Amelio, Gianni
Regista cinematografico, nato a San Pietro Magisano (Catanzaro) il 20 gennaio 1944. Trasferitosi nel 1965 a Roma, ha iniziato a lavorare nel cinema, prima come aiuto regista, in particolare per V. De Seta, poi cimentandosi in vari generi, dal film d'autore al western e ai caroselli televisivi. Ha ottenuto il riconoscimento internazionale (Gran premio della giuria a Cannes) con Il ladro di bambini (1992), road-movie sul viaggio dal Nord al Sud di un carabiniere e due bambini. Nel 1998, il suo film Così ridevano è stato premiato con il Leone d'Oro alla mostra di Venezia.
Nel 1970 ha esordito con un film in 16 mm girato per la RAI, La fine del gioco, cronaca semi-documentaria di un viaggio in treno e dell'incontro-scontro tra un regista televisivo e un dodicenne calabrese. Sempre per la RAI ha girato La città del sole (1973), sulla vita e l'opera di T. Campanella, per il quale ha ottenuto il Gran premio al Festival di Thonon 1974, e Bertolucci secondo il cinema (1976), 'film nel film' sul set di Novecento. Del 1978 è La morte al lavoro, dramma psicologico molto vicino al Polanski di Le locataire (1976; L'inquilino del terzo piano), e che ha vinto premi a Locarno e a Hyères. Dopo il televisivo Effetti speciali (1978), ha realizzato uno dei suoi film più apprezzati, Il piccolo Archimede (1979), sul rapporto tra un bambino 'geniale', figlio di contadini, e un intellettuale inglese nella Toscana degli anni Trenta. Colpire al cuore, dramma intimo sul rapporto fra padri e figli negli 'anni di piombo', e fra i più intensi film italiani sul terrorismo, ha segnato nel 1983 il suo debutto esplicitamente cinematografico; nello stesso anno ha tratto dall'omonimo racconto di A. Banti il film per la televisione I velieri. Con I ragazzi di via Panisperna (1988) A. ha portato sul grande schermo la storia del rapporto umano e professionale tra E. Fermi ed E. Majorana, mentre con Porte aperte (1990) ha riletto l'omonimo romanzo di L. Sciascia come un pamphlet contro la pena di morte. Dopo Il ladro di bambini ha scavato nel dramma dell'Albania postcomunista, anticipando con Lamerica (1994) molti dei temi e delle storie di cui anni dopo si sarebbe occupata la cronaca giornalistica.
Creatore di racconti intimi, a volte minimali, A. riprende il cinema politico italiano degli anni Settanta, ma lo sviluppa con stile personale, interessato più ai rapporti tra le persone (e le generazioni) che non al dibattito politico tout court. A. può essere definito il 'cineasta dei bambini' per la sua straordinaria capacità di raccontare le loro storie (presenti in quasi tutti i suoi film), ma soprattutto per come ha saputo ogni volta rappresentarli davanti alla macchina da presa, dal primo film La fine del gioco (in cui il protagonista si ribellava all'intervistatore per entrare invece in un rapporto diretto con il regista) fino al notevole Il ladro di bambini, uno dei film più intensi e rappresentativi sul disagio che giovani e bambini del Sud vivono nell'Italia degli anni Novanta.
bibliografia
Il cinema di Gianni Amelio, in Cinecritica, ott. 1990-marzo 1991, 19-20, pp. 7-44; Gianni Amelio, a cura di M. Sesti, S. Ughi, Roma 1995.