PORRO, Gian Pietro
PORRO, Gian Pietro. – Nacque a Como il 20 novembre 1844, primogenito di Francesco e di Chiara Giovio, da una nobile famiglia lombarda che gli valse il titolo di conte.
Fu educato nel Collegio militare di Milano e nell’Accademia militare di Torino, dove conseguì il grado di sottotenente di cavalleria, e nella Scuola di cavalleria di Pinerolo, da cui uscì con valutazioni lusinghiere, venendo assegnato al reggimento Alessandria cavalleria, di stanza a Saluzzo. Con il grado di tenente prese parte alla terza guerra di indipendenza (1866), combattendo a Custoza, dove ottenne una menzione onorevole per il suo comportamento coraggioso. Successivamente venne inviato a Lercara, in Sicilia, come ufficiale delle truppe incaricate di sgominare il brigantaggio.
Da questo incarico si dimise nel 1872 per intraprendere un viaggio di piacere nell’America Meridionale nel corso del quale percorse 14.000 miglia: partito da Genova il 12 dicembre, dopo aver fatto scalo a Marsiglia, Barcellona, Gibilterra, Capo Verde, Montevideo e Buenos Aires, il 19 gennaio 1873 si spinse all’interno per risalire il rio Paranà, toccando Rosario, Còrdova, Goya, Corrientes, ed esplorare il Gran Chaco, fra la Bolivia e il Paraguay, per tornare di nuovo a Buenos Aires, da cui ripartì alla volta di Genova il 28 febbraio su un vapore della Royal Mall Steam Packet Company, facendo scalo questa volta a Rio de Janeiro e a Lisbona.
Di questa esperienza pubblicò un resoconto nel corso del 1873 sul periodico La Perseveranza, riproposto l’anno successivo, «riveduto e corretto» (Da Genova al Gran Ciaco e viceversa, Milano 1874, p. 8), in un volumetto, particolarmente interessante per le notizie fornite sugli Indios Thobas che allora abitavano il Gran Chaco. Dal cacique di quelle popolazioni ottenne il permesso di fermarsi alcuni giorni in cambio di «piccole cianfrusaglie» (p. 124) che gli vennero offerte. Nelle pagine conclusive sviluppò alcune considerazioni sulle potenzialità agricole e di allevamento della regione («I pascoli sono buoni e immensi, e solo che gli abitanti volessero, potrebbero superare in fertilità i nostri migliori di Lombardia», p. 157) e sulle prospettive di colonizzazione, da lui ritenute favorevoli a un Progetto di società per l’impianto di fattorie italiane nell’America meridionale, che pubblicò su L’Esploratore (VIII (1884), pp. 15-17) e sottopose al governo italiano.
Si ritirò nella sua villa a Induno Olona (Varese), di cui sarebbe diventato sindaco. Qui il 5 agosto 1873 sposò Giuseppina Rossi (26 maggio1856 - 14 febbraio 1906), figlia di un ricco commerciante, e per un decennio si dedicò alla stesura di libri di storia militare e a elaborare progetti di insediamenti coloniali.
L’8 marzo 1885 fu eletto presidente della Società d’esplorazione commerciale in Africa, fondata a Milano nel 1879, di cui era già consigliere, in un momento particolarmente critico per quest’associazione, che necessitava di avere al suo vertice una personalità forte e decisa, tale da esporre, il 9 maggio, all’assemblea generale dei soci un ampio programma di esplorazione da realizzare in Africa quando le circostanze e i mezzi lo avessero consentito. L’ambizioso obiettivo doveva riguardare l’esplorazione della zona compresa tra il Kaffa e il Nilo Bianco (i «territori ricchissimi» dei Galla) e il fiume Sobat, a cui avrebbe dovuto far seguito la fondazione di una stazione nell’Uganda, un «meraviglioso impero barbaro», che non chiedeva «di meglio – secondo Porro – che stendere la mano agli Europei» (Progetto di esplorazione degli altipiani..., 1885, p. 195). Non riuscendo a trovare gli ingenti finanziamenti necessari, dovette ripiegare inizialmente sull’esplorazione tra i Mensa e gli Azghedè, vicino a Massaua, con l’obiettivo di individuare terreni adatti a impiantare fattorie agricole che potessero garantire una sopravvivenza autonoma al recente insediamento italiano: un progetto presentato su L’Esploratore nel giugno 1885, di cui però il governo sconsigliò la realizzazione, dal momento che l’occupazione di quella località era troppo recente e quindi ancora poco sicura.
Ma già negli ultimi mesi del 1885, Porro cominciò a organizzare quasi in segreto una spedizione, anche se con l’ambigua e contradditoria connivenza del governo che, tramite l’appoggio del ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, Francesco Guicciardini, gli assicurò l’appoggio militare e gli concesse un sussidio di 20.000 lire.
L’impresa, finanziata anche dalla compagnia Filonardi operante a Zanzibar, era finalizzata sia a verificare la possibilità di impiantare una stazione commerciale a Zeila e in Harar, sia a studiare la locale situazione politico-militare per suggerire le strategie e i mezzi più idonei a un’eventuale occupazione di quell’area. Porro fu insensibile alle esortazioni e agli avvertimenti che gli provenivano da tante parti, a cominciare dal viceconsole italiano di Aden, Vittorio Bienenfeld, sulle grandi difficoltà e gli immancabili pericoli della campagna. Lo incoraggiarono invece in quella direzione le sollecitazioni e le informazioni che erano giunte alla Società d’esplorazione commerciale in Africa da parte dei fratelli Gaetano e Pietro Sacconi e dei loro nipoti Vincenzo Sacconi e Giuseppe Guasconi, che in Harar dirigevano una stazione commerciale in parte finanziata dall’associazione milanese.
Il 24 gennaio 1886 si imbarcarono con lui a Genova, a bordo del piroscafo Domenico Balduino, quattordici compagni (Giovanni Battista Licata, uno dei fondatori della Società africana di Napoli, salì a bordo nel porto partenopeo) con circa ottanta casse colme di armi, munizioni, viveri, oggetti di attendamento, conterie, merci varie adatte ai Paesi in cui intendevano recarsi, comprese le medicine e una provvista cospicua di solfato di chinino.
Già subito dopo l’arrivo ad Aden, Porro dovette prendere atto che il maggiore Frederik Mercer Hunter, governatore di Aden e console a Zeila e a Berbera, che stimava dannoso per la politica inglese in quel territorio uno sbarco di altri europei, insospettito dal fatto che quasi tutti i componenti della spedizione erano degli ex militari, dopo aver cercato di convincerli a rinunciare all’impresa, lo costrinse ad accettare la scorta inglese e a rimandare nella penisola, assieme ai quattro quinti delle armi e delle munizioni, Cesare Zanotti e Panfilo Malatesta, che avrebbero dovuto guidare una scorta di militari italiani. Ci volle perciò tutta l’insistenza di Porro per strappare a Hunter il permesso di lasciare a bordo di un sambuco Massaua, dove erano giunti il 13 febbraio, dopo aver sostato soltanto un giorno ad Assab, e sbarcare, assieme a sette compagni, a Zeila. Da qui la carovana, scortata da soldati sudanesi e somali armati di fucili Remington e Schneider, si mise in moto il 26 marzo, avendo ottenuto un lasciapassare valido soltanto fino a Gildessa, nei pressi della quale, nella piana di Artù, giunsero l’8 aprile. Qui vennnero a sapere che l’emiro di Harar aveva fatto prigioniero il distaccamento inglese di Gildessa. Il giorno successivo, il 9 aprile 1886, Porro e i suoi compagni furono disarmati e trucidati nei pressi di Artù da un gruppo di somali Issa armati dall’emiro Abdallahi ibn Alì Mohammed Abd El Sashur, che vide in quella carovana l’avanguardia di una spedizione di conquista italiana.
La Società di esplorazione commerciale in Africa chiese a quel punto un pronto intervento del governo, sia a nome proprio sia sottoscrivendo un memorandum, peraltro non appoggiato neppure da tutti i membri del suo comitato, insieme alla Società africana di Napoli; un memorandum che la Società geografica italiana si rifiutò invece di firmare, affermando di essere un sodalizio scientifico e non coloniale. In esso veniva invocata l’immediata occupazione dell’Harar, ma il governo italiano prese le distanze sostenendo il carattere privato dell’iniziativa non potendo avallare il passaggio di una spedizione armata attraverso le basi costiere inglesi di Zeila e Berbera, stabilite nel 1884 dopo che quei posti erano stati abbandonati dagli egiziani.
Soltanto una minima parte (sette ossa, compresi tre teschi) dei resti dei componenti la spedizione, che erano stati seppelliti ad Artù, vennero riportati all’inizio del 1887 in Italia dal marchese Gaetano Benzoni e dal giornalista Giulio Del Valle de Paz e inumati nel Cimitero monumentale di Milano dove, il 18 luglio di quello stesso anno, nel ridotto del teatro alla Scala, ebbe luogo una solenne commemorazione del viaggio esplorativo affidata ad Attilio Brunialti.
Opere. Oltre a collaborare con diversi periodici come La Perseveranza, Cronaca varesina e Fanfulla, sulle cui colonne utilizzava lo pseudonimo di Melton, Porro pubblicò diversi libri e saggi, fra cui, oltre a quelli citati, si segnalano: La battaglia di Legnano. Racconto storico, Varese 1874; Alcune parole sull’esercito del Reno nel 1870 e sul processo Bazaine, Milano-Padova 1874; Note sulla storia d’Italia, I-VI, Milano 1877-1885; Turchi e Russi nella campagna di guerra 1877-78. Appunti tattici e strategici, Milano s.d.; Odierna opportunità delle nostre operazioni in Africa. Progetto di spedizioni future, in L’Esploratore, IX (1885), pp. 138-141; Progetto di esplorazione degli altipiani Mensa e Asghedè, ibid., IX (1885), pp. 194-196.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Museo africano, Carteggio Camperio, f. 6, sf. 9 (lettere di Porro a Manfredo Camperio che descrivono il suo viaggio da Aden a Massaua); Archivio dell’Ufficio storico dello stato maggiore dell’Esercito, Carteggio Eritrea, 127; Archivio storico del ministero degli Affari esteri, Relazioni col sultanato d’Aussa, 8/1, f. 4-6; M. Amodeo, I rapporti fra Italia e Abissinia nell’86 e nell’89 in un carteggio inedito di Ottorino Rosa con P., Guasconi, Sacconi e Cecchi, in Gli Annali dell’Africa Italiana, IV (1941), pp. 905-922; L’Italia in Africa. Serie storica, I, Etiopia/Mar Rosso, 5, Documenti, 1885-86, a cura di C. Giglio, Roma 1966, doc. n. 232, pp. 279-318 (edizione integrale dell’incartamento trasmesso in data 14 giugno 1886 al ministro della Marina, Benedetto Brin, dal ministro degli Esteri, Carlo Felice Nicolis di Robilant, contenente il resoconto dell’inchiesta sull’eccidio della spedizione Porro condotta a Zeila dal capitano di fregata La Greca, comandante della cannoniera Cariddi).
C. Della Valle, I pionieri italiani nelle nostre colonie. Appunti storico-bibliografici, Roma 1931, pp. 130 s.; C. Zaghi, Le origini della colonia Eritrea, Bologna 1934, pp. 95-110; N. Malizia, La spedizione Porro nell’Harrar, in L’Africa Italiana, LIII (1935), 4, pp. 310-322; E. De Leone, Le prime ricerche di una colonia e l’esplorazione geografica, politica ed economica, Roma 1955, pp. 187-194; A. Milanini Kemény, La Società d’esplorazione commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1914), Firenze 1973, pp. 141-155; C. Zaghi, Mal d’Africa. Studi e ricerche, Napoli 1980, pp. 99-105; A. Francioni, Medicina e diplomazia. Italia ed Etiopia nell’esperienza africana di Cesare Nerazzini (1883-1897), Siena 1999, ad ind.; A. Paleologo Oriundi, La spedizione Porro nell’Harar, Milano 2009; F. Ricciardi, La spedizione del conte P. in Harar tra scopi commerciali e scientifici e segrete finalità militari, in Geostorie, XVII (2009), 3, pp. 5-87 (dettagliata ricostruzione della spedizione nell’Harar e soprattutto dell’eccidio sulla base di numerosi articoli dei giornali dell’epoca).