GONZAGA, Gianfrancesco
Terzogenito di Ludovico III, secondo marchese di Mantova, e di Barbara di Hohenzollern, nacque a Mantova il 4 ott. 1446. Ebbe, con i fratelli Federico, Francesco, Rodolfo e Ludovico, sin dai primi anni, illustri precettori, secondo la tradizione inaugurata dal magistero di Vittorino da Feltre: Ognibene Bonisoli da Lonigo tra il 1449 e il 1453 e Bartolomeo Sacchi detto il Platina negli anni 1453-57. Il G. venne mandato per circa un anno, fra il 1458 e il 1459, dai nonni materni in Germania per apprendere il tedesco.
I primi anni Sessanta furono anni di grande importanza per la dinastia gonzaghesca: si successero infatti rapidamente eventi di rilievo dal punto di vista sia politico, sia dinastico. Il giovane G. prese parte a taluni di essi, dando le prime prove di sé in un contesto internazionale.
Nel dicembre del 1461 Francesco, secondogenito del marchese Ludovico, venne creato cardinale da papa Pio II: a diciassette anni, nella primavera del 1462, insieme con lo zio Alessandro, il G. lo accompagnò nel viaggio che lo condusse in Curia di Roma. L'anno successivo il G. e Rodolfo fecero parte della ricca comitiva che, tra maggio e giugno, si recò a Innsbruck a prendere, per accompagnarla a Mantova, la futura sposa del primogenito Federico, Margherita di Wittelsbach, figlia di Alberto il Pio, poi duca di Baviera.
Il 1463 fu però anche l'anno in cui apertamente si consumò tra Milano e Mantova la crisi derivata dalla riluttanza sforzesca a onorare i patti matrimoniali stipulati e ribaditi durante tutto il decennio precedente fra Galeazzo Maria Sforza e Dorotea Gonzaga: a seguito di questi eventi, e del mancato rinnovo della condotta milanese da parte del marchese Ludovico negli anni successivi, il giovane G. nell'autunno del 1465 venne inviato dal padre nel Regno di Napoli, insieme con il segretario e oratore Antonio Donato de Meo e ai luogotenenti e gentiluomini del padre Francesco Secco e Guido da Bagno, per sondare le possibilità concrete per il marchese di entrare al servizio del re Ferdinando d'Aragona, e per lui di fare esperienza nel mestiere delle armi. Il G. rimase nel Regno, con varie puntate a Roma, nel 1466 e nel 1467: il carteggio con il padre testimonia dell'apprendistato politico, oltre che militare, del giovane G., che era accompagnato da un seguito di 40 persone e tormentato da una cronica mancanza di denaro. Nell'aprile del 1466 re Ferdinando e Galeazzo Maria Sforza stipularono con il marchese di Mantova una nuova condotta in cui il G. aveva la carica di luogotenente generale delle truppe napoletane in Italia settentrionale: da una lettera del 4 maggio dello stesso anno emerge che anche il G. riceveva da Ferdinando una provvisione di 500 ducati l'anno. Negli anni tra il 1467 e il 1469 il G. combatté agli ordini del duca di Calabria e di Federico da Montefeltro e al soldo di re Ferdinando nel Regno e in Italia centrale: nei primi mesi del 1469 peraltro si trovava a Roma, dal fratello cardinale, alla ricerca di una sistemazione per lui più soddisfacente. Il carteggio del cardinale con la madre Barbara testimonia la difficoltà del fratello minore, con tratti a volte risentiti nei confronti del marchese Ludovico, accusato dal cardinale di non fare abbastanza per "i figlioli a li quali non ha a remanere stato ma se può dire la persona sola". La situazione del G. si risolse proprio per merito del fratello, che gli procurò una condotta pontificia "a levarlo da 800 ducati e farlo ascendere a 7000", conclusa il 27 febbr. 1469, consentendogli di dedicarsi a quel "mester de l'arme el quale ho tanto desiderato di fare", come scriveva lo stesso Gonzaga. Il cardinale pragmaticamente scriveva alla madre che "la sarà pur bona tetta questa de la chiesia" (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 843, ll. 681, 682, 756): in effetti il G. rimase al soldo del papa sino alla fine degli anni Settanta, operando in Romagna e nel Bolognese agli ordini di Federico da Montefeltro, gonfaloniere della Chiesa.
Il 12 giugno 1478 morì il marchese Ludovico: due giorni dopo il figlio Federico venne riconosciuto marchese, ottenendo il titolo e il controllo del corpo centrale dello Stato mantovano. Intorno alla suddivisione del territorio del Marchesato rimase però una questione aperta: il testamento del marchese non venne trovato e non ne rimase copia. La marchesa vedova Barbara, che secondo la cronaca dello Schivenoglia ebbe "ochultamente" un abboccamento con i figli maschi dopo la morte del marito, sostenne di essere al corrente del contenuto del testamento di Ludovico e procedette a suddividere lo Stato ritagliandone alcune zone in appannaggio per i cadetti. La rapidità con cui avvennero la morte di Ludovico e la spartizione del Marchesato rende peraltro poco verosimile l'idea che si trattasse di un piano improvvisato da una madre preoccupata di mantenere la concordia fra i cadetti e l'erede. In ogni modo, al G. e al fratello cardinal Francesco spettarono Bozzolo, Isola Dovarese, Sabbioneta, San Martino dall'Argine, Rivarolo, Viadana, Gazzuolo e altre terre nella diocesi di Cremona. Nei mesi successivi il marchese Federico operò permute e scambi con i fratelli al fine di riacquistare centri strategicamente importanti e di ricompattare il più possibile il territorio del Marchesato: in particolare recuperò dal G. Viadana in cambio di Rodigo (31 luglio 1478).
L'accordo definitivo tra i fratelli, stipulato nel febbraio del 1479, venne ratificato dall'imperatore Federico III il 10 giugno. In quell'occasione Rodigo venne eretto in contea. Si trattò di un momento di importanza rilevante nella storia territoriale del Marchesato e nella storia dinastica dei rami cadetti: i piccoli marchesati e principati che derivarono da questa seconda scissione del territorio mantovano avrebbero dato origine a signorie indipendenti di lunga durata che non sarebbero state più riassorbite dallo Stato del ramo principale. Il G. fu il capostipite di due dinastie principesche, quelle dei duchi di Sabbioneta e dei principi di Bozzolo.
Negli anni tra il 1478 e il 1484, nelle guerre fra Firenze e il Regno di Napoli (in cui Milano e dunque il marchese Federico erano alleati di Firenze) e tra Venezia e Ferrara (in cui Mantova era allineata allo Sforza in funzione antiveneziana), il G. militò al soldo del duca di Milano e dunque a fianco del fratello marchese di Mantova: era con le truppe mantovane alla battaglia di Poggio Imperiale nel settembre 1479 e nel Ferrarese nel 1482, accompagnando poi il marchese Federico al congresso di Cremona del febbraio 1483 per organizzare la seconda fase della guerra della lega contro Venezia. Nell'ottobre moriva a Bologna il cardinale Francesco: le questioni relative alle sostanze e ai debiti lasciati dal cardinale si trascinarono per il G. sino ai primi anni Novanta.
Nel luglio del 1484 venne a morte anche Federico Gonzaga: il G., che dopo la pace di Bagnolo del 4 ag. 1484 era rientrato nelle sue terre, negli anni successivi non partecipò pressoché più a operazioni belliche lontano dal territorio mantovano, pur rimanendo al soldo dei duchi di Milano. I rapporti con il nipote Francesco, nuovo marchese di Mantova, non furono inizialmente facili: il giovane marchese infatti, secondo le indicazioni paterne, si appoggiò, più che agli zii, ad alcuni uomini di primo piano a Mantova, fedeli alla dinastia ma pericolosamente potenti, come Francesco Secco ed Eusebio Malatesta, che ne assicurarono con il proprio prestigio una successione indolore. I difficili rapporti fra il Secco, dal 1485 luogotenente generale del Marchesato, il Malatesta, e il G. e i fratelli, sfociarono nel 1487 in un oscuro episodio che vide come protagonista un ferrarese legato al vescovo Ludovico, Paolo Erba, che denunciò il G., Rodolfo e lo stesso vescovo, accusandoli di avere ordito una congiura per eliminare Francesco Gonzaga e il Secco: esecutore materiale avrebbe dovuto essere un altro Gonzaga, Evangelista, figlio naturale di Carlo Gonzaga e dunque cugino dei tre. Questi venne incarcerato, mentre gli zii del marchese si ritirarono nelle loro terre. L'epilogo della vicenda, quattro anni dopo, portò all'allontanamento del Secco, a sua volta accusato dal marchese di congiurare contro di lui, e a un riavvicinamento di Francesco agli zii, cui veniva nuovamente concesso di tornare a Mantova. I due episodi rimangono parzialmente oscuri: quel che è certo è che il G. in quegli anni si ritirò nelle sue terre, dedicandosi a rafforzarne le opere di fortificazione e ad arricchirne e abbellirne i centri principali, Rodigo e Bozzolo, grazie anche all'opera vigile e continua della moglie, Antonia Del Balzo, figlia del duca d'Andria, Pirro, e legata per matrimonio alla migliore aristocrazia del Regno di Napoli, che, venuta in sposa al G. nel giugno 1479, gli diede, oltre a tre femmine (Barbara, Dorotea e Camilla), tre figli maschi, Pirro, Federico e Ludovico e morì nel 1538 dopo avere fatto di Bozzolo una vera e propria piccola corte principesca.
Gli ultimi anni della vita del G. trascorsero tranquilli: il G. morì dopo una breve malattia il 28 ag. 1496. Di lui restano tanto il testamento (in data 26 ag. 1496), quanto l'inventario dei beni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 20, 37 (Dominio della città); 270 (Affari di famiglia); 416.I: G. Daino, De origine et genealogia ill.me domus dominorum de Gonzaga; 805 (Napoli); 843 (Roma); 1101 (Firenze); 1431 bis, 1432 (Venezia); 1800, 1812, 1823 (Bozzolo: nella 1823 è conservato il testamento; sul perduto archivio del Principato di Bozzolo e di Sabbioneta, v. P. Torelli, L'archivio Gonzaga di Mantova, I, Mantova 1920, pp. LXXI s.); 2097-2111 (Lettere originali dei Gonzaga), 2992 reg. 7 (Copialettere); 3453 (Tribunale); Archivio notarile, Notaio Giacomo Cantalupi, b. 341; J.Chr. Lünig, Codex Italiae diplomaticus, III, Mantova, Frankfurt a.M.-Leipzig 1732, nn. 25 pp. 1827-1836, 28 p. 1848; Andrea da Schivenoglia, Cronaca di Mantova dal 1445 al 1484, a cura di C. D'Arco, in Raccolta di cronisti e documenti storici lombardi inediti, a cura di G. Müller, II, Milano 1857, pp. 149, 151 s., 156, 159, 166, 175, 186-189; G. Boriani, Storia di Bozzolo, Bozzolo 1983, pp. 63-69; L.C. Volta, Compendio cronologico-critico della storia di Mantova dalla sua fondazione sino ai nostri tempi, II, Mantova 1827, pp. 152, 167, 192, 255; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, a cura di G. Amadei - E. Marani - G. Praticò, II, Mantova 1955, pp. 127, 131 s., 141, 157, 170, 205 s., 218, 221, 235, 239, 242, 266-268, 332-334; F. Secco d'Aragona, Francesco Secco, i Gonzaga e Paolo Erba. Un capitolo inedito di storia mantovana, in Arch. stor. lombardo, LXXXIII (1956), pp. 213, 215-217, 221, 224, 228, 230, 242, 245; Mantova. La storia, II, L. Mazzoldi, Da Ludovico secondo marchese a Francesco secondo duca, Mantova 1961, pp. 21, 35-37, 66, 80, 84, 118, 121 s., 144; R. Signorini, "Manzare poco, bevere aqua asai et dormir manco": suggerimenti dietetici vittoriniani di Ludovico II Gonzaga al figlio G. e un sospetto pitagorico, in Vittorino da Feltre e la sua scuola: umanesimo, pedagogia, arti, a cura di N. Giannetto, Firenze 1981, pp. 115-149; G. Amadei, Signorie padane dei Gonzaga, Mantova 1982, pp. 23, 32-36, 38; R. Signorini, Opus hoc tenue: la camera dipinta di Andrea Mantegna, Mantova 1985, ad indicem; D.S. Chambers, Mantua and Trent in the later fifteenth century, in Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati, s. 6, XXVIII (1988), p. 73; M. Marocchi, I Gonzaga di Castiglione delle Stiviere. Vicende pubbliche e private del casato di s. Luigi, Castiglione delle Stiviere 1990, pp. 40, 63, 68 s., 73, 81, 86 s.; D.S. Chambers, A Renaissance cardinal and his worldly goods: the will and inventory of Francesco Gonzaga (1444-1483), London 1992, pp. 22 s.; I. Pagliari, Onore e decoro nelle terre gonzaghesche dell'oltre Oglio, in Statuti del Principato di Bozzolo. 1603-1633, a cura di N. Calani - A. Liva, Mantova 1993, pp. 135, 148; D.S. Chambers - T. Dean, Clean hands and rough justice. An investigating magistrate in Renaissance Italy, Ann Arbor, MI, 1997, pp. 133, 142, 248 s., 251.