LOLMO, Gian Paolo
Figlio di Giovanni Fortunato, nacque a Bergamo probabilmente nel 1550.
Mancano in realtà riscontri documentari che possano confermare con certezza tale data, che si ricava unicamente dalla testimonianza di D. Calvi, il quale trascrivendo l'anno di morte, il 1595, riferiva anche l'età raggiunta dal pittore: quarantacinque anni (Ciardi Dupré, p. 15).
Non si ha alcuna notizia riguardo alla sua formazione; ma è comunque possibile supporre che i primi insegnamenti li abbia ricevuti dal padre, noto come disegnatore e calligrafo. E in effetti il L. è ricordato fin dalle fonti più antiche non solo come pittore, ma anche come abilissimo miniatore, nonché ricamatore e poeta, sebbene a tutt'oggi non sia stata individuata alcuna testimonianza tangibile di tali attività (Muzio; Calvi, III, p. 319).
Difficile anche valutare la possibilità di un suo apprendistato presso la bottega di G.B. Moroni, notizia tramandata da quasi tutta la tradizione storiografica e basata soltanto sull'affinità stilistica che lega l'artista al più celebre e anziano maestro. Se è innegabile una certa qual dipendenza del L. dai modi pittorici di Moroni (sebbene declinati secondo un modello più rigido e arcaizzante), tuttavia ciò non conferma ipso facto un legame diretto fra i due che, per questo, deve rimanere solo un'ipotesi se non altro fino a quando non si potrà disporre di prove più sicure. Inoltre, la totale assenza a Bergamo di qualsiasi riferimento all'opera del L., almeno fino al 1584, anno in cui gli venne affidata una commissione già di un certo prestigio all'interno di S. Maria Maggiore, ha indotto la critica a sospettare che la formazione del pittore possa essere avvenuta al di fuori dell'area lombarda e più precisamente, visti i continui richiami a modelli della pittura manierista dell'Italia centrale, a Roma e a Firenze (Ravelli, 1983, p. 10, e 1986, p. 243).
Non mancano tuttavia esempi, all'interno del suo ridotto catalogo, che, per l'asprezza dello stile sono stati ricondotti a una fase giovanile del suo linguaggio. Infatti, probabilmente al decennio fra il 1570 e il 1580 si deve collocare l'esecuzione di uno stendardo cerimoniale raffigurante da un lato l'Annunciazione, con ampie e fedeli citazioni tratte dalla tela tizianesca di medesimo soggetto in S. Salvador a Venezia, e dall'altro l'Assunzione della Vergine, di vago sapore raffaellesco: opera menzionata da A. Piccinelli nelle sue postille a F.M. Tassi (II, p. 199) e data per dispersa da Ciardi Dupré (p. 35). Grazie alle ricerche di L. Ravelli (1986, pp. 241 s.) lo stendardo è stato però ritrovato presso una collezione privata di Bergamo e, se la datazione fosse confermata, andrebbe a colmare una lacuna importante nella carriera dell'artista.
Un discorso simile può essere fatto anche per la pala con la Madonna in gloria con i ss. Michele Arcangelo, Giovanni Battista, Antonio da Padova e Maddalena, oggi in S. Maria delle Grazie a Brescia ma proveniente dalla chiesa di S. Giuseppe, per la quale, sempre in virtù delle medesime ragioni stilistiche, è stata avanzata la proposta di un'esecuzione più o meno coeva a quella dello stendardo (Guazzoni, II, pp. 788 s.).
I primi documenti relativi all'attività del L. risalgono però, come si è detto, al 1584. E spetta a Tassi il merito del ritrovamento e della pubblicazione di alcune carte d'archivio che, senza più alcun dubbio, riconobbero finalmente al pittore la paternità di cinque dipinti all'interno della chiesa di S. Maria Maggiore a Bergamo (Tassi, I, pp. 136 s.). Qui, nella cappella cosiddetta del Voto, ancora oggi si trovano la pala d'altare con la Madonna in gloria con il Bambino e i ss. Rocco e Sebastiano, firmata con la sigla "J.P.L." e per questo attribuita anticamente a G.P. Lomazzo, e, sopra di essa, il Serpente di bronzo. Questa piccola tela, insieme con quella raffigurante la Caduta della manna, di identiche dimensioni ma posta all'interno della cappella del Ss. Sacramento e affiancata da un lato dalla Fede e dall'altro dalla Preghiera, costituisce l'unica dimostrazione di pittura narrativa dell'artista e ben dimostra la sua conoscenza di esempi tosco-romani sia per quanto riguarda le scelte cromatiche sia per l'uso di modelli tratti dal repertorio figurativo raffaellesco.
Meritano, invece, un discorso a parte i dipinti provenienti dalla villa dei marchesi Terzi a Gorle, presso Bergamo, oggi custoditi in diverse collezioni private. La serie comprende sei tele di cui quattro raffiguranti le Stagioni e due, rispettivamente, la Punizione di Amore e Venere e Adone (Ravelli, 1983, e 1986, pp. 243 s.).
Il ciclo non è solo una rara dimostrazione delle capacità del L. nell'ambito della pittura profana, poiché in realtà permette di allargare lo sguardo sul campo delle competenze dell'artista che non si limitano alla produzione di dipinti sacri, di cui sicuramente si sono conservati più esempi, ma spaziano altresì verso il genere cosiddetto della "natura morta". Infatti, partendo da un dettaglio presente nel dipinto con l'Autunno, si è tentato di ricondurre alla mano del pittore un piccolo nucleo di opere raffiguranti nature morte che, se l'attribuzione fosse confermata, e non mancano pareri contrari a riguardo (Facchinetti, p. 74), renderebbero il L. uno degli artisti più interessanti in tale genere del tardo Cinquecento lombardo (Ravelli, 1986, pp. 245-247).
Non sussiste invece più alcun dubbio sull'autenticità dell'iscrizione apposta sulla pala raffigurante la Madonna con il Bambino e santi, presso la chiesa parrocchiale di Mazzoleni, piccola frazione di Sant'Omobono Imagna, nel Bergamasco, che attesta l'autografia del dipinto e ne stabilisce la realizzazione al 1588. Tali conclusioni infatti sono state confermate anche dal restauro eseguito sull'opera nel 1998 e hanno conseguentemente autorizzato la definitiva permanenza della pala all'interno del ristretto corpus di dipinti dell'artista (Berizzi - Gritti; Facchinetti, p. 70).
Successivamente, nel 1592, il pittore ancora firmava e datava un quadro: il Ritratto dell'architetto Paolo Berlendis, ora nella Biblioteca civica di Bergamo. Nonostante il dipinto non ponesse dubbi sulla corretta attribuzione (la sigla che ricorre è la stessa presente sulla pala d'altare della cappella del Voto) venne aggiunto al catalogo dell'artista solo a cominciare da P. Locatelli nel 1869 (I, pp. 268 s.; II, p. 284).
Il dipinto si rivela in realtà di fondamentale aiuto per la datazione di altre tele che si scoprono affini e per stile e per impianto compositivo. Così è infatti per la pala di Paladina, vicino a Bergamo, con la Madonna con il Bambino e i ss. Alessandro e Giovanni Battista; per il Ritratto di gentildonna seduta dell'Accademia Carrara; per l'Incredulità di s. Tommaso della chiesa parrocchiale di Borgo Santa Caterina; e infine per il Ritratto di Paolo Berlendis e dei suoi figli del palazzo municipale di Bergamo, dove compare una significativa evoluzione delle potenzialità espressive dovute a una maggiore maturità del pittore (Ciardi Dupré, p. 32).
Di notevole interesse anche il Ritratto di Alessandro Alberti con un paggio, ritenuto opera del L. da F. Zeri (Fredericksen - Zeri, p. 152). Il dipinto si trova oggi nella Kress Collection presso la National Gallery of art di Washington e richiama sotto molti aspetti la ritrattistica moroniana sia per il taglio della scena sia per la posa dei due personaggi sia infine per l'accuratezza nella resa dei dettagli del prezioso abbigliamento.
Le ultime testimonianze relative all'attività del L. risalgono al 1594. Infatti, questa data era apposta insieme con la firma sulla tela eseguita per la chiesa di S. Rocco a Calcinate raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e i ss. Vittore e Antonio Abate. In realtà oggi l'iscrizione non è più visibile; ma è confermata dal racconto fededegno di Giacomo Carrara che riferisce di averla letta sul basamento di pietra sopra il quale è dipinta la figura di s. Antonio Abate (in Ciardi Dupré, p. 33; Facchinetti, pp. 72, 74). Infine ancora al 1594 risale la citazione dell'artista all'interno di uno dei registri dell'Archivio della Congregazione della Misericordia di Bergamo. In questo caso il pittore compare, insieme con Enea Salmeggia e con un certo "figliol di Joachin", come partecipante al concorso per l'assegnazione della decorazione dell'organo di S. Maria Maggiore, incarico che venne successivamente affidato a Salmeggia (Ciardi Dupré, p. 17).
Il L. morì a Bergamo il 19 nov. 1595 (Tassi, I, p. 139).
Fonti e Bibl.: A. Muzio, Theatrum, sex partibus distinctum, Bergomi 1596, c. 120v; D. Calvi, Effemeride sagro profana di quanto di memorabile sia successo in Bergamo sua diocesi et territorio, Milano 1676, I, p. 385; II, p. 310; III, p. 319; F.M. Tassi, Vite de' pittori, scultori e architetti bergamaschi (circa 1793), a cura di F. Mazzini, Milano 1970, I, pp. 136-139; II, p. 199; P. Locatelli, Illustri bergamaschi, Bergamo 1869, I, pp. 268 s.; II, pp. 279-284; L. Pagnoni, Scoperti due stendardi del Salmeggia e del L., in Eco di Bergamo, 12 maggio 1963; B.B. Fredericksen - F. Zeri, Census of pre-nineteenth century Italian paintings in North American public collections, Cambridge, MA, 1972, p. 152; L. Pagnoni, Iconografia della Madonna del Rosario nelle chiese del Bergamasco, in La diocesi di Bergamo. Stato del clero e delle attività cattoliche della città e della diocesi di Bergamo, Bergamo 1973, pp. 434-439; Id., Le chiese parrocchiali della diocesi di Bergamo, Bergamo 1974, pp. 40, 315, 636, 698, 811, 849, 952; M.G. Ciardi Dupré, in I pittori bergamaschi. Il Cinquecento, IV, Bergamo 1978, pp. 13-45; L. Ravelli, Un ciclo di pitture profane di G.P. L., in La Rivista di Bergamo, XXXIV (1983), 1, pp. 7-10; L. Salerno, La natura morta italiana della raccolta di Silvano Lodi (catal., Monaco), Firenze, 1984, p. 22; L. Ravelli, Inediti e qualche proposta per l'attività di G.P. L., in Arch. stor. bergamasco, VI (1986), 2, pp. 241-247; V. Guazzoni, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1988, I, pp. 104 s., 110; II, pp. 788 s.; G. Knox, The unified church interior in Baroque Italy: S. Maria Maggiore in Bergamo, in The Art Bulletin, LXXXII (2000), pp. 679-701; F. Berizzi - N. Gritti, Restauri 1996-99, Bergamo 2000, pp. 158-160; S. Facchinetti, Da Bergognone a Tiepolo. Scoperte e restauri in provincia di Bergamo (catal., Bergamo), Cinisello Balsamo 2002, pp. 70-75; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXVI, p. 11.