CORREGGIO (de Corigia, da Corezo), Giberto da
Nacque attorno al 1320 da Guido e da Guidoccia della Palude. Negli anni in cui il padre era alleato con i Visconti di Milano, sposò Paola Visconti dalla quale ebbe i figli Pietro, Maddalena, Margherita e Iacopa; gli altri numerosi figli (Manfredo, Francesco, Gherardo, Egidio, Giovanni, Galasso e Paola) li ebbe dalla seconda moglie Orsolina di Galasso Pio da Carpi.
Il Chronicon Regiense, dopo aver osservato che il C. fu sempre esule dalla sua terra, aggiunge: "Hic nobilissimus fuit homo, et maximus hostium ultor, et crudelissimus". Lo spirito di vendetta e la crudeltà verso i nemici, se proprio dobbiamo prestare fede al cronista Pietro da Gazata, peraltro non sempre imparziale, sono forse il frutto della condizione di esule, in cui il C. passò gran parte della sua vita, spesa nel tentativo di difendere almeno le sue terre di Correggio e degli altri centri vicini, da più di duecento anni soggette ai suoi antenati, contro quegli stessi avversari ben più potenti di lui, che avevano già strappato alla sua famiglia il dominio su Parma.
È significativo che le cronache del tempo si occupino per la prima volta di lui quando, ancora ventenne, assieme con il padre Guido ed il fratello Azzo il Giovane (così indicato per distinguerlo dallo zio omonimo) si oppose al tradimento dello zio Azzo il Vecchio, il quale, contro gli accordi presi alcuni anni prima, non aveva consegnato, nel 1344, la città di Parma ai Visconti, ma aveva preferito venderla per 60 0 70 mila fiorini d'oro al marchese d'Este. Il C., che in questi anni era sposato a una Visconti, abbandonò Parma ed andò ad occupare Guastalla, mentre il padre ed il fratello si impadronirono dei centri di Correggio e di Brescello per resistere alla prepotenza di Azzo il Vecchio e degli Este. Partecipò poi con onore alla battaglia di Rivalta, vicino a Reggio, tra Filippino Gonzaga e il marchese d'Este, che rientrava a Modena dopo essersi recato a prendere possesso di Parma, appena acquistata da Azzo. La vittoria dei Gonzaga fu schiacciante: il marchese di Ferrara si salvò a stento e molti suoi cavalieri furono fatti prigionieri; tra questi anche Giovanni da Correggio, zio del C., che aveva preferito secondare il tradimento di Azzo e parteggiare per gli Este. Il C., dopo questa battaglia, probabilmente la prima in cui si trovò impegnato, ottenne dallo stesso Filippino Gonzaga la nomina a cavaliere.
La lotta tra Milano e Ferrara per il possesso di Parma andò per le lunghe e vi perse la vita (agosto 1345) anche il padre del C., Guido. Alla fine il Visconti divenne signore di Parma solo dopo averla acquistata dagli Este per 60.000 fiorini d'oro; estese così le proprie pretese di dominio anche su Guastalla, la città tenuta dal C., un nodo strategico per la difesa dei suoi territori al di qua e al di là del Po. Valore quasi puramente simbolico poteva avere, in quello stesso 1347, il fatto che l'imperatore Carlo IV di Lussemburgo revocasse la sentenza di fellonia lanciata dal suo predecessore Enrico VII contro i Correggio e che, di conseguenza, reintegrasse nei loro possedimenti il C., il fratello Azzo e lo zio Giovanni, passato dopo la prigionia dalla parte dei Visconti. L'effettivo dominio su questi centri della pianura reggiana restava subordinato al placet dei Visconti che pare lo abbiano concesso solo nel 1354. Ad ogni modo il castello di Guardasone, nel Parmigiano, rimase per ben poco tempo nelle loro mani, riconquistato negli ultimi mesi del 1354 da Azzo il Vecchio, il quale, appena caduto in disgrazia presso gli Scaligeri, aveva trovato rifugio a Bologna dove Giovanni da Oleggio si era ribellato ai Visconti di Milano dopo la morte dell'arcivescovo Giovanni.
Azzo il Vecchio ebbe poi una parte di rilievo nella guerra della lega antiviscontea sorta nel 1356, fino a che, nell'autunno del 1357, si riconciliò con Bernabò Visconti anche grazie alla mediazione di Francesco Petrarca. L'avvicinamento di Azzo il Vecchio ai Visconti significò anche la sua piena reintegrazione nei possedimenti del Correggio con l'esclusione del C., il quale nel 1358 cercava di entrare in buone relazioni con gli Este ed era presente alla pace che essi in quell'anno stipularono con suo suocero, Galeazzo Pio da Carpi.
Intanto Bernabò Visconti, dopo il disastro di San Ruffillo in cui era morto circa un migliaio di suoi soldati (1361), pensò di consolidare la propria posizione in Emilia in vista di una futura e sempre più difficile conquista di Bologna. Per questo mandò i suoi uomini ad occupare il castello di Correggio. Ma il C., che non intendeva cedere a questa ulteriore prepotenza, chiese aiuto ai Mantovani e riuscì a catturare gli ignari cavalieri inviati da Milano. Ad ogni modo, nonostante questo inutile successo, il C. non poté contrastare le mire di Bernabò per molto tempo: di lì a poco dovette accettare, assieme con gli altri signori della pianura reggiana e modenese, la sua alleanza. Nella battaglia di Solara (1363) tra Bernabò e Feltrino Gonzaga, capitano della lega antiviscontea, il C., il figlio Pietro e lo zio Giovanni caddero prigionieri del Gonzaga. Meno di un anno più tardi Bernabò rinunciò alle sue pretese su Bologna; i prigionieri furono così liberati e il C. poté inviare un suo procuratore alle trattative di pace della primavera del 1364.
Da allora egli ed il fratello Azzo rimasero, pare, fedeli a Bernabò Visconti. Tra il giugno e il luglio del 1368 Azzo il Giovane - lo zio omonimo era morto da alcuni anni - si trovava alla difesa di Borgoforte per conto dei Visconti contro l'avanzata dell'esercito imperiale di Carlo IV di Lussemburgo; i Correggio ebbero così modo di partecipare agli accordi di pace del mese seguente, quando ottennero la conferma dei loro possedimenti nel Reggiano. Nel 1369, poi, essi, quando l'imperatore comprese i centri di San Biagio e di Fasano nella concessione dell'investitura di San Martino in Rio - a pochi chilometri da Correggio - alla famiglia reggiana dei Roberti, fecero ricorso ed ottennero che i due centri restassero loro soggetti come in precedenza.
Il C. ed Azzo tennero ancora queste terre per diversi mesi, con l'appoggio, questa volta, degli Estensi e della lega antiviscontea. Infatti nella tregua di Bologna del 1370, stipulata dopo l'inutile tentativo di Bernabò di occupare Reggio, essi sono ricordati come alleati del marchese di Ferrara.
Quando, infine, Bernabò riuscì a strappare Reggio a Feltrino Gonzaga e cominciò a percorrere con le sue soldatesche le campagne di Correggio senza tuttavia riuscire ad impadronirsene, Guido da Correggio, figlio di Azzo il giovane, si pose al suo servizio ed ottenne in cambio il possesso di tutti i beni in territorio visconteo già di suo padre e del C. (3 dic. 1371). Per questo Niccolò d'Este, non fidandosi più di Azzo il Giovane, lo rinchiuse in prigione. Intanto Guido nell'estate del 1372, dopo la vittoria di Bernabò nella vicina Rubiera, si impadronì della città e del castello di Correggio, fece prigionieri i figli del C. e li restituì all'Este in cambio del proprio padre Azzo.
Il C., dunque, venticinque anni dopo la cacciata da Parma assieme con il padre, dovette abbandonare anche i propri possedimenti. Accettò quindi ben volentieri, nel dicembre del 1372, l'offerta della Repubblica di Venezia, in guerra contro Padova, di entrare al suo servizio con gli uomini a lui rimasti fedeli. Solo con l'aiuto dei potenti poteva sperare di rientrare in possesso delle sue terre.
Nei primi mesi del 1373 il C. fu nominato capitano generale di Terraferma al posto del senese Rinieri Guasco, che vi aveva rinunciato per disaccordi con i provveditori della Repubblica di Venezia. Pare che egli avesse assunto l'effettivo comando dei soldati di Terraferma solo nella seconda metà di aprile, quando giunse a Venezia e ottenne, il 25 di quel mese, giorno di s. Marco, l'investitura ufficiale. Gli inizi del suo capitanato non furono felici. I Veneziani stavano ancora lavorando alla difesa di territori appena strappati ai Padovani lungo il Brenta, quando furono assaliti da questi e dagli Ungheresi loro alleati. Il C., subito accorso, non fu in grado di ricacciarli e i nemici riuscirono a portare via come prigionieri molti cavalieri veneziani (14 maggio 1373).
Il C. allora tentò di impadronirsi con l'inganno della bastia di Rosinvalle, nel territorio di Piove di Sacco, ma gli uomini con cui aveva preso contatto furono scoperti e giustiziati. Finalmente, dopo che era giunto in soccorso dei Veneziani un contingente di arcieri turchi (25 giugno 1373), il C. si accordò con il provveditore veneto Pietro da Fontana per marciare su Padova con gran parte dell'esercito veneziano attraverso i terreni paludosi della zona di Piove di Sacco, in quel periodo dell'anno sufficientemente asciutti da permettere il passaggio degli uomini. Per facilitare la spedizione il C. fece costruire e fortificare in mezzo alle paludi la bastia di Bonconforto. Francesco da Carrara e i suoi alleati compresero quanto fosse pericoloso il consolidamento dei Veneziani in quella zona, perciò il 1°luglio 1373 assalirono subito l'esercito del Correggio. Ma questi, fatto esperto dalla sconfitta di maggio, era pronto ad accoglierli in qualsiasi momento con un piano che prevedeva l'azione coordinata dei cavalieri e dei fanti veneti da una parte, e degli arcieri turchi e dei balestrieri dall'altra, in modo da disorientare gli assalitori. Per questo, secondo il cronista Andrea Gatari, i Padovani "per disordine, più presto che per forza, andarono rotti et messi in fuga" (A. Gatari, Cronaca Carrarese, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XVII, 2, a cura di A. Medin-G. Tolomei, p. 155). Lo stesso Francesco da Carrara si salvò a stento, ma alcuni suoi comandanti, tra i quali i parmigiani Bonifacio e Antonio Lupi ed il voivoda Stefano, nipote del re d'Ungheria, furono fatti prigionieri con molti loro cavalieri.
Il terreno paludoso e l'aria insalubre cominciarono, però, a mietere numerose vittime tra gli uomini al servizio della Serenissima. La malaria colpì anche il C., forse già ammalato prima della battaglia; il 7 luglio egli fu trasportato a Venezia, dove morì dieci giorni più tardi (17 luglio 1373).
Con testamento del 12 ott. 1368 aveva lasciato eredi dei suoi beni gli otto figli, i quali continuarono, come il padre, a combattere al servizio di vari signori, dell'una e dell'altra parte. Poterono infine tornare in possesso delle terre e dei castelli già del loro padre solo nel 1389, quando Galasso Visconti consentì che fosse nominato un arbitro per risolvere la lite tra i figli di Azzo il Giovane e del C. per il dominio su Correggio e sui centri vicini. La sentenza fu favorevole a questi ultimi che poterono rientrare in Correggio dopo circa vent'anni di esilio.
Fonti e Bibl.: D. Chinazzo, Cronaca della guerra di Chioza, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XV, Mediolani 1729, coll. 203, 706; Additamentum primum ad Chronica Cortusiorum, ibid., XII, ibid. 1728, col. 967; Annales Mediolanenses, ibid., XVI, ibid. 1730, coll. 744, 746; Sagacius et Petrus de Gazata, Chronicon Regiense, ibid., XVIII, ibid. 1731, coll. 59-63, 81; A. de Redusiis, Chronicon Tarvisinum, ibid., XIX, ibid. 1731, coll. 747 ss.; Raphayini de Caresinis Chronica, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XII, 2, a cura di E. Pastorello, pp. 25 s.; Iohannis de Bazano Chronicon Mutinense (1188-1363), ibid., XV, 4, a cura di T. Casini, p. 179; G. e B. Gatari, Cronaca Carrarese, ibid., XVII, 2, a cura di A. Medin-G. Tolomei, ad Indicem; Corpus chronicorum Bononiensium ibid., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, 11, pp. 154-158, 269; M. Villani, Cronica, a cura di F. Gherardi Dragomanni, Firenze 1846, II, pp. 357 s.; F. Sansovino, Croniche della casa e città di Correggio, a cura di Q. Bulbarini, in Antichità correggesche, Correggio 1881, pp. 127 s.; L. Zuccardi, Compendio delle croniche di Correggio e delli suoi signori, a cura di Q. Bulbarini, ibid., pp. 32 s.; I. Affò, Istoria della città e ducato di Guastalla, I, Guastalla 1785, pp. 263-374; G. B. Verci, Storia della Marca Trivigiana e Veronese, XIV, Venezia 1786, pp. 186-219; G. Tiraboschi, Mem. stor. modenesi, V, Modena 1795, pp. 49-53; Id., Dizionario topografico-storico degli Stati estense, II, Modena 1825, p. 350; I. Affò-A. Pezzana, Storia della città di parma, I, Parma 1837, pp. 73 s., 86, 97-100; A. Mossina, Cronologia dei signori di Guastalla, in Arch. stor. per le provv. Parmensi, III (1865), p. 77; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sott, Milano, in Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. 415, 477; P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Correggio, tav. II.