STUPARICH, Giani
Scrittore e medaglia d'oro, nato a Trieste il 4 aprile 1891. Compiuti in questa città gli studî classici, andò a Firenze, dove partecipò al movimento della Voce e nel 1915 si laureò in lettere. Prese parte alla guerra italo-austriaca come volontario insieme col fratello Carlo (v.); dapprima nel settore di Monfalcone, dove fu ferito nel luglio del 1915; poi sull'Altipiano di Asiago. Fatto prigioniero dagli Austriaci sul Monte Cengio, durante una sua ardita azione (31 maggio 1916), riuscì tuttavia a nascondere fino alla liberazione il suo vero nome. Ora insegna nel liceo "Dante" di Trieste. Ha collaborato e collabora a importanti riviste e giornali.
I precedenti letterarî dello St. vanno cercati, oltre che negli scrittori vociani, in quegli scrittori triestini che dallo Slataper al Michelstaedter, dallo Svevo al Saba ad E. Cantoni hanno sentito in modo particolarmente vivo e rappresentato con ricchezza e sottigliezza d'analisi il contrasto romantico tra vita morale e vita dei sensi, tra volontà e istinto. Nello St. tale contrasto si configura come vagheggiamento della donna e dell'amore quali mezzi di evasione dalla severità della legge morale, e, insieme, come nostalgia di codesta legge, quale freno alle pericolose avventure del senso e del sentimento; e da forme tra critiche e autobiografiche, di diario e di colloquio o soliloquio morale (La nazione czeca, Catania. 1916; 2ª ed., Napoli 1922; Scipio Slataper, Roma 1922; Colloqui con mio fratello, Milano 1925; Guerra del '15, ivi 1931), naturalmente si svolge verso forme narrative, tende a oggettivarsi in situazioni, personaggi, paesaggio (Racconti, Torino 1929; Donne nella vita di Stefano Premuda, Milano-Roma 1932; Nuovi racconti, Milano 1935). I quali nei momenti migliori (come nel racconto Un anno di scuola, compreso nel primo di questi volumi, e uno dei più belli della letteratura italiana contemporanea) si fondono in una sorta d'atmosfera tra idillica e nervosa, cui corrispondono un felice rilasciarsi, nello scrittore, di quell'acre voluttà della sofferenza, nella quale altrove si compiace; e una prosa ricca, nella sua apparente durezza, di risonanze interiori.
Allo St. si debbono anche la pubblicazione in volume degli scritti del fratello Carlo, e la raccolta degli Scritti letterari e critici (Roma 1920), degli Scritti politici (ivi 1925) e dell'Epistolario (Torino 1931, voll. 3) dello Slataper.
Bibl.: G. Marzot, in La nuova Italia, 20 giugno 1923; A. Bocelli, in Nuova Antologia, 16 aprile 1933; P. Pancrazi, Scrittori it. del Novecento, Bari 1934; B. Tecchi, Maestri e amici, Pescara [1934]; A. Consiglio, Studi di poesia, Firenze 1934.