Ryle, Gilbert
Filosofo inglese (Brighton, East Sussex, 1900 - Whitby, North Yorkshire, 1976). Fu prof. nell’univ. di Oxford (1945-68) e direttore (1948-71) della rivista Mind. Interessato originariamente alla fenomenologia di Husserl (alcuni temi della quale rimarranno tipici delle sue ricerche), si rivolse poi, sotto l’influsso di Russell e, soprattutto, di Wittgenstein, a quel tipo di indagini caratteristico della «filosofia del linguaggio ordinario» di cui sarebbe diventato uno dei maggiori esponenti. In questa prospettiva il suo obiettivo è stato quello di mettere in luce la radice linguistica di molte erronee concezioni filosofiche, cercando di dissolvere, con dettagliate e rigorose analisi degli usi linguistici consolidati, gli «errori categoriali» in cui sarebbero incorsi i filosofi nelle loro dottrine. Un errore categoriale consiste fondamentalmente nell’attribuire a un termine linguistico un autonomo significato referenziale sulla base dell’affinità grammaticale che esso presenta con i termini autenticamente referenziali, laddove invece alle affinità grammaticali corrispondono spesso differenze concettuali o categoriali. Come R. avrebbe messo in evidenza nella sua opera maggiore, The concept of mind (1949; trad. it. Lo spirito come comportamento), un tipico errore categoriale è quello che ha originato il dualismo cartesiano tra mente e corpo, basato sulla confusione derivante dal considerare il termine «mente» come designante qualcosa di eterogeneo e addizionale rispetto ai termini comportamentali. Di qui quello che R. chiama il «dogma dello spettro nella macchina», per il quale il corpo sarebbe una sorta di «macchina» guidata e regolata dalla mente e da un insieme di entità mentali (desideri, intenzioni, ecc.) dotate di un autonomo status ontologico e di potere causale sul corpo. A tale dogma (che non è specifico della sola dottrina cartesiana, essendo presente anche nelle concezioni empiristiche: tipico dell’empirismo è, per es., il concetto di «volizione» come causa del comportamento), R. contrappone un’analisi comportamentistica delle nozioni mentalistiche, cercando di dimostrare che le asserzioni su stati ed eventi mentali sono equivalenti ad asserzioni che vertono su «disposizioni» al comportamento e su regolarità comportamentali. Questa dottrina (nota come comportamentismo logico o filosofico) avrebbe avuto grande influenza, insieme con tesi affini sostenute da Wittgenstein, nel successivo dibattito sul problema mente-corpo e sul concetto di azione. R. ha poi affrontato vari temi logici e semantici in Dilemmas (1954; trad. it. Dilemmi) e in numerosi articoli (raccolti poi in Collected papers, 2 voll., 1971), proponendo analisi che, oltre a svolgere una funzione critico-terapeutica contro gli usi errati del linguaggio, mirano alla costruzione di una «geografia logica» dei concetti. Sempre vivo è stato inoltre il suo grande interesse per la tradizione filosofica classica (tra gli studi è da ricordare il suo Plato’s progress, 1966; trad. it. Per una lettura di Platone).