RESTA, Gianvito
RESTA, Gianvito. – Nacque a Taranto il 7 maggio 1921 da Domenico, ferroviere, e da Letizia Mazzarino.
Conseguito il diploma magistrale nella città natale, nel 1937 per motivi di lavoro del padre si trasferì a Messina iscrivendosi alla facoltà di magistero. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, ancora studente, fu richiamato nel 1940 per la campagna in Montenegro e in Grecia; fatto prigioniero dai Tedeschi dopo l’8 settembre e deportato in Polonia, riuscì a fuggire e a raggiungere la famiglia sfollata a Potenza Picena. Alla fine della guerra rientrò a Messina e si laureò nel 1945 in letteratura italiana con Michele Catalano, discutendo una tesi sul classicismo di Leopardi.
Iniziò subito la carriera universitaria, nominato già dal marzo del 1945 assistente dal primo maestro, da cui assorbì la parte migliore dell’eredità della scuola storica e quel saldo ancoraggio all’indagine erudita su cui fece leva poi sempre l’evoluzione futura del suo metodo. Il 7 maggio 1949 sposò Amelia Giampietro, professoressa di filosofia nelle scuole superiori, da cui ebbe due figlie, Maria Letizia (1950) e Caterina (1953): alla memoria della moglie, morta nel 1967, restò fedele per tutta la vita.
Durante il ventennio di assistentato alla cattedra di letteratura italiana dell’Università di Messina (1945-66; dal 1955 a fianco di Giorgio Petrocchi, con cui stabilì un fecondo dialogo scientifico) sviluppò la sua ricerca in contatto con la scuola storico-filologica nazionale e in sinergia con studiosi di avanguardia come Giuseppe Billanovich, Vittore Branca, Eugenio Garin, Claudio Leonardi, Scevola Mariotti, Guido Martellotti, Alessandro Perosa. Le ricerche di prima mano nell’area inesplorata dei manoscritti segnarono la maturazione del suo metodo nel grande solco novecentesco della sintesi di filologia e storia, nell’eredità della filologia storica di Giorgio Pasquali. In questi anni Resta fu tra gli italianisti che, sollecitati dal decisivo esempio di Branca e Billanovich, si volsero agli studi sulla letteratura mediolatina e contribuirono alla fondazione di un nuovo dominio disciplinare, la filologia medievale e umanistica, con condivisione dei metodi della filologia classica, ma apertura al rinnovamento della filologia moderna e all’orizzonte largo dell’italianistica.
L’esordio scientifico di Resta investì subito il doppio binario della letteratura italiana – con studi su Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni e la monografia Pascoli a Messina (Messina 1955) – e della filologia umanistica, nell’area degli epistolari, additata da pionieri come Sabbadini e Novati, e della tradizione dei classici, nella prospettiva di Billanovich, sul «nuovo fronte delle traduzioni umanistiche» con cui iniziava la collaborazione tra i due studiosi, come ricorda lo stesso Resta (Per Giuseppe Billanovich, in Aevum, LXXXII (2008), pp. 894 s.). Gli studi fondanti sugli epistolari di Panormita e Torquato Tasso fecero scuola.
La monografia L’epistolario del Panormita. Studi per una edizione critica (Messina 1954), densa di scoperte, rimane il suo libro più famoso, grazie all’innovativa considerazione storico-culturale della vastissima tradizione manoscritta e del valore testimoniale dell’epistolario per la civiltà umanistica. Base di molte altre ricerche, costituì un laboratorio sempre aperto a nuove acquisizioni, che ancora nel 1990 inauguravano la rivista Studi umanistici (I, pp. 7 s.) da lui fondata. Il volume Studi sulle lettere del Tasso (Firenze 1957), con i saggi su lettere inedite accolti in riviste di primo piano (Convivium, XXV (1957), pp. 77-82; La Rassegna della letteratura italiana, LXII (1958), pp. 48-54), riordinava l’intricata vicenda delle redazioni manoscritte e a stampa dimostrando inaffidabile e interpolata l’edizione Guasti e prospettando una nuova edizione critica, e apriva la strada agli studi sullo scrittoio poetico tassiano (Lettere italiane, IX (1957), pp. 357-370).
Nel 1954 la rivista Rinascimento, appena rinnovata da Garin, pubblicava lo studio filologico sui carmi latini di Giovanni Marrasio che fu alla base dell’edizione critica (Marrasii Angelinetum et carmina varia) stampata nel 1976 presso il Centro di studi filologici e linguistici siciliani di Palermo nella Serie mediolatina e umanistica diretta dallo stesso Resta. Nel 1959 la rivista Italia medioevale e umanistica, fondata da Billanovich nel 1958, accoglieva lo studio innovativo su Antonio Cassarino e le sue traduzioni da Plutarco e Platone (n. 2, pp. 207-283), avviando la collaborazione con la casa editrice Antenore, nelle cui collane uscivano poco dopo le monografie Le epitomi di Plutarco nel Quattrocento (Padova 1962), fondamentale per la ricezione umanistica di Plutarco («chiunque si occupi degli studi greci durante il Quattrocento non ne potrà fare a meno»: R. Weiss, rec., in Lettere italiane, XIV (1962), pp. 487 s.), e Giorgio Valagussa umanista del Quattrocento (Padova 1964), che ne ricostruiva la biografia recuperando l’opera inedita poetica ed epistolare.
A quest’altezza il filologo apriva il suo laboratorio anche alla cronachistica e alla storiografia: restaurava il testo di importanti cronache normanne (Per il testo di Malaterra e di altre cronache meridionali, Reggio Calabria 1964) rivendicandone il valore documentario e letterario; nel 1968 recuperava il perduto Liber rerum gestarum Ferdinandi regis di Panormita, affidando alla corposa Introduzione la prima interpretazione moderna della storiografia meridionale, che superava la riduttiva sistemazione di Eduard Fueter, restando un «saldo punto di partenza per una nuova attenzione critica per la storiografia umanistica» (M. Miglio, L’interesse per la storia di un italianista, in Gianvito Resta studioso e maestro, 2013, pp. 129-135): da qui scaturì poi il primo convegno su La storiografia umanistica, organizzato da Resta nel 1987. Furono anni decisivi per la fondazione del suo metodo con studi d’avanguardia: la poesia neolatina e la storia medievale al vaglio della filologia; tradizione e traduzione dei classici antichi al vaglio dei testimoni recentiores, con approfondimento della metodica filologica varata da Giorgio Pasquali.
Grazie a questi studi, nel 1958 conseguì la libera docenza in letteratura umanistica e insegnò all’Università di Messina filologia medievale e umanistica (1958-65), bibliografia e biblioteconomia (1953-58), letteratura italiana (1961-69). Nel 1964 vinse il secondo concorso nazionale di filologia medievale e umanistica e fu chiamato a coprire da ordinario questo insegnamento; dal 1969 tenne la cattedra di letteratura italiana e la presidenza della facoltà di lettere e filosofia a Messina fino al 1996.
Nella produzione della maturità fortificò la connessione tra materia filologico-erudita e storia letteraria, privilegiando gli ambiti dei cosiddetti minori per colmare i coni d’ombra della letteratura italiana e ricostruire importanti filoni della cultura umanistico-rinascimentale. Negli anni Sessanta-Ottanta si distende la serie dei profili di letterati e di voci per l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana (Dizionario biografico degli Italiani, Enciclopedia dantesca, Enciclopedia virgiliana). Le ricostruzioni storico-culturali, basate anche su inediti, investirono la cultura siciliana dell’età normanna (1973 e 1980); la stampa in Sicilia nel Cinquecento (1992); la cultura umanistica milanese (1983); il modello narrativo umanistico-rinascimentale (1985); l’Umanesimo greco, con studi basilari sulla tradizione di classici quali Apollonio Rodio (Apollonio Rodio e gli umanisti, Roma 1980), Mosco (1971), Plutarco (L. Bruni, P. Miani e l’inedita lettera di dedica della plutarchiana Vita Pauli Aemilii, Roma 1997), e sullo scrittoio di grecisti come Basinio e Filelfo (1986); la ricezione di decisivi classici latini, come Plauto (1987) e Seneca, per il cui bimillenario curò, dirigendo una vasta équipe di specialisti, l’inventariazione della tradizione dell’intero «corpus, volgarizzato, commentato, postillato, imitato e discusso», per ricostruirne la storia nell’Europa medievale e moderna (Seneca. Una vicenda testuale, Firenze 2004).
I suoi studi italianistici toccano tutto l’arco della letteratura da Dante al Novecento: dalle indagini sulla fortuna tre-quattrocentesca di Dante (1967 e 1975) agli studi sull’autografo verghiano dei Malavoglia (1999). La recensio dell’epistolario di Giovanni Verga, in vista di un’edizione commentata, fu poi allargata alla corrispondenza di Luigi Capuana e Federico De Roberto, cui lavorò intensamente, dedicando lunghe cure filologiche anche alle redazioni plurime dei Viceré, nell’ambito delle relative Edizioni nazionali, di cui fu presidente e alle quali lasciò i suoi materiali di lavoro rimasti inediti. Lo studio sulla poesia bucolica di Giovanni Boccaccio rimase punto di riferimento per la definizione del Codice bucolico boccacciano (1975) grazie alla sinergia del vaglio critico sulla ricezione dei bucolici antichi e sulla nuova pastorale umanistica. Gli studi tassiani si estesero all’esordio del Tasso epico (1997) e maturarono con l’assiduo lavoro per l’Edizione nazionale (presso cui depositò i corposi materiali per l’edizione critica dell’epistolario interrotta dalla morte) e per le celebrazioni dei centenari di Tasso e Luigi Pirandello (di cui fu presidente), con l’organizzazione di vari convegni tra il 1996 e il 2002 e significativi apporti negli Atti.
Filologo militante, più orientato alla prassi sperimentale e induttiva, fu poco incline alle teorizzazioni e diffidente delle grandi sintesi e sistemazioni. Tuttavia, dalla sua densa esperienza di redazioni plurime scaturirono innovative riflessioni di metodo sulle problematiche ecdotiche dei carteggi e sull’ultima volontà dell’autore, in particolare con lo studio Per l’edizione dei carteggi degli scrittori (in Metodologia ecdotica dei carteggi, Firenze 1989), che privilegiava la fisionomia e l’ordinamento storico della redazione primigenia delle lettere sull’ultima raccolta canonica, e con il saggio Sulla violenza testuale (in Filologia e critica, XI (1986), pp. 3-22), che approfondiva la categoria delle Correzioni d’autore coatte evidenziata già da Luigi Firpo nel 1961, con l’escussione di un’istruttiva casistica in rapporto alle varie forme di censura e condizionamento esterno, configurando come falsa l’ultima volontà dell’autore se coatta e infliggendo un duro colpo a questo tradizionale baluardo della filologia d’autore. In tale contesto di riflessioni metodologiche maturava l’importante ricostruzione della storia degli studi filologici novecenteschi (La filologia umanistica, in La filologia testuale e le scienze umane, Roma 1994) e delineava i profili dei suoi maestri e «compagni di lavoro».
L’Accademia dei Lincei lo nominò nel 2001 socio nazionale per la classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Morì a Messina il 30 gennaio 2011.
Ebbe un’intensa attività di politica culturale, con incarichi ufficiali presso i ministeri dell’Università e della Ricerca, dei Beni culturali (fu membro del consiglio nazionale, vicepresidente della commissione Indici e cataloghi, nonché membro dei comitati fondativi dell’Istituto centrale per il catalogo unico, e del Centro nazionale per lo studio del manoscritto), e presso la Regione Sicilia. Sviluppò il sistema universitario del Meridione, fondando all’Università di Messina la Biblioteca unificata della facoltà di lettere, il Centro di studi umanistici e il primo dottorato di ricerca dedicato alla letteratura umanistica; operando nei comitati di fondazione della facoltà di architettura di Reggio Calabria e dell’Università della Calabria (Cosenza), che nel 2003 gli conferì la laurea honoris causa in lettere.
Fu presidente o membro di ventuno Edizioni nazionali dell’area umanistico-rinascimentale e italianistica; nel 2003 realizzò la sua ultima vasta impresa ecdotica, Il ritorno dei classici nell’Umanesimo, articolata in quattro Edizioni nazionali (Commenti; Volgarizzamenti; Traduzioni; Storiografia). Fu membro di Accademie italiane e straniere e di vari istituti culturali, presidente di Roma nel Rinascimento e direttore della rivista omonima, fondatore e direttore della rivista Studi umanistici, condirettore della rivista Res publica litterarum e della collana Medioevo e Umanesimo di Antenore, nonché direttore di Italia medioevale e umanistica dopo la morte di Billanovich.
Per l’attività di politica culturale nazionale e per i meriti scientifici fu insignito nel 2001 della medaglia d’oro del presidente della Repubblica ai benemeriti della Scuola, della cultura e dell’arte. La sua ricca biblioteca fu donata, per suo desiderio, dalle figlie alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ov’è stata depositata copia di tutte le sue pubblicazioni.
Opere. La bibliografia completa delle opere di Resta (1946-2010) è stata censita e riordinata, insieme con l’elenco delle 692 tesi di laurea da lui assegnate fra il 1954 e il 1991 all’Università di Messina, in G. Albanese - C. Resta, Bibliografia di G. R. studioso e maestro, negli Atti del convegno a lui dedicato dall’Accademia dei Lincei (G. R. studioso e maestro… 2012, Roma 2013, pp. 137-195), in cui possono leggersi anche pubblicazioni postume (due relazioni su Branca pronunciate ai Lincei nel 2003 e nel 2006, pp. 197-212). A questa Bibliografia si rimanda per le pubblicazioni cui si fa riferimento in forma sintetica.
Fonti e Bibl.: La biografia intellettuale di Resta è ricostruibile da vari contributi: un suo profilo è pubblicato in A. Asor Rosa, Dizionario della letteratura italiana del Novecento, Torino 1992, s.v.; un bilancio dei suoi studi umanistici si legge in Per G. R. (1921-2011), Atti della giornata di studi, Roma… 2011, a cura di C. Bianca, in Roma nel Rinascimento, 2011 (in partic. G. Albanese, L’umanesimo di G. R.: filologia e storia; C. Bianca, G. R. nella storia degli studi umanistici); un profilo completo del maestro e dell’accademico linceo è in C. Delcorno, Commemorazione di G. R., in Atti della Accademia nazionale dei Lincei, Rendiconti, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 9, XXIII (2012), pp. 189-198, e in G. R. studioso e maestro…, cit.; all’ultimo progetto è dedicato il volume Il Ritorno dei classici nell’Umanesimo. Studi in memoria di G. R., a cura di G. Albanese et al., Firenze 2015, ma si veda altresì G. R. studioso e maestro…, cit., pp. 73-104. Si vedano anche i profili a lui dedicati nelle miscellanee promosse per celebrare la conclusione della sua carriera accademica dalla facoltà di lettere e filosofia di Messina (Monumenta Humanitatis. Studi in onore di G. R., Messina 2000), e da tutta l’Italianistica nazionale a «testimonianza di un consenso trasversale [...] unanime, nel quale si esprime il riconoscimento e l’apprezzamento di un ruolo culturalmente e civilmente rilevante svolto, da sempre, da Gianvito Resta» (Studi di filologia e letteratura italiana in onore di G. R., a cura di V. Masiello, Roma 2000, p. VII).