CASTIGLIONI, Giannotto
Figlio di Niccolò, conte di Binago, e di Ippolita Negri, nacque, probabilmente a Milano, verso il 1532. Quasi nulla si sa della sua infanzia e della sua adolescenza: sembra che fosse stato educato in Spagna alla corte del principe Filippo e che, giovanissimo, fosse stato ricevuto nell'Ordine di S. Lazzaro.
Nel dicembre 1559 ascendeva al pontificato col nome di Pio IV il card. Giov. Angelo Medici, la cui famiglia era imparentata con i Castiglioni; poco dopo chiamò presso di sé il C., nominandolo cameriere segreto partecipante. Quattro anni più tardi, il 24 luglio 1564,gli conferì il gran magistero dell'Ordine di S. Lazzaro, secondo alcuni allo scopo di innalzarlo a una dignità che gli desse poi adito al cardinalato. Comunque, con la nomina del C., Pio IV non aveva soltanto inteso beneficare un parente, ma anche ridare vitalità e lustro ad un Ordine cavalleresco ormai decaduto.
Sorto a Gerusalemme all'epoca del primo regno latino come Ordine ospedaliero dedito alla cura dei lebbrosi, l'Ordine di S. Lazzaro si era successivamente assunto la difesa dei cristiani d'Oriente contro gli infedeli, trasformandosi così in Ordine militare. Con l'abbandono della Terrasanta, alla fine del sec. XIII, era iniziato il declino, sicché, alla metà del Cinquecento, l'istituzione vegetava in condizioni materiali e spirituali miserevoli. Pio IV, che sia dall'inizio del suo pontificato si era fatto promotore di un'energica politica antiturca, volle riportare l'Ordine alla primitiva grandezza onde meglio impiegarlo nella lotta contro gli infedeli.
Perciò la bolla di nomina conferiva al C. poteri straordinari in vista del risanamento morale ed economico dell'istituzione; meno di un anno più tardi, il 28 marzo 1565, il C. riusciva a ottenere dal papa un'altra bolla - per la spedizione della quale dovette sborsare l'ingente somma di 25.000 ducati - che confermava e ampliava i poteri concessi con la bolla precedente: in particolare, una serie di disposizioni estendeva la giurisdizione dell'Ordine su tutti i lebbrosari e su tutti i luoghi pii posti sotto l'invocazione di s. Lazzaro e consentiva il ricupero delle commende indebitamente incorporate ad altri Ordini o comunque conferite senza l'assenso del gran maestro.
Il C. si trovava così in possesso degli strumenti idonei a dare l'indispensabile base finanziaria alla sua opera di potenziamento; e siccome non gli mancavano né l'energia né le capacità per condurre a buon fine l'impresa, parve inizialmente che l'Ordine di S. Lazzaro fosse in procinto di riacquistare l'antica potenza. Il C., infatti, si era subito posto all'opera, riformando le costituzioni, facendo raccogliere informazioni sui beni usurpati da terzi e dando inizio al loro ricupero. Tale azione, però, poteva portare i suoi frutti soltanto a condizione che l'Ordine non perdesse l'appoggio papale. Di lì a poco, invece, tale appoggio doveva venire meno con la morte di Pio IV (9 dic. 1565).
La maggiore opposizione alla sua opera il C. la dovette incontrare nella Spagna: Filippo II non poteva vedere di buon occhio il consolidamento nei propri domini di un Ordine i cui membri, fra gli altri privilegi, erano esentati da tutti i tributi e sottoposti alla giurisdizione esclusiva del gran maestro; tanto più che quest'ultimo veniva dipinto dall'ambasciatore spagnolo presso la S. Sede, Luis de Requesens, come "uno de los infames hombres que oy ay en Italia y mayor desservidor de V. M." (Correspondencia..., I, p. 110). Gliattacchi denigratori del Requesens furono tali che Pio V - per altri motivi contrario al ripristino dell'Ordine - dovette prendere energicamente le difese del Castiglioni. Il papa finì però col cedere alle richieste della Spagna: benché all'inizio del suo pontificato egli avesse integralmente confermato le concessioni del suo predecessore, nel 1567 revocava con due bolle la maggior parte dei privilegi dell'Ordine.
A partire da quel momento, la posizione del C. doveva farsi sempre più difficile: privato della maggior parte dei suoi poteri e, per ciò stesso, impossibilitato a fare valere i diritti dell'Ordine, egli si trovò rapidamente in precarie condizioni economiche. In tali frangenti, gli parve che il partito migliore fosse quello di intavolare trattative con l'Ordine di Malta allo scopo di addivenire alla fusione delle due istituzioni.
Nel 1567 partiva per l'isola di Malta un fiduciario del C., latore delle sue proposte: in cambio dell'incorporazione dell'intero patrimonio dell'Ordine di S. Lazzaro le cui rendite ammontavano a 15.620 scudi l'Ordine di Malta avrebbe dovuto accogliere nel suoi ranghi i cavalieri in possesso dei requisiti prescritti, concedere al C. una pensione di 6.000 scudi ed attribuirgli, insieme ad altri privilegi personali, il posto gerarchico immediatamente successivo a quello del gran maestro di Malta. Le trattative, proseguite poi anche a Roma, non diedero alcun esito, perché le richieste del C. furono dalla controparte considerate eccessive.Negli anni seguenti la sorte del C. andò peggiorando: nel 1570 l'Ordine si trovava indebitato per 13.000 scudi e sul gran maestro incombeva la minaccia di dover far fronte alle richieste dei creditori con la vendita del proprio patrimonio personale. Dinnanzi a tale prospettiva, il C. ritenne che la soluzione migliore consistesse nel cedere la propria carica ad un principe italiano: i primi contatti furono presi con il duca di Urbino, ma senza che le trattative giungessero in porto; contemporaneamente, soprattutto per iniziativa del cancelliere dell'Ordine Carlo Cicogna, analogo passo veniva tentato presso il duca di Savoia. In questo caso, l'esito fu positivo e il 13 genn. 1571 il C. firmava in Vercelli un atto mediante il quale rinunciava al gran magistero in favore del duca Emanuele Filiberto. Questi avrebbe poi ottenuto da Gregorio XIII, nel 1572, l'Unione dell'Ordine di S. Lazzaro con quello sabaudo di S. Maurizio; all'epoca, però, il C. era già scomparso: egli morì, infatti, il 5 ag. 1571 a Giaveno (Torino), ove si trovava ospite del cardinale Ferrero.
Fonti e Bibl.: Archivo General de Simancas, Estado, leg. 1238/97, 100, 108, 115; Arch. Segr. Vat., A. A., Arm. I-XVIII, nn. 2350-2352, 2355-2356, 2358, 2360, 2363, 2366; Bullarium Romanum, VII, Torino 1862, pp. 343, 345, 355, 358, 359; Correspondencia diplomatica entre España y la Santa Sede durante el pontificado de S. Pio V, a cura di L. Serrano, Madrid 1914, I, pp. 110, 134, 1135, 191, 410; II, pp. 69, 111-114, 138-146, 198-199, 394-397, 410, 427, 445, 471; III, pp. 12-13; IV, p. 426; Nunziature di Savoia, I, a cura di F. Fonzi, Roma 1960, in Fonti per la storia d'Italia, XLIV, pp. 318, 354; Catal. XXII del Archivo General de Simancas. Papeles de Estado: Milan y Saboya (siglos XVI y XVII), a cura di R. Magdaleno, Valladolid 1960, ad Indicem; P.Morigi, Historia dell'antichità di Milano, Venezia 1592, p. 459; M. Castiglioni, De origine, rebus gestis ac privilegiis gentis Castillioneae comment.,Milano 1595, pp. 62 s.; G. Bosio, Dell'istoria della Sacra Religione et ill.ma Militia di S. Giovanni Gierosolimitano, II, Roma 1602, pp. 809-812; A. Beffa Negrini, Elogi histor. di alcuni personaggi della famiglia Castigliona, Mantova 1606, pp. 517-525; B. Giustiniani, Historie cronologiche... di tutti gl'ordini equestri e religioni cavalleresche, Venezia 1672, pp. 61 s.; Précis historique des ordres réligieux et militaires de S. Lazare et de S. Maurice, a cura di H. Ferrand, Lyon 1890, pp. 56-64; G. Claretta, Dell'Ordine Mauriziano nel primo secolo della sua ricostruzione…, Torino 1890, pp. 59 s., 71; R. Cuomo, Ordini cavallereschi antichi e moderni..., I,Napoli 1894, p. 64; A. Tallone, Contributi alla storia dell'Ordine mauriziano, I, L'istruz. dell'Ordine e le sue relazioni con l'Ordine di San Lazzaro in Francia, Pinerolo 1898, pp. 6, 9-16, 36; P. Egidi, Emanuele Filiberto, II, Torino 1928, pp. 159 s.; L. Tacchella, Il cardinale Francesco Abbondio Castiglione, vescovo di Bobbio, Bobbio 1972, pp. 25, 27; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-ecclesiastica, XXXVII, p. 251; XXXIX, p. 234; XLIV, pp. 7-9; XCVII, p. 180; P. Litta, Le fam. celebri ital., sub voce Castiglioni, tav. III.