CAPORALI, Giapeco (Iacopo)
Figlio di Segnolo, nacque forse a Perugia probabilmente nel secondo quarto del sec. XV. Fratello di Bartolomeo, il suo nome era nella matricola dei miniatori perugini trascritta da A. Mariotti, che iniziava con il 1461, e figurava tra i componenti dell'arte risiedenti in Porta Eburnea. Nel 1471 è ricordato a proposito della dote della moglie Maddalena (Rossi). Nel 1472 e 1473 lavorava per i monaci di S. Pietro miniando corali insieme con Pierantonio di Giacomo di Pozzuolo e altri artisti, e sempre nel 1473 miniò un messale scritto da Matteo tedesco per la Confraternita di S. Francesco (perduto). Nel 1474 era priore, e durante la permanenza in carica eseguì una miniatura, con la I negli Annali decemvirali, ogginell'Archivio di Stato di Perugia (ms. 108). Per tale lavoro non pretese alcun compenso, come egli stesso annotò in margine al foglio: "Non guardare a tal lavoro / che Giapeco del Caporale magnifico priore / el fe et non è costo denaio al notaro loro". Nel 1476 venne pagato per lavori eseguiti per il monastero di S. Pietro (Manari). Pare che morisse a Perugia nel 1478 ancora in giovane età (Gnoli).
Smarrito il grande corale K che venne rubato dal monastero di S. Pietro prima della mostra di arte umbra del 1907, restano quali opere certe del C. le miniature dell'antifonario segnato M, ancora a S. Pietro, e la sopraccennata iniziale del 1474. Nel primo lavoro, che consta di una grande pagina con ampia cornice a volute di fogliami su fondo oro ed un S. Pietro su sfondo architettonico e paesistico, nonché di alcuni capilettera, la parte decorativa, che pure ricorda l'arte di Gerolamo da Cremona e Liberale di Verona, li riconnette anche ad esempi fiorentini, in particolar modo a Filippo di Matteo Torelli e Francesco d'Antonio del Chierico (Caleca). Secondo il Ragghianti (in Caleca) grande importanza avrebbero avuto per l'arte del C. l'esempio di Gherardo e Monte di Giovanni. Nella parte figurata la sua cultura è più strettamente legata ad autori locali, al Bonfigli, al Boccati, nonché alle formule gozzolesche mediate attraverso il fratello Bartolomeo.
Sulla base di tali riferimenti stilistici si possono attribuire al C. parti miniate di altri due codici: le cornici e i fregi, insomma il lavoro più strettamente decorativo, del messale scritto dal copista tedesco Enrico Haring per il convento francescano di Montone nel 1469 (già nella coll. Olschki, oggi Gerli di Villagaeta a Milano), ove la grande Crocefissione è opera prevalente di Bartolomeo (Salmi, 1933; Perrot, con bibl. prec.), e l'ideazione generale del messale n. 10 della Biblioteca capitolare del duomo di Perugia. Qui, specialmente nel grande foglio a c. 7r, la cornice grande a racemi con i putti che giocano ed i due elaborati capilettera ci richiamano subito le forme caratteristiche dell'antifonario di S. Pietro, seppure in modi leggermente più agili e disinvolti. Da ciò una datazione che può ragionevolmente spostarsi verso gli ultimi anni di attività dell'artista. Invece il S. Stefano nel medaglione, con i putti circostanti, sembra piuttosto appartenere alla mano di Bartolomeo (Caleca). Sono di collaboratori gran parte dei capilettera di questo codice, come pure quello del ms n. 23 della stessa Biblioteca, di inferiore qualità.
In altro libro appare evidente l'opera del C., nel messale M. 472 della Morgan Library di New York, proveniente con tutta probabilità dal convento di S. Agostino di Perugia, e posteriore al 1473. In questo codice spettano al C. la grande, elaborata miniatura a c. 7v, ove tra girali ed animali simbolici (la cavalletta ed il pellicano) è un capolettera in cui è rappresentato David in colloquio con Dio. Altri capilettera appaiono di fattura più debole ed appartengono, almeno in parte, alla bottega. Quanto alla miniatura a c. 131r, solo la cornice con i putti in basso reggenti lo stemma di s. Nicola da Tolentino può essere assegnata al Caporali. La Crocefissione, attribuita a Bartolomeo (Harrsen), deve invece riferirsi, come già scrisse il Salmi, alla cerchia di Fiorenzo di Lorenzo, e forse al fratello di questo, Bernardino di Lorenzo.
La figura del C., sulla scorta delle miniature ora citate, disposte nel periodo 1469-78, resta abbastanza modesta. Nelle cose conosciute egli appare un miniatore esuberante ma non molto armonioso: il suo colore è ricco ma anche dissonante. Per quel che riguarda la parte figurata, in quanto si può distinguere da Bartolomeo, appare poco originale, ricalcando in maniera abbastanza pedissequa lo stile del fratello.
Fonti e Bibl.: Perugia, Archivio della Basilica di S. Pietro: M. Bini, Memorie storiche del Monastero di S. Pietro, ms. (1848), p. III, p. 221; Ibid., Bibl. Augusta, ms. 1928: A. Mariotti, Spoglio delle matricole del Collegio delle Arti a Perugia (1786), I, pp. 234 ss.; A. Rossi, in Giornaledi erudiz. artist., II (18 63), pp. 208 ss.; L. Manari, Docc. e note ai cenni storico artistici della basilica di S. Pietro, in Apologetico, IV (1865), pp. 249-252; O. Piscicelli Taeggi, Leminiature dei codici cassinesi..., s. 2, XIII-XV, I coralidella basilica di S. Pietro in Perugia, Montecassino 1887, passim; A. Serafini, Ricerche sulla miniatura umbra. Iminiatori umbri prima di P. Perugino, in L'Arte, XV (1912), pp. 105-108; U. Gnoli, Pittori e miniat. dell'Umbria, Spoleto 1923, ad vocem; M. Salmi, B. Caporali a Firenze, in Riv. d'arte, XV (1933), p. 272; E. Perrot, Un messale umbro del '400, in La Bibliofilia, XXXVI (1934), pp. 173-184; M. Harrsen - G. H. Boyce, Ital.Mss. in the P.P.Morgan Libr., New York 1953, p. 42 [75]; G. Muzzioli, Catalogodella Mostra storica nazionale della miniatura, Firenze 1954, nn. 673, 674, 67s, 677; M. Salmi, La miniatura ital., Milano 1956, p. 57; F. Gualdi, Contributi alla miniatura umbradel Rinascimento, in Commentari, XVIII(1967), pp. 304-309; A. Caleca, Miniature in Umbria,La Biblioteca capit. di Perugia, Pisa 1969, p. 107-111; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 546 (s.v. Caporali, Giacomo).