MARTORETTA, Giandomenico
MARTORETTA (La Martoretta), Giandomenico. – Nacque a Mileto, in Calabria, intorno al 1515. La distruzione delle fonti archivistiche locali a causa del terremoto del 1783 non consente di avere notizie circa la nascita e la sua prima formazione.
Il suo esordio come compositore è costituito dal madrigale a tre voci In un bel prato, pubblicato adespoto, in apertura della raccolta a stampa Di Constantio Festa il primo libro de’ madrigali a tre voci con la gionta de quaranta madrigali di Iahn Gero (Venezia, Scotto, 1541; Bernstein, p. 113). Nella ristampa dell’opera, apparsa con il titolo Quaranta madrigali di Iahn Gero (ibid., Scotto, 1543), il madrigale venne ripubblicato con l’indicazione dell’autore, che si firmò La Martoretta.
Il madrigale In un bel prato fu un brano di successo, forse per la fresca inventiva melodica e per la leggiadria del testo, come testimoniano le numerose riedizioni, fino al 1570.
Nel 1544 un altro madrigale del M., O fortunato augello, apparve nel Quinto libro di madrigali di J. Archadelt (Venezia, A. Gardano, 1544), insieme con quelli di altri allievi e colleghi, segno di un esplicito riconoscimento della raggiunta padronanza del mestiere.
Questo madrigale, fra l’altro, sembra composto in chiara competizione con un altro intonato sullo stesso testo da B. Lupacchino da Vasto l’anno precedente; il M. infatti ne riprende testualmente il principio, per poi svincolarsi dal modello in direzione di una maggiore scioltezza e di un più intenso pathos. L’inclusione di madrigali del M. in importanti raccolte dimostra come già intorno al 1540 egli fosse in contatto con i più autorevoli esponenti della vita musicale.
Nel 1548 il M. era a Caltanissetta al servizio del conte Francesco Moncada, appartenente a una delle famiglie più potenti della Sicilia, la cui corte emulava per raffinatezza e cultura quelle più celebri della penisola.
Nel dedicargli il suo Primo libro di madrigali a quattro voci (1548), il M. ne rimarcava «la familiarità et domestichezza […] con ogni scientia et precipue con la musica, la qual di giorno in giorno […] si vede essaltata et premiata più che in altra parte, tenendola sempre per continuo esercitio, come suo vero et natural cibo». Poiché il M. nella dedica ricordava «l’antica et fidelissima servitù» che lo legava a Moncada, la sua presenza a Caltanissetta doveva sicuramente risalire a qualche anno addietro.
Il Primo libro di madrigali costituisce la prima testimonianza della pratica madrigalistica in Sicilia. Dall’opera si ricavano utili indicazioni sui gusti letterari dei committenti: massiccia è la presenza di ottave tratte dall’Orlando furioso o a esso collegate; talvolta esse formano dei piccoli cicli, come quelli che celebrano la bellezza della maga Alcina. Significativo è il ciclo centrale del libro: nelle quattro ottave – che iniziano con la citazione di una delle stanze dell’Orlando furioso più amate dai musicisti, Deh, dove senza me dolce mia vita – viene rievocata la figura di una giovane fanciulla (forse promessa sposa di Antonio Moncada, figlio del dedicatario), che cantava insieme con il padre, don Rodorico de Mendoza, cui il ciclo è dedicato, le stanze di L. Ariosto, prima che la morte la ghermisse. Nello specifico ben poco si può dire della musica di questa raccolta di madrigali, di cui non ci resta che un solo libro-parte. La prevalente intonazione sillabica fa supporre un forte condizionamento o una rimarcata reminiscenza della pratica, assai diffusa all’epoca, di intonare le stanze del poema, anche da parte di cantori improvvisati, su arie standardizzate, che con piccole varianti potevano essere ripetute più volte per narrare, anche per le strade e nelle botteghe, gli episodi salienti del poema.
Nel suo Secondo libro di madrigali cromatici a quattro voci (Venezia, A. Gardano, 1552; ed. moderna, a cura di M.A. Balsano, Firenze 1988), il M. è qualificato come «eccellentissimo dottore in musica» e riceve il volume in dedica da «Giovanfrancesco Di Chara maestro theolego [sic]», fatto questo che denota il raggiungimento di una più elevata posizione sociale. Ciascuno dei 29 madrigali del Secondo libro è dedicato al personaggio che ne aveva sollecitato la composizione. Oltre a tre membri della famiglia Moncada (Francesco e i figli Cesare e Giulia), vi figurano i nomi di altri notabili siciliani, di Messina, Caltagirone e Paternò, come pure calabresi, pugliesi, napoletani, abruzzesi, e perfino dalmati, che testimoniano come la rete di relazioni intessute dal M. fosse estesa anche al di fuori della Sicilia.
Nel Secondo libro di madrigali il M. amplia l’orizzonte delle sue scelte poetiche: accanto all’Ariosto, la cui presenza è ora marginale se paragonata al Primo libro, sono posti in musica versi di L. Tansillo, L. Cassola, F. Petrarca, ma anche di poeti poco frequentati dai compositori come F. Berni, il più acceso antipetrarchista del secolo; vi appaiono intonati poi anche testi meno convenzionali, fra i quali uno in forma di nonsense, due ottave in siciliano e due componimenti latini in distici elegiaci. Uno di questi, Martira qui quondam altro non è che la traduzione del madrigale Leggiadro animaletto, apparso nel Primo libro; il poeta – che in questo caso potrebbe essere il M. stesso – si rivolge alla martora, cui un benigno destino, che egli vorrebbe condividere così come il nome, ha riservato in sorte di finire i suoi giorni intorno al viso di una bella fanciulla. Lo stile musicale del M. appare qui piuttosto aggiornato: componendo madrigali «cromatici», cioè a note nere, il M. dispone di un più ampio ventaglio di valori musicali, così da passare scorrevolmente da passi veloci e vivaci ad altri patetici o addirittura solenni.
Due anni dopo il M. diede alle stampe il Terzo libro di madrigali a quattro voci, con cinque madrigali del primo libro novamente corretti et dati in luce (ibid., A. Gardano, 1554; è in corso di stampa un’edizione a cura di M.A. Balsano).
Anche in tal caso la dedica offre un prezioso spaccato delle vicende biografiche: rivolgendosi, infatti, al dedicatario Piero Singlitico «nobile cavaliero de l’isola di Cipro», il M. ricordava che «al ritorno mio di Terra Santa, non solo amorevolissimamente in casa sua m’accolse, et nel tempo che in Cipri appresso lei stato sono splendidamente mi trattò, ma volse che con mia sodisfatione e commodo, io vedessi tutti li luoghi vaghi, belli, dilettevoli e famosi de l’isola, et di più la persona, la corte et li superbissimi et potentissimi eserciti del Gran Turco, nella antichissima città d’Aleppo […] pochi dei molti gran signori et splendidi cavalieri, quali ho praticato in diversi reami et corti, a lei meritevolmente agguagliar si possono».
Testimoniano la rete di rapporti intessuta dal M. le dediche dei 24 madrigali a eminenti personaggi di Cipro, della Repubblica veneziana, di Catanzaro e dalmati. Una sola è rivolta a un siciliano, segno che all’epoca il M. era ormai in più stretti rapporti con personaggi residenti nei domini veneziani sull’Adriatico e nel Mediterraneo, mentre dovevano essersi ormai affievoliti quelli con la Sicilia.
Ne danno indiretta conferma le scelte poetiche del Terzo libro di madrigali: l’Ariosto ricompare soltanto con due sonetti e due ottave, fra l’altro provenienti dal Primo libro. La maggior parte dei versi è, ancora una volta, di Tansillo; tra gli altri testi messi in musica se ne nota uno in lingua greca. Quanto allo stile del suo Terzo libro, il M. si mostra ancora più aggiornato: la sua scrittura va nella direzione degli stili allora più avanzati, tanto che il suo modello non è più Archadelt, bensì A. Willaert e, soprattutto, Cipriano de Rore.
Nel 1566 il M. pubblicò le Sacrae cantiones vulgo motecta appellatae quinque vocum, liber primus (ibid., A. Gardano, 1566). Dalla dedica si ha notizia di un suo contatto con la Dalmazia, dove forse soggiornò per un certo tempo. Nel frontespizio dell’opera, tuttavia, il M. è qualificato quale «tesoriere della diocesi di Mileto», segno che a quell’epoca poteva essere ritornato nella città natia.
Lo stile dei mottetti del M. è naturalmente più severo rispetto a quello dei suoi madrigali; la scrittura imitativa riesce comunque ad alleggerire il compatto agglomerato sonoro, così come era avvenuto in alcuni suoi madrigali spirituali presenti nel Secondo e Terzo libro di madrigali.
Dopo il 1566 non si hanno più notizie del Martoretta.
Oltre alle opere citate, si ha notizia di un suo Libro di messe a quattro voci, non pervenutoci, che figura in un catalogo editoriale del 1604.
Fonti e Bibl.: A. Einstein, The Italian madrigal, Princeton 1949, I, p. 208; II, pp. 257, 625 s.; J. Haar, The «note nere» madrigal, in Journal of the American Musicological Society, XVIII (1965), pp. 22-41; M.A. Balsano, «La Martoretta di Calabria» e gli inizi della scuola polifonica siciliana, in Polifonisti calabresi dei secoli XVI e XVII, a cura di G. Donato, Roma 1985, pp. 35-77; Id., Gli elisi siciliani della Martoretta di Calabria, prefaz. a G. Martoretta, Il secondo libro di madrigali cromatici a quattro voci (1552), Firenze 1988, pp. IX-XXVII; P.E. Carapezza, Madrigalisti siciliani, in Nuove Effemeridi, III (1990), 3, pp. 97 s.; K. Livljanić, Madrigali Gian Domenica Martorette, talijanskog skladetelia 16. stolejca, posveceni nekim uglednicima Poreca, Zadra i Dubrovnica (Gian Domenico M.: un compositore italiano del XVI secolo e i suoi madrigali dedicati ai dignitari di Parenzo, Zara e Ragusa), in Arti musices, XXI (1990), pp. 45-58; M.A. Balsano, Due «leggiadri animaletti»: M. e Lupacchino, in Fra oralità e scrittura: studi sulla musica calabrese, a cura di I. Macchiarella, Lamezia Terme 1995, pp. 47-73; G. Pitarresi, La storiografia calabrese del Cinque-Seicento e la musica: tra mito e storia, ibid., pp. 75-91; J.A. Bernstein, Music printing in Renaissance Venice: the Scotto press (1539-1572), Oxford 1998, ad ind.; M.A. Balsano, Dialogo immaginario tra Vincenzo da Pavia e donna Giulia Moncada Barrese marchesa di Pietraperzia nel giorno 21 di novembre dell’anno 1556 in Palermo, in Vincenzo degli Azani da Pavia e la cultura figurativa in Sicilia nell’età di Carlo V, a cura di T. Viscuso, Siracusa-Palermo 1999, pp. 119-125; Id., I madrigali spirituali nella produzione della scuola polifonica siciliana, in Tra Scilla e Cariddi. Le rotte mediterranee della musica sacra tra Cinque e Seicento. Atti del Convegno, Reggio Calabria-Messina… 2001, a cura di N. Maccavino - G. Pitarresi, Reggio Calabria 2003, I, pp. 13-46; G. Pitarresi, «Accipies igitur has Dominici tui Camaenae». Il primo libro delle «Sacrae cantiones» a cinque voci di G. M., ibid., pp. 47-84; E. Vogel, Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik Italiens aus den Jahren 1500-1700, Berlin 1892, I, pp. 425-427; G. Gaspari, Catal. della Biblioteca del Liceo musicale di Bologna, Bologna 1893, III, pp. 105 s.; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, p. 21; Répertoire international de sources musicales, s. A/I, Einzeldrucke vor 1800, V, p. 207; s. B/I, Recueils imprimés XVI-XVII siècles, 1541/13; 1543/23; 1544/16; Bibliogr. della musica italiana vocale profana pubblicata dal 1500 al 1700 (Il nuovo Vogel), nn. 971, 973, 1146-1149, 1739-1741, 2604; The New Grove Dict. of music and musicians, XIV, p. 157; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), coll. 1225 s.