TIEPOLO, Giandomenico (Giovanni Domenico, Domenico). ‒ Nato a Venezia il 30 agosto 1727 da Giambattista (v. la voce in questo Dizionario) e da Cecilia Guardi, fu battezzato il 10 settembre nella chiesa di S. Ternita (Urbani de Gheltof, 1879, p. 9). Durante l’apprendistato presso il padre entrò in contatto con Francesco Algarotti, il quale il 28 agosto 1743 pagò due suoi disegni, copie da Tiziano e da Jacopo Negretti, detto Palma il Giovane, destinati alla corte di Dresda, elogiandolo in una lettera al conte Heinrich von Brühl del 9 gennaio seguente (Posse, 1931, pp. 52, 64). Entro il 1746 fornì il disegno da un dipinto di Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, nella collezione veneziana di Ventura Rossi, per un’incisione di Pietro Monaco (cfr. Apolloni, 2000)
Vicino ai disegni di traduzione vanno le prime stampe firmate (Succi, 2013, pp. 511-514), in cui è già manifesta la mimesi dello stile di Giambattista, cifra caratteristica e favorita, nei suoi sviluppi originali, dal genitore (A. Mariuz, in Giandomenico Tiepolo, 1996, p. 18).
Il suo esordio pittorico a Venezia avvenne nel 1747, con il ciclo di dipinti per l’oratorio del Crocefisso a S. Polo, concluso nel 1749 (Mariuz, 1971, p. 144), eseguendone nel 1748-49 le traduzioni a stampa (Succi, 2013, pp. 514-524), mentre nell’agosto del 1748 licenziò la tela raffigurante San Francesco di Paola libera un ossesso per la chiesa di S. Francesco di Paola (Privato, 1991, p. 152). Nel 1750 firmò e datò la pala S. Osvaldo implora dalla Sacra famiglia un miracolo per la parrocchiale di Merlengo, come le precedenti opere ritenuta «interpretazione intimistica della tematica sacra, in discreta opposizione alla concezione paterna» (Mariuz, 1971, p. 125).
Il 12 dicembre 1750 giunse a Würzburg con il padre e il fratello Lorenzo (v. la voce in questo Dizionario): rimasero in Germania fino al novembre del 1753. Collaboratore di Giambattista negli affreschi decorativi della residenza del principe vescovo Karl Philipp von Greiffenclau, dipinse autonomamente le tre soprapporte del Kaisersaal, siglando e datando 1751 L’imperatore Giustiniano (p. 151). Nel 1752 firmò una coppia di tele (Monaco, Alte Pinakothek, una variante del 1753 al museo di Copenaghen), forse parte delle quattro soprapporte commissionategli da Greiffenclau per il castello di Veitshöchheim (p. 127). Al principe vescovo dedicò, nel 1753, l’importante raccolta di acqueforti, iniziata nel 1750, Idee pittoresche sopra la Fugga in Egitto (Morassi, 1960; Succi, 2013, pp. 537-557).
«Ancorata ai dati dell’esperienza comune, la favola sacra, senza perdere nulla del suo incanto, si dimensiona a cronaca domestica così da suscitare nell’osservatore il sentimento della ‘simpatia’, cioè una partecipazione affettiva alla sorte dei personaggi» (A. Mariuz, in Giandomenico Tiepolo, 1996, p. 18).
A Würzburg Giandomenico iniziò pure la produzione di dipinti di genere, dall’Accampamento zingaro (Magonza, Landesmuseum), reinvenzione di una tradizione pittoresca seicentesca in cui compare per la prima volta il motivo della coppia galante di spalle che si allontana, a quelle che sono forse le sue prime Scene di carnevale, per le quali si è ipotizzata un’ispirazione da simili temi burleschi degli arazzi della manifattura locale, disegnati da Johann Rudolph Byss (p. 23).
Rientrato a Venezia, per questi particolari soggetti trovò riferimenti nell’opera coeva di Pietro Longhi, imitato anche dallo zio Francesco Guardi (ibid.): recava la data 1754 (Sack, 1910, p. 214) il Cavadenti, proveniente, con il compagno Minuetto, dalla collezione Algarotti (Parigi, Musée du Louvre; cfr. Loire, 2017, pp. 342-348). Lo stesso anno eseguì, inoltre, una coppia di tele sacre (Stoccolma, Nationalmuseum) per la regina Luisa Ulrica di Svezia (Sack, 1910, p. 309) e la Lapidazione di s. Stefano per la chiesa abbaziale benedettina di Schwarzach (Mariuz, 1978).
Nel 1754 eseguì la decorazione ad affresco di palazzo Panigai a Nervesa (Mariuz, 1971, p. 113), trasferendosi poi a Brescia assieme al quadraturista Girolamo Mengozzi Colonna per affrescare entro l’anno successivo il presbiterio della chiesa dei Ss. Faustino e Giovita, una saletta al primo piano della canonica con episodi biblici e, nell’adiacente monastero benedettino, una cella con insolite Scene di carnevale (cfr. V. Terraroli, in La pittura nel Veneto, 2010, pp. 280-283). Entro il 1755 fu collocata nella chiesa di S. Michele a Murano una sua pala con i Santi Pietro Orseolo, Teobaldo, Parisio e la beata Lucia Stifonte (Verona, Museo civico), che tradusse in incisione poco dopo (Succi, 2013, p. 561).
Dal 1756 membro dell’Accademia veneziana appena costituita e presieduta dal padre (Fogolari, 1913, pp. 246 s.), Giandomenico appose il proprio nome e la data 1757 al finto quadro Il ciarlatano, firmando pure il vicino Mondo nuovo, nella stanza delle Scene di carnevale nella foresteria di villa Valmarana ai Nani, presso Vicenza (Morassi, 1941).
Frescante accanto a Giambattista nella palazzina principale del complesso (cfr. Mariuz, 1971, pp. 148-150), in questa stanza e nelle altre della foresteria che gli spettano (del Padiglione gotico, delle Scene campestri, Cinese, della Loggia, dei Putti) giunse a una personale «visione nuova che persegue i piaceri dell’osservazione invece di quelli dell’immaginazione» (A. Mariuz, in Giandomenico Tiepolo, 1996, p. 25).
Il 1° gennaio e il 28 giugno 1758 ricevette da Pierre-Jean Mariette, per il tramite di Anton Maria Zanetti di Girolamo, il compenso per una raccolta di stampe del padre (Parigi, Bibliothèque nationale), sue e del fratello Lorenzo (cfr. Succi, 2013, pp. 509-511). Nello stesso anno firmò gli affreschi della parrocchiale di Meolo (Mariuz, 1971, p. 125).
Nel 1759 fu impegnato con il padre nella decorazione dell’oratorio della Purità a Udine, affrescando gli otto monocromi delle pareti (pp. 138 s.): a tale momento dovrebbe risalire il Consilium in Arena (Udine, Museo civico) commissionato a Giambattista ma eseguito interamente dal figlio (cfr. C. Crosera, in La Pittura nel Veneto, 2010, pp. 373 s.). Forse fu soprattutto la peculiare «ottica da testimone» di Giandomenico (A. Mariuz, in Giandomenico Tiepolo, 1996, p. 22) a spingere il capobottega a fargli raffigurare un episodio di cronaca di una decina d’anni prima. Sempre nel 1759 dipinse gli affreschi della chiesetta e del fregio del soffitto nella camera dei Satiri a Zianigo, primi interventi pittorici nella villa di famiglia (cfr. Mariuz - Pedrocco, 2004). Nell’estate del 1759 giunse a Pietroburgo il suo soffitto per palazzo Voroncov con il Trionfo di Ercole, noto dall’incisione (cfr. Succi, 2013, pp. 572 ss.).
Il 19 settembre 1760 stipulò il contratto per due scomparti d’angolo del soffitto della veneziana Scuola di S. Giovanni Evangelista (Mariuz, 1971, p. 145). Nello stesso anno Crescenzio Rizzi trasse da un suo disegno l’acquaforte con S. Giuliana atterra il diavolo (Ton, 2016).
Stimato «diligentissimo imitatore d’un tanto padre» (Compendio, 1762), all’inizio del settimo decennio del secolo partecipò, con monocromi ad affresco, alle decorazioni tiepolesche di palazzo da Porto a Vicenza, palazzo Canossa a Verona, villa Pisani a Stra (Mariuz, 1971, pp. 122, 136 s., 147).
Il 31 marzo 1762 partì con il padre e il fratello per Madrid, giungendovi il 4 giugno.
Collaboratore ai grandi lavori di Giambattista in Palazzo Reale, affrescò autonomamente la Glorificazione della Spagna; ebbe modo di aiutare il padre anche nella serie di pale per Aranjuez (pp. 72, 123).
Il 3 aprile 1770, una settimana dopo la morte del genitore, chiese al re Carlo III il permesso di rientrare a Venezia, dov’è ricordato il 12 novembre (Notizie d’arte..., 1942, p. 201). Tra le prime opere che eseguì in patria, gli affreschi parietali della camera dei Satiri nella villa di Zianigo, tra cui il Baccanale firmato e datato 1771 (Mariuz, 1971, p. 141). L’ultima commissione dalla Spagna furono gli otto episodi della Passione di Cristo per il convento di S. Filippo Neri a Madrid (pp. 123 s.), esposti in piazza S. Marco il 31 agosto 1772 (Notizie d’arte..., 1942, p. 225).
Il 12 settembre vinse il concorso per la decorazione della stanza dell’Albergo nella Scuola della Carità grazie al bozzetto Il ritorno del figliol prodigo (Mosca, Museo Pushkin), valutato positivamente dalla commissione formata da pittori scelti dall’Accademia di S. Luca a Roma, tra cui Anton Raphael Mengs (A. Mariuz, in Giandomenico Tiepolo, 1996, pp. 28 s.): l’8 marzo 1773 fu chiamato a stendere il contratto per Abramo e gli angeli (Venezia, Gallerie dell’Accademia) destinato a quell’ambiente veneziano (Mariuz, 1971, p. 139). Il 18 febbraio di quello stesso anno datò gli affreschi già in palazzo Valmarana-Franco a Vicenza (cfr. Tiepolo segreto, 2017); nel medesimo periodo si pone La costruzione del cavallo di Troia del museo di Hartford (Mariuz, 1971, p. 120).
Tra il 1774 e il 1778 provvide alle quattro edizioni della produzione incisoria famigliare (Succi, 2013, pp. 506-509), pubblicando nella prima uscita l’intera Raccolta di teste (pp. 503 s.). Nel 1775 dipinse le tele a monocromo con la Disputa di Cicerone e Demostene incoronato per la sala dei Pregadi in palazzo ducale (Mariuz, 1971, p. 145). L’8 settembre 1776 si sposò con Margherita Moscheni, da cui ebbe due figlie (Urbani de Gheltof, 1879, pp. 29 ss.). Nel 1777 e nel 1778 licenziò dipinti per Padova, rispettivamente per la chiesa di S. Agnese e per la sacrestia dei canonici del duomo (Mariuz, 1971, p. 131). Il 15 aprile 1778 gli fu fornita la tela per l’Istituzione dell’Eucarestia (Venezia, Gallerie dell’Accademia), saggio per l’Accademia in cui era stato eletto maestro nel 1772 (Fogolari, 1913, p. 270).
Aggregato pure all’Accademia Clementina di Bologna nel 1780 (Byam Shaw, 1962, p. 16), quell’anno firmò La piscina probatica del museo di Cardiff (Mariuz, 1971, p. 116), mentre nel successivo affrescò la volta della navata della parrocchiale di Casale sul Sile (p. 117). Eletto nel 1783 presidente dell’Accademia di Venezia (Fogolari, 1913, p. 270), affrescò in città i soffitti della chiesa di S. Lio e di una sala in palazzo Contarini dal Zaffo (Mariuz, 1971, pp. 143, 145 s.).
Dall’aprile al 14 novembre 1785 lavorò alla Gloria di Jacopo Giustiniani nella sala del Maggior Consiglio di palazzo ducale a Genova: affresco distrutto nell’Ottocento, di cui rimane il bozzetto preparatorio (New York, Metropolitan Museum), risalente alla vittoria nel concorso dell’agosto 1784 (pp. 128, 154).
Per la villa familiare di Zianigo realizzò, datandoli 1791, gli affreschi nel camerino dei Centauri e quelli del Portego (cfr. Mariuz - Pedrocco, 2004): recano iscritto tale anno più di venti disegni con Scene di vita contemporanea (cfr. C. Whistler, in Tiepolo, 2004, pp. 153 ss.), considerati successivi alla serie di grandi disegni con soggetti sacri (Gealt - Knox, 2006).
Nel settembre del 1793 fu pagato per la decorazione ad affresco della parrocchiale di Cartura, contemporanea delle pitture nel soffitto della camera dei Pulcinella nella villa di Zianigo (Mariuz, 1971, pp. 116, 142). Il 20 aprile Ferdinando Tonioli iniziò a informare Antonio Canova sulla vendita di opere tiepolesche possedute da Giandomenico, di cui era stato intermediario di nozze, sposando poi una cugina della sposa del pittore (Mariuz, 1996, p. 77).
Per la Pentecoste del 1794 realizzò gli affreschi monocromi e la tela con l’Ultima cena nella chiesa della Maddalena a Venezia (Bristot, 2014-2015, p. 157).
A Zianigo, «committente di se stesso» (A. Mariuz, in Giandomenico Tiepolo, 1996, p. 29), Giandomenico completò la decorazione ad affresco della residenza di campagna, datando 1797 gli affreschi delle pareti della camera dei Pulcinella.
Lo stesso anno è iscritto sul frontespizio della raccolta di disegni Divertimento per li regazzi carte n.° 104 (conservata nel Nelson-Atkins Museum of arts di Kansas City e riprodotta in Domenico Tiepolo, 1986), un «capolavoro creato nella solitudine, in cui l’antica maschera della commedia ‘all’improvviso’ – l’immortale Pulcinella, moltiplicato in un popolo – è evocato a mimare la vita di ogni uomo: al solo scopo, si direbbe, di svelarne tutta la comica assurdità» (A. Mariuz, in Giandomenico Tiepolo, 1996, p. 18).
Nel 1799 lavorò nella parrocchiale di Zianigo (Mariuz, 1971, p. 152), e sempre agli anni Novanta spettano gli affreschi di palazzo Papadopoli a Venezia: «lavori grami, che denunciano il declino delle capacità di Giandomenico» (Mariuz, 1996, pp. 77 s.).
Morì a Venezia il 3 marzo 1804, e fu sepolto nella chiesa di S. Marcuola (Urbani de Gheltof, 1879, p. 37).
Fonti e Bibl.: Compendio delle vite di pittori veneziani istorici più rinomati al presente secolo..., Venezia 1762; G.M. Urbani de Gheltof, T. e la sua famiglia. Note e documenti inediti, Venezia 1879; E. Sack, Giambattista und G. T.: Ihr Leben und ihre Werke..., Hamburg 1910; G. Fogolari, L’Accademia veneziana di pittura e scoltura del Settecento, in L’Arte, XVI (1913), pp. 241-272; H. Posse, Die Briefe des Grafen Francesco Algarotti an den sächsischen Hof und seine Bilderkäufe für die Dresdner Gemäldegalerie 1743-1747, in Jahrbuch der Preuszichen Kunstsammlungen, LII (1931), supplemento; A. Morassi, Giambattista e Domenico T. alla villa Valmarana, in Le Arti, XIX (1941), pp. 251-262; Notizie d’arte tratte dai notatori e dagli annali del n.h. Pietro Gradenigo, a cura di L. Livan, Venezia 1942; A. Morassi, La “Fuga in Egitto” di Domenico T., Milano 1960; J. Byam Shaw, The drawings of Domenico T., London 1962; Domenico T. Raccolta di teste (catal., Udine), a cura di G. Knox, Milano 1970; A. Mariuz, G. T., Venezia 1971, con bibliografia; Id., La “Lapidazione di santo Stefano” di G. T. ritrovata, in Arte veneta, 1978, n. 32, pp. 412-417; G. Knox, Giambattista and Domenico Tiepolo. A study and catalogue raisonné of the chalk drawings, I-II, Oxford 1980; Domenico T. I disegni di Pulcinella, a cura di A.M. Gealt, Milano 1986; R. Privato, Il ciclo pittorico settecentesco della chiesa di S. Francesco di Paola, in Venezia Arti, V (1991), pp. 148-153; H. Mathews, G. T., Chareton 1993; A. Mariuz, G. T. nelle lettere di Ferdinando Tonioli, in G. Pavanello, Canova collezionista di T., Monfalcone 1996, pp. 76-83; G. T. Maestria e gioco. Disegni dal mondo (catal., Udine-Bloomington), a cura di A.M. Gealt - G. Knox, Milano 1996, con bibliografia; D. Apolloni, Pietro Monaco e la raccolta di cento dodici stampe di pitture della storia sacra, Monfalcone 2000, pp. 278 s.; A. Mariuz - F. Pedrocco, G. T. Gli affreschi di Zianigo a Ca’ Rezzonico, Venezia 2004; T. Ironia e comico (catal.), a cura di A. Mariuz - G. Pavanello, Venezia 2004; A.M. Gealt - G. Knox, Domenico T.: A New Testament, Bloomington 2006; G. Pavanello, Affreschi veneziani del tardo Settecento, in Arte veneta, 2006, n. 63, pp. 122-133; La pittura nel Veneto. Il Settecento di Terraferma, a cura di G. Pavanello, Milano 2010; D. Succi, La Serenissima nello specchio di rame. Splendore di una civiltà figurativa del Settecento. L’opera completa dei grandi maestri veneti, II, Castelfranco Veneto 2013, pp. 500 ss.; B. Aikema, Un foglio di Domenico T. e la questione dei disegni tiepoleschi a gessetto all’epoca di Würzburg, in Bollettino dei Musei civici veneziani, IX-X (2014-2015), pp. 150-153; A. Bristot, Un affresco di G. T. nella chiesa della Maddalena a Venezia, ibid., pp. 154-167; G. Pavanello, G. T. in Palazzo Marioni a Cannaregio, ibid., pp. 168-171; D. Ton, Domenico T.’s early preparatory study for an etching by Crescenzio Rizzi, in Master Drawings, LIV (2016), pp. 501-508; C. Eder, Giovanni Domenico T. und die Frühaufklärung in Würzburg, in Wallraf-Richartz-Jahrbuch, LXXVIII (2017), pp. 225-263; S. Loire, Peintures italiennes du XVIIIe siècle du Musée du Louvre, Paris 2017, pp. 340-355; T. segreto (catal., Vicenza), a cura di G. Beltramini - F. Magani, Milano 2017.