925), pp. 41-43; Inflazione, deflazione, corsi, crisi dei cambi e corsi dei prezzi, ibid., pp. 89-92; Ildifficile guado, ibid., XXXVI (1926), pp. 208 s.; Nella "nuova" Russia, ibid., pp.287-289.
Bibl.: Notizie biografiche sono state fornite da Vasco Cesari, compagno di vita politica del B.; altre sono desumibili dagli scritti. Non esiste uno studio sul B.; dati, non sempre esatti, in E. Bonfigli-C. Pompei, I535 di Montecitorio,Roma 1921, pp. 20-21; Pangloss, Glieletti della XXVI legislatura,Roma 1921, p. 14; I 535 deputati al Parlamento per la XXVII legislatura,Milano 1924, p. 255; A. Malatesta, Encicl. biogr. bibl. degli italiani. Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922,I, Milano 1940, p. 73; R. Rigola, Storia del movimento operaio italiano,Milano 1947, p. 458; A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo,Firenze 1950, passim; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista,Roma 1952, pp. 91, 153, 165, 168, 171, 285; P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1956, pp. 178, 231, 243, 247, 276, 499; A. Gavagnin, Venti anni dì resistenza al fascismo, Torino 1957, pp. 139, 140; A. Gradilone, Storia del sindacalismo in Italia, II, Milano 1957, pp. 40, 169, 185, 201, 214; L. Einaudi, Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925),V, Torino 1961, pp. 853-859; P. Alatri, Antifascismo italiano,Roma 1961, pp. 115-117.