GIAPIDI o Iapodi (Iapy̆des, Iapŏdes)
Popolazione illirica affine ai Iapigi dell'Italia meridionale, che risentì fortemente l'influenza celtica. Nell'età storica abitarono sui pendii dei monti Albii, estendendosi dai confini dell'Istria sino al bacino dell'Una nella Bosnia e toccando il mare sulle coste del Carnaro. Erano divisi in varie tribù, ognuna delle quali faceva capo a una città. Di queste le più importanti erano Vendone, Arupio, Monezio e Metulo. Vendone e Arupio giacevano sulla via che da Senia menava a Siscia, a 18 e a 28 miglia da Senia.
Nel 171 a. C. il console C. Cassio Longino, tornando dalla Macedonia, ne depredò il territorio. Sempronio Tuditano trionfò di essi nel 129 a. C., ma sembra che la vittoria avesse effetto durevole solo sulle tribù della costa. Combatté contro i Giapidi anche C. Cosconio nel 78-77 a. C. Nel 56 a. C., fra Romani e Giapidi sussisteva alleanza, ma i Giapidi transalpini conservavano la loro indipendenza. Insieme con altre popolazioni alpine assalirono Aquileia, depredarono Trieste (nel 52 a. C.) e costituirono un pericolo continuo per i Romani finché non furono debellati nel 35 a. C. da Ottaviano che distrusse la loro città principale, Metulo. Attribuiti alla provincia di Dalmazia, i Giapidi formarono insieme con i Liburni il conventus di Scardona. Durante l'insurrezione dalmato-pannonica del 6-9 d. C. furono soggetti a un comandante militare, ma poi, almeno sino a Vespasiano, furono governati da prepositi e prefetti indigeni, che talvolta si dicono anche principes.
Gli autori antichi ne mettono in rilievo la ferocia, la robustezza, la slealtà e le misere condizioni di vita. Una loro divinità nazionale era il dio Bindo, identificato poi con Nettuno, che aveva il santuario presso una sorgente non lungi dall'Una. Nel territorio giapidico furono scavati i sepolcreti di Jezerane e Ribić nella Bosnia, S. Michele di Aidussina e Torrenova nella Venezia Giulia. I tre primi diedero oggetti della civiltà illirica e celtica; l'ultimo soltanto oggetti illirici.
Bibl.: C. Patsch, in Wissenschaftliche Mittheilungen aus Bosnien und der Herzegovina, VI (1899), p. 154 segg.; VII (1900), p. 33 segg.; id., Die Lika in römischer Zeit, Vienna 1900, p. 27 segg.; G. Veith, Die Feldzüge des C. Iulius Caesar Octavianus in Illyrien, Vienna 1914; U. Kahrstedt, in Nachrichten von der Gesellschaft der Wissenschaften zu Göttingen, phil.-hist. Kl., 1927, p. 7 segg.; A. Degrassi, in Archeografo triestino, s. 3ª, XV (1929-1930), p. 260 segg. Sugli oggetti preistorici raccolti negli scavi: Hoernes, in Mittheilungen der anthropol. Gesellschaft di Vienna, XVIII (1888), p. 217 segg.: Radimský, in Wissenschaftl. Mittheil. aus Bosnien, ecc., III (1895), p. 39 segg.; Ćurčić, ibid., VII (1900), p. 3 segg.; R. Battaglia, in Bullettino di paletnologia ital., XLVII (1927), p. 93 segg. Le iscrizioni romane, in Corpus Inscript. Lat., III, pp. 384, 1639, 2328 170_172.