FREGOSO (Campofregoso), Giano
(Campofregoso), Primo di questo nome, figlio di Bartolomeo e di Caterina di Antonio Ordelaffi, signore di Forlì, nacque presumibilmente a Genova intorno al 1405.
La sua educazione toccò diversi campi: la politica e le armi per tradizione familiare, le lettere grazie ai numerosi umanisti che frequentavano la casa dei Fregoso e il commercio. Come per gran parte degli uomini politici genovesi dei secoli XIV e XV, infatti, i primi anni di attività furono rivolti ai traffici commerciali e all'amministrazione degli interessi familiari in Oriente.
In seguito passò a esercitare il comando militare per conto dello zio Tommaso - doge di Genova per la seconda volta dall'aprile 1436 - e nel 1436-37 comandò una spedizione contro Filippo Maria Visconti, duca di Milano, e il suo alleato Barnaba Adorno riuscendo a conquistare il castello di Voltaggio, di cui fu nominato podestà, e a sconfiggere un contingente milanese presso Gavi. Nel 1438, dopo aver domato un tentativo di rivolta guidato da Giovanni Antonio Fieschi, venne nominato governatore di Corsica.
Le fonti, corse e quindi antigenovesi, danno un giudizio decisamente negativo del comportamento del F. nell'isola, accusandolo di avarizia e di ruberie; tale giudizio tuttavia non va certamente attribuito a una personale politica del F., ma più in generale all'esosità del governo genovese sulla Corsica e al conseguente perenne stato di ostilità, che spesso sfociava in guerriglia.
Nello stesso anno, con alcune galee armate, prese parte alla lotta di Renato d'Angiò, alleato di Genova, contro Alfonso V d'Aragona, ottenendo in cambio l'investitura a conte di Traetto (ora Minturno). Ben presto, tuttavia, la sua flotta venne licenziata per mancanza di denaro e il F. ne approfittò per intraprendere azioni di disturbo contro gli interessi dei Visconti.
Nel 1442 cercò di intervenire in soccorso del doge Tommaso Fregoso, ma al suo arrivo a Genova dovette prendere atto dell'avvenuta deposizione e dell'elezione di Raffaele Adorno e ritornò in Corsica per evitare l'imprigionamento. La madrepatria però aveva nel frattempo nominato due nuovi governatori, Antonio e Nicolò Montaldo, e il F. fu costretto a ritirarsi nei suoi possedimenti isolani per difendersi dalle ostilità dei feudatari locali e dalle spedizioni organizzate dai nuovi rappresentanti della Repubblica. Con Giovanni Montaldo, succeduto ai due precedenti governatori, il F. giunse a un accordo per la spartizione dell'isola in due aree, sotto la diretta influenza di Genova la prima e sotto il comando proprio e di alcuni signorotti a lui fedeli la seconda; l'accordo fu tuttavia di breve durata e con l'imprigionamento di suo fratello Ludovico, le ostilità furono riprese e portarono alla resa del F. dopo due anni di guerriglia.
Abbandonata la Corsica, il F. si stabilì nel dominio di famiglia di Sarzana dove, consigliato dall'anziano zio Tommaso, iniziò a complottare contro gli Adorno al potere. Nel 1446 si recò a Nizza per stringere un accordo con gli ambasciatori del re di Francia Carlo VII promettendo la sottomissione di Genova in cambio di aiuti militari o finanziari. Copertosi le spalle anche nei riguardi di Milano, con un trattato di pace firmato col Visconti nel 1444, e approfittando del malcontento genovese nei riguardi del doge Barnaba Adorno che si era alleato con il re d'Aragona, suo acerrimo nemico, il F. si introdusse a Genova la notte del 29 genn. 1447 e con un gruppo di armati prese d'assalto il palazzo ducale mettendo in fuga l'Adorno con un feroce combattimento. Il giorno dopo venne nominato doge per acclamazione popolare.
Appena conquistato il potere il F. si trovò a combattere contro nemici interni ed esterni: le famiglie rivali degli Adorno e dei Fieschi, l'ostilità dei Francesi per l'accordo non rispettato e la tradizionale inimicizia dell'Aragona e di Milano. In questo periodo, tuttavia, Carlo VII di Francia era impegnato nel riorganizzare il suo Regno dissanguato dalle guerre con l'Inghilterra, mentre a Milano con la morte di Filippo Maria Visconti si apriva una contesa per la successione. In tale situazione il F. concluse un'alleanza con Francesco Sforza contro Alfonso d'Aragona: egli, infatti, finanziò le pretese dello Sforza su Milano con 10.000 ducati e ne sposò la figlia naturale Drusiana. Inoltre regolò le questioni confinarie con lo Stato milanese concedendo una formale autonomia al Comune di Novi. Una vera e propria guerra fu, invece, condotta contro il marchese del Finale Galeotto Del Carretto che con continue incursioni depredava i territori genovesi. Resisi infruttuosi i diversi tentativi di accordo, anche matrimoniali, col marchese che non volle riconoscere la sovranità genovese sui suoi possedimenti, il F. inviò suo cugino Pietro (II) di Battista con un esercito di 8.000 uomini e due navi armate ottenendo una piena vittoria: la campagna militare, finanziata con la confisca delle rendite finalesi presso il Banco di S. Giorgio (operazione che rischiò di portare discredito alle attività del Banco), condusse alla conquista di Castelfranco e di Giustenice nel 1448 e proseguì anche dopo la morte di Giano con la completa conquista del marchesato. Sotto il suo governo la Repubblica di Genova fu anche in ottimi rapporti con la Chiesa, grazie all'amicizia del F. con papa Nicolò V, originario di Sarzana, e con il segretario apostolico, nonché celebre umanista, Flavio Biondo; di tali rapporti con il pontefice è testimone l'epistolario del F. conservato nella Biblioteca Vaticana (Vat. lat. 5221).
Nel corso del suo dogato, il 18 luglio 1448, il F. acquistò dallo zio Tommaso il feudo di Sarzana per 10.000 ducati; rafforzò le mura di Genova e ricostruì la fortezza di Castelletto distrutta nel 1436; si occupò inoltre dell'amministrazione delle colonie genovesi nel morente Impero bizantino concedendo sgravi fiscali per favorire la ripresa del commercio minacciato dall'avanzata turca. Nell'agosto 1447 il F. dovette fronteggiare una pericolosa congiura ideata da Giovanni Antonio Fieschi e appoggiata finanziariamente dal re di Francia che continuava a rivendicare i diritti su Genova secondo il trattato del 1446. La repressione fu immediata, il Fieschi venne giustiziato e altri sospettati, tra cui Niccolò e Battista Giustiniani accusati di complottare con Alfonso d'Aragona, presero la via dell'esilio.
Il F. morì il 16 dic. 1448 dopo tre mesi di grave malattia e nonostante l'intervento di medici famosi, tra cui il noto Guarnerio da Pavia, chiamati dalla madre Caterina Ordelaffi. I funerali si svolsero con grande fasto in cattedrale (l'orazione funebre letta dall'umanista Pietro Pierleoni è conservata presso la Biblioteca Vaticana) e fu seppellito in un monumento marmoreo nella chiesa di S. Francesco di Castelletto, oggi distrutta.
In generale i giudizi degli storici e degli annalisti sul governo del F. sono favorevoli: il Foglietta, il Giustiniani, l'Oldoini e anche il De Rossi, biografo degli Adorno, lo descrivono come un uomo di grande coraggio e mosso da amor di patria e desiderio di giustizia, anche se troppo dedito a favorire il proprio casato, difetto tuttavia comune tra i dogi genovesi.
Il F. aveva sposato tra il 1440 e il 1444 la nobildonna corsa Violante di Francesco di Brando, avendone quattro figli: Tommasino, signore di Sarzana, governatore di Corsica e ambasciatore, Leonarda, Battistina e Tommasina; si era poi unito in seconde nozze nel 1447, come abbiamo già ricordato, con Drusiana, figlia naturale di Francesco Sforza senza averne figli.
Fonti e Bibl.: Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 5336: P. Pierleoni, Oratio in funere Iani Campofregosi illustris Genuensis ducis, cc. 35-43v; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae, a cura di G. Soranzo, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXI, 2, pp. 191, 254, 265; G. Bracelli, Della guerra di Spagna…, a cura di F. Alizeri, Genova 1856, p. 257; G.A. Faie, Cronaca, a cura di I. Bicchierai, in Atti della Soc. ligure di storia patria, X (1876), p. 557; U. Foglietta, Historiae Genuensium, Genuae 1585, pp. 480-484; A.P. Filippini, La historia di Corsica, Turnon 1594, pp. 121 ss.; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1854, II, pp. 213, 376-380; M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1667, p. 292; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, p. 277; G.B. De Rossi, Istoria genealogica delle due nobilissime case Adorna e Botta, Firenze 1719, p. 142; N. Battilana, Geneal. delle fam. nob. di Genova, I, Genova 1825, s.v. Campofregoso; C. Varese, Storia della Repubblica Genovese dalla sua origine fino al 1814, Venezia 1840, III, p. 310; L.T. Belgrano, Studi e documenti sulla colonia genovese di Pera, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XIII (1877), pp. 209 ss.; C. Braggio, G. Bracelli e l'umanesimo dei Liguri al suo tempo, ibid., XXIII (1890), p. 26; A. Ferretto, Annali storici di Sestri Ponente e delle sue famiglie, ibid. XXIV (1904), p. 364; F. Poggi, Lerici e il suo castello, Sarzana 1907, II, pp. 282-286, 289; A. Pesce, Sulle relazioni tra la Repubblica di Genova e Filippo Maria Visconti, Torino 1921, pp. 147 ss., 156 s., 167 ss.; L. von Pastor, Storia dei papi, Roma 1925, I, pp. 331 s.; L. Levati, I dogi perpetui di Genova, Genova 1928, pp. 242, 244, 315-333; F. Sassi, Signorie liguri. I Campofregoso in Lunigiana, in Giornale stor. e letter. della Liguria, n.s., VI (1928), p. 12; A. Cappellini, Dizionario biografico dei Genovesi, Genova 1936, p. 76; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, Genova 1955, I, p. 159; G. Resta, Antonio Cassarino e le sue traduzioni da Plutarco e Platone, in Italia medioevale e umanistica, II (1959), p. 222; T.O. De Negri, Storia di Genova, Milano 1974, p. 560; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Fregoso, tav. II; Enc. Italiana, XVI, p. 54; Diz. biogr. degli Italiani, XXXVI, pp. 412-415.