GIANICOLO (Ianiculum, Arx Ianiculensis, Antipolis)
Uno dei colli di Roma, sulla riva destra del Tevere, e per questo non compreso tra i sette colli tradizionali, né per lungo tempo incluso nell'ambito effettivo della città, pur formando di questa parte integrante, quale necessaria accessione, di carattere prettamente militare e difensivo, dalla parte dell'Etruria.
Questo carattere si è voluto recentemente spiegare vedendo nei Septem pagi gianicolensi, ricordati nell'epoca repubblicana, i succedanei di primitive stazioni di popolazioni preromane, che poi, sopraffatte dagli Etruschi, si sarebbero raccolte sui colli della riva sinistra del Tevere. Il carattere difensivo del colle, e il suo stesso nome riferentesi a un'antichissima divinità latina strettamente connessa con ogni luogo di accesso o di transito, rivelano l'antica funzione del colle e l'importanza capitale a esso annessa dall'elemento latino, non appena questo prevalse nella lotta contro Sabini ed Etruschi per il predominio commerciale e politico sul corso del Tevere e sulla grande via commerciale fra l'Etruria e il mezzogiorno d'Italia. Detta via, infatti, transitava appunto attraverso quel colle mettendo capo ai ponti che congiungevano le due rive del fiume: la leggenda di Orazio Coclite è l'espressione leggendaria di un siffatto reale stato di cose.
Così la funzione difensiva del Gianicolo dura finché permane il pericolo etrusco, e finché il dominio della grande strada commerciale costituisce il fattore essenziale dell'egemonia di Roma sul Lazio; più tardi se ne conserva il ricordo nell'uso d'inviare sul colle un presidio e d'innalzarvi un vessillo rosso durante il periodo dei comitia centuriata, quando, essendo tutto il popolo atto alle armi occupato nelle operazioni elettorali, la città rimaneva indifesa.
Ma ogni qualvolta un pericolo incombesse più direttamente su questa, l'importanza e la funzione difensiva del Gianicolo risorgevano, come ad esempio durante le guerre civili, quando i partiti avversarî se ne contesero il possesso, e assai più tardi quando si ebbe l'allarme di eventuali invasioni di barbari, onde Aureliano si affrettò a ricingere Roma di mura e in queste incluse anche la parte del Gianicolo più prossima alla città.
Da un punto di vista urbanistico può dirsi che solo assai tardi, e neanche troppo intensamente, si sia formato sul Gianicolo un vero e proprio centro abitato; esso però non fu mai spopolato: lo provano i sunnominati Septem pagi ed il Pagus Ianiculensis, gli uni, l'altro ricordati in epigrafi dell'epoca repubblicana (Corp. Inscr. Lat I, 801-2; VI, 2220 e 2190).
Gli scavi recenti a Monte Mario condotti da Innocenzo Dall'Osso, a prescindere dalle illazioni, forse eccessive, che se ne vollero trarre, hanno tuttavia rivelato centri di abitazione assai antichi su quel monte, e ai quali non poteva essere estraneo il Gianicolo.
Il limite esatto tra questo e i colli vaticani è assai incerto; forse esso era indicato dal Circo vaticano.
Il nome Gianicolo localizza sul colle ogni tradizione relativa a Giano, antico re del Lazio, che avrebbe ospitato e nascosto Saturno scacciato dal cielo. Malgrado però tale tradizione, riferita da tutti gli autori, di nessun culto locale di Giano si ha notizia in età storica, e non si ricorda che un'ara dedicata a Fonto, figlio di Giano, presso la quale la tradizione poneva il sepolcro di Numa (Cic., De leg., II, 22, 56; Plut., Numa, 22, 2).
Al contrario il Gianicolo ci appare sede di altri culti fin dall'epoca repubblicana e di altri prevalentemente stranieri nell'età imperiale. Ben noto, in connessione con la tragica fine di Caio Gracco, è il Lucus Furrinae sulla via (vicus Rutarius?), che dal Ponte Sublicio ascendeva il colle, e donde prese origine la Via Aurelia (Plut., C. Grac., 17; Appiano, De b. c., I, 21). Nel 1906 nella Villa Sciarra si scoprì un gruppo di costruzioni e una sorgente che si ritiene fosse la fonte di Furrina. Un'iscrizione repubblicana menziona un santuario assai antico delle Cornisce (Corp. Inscr. Lat., VI, 96).
Presso gli avanzi attribuiti al santuario di Furrina si rinvennero tracce di un santuario siriaco con iscrizioni e statue marmoree di Giove Eliopolitano, di Bacco e con un idolo bronzeo di divinità virile attorcigliata da un serpe, deposto entro una fossa triangolare.
Durante tutta la repubblica il Gianicolo fu raccordato alla città da tre ponti: il Cestio e il Fabricio (oggi Quattro Capi), succeduti certamente a ponti più antichi, lignei, per i quali si effettuò attraverso l'isola il passaggio della grande strada commerciale di cui abbiamo parlato; il Ponte Sublicio, anch'esso ligneo e antichissimo; infine il Ponte Emilio o Lapideo (nel Medioevo Ponte Senatorio, oggi Ponte Rotto), il primo ponte di pietra costruito sul Tevere. Un altro ponte fu costruito da Agrippa, quasi in corrispondenza dei monumenti pompeiani e agrippiani del Campo Marzio, e finalmente un quinto fu eretto da Valentiniano, e detto Aurelius, perché per esso passò il primo tronco della Via Aurelia: a esso succedette nel Quattrocento il Ponte Sisto. Con Aureliano, il Gianicolo fu incluso in parte nelle mura: in queste si aprivano tre porte: la Settimiana (presso via della Lungara), l'Aurelia (oggi S. Pancrazio) e la Portuense (oggi Portese), tutte in rapporto alle tre originarie grandi vie di comunicazione convergenti attraverso l'isola al Foro.
Il colle non ricco d'acqua fu fornito da Traiano di quella dedotta dal Lago Sabatino o di Bracciano, che prese il nome dallo stesso imperatore (oggi è detta Paola, perché l'acquedotto fu riattivato da Paolo V), e che alimentò nell'ambito dell'odierno Casino di Villa Spada i molini statali, ricordati nei Cataloghi regionarî, e ancora attivi nel Medioevo. Il colle ebbe in antico scarsi monumenti, e forse anche scarse abitazioni, essendo per lo più occupato da ville.
Nel Medioevo, dal fulvo colore dei suoi strati di marna sabbiosa, il Gianicolo ebbe il nome di Mons Aureus, donde l'ancor usata denominazione volgare di Montorio data a una sua parte.
Da quel nome sembra derivata, o averne il nome stesso preso origine, la denominazione di in Mica Aurea che troviamo fin dal sec. VIII indicata nell'Itinerario di Einsiedeln, e più oltre propria di due chiese alle falde del colle: S. Cosimato (Ss. Cosma e Damiano) e S. Giovanni della Nialva.
Ma il vero colle nel Medioevo fu abitato anche meno che nell'antichità, pur essendo in gran parte compreso nell'àmbito della città.
Esso ebbe tuttavia una certa importanza per l'erronea localizzazione su di esso del luogo del martirio di S. Pietro, da cui trassero origine la omonima chiesa eretta nel 1498 da Ferdinando il Cattolico e da Isabella di Castiglia e il contiguo tempietto del Bramante.
Un'altra memoria cristiana è quella di S. Pancrazio, martire giovinetto, dell'epoca di Valeriano, che riposa sulla Via Aurelia nelle catacombe di Ottavilla, sottostanti alla basilica che da lui prende nome; altre gallerie cimiteriali si stendono sotto la Villa Pamphily: sembra si debbano identificare col cimitero dei Ss. Processo e Martiniano.
Bibl.: H. Jordan-Ch. Hülsen, Topogr. Stadt Rom, Berlino 1878-1907; G. Lugli; in E. De Ruggero, Dizion. Epigrafico, s. v.; O. Marucchi, Le catacombe romane, Roma 1905, p. 51 segg. Per gli scavi del santuario siriaco cfr.: P. Gauckler, Le sanctuaire syrien du Janicule, Parigi 1912; G. Darier, Les fouilles du Ianicule à Rome, Ginevra 1920.