GIAPPONE (XVII, p.1; App. I, p. 668)
Delimitazione ed estensione (XVII, p.1). - La disfatta nella seconda Guerra mondiale ha fatto perdere al Giappone il suo impero con Formosa, la Corea e la Manciuria (ritornata sotto la sovranità della Cina), la parte meridionale dell'isola di Sachalin e le isole Curili restituite alla Russia, le isole Ryū-Kyūdi cui non è ancora stata stabilita la destinazione, le isole Caroline, Marianne, Marshall, che sono ora sotto amministrazione fiduciaria degli Stati Uniti (v. sotto). Con ciò il Giappone si è ridotto al territorio dell'arcipelago nipponico propriamente detto con le quattro grandi isole di Kyōshō, Shikoku, Hondo (o Honshū) e Hokkaidū (o Yezo) e circa quattrocento isolotti minori, tra lo stretto di La Pérouse a nord e quello di Togara a sud. La sua superficie è ora di 382.253 kmq.
Popolazione (XVII, p. 16; App. I, p. 668). - Secondo gli ultimi dati ufficiali, anteriori al conflitto mondiale, la popolazione dell'Impero giapponese ascendeva nel 1937 a 100.855.804, di cui 71.252.800 appartenenti al Giappone propriamente detto e 29.602.604 ai possedimenti in Asia Orientale e nelle isole del Pacifico.
Come caratteristiche demografiche, è tuttora notevole la eccedenza dei maschi sulle femmine e la tendenza all'aumento dei matrimonî, mentre diminuiscono i divorzî e le morti, e rimane elevato l'accrescimento naturale, ciò che denota un aspetto della sanità fisica e morale della popolazione. Inoltre risultava, nel 1937, una popolazione urbana di 25.946.700 e una rurale di 46.276.000 nella misura rispettiva del 36% e del 64%, distribuite variamente sul territorio, con prevalenza dei centri di importanza demografica media.
Tra i centri superiori a 100.000 abitanti, nel 1935 si registravano cinque città principali: Tōkyō: 5.875.667 ab. (1.196.876 famiglie); Ōsaka: 2.989.874 (630.434 fam.); Nagoya: 1.082.816 (219.739 fam.); Kyōto: 1.080.593 (224.662 fam.); Kōbe: 912.179 (198.018 fam.); Yokohama: 704.290 (148.580 fam.).
Un ulteriore censimento del 1940, di cui tuttavia conosciamo solo i risultati generali, dava per il Giappone propriamente detto una popolazione di 73 milioni e 114.308 ab. (36.566.000 maschi e 36.548.000 femmine) con una densità di 191,1 ab. per kmq. È evidente che l'incremento rimaneva ancora notevole (12% annuo, in media, nel periodo 1937-40). Le città principali avevano nel 1940: Tōkyō, 6.778.804 ab.; Ōsaka, 3.252.340; Nagoya, 1.328.084 ab.; Kyōto,1.089.726 ab.; Yokohama, 968.091 ab.; Kōbe, 967.234 ab.
Ma l'incremento demografico ha continuato anche, nonostante i vuoti prodotti dalla guerra, nel corso di questa e dopo. La popolazione si calcolava da stime ufficiali alla fine del 1945 in 77.875.800 abitanti e riel 1947 in 78.025.000 con un aumento di circa 6 milioni rispetto al 1937. Il fatto si spiega tenendo presente il rimpatrio di milioni di soldati e civili dai varî territorî del perduto impero e da quelli occupati in Cina e nelle isole del Pacifico. Ma Tōkyō si riduceva nel 1945 a 3.271.000. Nel 1947 le nascite in tutto il Giappone hanno segnato il 34,7‰, con un incremento rispetto all'anteguerra, e le morti il 14,7‰.
Agricoltura e allevamento (XVII, p. 20). - Le terre coltivate in Giappone equivalevano nel 1938 a 6 milioni e 41.111 ettari (15,8% della superficie totale) ed occupavano oltre 14 milioni di individui su 29 milioni di popolazione attiva, nutrendo l'80-90% di tutti gli abitanti e fornendo un gran numero di prodotti, che sono la base della ricchezza industriale del paese. La coltivazione è estesamente frazionata in piccoli appezzamenti, che vanno da 1 a 4 ettari. Il lavoro non è sempre meccanizzato, ma in compenso è coadiuvato da un'ampia rete d'irrigazione. L'attività agricola principale rimane la risicoltura; notevoli sono inoltre le produzioni delle patate, del grano, del tè.
Lo sviluppo di tali colture ha proceduto in modo soddisfacente anche negli anni di guerra, tanto è vero che ad es. quella del riso è stata nel 1945 di 6.300.000 t.; corrispondente ai 2/3 del raccolto dell'anteguerra e nel 1946 di 9.002.000, ciò che ha permesso di diminuire le importazioni e accrescere del 20% la razione ufficiale del 1945, valutata in 1400 calorie per individuo. Il raccolto del frumento è stato nel 1947, di 10.966.000 q., quello del tabacco di 597.890 q., quello del tè di 249.380 q. La riforma agraria dell'11 ottobre 1947 è stata una realizzazione notevole, che promette un effettivo progresso rurale. Essa dispone la concessione ai contadini di appezzamenti di terre, in genere di 4 ettari circa, con facilitazioni di pagamento per mezzo del credito agrario, e larga assistenza tecnica con lo sviluppo delle cooperative dei coltivatori. Si prevede che di tale provvidenza beneficierà l'80% della popolazione rurale e che ben 2 milioni di contadini diverranno piccoli proprietarî.
Fino al 1938 la sericoltura ha conservato la sua grande importanza. In quest'anno impiegava quasi 2 milioni di famiglie e dava una produzione di bozzoli primaverili e autunnali di 322 milioni di kg., corrispondenti ad un valore superiore ai 419 milioni ai yen.
Ma con la guerra quest'allevamento ha perduto il suo primato, anche per la riduzione delle superfici coltivate a gelso, causata dall'estensione delle colture cerealicole. In favore della sericoltura, tuttavia, è stato predisposto un piano quinquennale, in base al quale la superficie totale di 183.000 ha., piantata a gelsi nel 1947, dovrà aumentare sino a 270.000 ha. nel 1951, passando la produzione dei bozzoli da 77 milioni di kg. a 138 milioni, corrispondente a circa un terzo dell'anteguerra.
È notevolmente aumentato, in confronto al 1930, il numero dei bovini (2 milioni e 86.000 nel 1947) e viceversa lievemente diminuito quello degli equini (alla stessa data, 1.254.000). Nel 1937 gli ovini erano 89.815, i caprini 293.302 e i suini 1.109.739.
Foreste (XVII, p. 23). - Continuano ad essere una cospicua fonte di ricchezza per il Giappone, ricoprendo nel 1937 quasi 21 milioni di ha. (54,5% della superf. totale), con un aumento di estensione rispetto al 1930, per i rimboschimenti operati, e una produzione di legname di circa 136 milioni di yen, di cui oltre 26 milioni per il pino e l'abete.
Pesca (XVII, p. 23). - Nel periodo 1938-42 il Giappone era alla testa della produzione mondiale con 3.622.000 t. nel 1942 (circa il 28% della produzione mondiale). In migliaia di yen il valore della pesca si aggirava intorno a 220.000 per il pesce fresco e le alghe, e a 215.000 per il pesce conservato. Dopo la grande depressione degli anni 1942-45, la pesca ha ripreso nel 1946, con 330 mila t. di prodotti. Alla fine del 1947 la flotta peschereccia contava 16.411 unità in acciaio-legno anche di oltre 5 t., con un tonnellaggio complessivo di 419.342.
Risorse minerarie e industrie (XVII, p. 23). - Nel 1935 venivano date le seguenti cifre, relativamente alle estrazioni: oro, 18.321 kg.; argento, 256.004 kg.; rame, 70.913 t.; zinco, 34.191 t.; carbone, 37.762.491 t.; relativamente alle lavorazioni: ghisa, 413.507 t.; acciaio, 3.976.075 t. Dopo la guerra, al Giappone è stata imposta una capacità massima di produzione di 2 milioni di t. di ferro e di 3,5 di acciaio, il che comporta anche una minor produzione di carbone. Nel 1946, infatti, si estrassero 20,35 milioni di t. di carbone e 180.000 t. di ferro e sono state lavorate 552.000 t. di acciaio.
Tra le attività industriali, prima della guerra il primo posto rimaneva alla filatura, che nel 1936 registrava 7130 fabbriche e 350.000 operai e una produzione valutata a più di 1.741.638.000 di yen, di cui oltre mezzo miliardo per filati di seta. Notevoli erano anche le imprese della seta artificiale, quelle tessili ed elettriche, che nel 1936 si calcolavano a 9867, di cui 9099 fornitrici di energia elettrica.
Demolite per intero e notevolmente danneggiate dai bombardamenti, le industrie si trovavano in piena rovina nel settembre 1945. Ora continuano a soffrire di un'acuta depressione anche per la deficienza di carbone, per l'insufficienza dei trasporti e dei capitali, per la forte inflazione e l'incertezza degli imprenditori di fronte al problema delle riparazioni e della critica situazione nazionale. Così l'indice globale della produzione industriale segna un progresso assai tenue passando, dal gennaio 1946 al gennaio 1947, da 15,8 a 30,4 con i maggiori incrementi da 46,1 a 77,3 per il carbone, da 43,1 a 112,5 per il ferro, da 10,3 a 21,7 per i metalli, da 6,4 a 18 per i tessili, ecc. Contribuiscono a ritardarla anche divergenze di vedute fra Stati Uniti, interessati a una rapida ripresa economica giapponese, e Australia, che cerca di procrastinarla, per il timore che il Giappone riconquisti subito le antiche posizioni economiche nel Pacifico sud-occidentale, ch'essa considera propria zona d'influenza.
Prendendo in esame le principali produzioni ottenute, notiamo anzitutto che ogni sforzo è stato impiegato per attivare la estrazione del carbone, che da oltre 4 milioni di t. al mese nel 1944 era discesa a 500.000 nel novembre del 1945, risalendo a 2 milioni nel gennaio 1947. Il gen. D. Mac Arthur aveva suggerito la nazionalizzazione delle miniere, ma, dinanzi alla forte opposizione degli ambienti interessati, ha ritirato il progetto.
Dql 1943 al 1946 la produzione dei minerali di ferro è precipitata da 225.000 t. a 46.000, della ghisa da 332.000 a 15.000. L'industria dei tessili ha subìto danni oltremodo gravi anche perché il governo giapponese ne utilizzò in larga misura i macchinarî per mettere a disposizione delle industrie belliche maggiore materiale di ferro possibile. Cosicché la produzione dei filati di cotone (che aveva 12 milioni e 278 mila fusi e 254 mila telai nel 1940) nel periodo 1943-46 si è contratta da 9400 a 4900 t. e quella delle fibre tessili artificiali, nella quale il Giappone aveva conquistato una posizione di primo piano (96,5 milioni di t. di rayon e 176 mila di altre fibre nel 1938), si era ridotta a 315.000 t. nel 1942. Quella della seta grezza da 34 milioni di kg. nel 1939 si è depressa a 2 milioni nel 1946, elevandosi a 9 milioni nel 1947. Le filande erano ridotte nel 1946 a 268 e le bacinelle da 535.000 a 42.670. Nulla si sa sulle costruzioni navali e sull'industria meccanica, anch'esse fiorentissime prima della guerra e che a causa di questa dovevano aver sicuramente ricevuto un forte impulso.
Commercio (XVII, p. 28; App. I, p. 668). - In continuo incremento, nel 1938 raggiunse 2690 milioni di yen per le esportazioni e 2663 milioni per le importazioni, con i traffici più intensi con i paesi dell'Asia, gli Stati Uniti, l'Inghilterra, ecc.
Nei primi anni di guerra il traffico internazionale si elevò ulteriormente (in milioni di yen, per il 1939: esportazione 3.564,3 e importazione 2.905,3; per il 1940: esportazione 3.972,4 e importazione 3.809,0) per raggiungere dopo il 1940 i 4 milioni a causa delle intensificate correnti con l'URSS, la Germania e i territorî occupati durante gli anni di guerra; cadde poi nel 1945 a cifre irrilevanti. Nel 1946 aveva raggiunto 120 milioni di dollari per le esportazioni, 300 milioni per le importazioni, comprendenti in massima parte gli invii americani di prodotti alimentari, vestiario, ecc., cioè più del 30% del fabbisogno del paese. Un programma già in atto del comando alleato intende attivare il commercio estero specie per l'esportazione di seta e di perle verso gli Stati Uniti.
Comunicazioni (XVII, p. 26; App. I, p. 668). - Hanno segnato un progressivo sviluppo negli ultimi anni prebellici: le ferrovie con 3515 stazioni nel 1937 e linee varie per 18.422 km.
Naturalmente le distruzioni prodotte dalle operazioni belliche sono notevoli. Si prevede comunque il ripristino della rete ferroviaria all'efficienza prebellica per il 1948.
Le reti telegrafiche presentavano nel 1938 una lunghezza di 33.361 km.; i cavi sotterranei e subacquei misuravano 16.062 km. e le reti telefoniche aeree 61.258 km. Per le comunicazioni telefoniche e radiotelegrafiche i lavori hanno richiesto già nel 1946 una spesa di 1 bilione di yen e l'impiego di 400.000 operai, mentre si sta provvedendo alla riattivazione dei servizi internazionali delle poste e delle radiotrasmissioni.
La marina mercantile è uscita assai diminuita dalla guerra ed è oggi ridotta a solo 1 milione circa di t. (nel 1939 era di oltre 5,6 milioni ed occupava il terzo posto nel mondo dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna). La marina mercantile raggiungerà nel 1951 il milione e mezzo di tonnellaggio stabilito dalle nazioni alleate.
Finanze (XVII, p. 33; App. I, p. 670). - La situazione economica del Giappone presenta attualmente caratteri di grande debolezza. La seconda Guerra mondiale ha gravemente danneggiato le sue industrie; il commercio di esportazione dei manufatti è fortemente ridotto; la marina mercantile, che contribuiva ampiamente nell'anteguerra, con i servizî resi all'estero, a coprire il deficit commerciale ha oggi una consistenza minima; questo complesso di fattori ha gravemente compromesso l'equilibrio della bilancia dei pagamenti e il Giappone ha potuto sopravvivere soltanto grazie agli aiuti americani che si stima siano ammontati, durante i primi due anni di occupazione, a circa 600 milioni di dollari. Nello stesso tempo, dal punto di vista finanziario interno, lo sforzo sostenuto dal paese durante la guerra e l'onere sensibilissimo delle spese di occupazione hanno condotto, da un lato, a crescenti disavanzi del bilancio statale che sono stati coperti in misura notevole con il ricorso all'Istituto di emissione, e hanno reso, dall'altro, assai difficile lo sforzo di ricostruzione interna. Di qui una situazione monetaria estremamente tesa e caratterizzata da un accentuato processo inflazionistico. Durante il decennio 1938-48, il bilancio dello stato è variato come segue:
L'onere per le spese di occupazione, che è ammontato per l'esercizio 1947-48 a circa 55 miliardi di yen, si prevede raggiungerà nell'esercizio 1948-49 i 93 miliardi. Il debito pubblico ammontava a fine febbraio 1948 a 258 miliardi di yen di cui 881 milioni di debito verso l'estero.
La situazione di squilibrio del bilancio dello stato si è riflessa sulla circolazione monetaria, che ha registrato un'espansione crescente a partire dal 1937. In quell'anno la circolazione di biglietti della Banca del Giappone ammontava a 2305 milioni di yen, quella di stato a 481 milioni; alla fine del 1944, per effetto della guerra, esse erano salite rispettivamente a 17.745 e a 1194 milioni di yen. Subito dopo la fine della guerra il movimento ascendente registrò un'improvvisa accentuazione: alla fine del 1945 la circolazione bancaria era salita a 55.440 milioni, quella di stato a 1217.
Per arrestare il processo inflazionistico si procedette nel marzo 1946 al cambio della moneta. A ogni presentatore dei vecchi biglietti furono concessi soltanto 100 yen nuovi; il resto fu versato in conti bloccati speciali in cui si versarono anche salarî e redditi, da cui si potevano prelevare soltanto somme limitate ogni mese; i depositi bancarî esistenti vennero anche bloccati e per effetto di queste misure la circolazione si contrasse da 54.342 milioni nel febbraio a 23.322 nel marzo. Nell'agosto successivo tutti i depositi furono divisi in due categorie, i conti n. 1 e quelli n. 2. I primi, disponibili solo limitatamente, furono accreditati di somme variabili da 15.000 a 32.000 yen, secondo la composizione delle famiglie, e per non più di 15.000 yen per le imprese commerciali. Le altre somme versate vennero iscritte nei conti n. 2 dichiarati indisponibili. Il risparmio di nuova formazione veniva versato in depositi interamente liberi. Ma l'emissione di biglietti, ha continuato con ritmo sempre crescente. A fine febbraio 1948 la circolazione bancaria ammontava a 215.319 milioni e quella di stato a 1704 milioni; alla stessa data il credito della Banca del Giappone verso lo stato ammontava a circa 179 miliardi di yen. A fine febbraio 1948 i depositi liberi (conti nuovi) presso tutte le banche ammontavano a 169 miliardi di yen, quelli n. 1 a 35 e quelli n. 2 a 14 miliardi; nel luglio 1948 è stato ordinato lo sblocco dei depositi n. 1 e n. 2.
Il controllo delle autorità di occupazione sull'Istituto di emissione viene esercitato generalmente a posteriori.
Fino al 1° settembre 1947 il commercio con l'estero, che si svolge sotto il controllo del Comando supremo alleato, era monopolio esclusivo di organi statali; da quell'epoca sono state ammesse, in misura peraltro assai limitata, talune operazioni private. Il Ministero del commercio giapponese è l'organo attraverso il quale vengono effettuate tutte le operazioni finanziarie tra importatori ed esportatori giapponesi e stati o commercianti esteri.
Nel 1938 il dollaro S. U. era quotato a 2,97 yen; dalla fine della guerra non esiste più un cambio unico, né ufficiale, né libero. Tuttavia attualmente è in vigore il cambio fissato dal comando alleato (270 yen per dollaro, dal luglio 1948); esso viene usato esclusivamente per il calcolo degli stipendî delle truppe di occupazione, di talune spese del Comando stesso e di certe rimesse finanziarie di natura assistenziale; non si applica invece ad alcuna operazione commerciale. Per le operazioni commerciali con l'estero viene invece usato un sistema di cambî multipli, diversi per ciascuna categoria di merci all'importazione e all'esportazione; tali cambî, fissati anche essi per via ufficiale, vengono determinati in base al rapporto tra prezzi mondiali in dollari e prezzi interni giapponesi di ciascuna merce; per le importazioni i prezzi interni usati per il calcolo sono quelli ufficiali. Si ha così una serie di cambî che variano per le esportazioni tra 40 e 300 yen e per le importazioni tra 45 e 200 yen per dollaro S. U.
Il sistema bancario giapponese comprende attualmente, oltre la Banca del Giappone, otto banche speciali, sessantadue banche ordinarie, cinque casse di risparmio e una serie di altri istituti, banche popolari, ecc. in gran parte collegati con le banche principali.
Non essendo stato ancora firmato il trattato di pace, il problema delle riparazioni rimane ancora insoluto.
Storia (XVII, p. 33; App. I, p. 671).
Il Giappone nella seconda Guerra mondiale. - Sin dall'inizio del conflitto con la Cina (v. cino-giapponese, guerra, Appendice I, p. 433 e in questa Appendice) i Giapponesi attribuivano gran parte delle difficoltà incontrate, nel tentativo di venire a capo della tenace resistenza avversaria, all'assistenza materiale e diplomatica che i Cinesi ricevevano dalle potenze anglo-americane, le quali miravano a contenere l'espansione nipponica in Estremo Oriente. In questo contrasto maturavano i germi del futuro conflitto con dette potenze.
Il 22 dicembre 1938 il primo ministro nipponico, principe Konoye, aveva fatto un'importante dichiarazione, con la quale invitava la Cina ad accordarsi col Giappone, insistendo nella richiesta di adesione al patto anticomintern e di collaborazione alla costruzione di un "Ordine nuovo" in Asia orientale. Il rifiuto della Cina determinava un'intensificazione delle operazioni offensive delle forze armate del Mikado, le quali, profittando della crisi europea, avevano buon gioco nella loro azione di penetrazione. Mentre in un primo tempo le correnti nipponiche favorevoli a stringere maggiori legami con le potenze dell'Asse, in vista di una più attiva politica di espansione, erano state bilanciate da quelle fautrici di un'intesa colle potenze anglosassoni, dopo lo scoppio del conflitto in Europa, l'equilibrio si era spostato a beneficio dei circoli bellicisti. Questi, profittando del collasso della Francia, avevano ottenuto il consenso del governo di Vichy all'occupazione d'importanti basi strategiche in Indocina. Tali misure determinavano viva apprensione negli Stati Uniti che, fin dal 26 luglio 1939, avevano provveduto alla denuncia del trattato di commercio e di navigazione del 21 febbraio 1911. Ma ormai nell'Impero del Sol Levante le forze belliciste s'avviavano a prendere il sopravvento, e il 27 settembre 1940 veniva sottoscritto a Berlino il Tripartito italo-nippo-tedesco. Sembra che il capo del governo, principe Konoye, ed il sovrano fossero contrarî a tale passo, ma dovettero piegare dinanzi alla pressione dei circoli militari nella speranza di riuscire a controllare ulteriormente la situazione. Tuttavia appariva difficile potere arrestare le forze in movimento giacché ogni azione provocava una reazione nel campo avverso atta ad accrescere la tensione. Così i metodi terroristici adottati dai Nipponici in Cina, ove le stesse proprietà americane vennero duramente danneggiate, originarono proteste sempre più energiche del governo di Washington, che, dietro la pressione dell'opinione pubblica, adottava nuove sanzioni economiche contro il Giappone, consistenti soprattutto nel congelamento degli averi giapponesi (luglio 1941) e nell'embargo sulle loro importazioni (petrolio, 26 luglio 1940; acciaio, 10 ottobre 1940; gomma, maggio 1941). Per parare il grave colpo che riduceva fortemente le sue capacità di resistenza, il Giappone chiese (14 febbraio 1941) d'iniziare trattative. Ma gli Stati Uniti ponevano quali condizioni preliminari l'adesione del Giappone ai seguenti principî di massima: integrità territoriale e rispetto della sovranità d'ogni nazione, uguaglianza commerciale e mantenimento dello status quo nel Pacifico da modificarsi solo con mezzi pacifici. Implicitamente Washington chiedeva così lo sgombero della Cina e l'abbandono della politica d'espansione nell'Estremo Oriente. Dopo discussioni durate parecchi mesi, nessuna intesa era stata raggiunta, nonostante gli sforzi di Washington e di notevoli gruppi politici e industriali nipponici guidati dal principe Konoye. L'avvento al potere del gen. Tōjō (18 ottobre 1941) doveva segnare la sconfitta definitiva dei circoli antibellicisti. Mentre ancora duravano le trattative, non solo il Giappone intensificava i proprî preparativi militari, ma fissava la data dell'attacco. Il 23 novembre 1941 la flotta lasciava segretamente le sue basi per assalire le Hawaii. Da quel momento il meccanismo di guerra era già inesorabilmente messo in moto, né l'estremo appello di Roosevelt all'imperatore avrebbe potuto arrestarlo, tanto più che nell'ultima fase del negoziato il Dipartimento di stato si era andato sempre più irrigidendo sulle sue posizioni di principio ed aveva finito col prendere posizione negativa di fronte al progetto di un modus vivendi temporaneo ispirato al desiderio di assicurare alle forze armate americane un più largo periodo di tempo per la loro preparazione.
I Giapponesi erano consci della loro inferiorità industriale, ma speravano di compensarla con le nuove posizioni strategiche, col migliore grado di preparazione militare, col vantaggio dell'iniziativa unita alla rapidità dell'azione. Sicuri del patto tripartito avevano conseguito inoltre speciali garanzie nel Pacifico per una maggiore libertà di azione mediante i trattati: di amicizia e collaborazione con il governo di Nanchino (30 novembre 1940), di neutralità con la URSS (13 aprile 1941), di occupazione dell'Indocina col governo di Vichy (6 maggio 1941) e di penetrazione economica con la Tailandia (1° agosto 1941).
Il messaggio del 29 novembre 1941, indirizzato dal primo ministro Tōjō alla nazione e agli alleati di Nanchino e del Man-chou-kwo, suonò come diana di guerra, riaffermando gl'interessi vitali del Giappone e la necessità di liberare l'Asia da ogni ingerenza britannica e americana, nonché dalla minaccia del comunismo. E il 7 dicembre le forze aeronavali nipponiche operarono di sorpresa l'attacco a Pearl Harbor, gettandosi troppo fiduciose in una guerra vasta e dura che doveva condurre alla perdita dell'impero.
Si distinguono di essa (v. guerra mondiale; pacifico, in questa App.) due periodi. Il primo (7 dicembre 1941-15 agosto 1943) è caratterizzato dalla aggressività delle forze giapponesi che, di fronte alla insufficiente reazione avversaria, si lanciano a raggiera per il dominio dei più lontani spazî del Pacifico, impossessandosi, nei primi sei mesi, dei più importanti arcipelaghi e territorî asiatici dalle Filippine alla Nuova Guinea, dalle Ellice alla Birmania. I Giapponesi consolidano le conquiste fatte, organizzando tutti i popoli asiatici sottomessi nel piano politico ed economico della "grande Asia Orientale" sotto le supreme direttive del governo di Tōkyō. Ma, mentre si sta preparando tale organizzazione, le armate alleate, riavutesi dalla sorpresa iniziale ed equipaggiate da una produzione bellica in continua ascesa, iniziano la riconquista del dominio del Pacifico, cioè il secondo periodo della guerra (15 agosto 1943-1° settembre 1945) che è contraddistinto dalla progressiva superiorità bellica delle Nazioni Unite, mediante l'ammasso di crescenti formidabili mezzi distruttivi e ardite azioni strategiche, riuscendo a capovolgere interamente la situazione, ricacciando gradatamente i Giapponesi dalle principali posizioni occupate, assalendoli nello stesso territorio metropolitano e costringendoli alla capitolazione.
Il 26 luglio 1945 il presidente Truman, il primo ministro Churchill, d'intesa con Ch'ang Kai-shek, da Potsdam, invitano il Giappone alla resa, che il primo ministro ammiraglio Kantarō Suzuki rifiuta. Ma dinanzi ai disastri provocati dalle due prime bombe atomiche (6 e 8 agosto) e alla dichiarazione di guerra dell'URSS (8 agosto), che si affrettò ad invadere la Manciuria, la Corea e la parte meridionale di Sachalin, il governo di Tōkyō, tramite la Legazione svizzera, annuncia il 1° agosto alle potenze alleate di accettare la capitolazione incondizionata, che viene sottoscritta il 1° settembre dal ministro Mamoru Shigemitsu in nome dell'imperatore e del popolo giapponese.
In base a detta capitolazione, alla dichiarazione di Potsdam ed al programma di occupazione (6 settembre), il Giappone dovette sgomberare i territorî ancora occupati in Cina, Malesia, Birmania, Tailandia, Indocina francese, Indie Olandesi e nel Borneo, nonché quelli precedentemente incorporati nell'impero giapponese o assunti in amministrazione fiduciaria: Manciuria, Corea, Kwantung, Sachalin, Formosa, isole Ryū-Kyū, Sprattley, Marshall, Caroline e Marianne.
Secondo informazioni ufficiali del governo giapponese, le perdite nipponiche sino al settembre 1945, sono state: 241.309 morti, 313.041 feriti, 8.045.094 vittime civili e di guerra (morti, feriti e senza tetto); 2.444.316 fabbricati distrutti e incendiati, di cui 110.928 solo parzialmente. Rase in gran parte al suolo una quarantina di città con più di 100.000 abitanti e altrettante città con la rovina del 30% della loro superficie fabbricata, tra le quali Tōkyō; estese e gravissime distruzioni degli impianti industriali, dei trasporti, delle comunicazioni e delle installazioni commerciali; perdita di 18 importanti unità navali.
Il Giappone dopo la guerra. - Regime di occupazione. - In conformità alla dichiarazione quadripartita di Potsdam, alle condizioni di resa ed al piano del governo americano del 6 settembre, il gen. Douglas Mac Arthur, procedette con le sue truppe all'occupazione completa di tutte le isole giapponesi.
I primi provvedimenti del comando americano furono: il riconoscimento di un nuovo governo giapponese con a capo il principe Naruhiko Higashi Kumi, congiunto dell'imperatore, che sembrava offrire maggiori garanzie per il regolare compimento delle operazioni; il consenso alla libertà di stampa; la totale smilitarizzazione del Giappone mediante la soppressione dello stato maggiore, della coscrizione, dell'insegnamento militare e di tutte le leggi e istituzioni in materia; la concessione di una larga amnistia; la liberazione dei prigionieri di guerra; l'inizio del processo (poi chiuso, con molte condanne, anche capitali, nel novembre 1948) contro qualche centinaio di capi politici e militari tradotti in giudizio dinanzi al Tribunale internazionale di Tōkyō quali criminali di guerra. Tra gli accusati figuravano il generale Hideki Tōjō, primo ministro al tempo dell'attacco a Pearl Harbor, il generale Yamashita che occupò Singapore, il principe Fuminaro Konoye, che si suicidò prima dell'arresto, l'ambasciatore a Berlino Oshima, il ministro degli Esteri Togo, ecc.
Tra le provvidenze immediate di carattere umanitario, si annoverano i soccorsi di generi di prima necessità, che il comando alleato ha continuato a fornire alle popolazioni bisognose, e la speciale assistenza prestata in occasione del terremoto del 31 dicembre 1946 a Shikakua, che provocò gravi distruzioni in un'area di 60.000 miglia quadrate, con migliaia di morti, feriti e senza tetto.
Nel dicembre la Conferenza di Mosca nominava una Commissione orientale per il Giappone, con sede a Washington, composta di tutti i rappresentanti delle potenze alleate, con l'incarico di vigilare sull'osservanza delle clausole della resa. Quale organo esecutivo veniva istituito a Tōkyō un comitato di controllo militare e civile, che cominciò a prendere varie misure in tutti gli ordini della vita giapponese: in quello statutario, economico-finanziario, sociale e culturale, in modo da eliminare ogni traccia formale di feudalismo, di privilegi di casta e di oligarchia militare e burocratica, promuovendo nel paese un profondo rinnovamento in tutta la sua struttura per inserirlo in seguito nel pacifico consorzio delle libere nazioni.
Costituzione. - La nuova costituzione, che sostituisce quella del 1899, è stata approvata il 24 agosto 1946 dalla Camera dei rappresentanti e quindi, il 7 ottobre, da quella dei consiglieri, ed è così entrata in vigore il 7 maggio 1947. La costituzione si ispira massimamente agli ordinamenti anglosassoni e francesi, e trasforma formalmente il Giappone in una democrazia rappresentativa parlamentare.
Composta di 95 articoli contiene un preambolo con una dichiarazione di principî, tra cui: la proclamazione della sovranità del popolo, con la cessazione delle prerogative divine dell'imperatore, che rimane semplicemente simbolo dello stato e della sua unità; la rinuncia solenne alla guerra; l'affermazione delle libertà inviolabili dell'uomo e del cittadino: di parola, di stampa, di associazione, di religione; l'uguaglianza di tutti i culti dinanzi alla legge, ecc. La sovranità è esercitata dai tre poteri: il legislativo è stabilito col sistema bicamerale, costituito dalla Dieta o parlamento, cioè la Camera dei rappresentanti in numero di 466, eletta a suffragio universale esteso anche alle donne, e la Camera dei consiglieri, che ha sostituito la Camera dei pari. Il potere esecutivo è responsabile dinanzi alla Dieta. Il giudiziario è indipendente dall'esecutivo, con la istituzione di una Corte suprema di giustizia.
Le prime elezioni generali si svolsero nella primavera del 1946, e in esse si affermarono cinque principali partiti: democratico, progressivo, socialista, comunista e liberale, che ebbe la maggioranza dei suffragi. Le seconde elezioni politiche hanno avuto luogo il 25 aprile 1947: in esse hanno prevalso i socialisti guidati dal primo ministro Tetsu Katayama.
In armonia con la radicale riforma costituzionale è stato provveduto anche alla decentralizzazione del governo ed alla democratizzazione degli enti autonomi locali. Né è mancata la revisione dei codici civile e penale e di altre leggi fondamentali secondo i principî più democratici.
Politica economica e sociale. - Il comando alleato si è ispirato nella sua azione alle direttive fissate dall'art. 11 della Dichiarazione di Potsdam e dalla parte 4a del programma d'occupazione, in base alle quali la sua opera ha inteso promuovere ed assicurare:
a) la trasformazione di tutte le industrie belliche giapponesi e di ogni altra forma di attività diretta ad alimentare forze militari, in quelle di pace, con la riduzione della marina mercantile in corrispondenza alle sole esigenze del traffico commerciale;
b) la restaurazione di una sana economia e la radicale riforma di tutte le istituzioni economiche al fine immediato di spingere al massimo la produzione dei beni più urgenti, cioè gli alimenti, il vestiario, gli alloggi, ecc.;
c) la restituzione ai legittimi proprietarî di tutti i beni ad essi sottratti nel corso delle operazioni belliche;
d) la fornitura dei prodotti e dei servizî occorrenti alle forze di occupazione, nonché la corresponsione di riparazioni evitando, per quanto possibile, di compromettere la ripresa economica del paese e il mantenimento di un tenore minimo di vita civile per il popolo giapponese;
e) l'interdizione di ogni commercio estero, salvo autorizzazione del comando alleato;
f) il riassetto di tutte le attività economiche, finanziarie e sociali, mediante la soppressione dei monopolî (Zaibatsu) con legge del luglio 1947; l'eliminazione di ogni precedente controllo sull'industria ed il commercio, l'introduzione di importanti riforme nel settore agrario, bancario, fiscale, specie in quello dell'organizzazione e protezione del lavoro allo scopo di garantire una più equa distribuzione dei capitali e dei redditi.
L'aggravarsi della tensione tra Mosca e Washington, unita al progressivo indebolimento delle posizioni in Cina, sembrano indurre gli Stati Uniti a riconsiderare gran parte del loro primitivo programma d'azione a Tōkyō fino ad accelerare su più larghe basi la ricostruzione del Giappone ed assegnargli un ruolo politico, economico e militare sempre più importante.
Politica sociale. - La legge 21 dicembre 1945 sui sindacati operai, promossa anch'essa dal governo di occupazione, riconosce per la prima volta in Giappone i principali diritti del lavoro, d'organizzazione, di sciopero, ecc. Al 30 novembre 1947 i sindacati operai di ogni categoria raggiungevano già il numero di 26.420 con 5.993.613 aderenti e avevano costituito una federazione nazionale strettamente legata al partito socialdemocratico, la quale ha cominciato a tenere congressi, a decidere scioperi per l'aumento dei salarî, per il controllo sulle fabbriche e per altre rivendicazioni. Tra le riforme sociali, si annoverano la legge dell'ottobre 1946 sull'assistenza agli indigenti e quella dell'aprile del 1947 per le assicurazioni sugli infortunî del lavoro prendendo esempio dai più progrediti sistemi moderni.
Istruzione. - Anche in questo settore il governo alleato ha promosso sin dall'inizio importanti riforme dei programmi e degli istituti per fare sparire ogni impronta di nazionalismo e di totalitarismo. Le direttive del nuovo ordinamento sono contenute nella legge 25 marzo 1947. Nel maggio dello stesso anno le scuole elementari e secondarie riaperte ascendevano a 49.596 con 558.640 insegnanti e 17.682.938 scolari.
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