PIANTAVIGNA, Gian Maria
PIANTAVIGNA, Gian Maria. – Figlio di Giovan Battista, nacque, forse a Bologna, probabilmente entro il 1520; il padre, intagliatore, operò a lungo nel Bresciano, dove è attestato dal 1530 al 1543, mentre nel 1546 era già morto (Boselli, 1977, p. 247).
Del 1541 è il primo documento bresciano che cita Piantavigna, assieme al fratello Girolamo, entrambi «intaliator [es] lignaminum» (ibid., pp. 247 s.). Nelle carte degli anni Quaranta Piantavigna è detto «bononiensis» (1545) o «mediolanensis» (1547) (ibid., p. 248), probabilmente a testimoniare un soggiorno nella città ambrosiana. Nel 1548 periziò per il Comune di Brescia l’ancona intagliata diversi anni prima da Stefano Lamberti per S. Rocco, ma poi trasferita in S. Giuseppe (Fenaroli, 1877, p. 165; Boselli, 1962). Nel 1549 «Johannes Maria q Baptiste de Mediolano», ossia Piantavigna, e Andrea Olivieri stimarono il coro di S. Afra in Brescia (Boselli, 1977, p. 248). Il 12 aprile 1550 Piantavigna fu padrino al battesimo di Caterina, figlia di Alessandro Bonvicino, detto il Moretto (Gombosi, 1940, p. 119), a testimonianza di rapporti di familiarità tra i due artisti. Il 19 marzo 1551 Piantavigna, residente a Brescia, fu pagato come «fabricator ornamentorum et capsae organorum» del duomo di Milano, per un totale di mille scudi, con l’impegno di completare il lavoro entro aprile (Annali, 1881, p. 5). Lo strumento fu commissionato nel 1552 a Gian Giacomo Antegnati (Fait, 1986, pp. 191-194). Nel 1555 Piantavigna, definito architetto e intagliatore bresciano, fu pagato – a nome suo e dei suoi collaboratori, tra i quali il fratello Girolamo – per vari lavori eseguiti nella chiesa di S. Benedetto in Polirone: il coro ligneo, l’ancona e il tabernacolo dell’altare maggiore e alcuni leggii (Mischiati, 1989).
Il progetto degli stalli del coro, tuttora esistenti, è stato attribuito a Giulio Romano (Gombrich, 1984; Adorni, 2012), ma l’ipotesi non pare del tutto persuasiva, poiché il ricco repertorio ornamentale – festoni, rosoni, grilli e arpie – è privo del gusto caricaturale e umoristico di Giulio e l’insieme è caratterizzato da sobria eleganza. Si trattò, comunque, del primo incarico documentato con certezza riguardante l’attività di Piantavigna per la committenza benedettina che in seguito a lungo lo favorì.
Il 17 maggio 1557 Piantavigna si impegnò a fornire per il duomo di Milano l’ornamento con figure «in la rotta sopra lo tiburio d’esso organo», assieme al «pedestallo grande da basso» (Annali, 1881, p. 26) per un compenso complessivo corrispondente a 16.884 lire imperiali (Annali, 1881, pp. 26 s.; Fait, 1986, p. 194). Il 15 dicembre dello stesso anno Piantavigna fornì al Romanino le misure per dipingere la Vocazione di s. Pietro per la chiesa benedettina di S. Pietro a Modena (Campori, 1855; Frangi, 2006), opera di cui avrebbe quindi realizzato la cornice (Nova, 1994, p. 348); un manoscritto del 1710-1711 ci informa invece che nel 1557 a Brescia era stata eseguita la cornice del Martirio dei ss. Pietro e Paolo, completato dieci anni prima da Niccolò dell’Abate per l’altare maggiore (Modena, Biblioteca Estense, ms. α.R.8.2: M.A. Lazarelli, Informatione dell’Archivio del Monistero di S. Pietro di Modana. Parte seconda, c. 69; Id., Pitture delle chiese di Modana [1714], a cura di O. Baracchi Giovanardi, Modena 1982, p. 109 n. 13), ed è probabile che Piantavigna avesse quindi intagliato questa cornice e non quella per la tela di Romanino.
Tra il 1561 e il 1563 Piantavigna intagliò gli armadi in noce della sagrestia del Polirone (Piva, 1981; Belluzzi, 2001, pp. 143 s.), ancora esistenti. Assieme ai lavori nel coro, si tratta dell’impegno più rilevante dell’artista. La struttura, di carattere sostanzialmente architettonico, è impreziosita da festoni, candelabre e grottesche.
Il 10 agosto 1563 un «M.ro Hieronimo trebesco da Gusago» si impegnò a intagliare la cassa dell’organo di S. Alessandro a Brescia, «secondo il disegno de la ditta cassa fatto per M.ro Gio. Maria di Piantavigni intaiador in Brescia» (Guerrini, 1986, p. 548), il quale si ritagliava dunque il ruolo di progettista. Nel 1565 Piantavigna fu pagato «pro suo cornisamento et una bancha pro altari S. Mariae de Dom» (Fenaroli, 1877, p. 196; Volta, 2001, p. 68).
Nel 1570 Piantavigna doveva presentare un modello per i contropiloni e le cappelle della chiesa di S. Faustino Maggiore a Brescia, inclusivo di misure, «cornicioni» e «qualunque altro ornamento» (Volta, 1999, pp. 45 s.). È questa una delle prime effettive attestazioni della sua attività di architetto e ingegnere, che prese piede nella seconda metà degli anni Sessanta. Intorno al 1567 fu impegnato nell’ampliamento e sistemazione dell’episcopio bresciano, dove sarebbero a lui riconducibili le ali sud e ovest, nonché il prospetto principale, realizzati su commissione del vescovo Domenico Bollani e caratterizzati da controriformistica austerità (Tartaglia, 1963, pp. 862-864).
Il 1571 fu un anno denso di impegni. Il 2 gennaio il lapicida tedesco Giorgio Solzi, o Solci, fu incaricato di aprire una grande porta nel campanile del duomo secondo disegni dell’«ingenerius» Piantavigna; intervento che avrebbe poi condotto a un indebolimento strutturale e, infine, al collasso della complesso nel 1708 (Zamboni, 1778, pp. 111 s.; Boselli, 1957, p. 355). Nello stesso anno Piantavigna fornì un progetto per una serie di lavori nel duomo Vecchio: due porte da porsi nel campanile e nella cappella delle Ss. Croci; due cappelle, «unam a meridie parte et alteram a monte parte foraminum in veteri muro facto» e un vestibolo lapideo davanti alla porta creata nella torre (ibid., p. 363); l’intaglio dell’ancona per l’altare maggiore, tuttora in sito e ospitante l’Assunzione della Vergine del Moretto (Fenaroli, 1877, p. 196; Boselli, 1957, p. 356; Savy, 2006, p. 138 n. 188). Nell’ambito degli stessi interventi Piantavigna ordinò anche una nuova intonacatura della cupola, in vista dei lavori di pittura che di lì a breve sarebbero stati affidati a Cristoforo Rosa (Volta, 2001, p. 69).
Il 2 giugno 1572 Piantavigna fu ufficialmente eletto architetto del Comune di Brescia (Boselli, 1957, p. 355). Nel 1572 come «ingeniarius» fu pagato «occasione fabricae tam factae quam facendae in ecclesia Cattedrali Brixiae tam S. Mariae Rotundae, quam S. Petri» (Brognoli, 1826, p. 231); ancora nel 1572 progettò la «strata nova subterranea» di collegamento tra la Rotonda, ossia il duomo Vecchio, e il palazzo vescovile (Volta, 2001, p. 81 n. 75). I suoi interventi sulla chiesa di S. Pietro de Dom ne compromisero tuttavia la stabilità, sicché nel 1604 fu necessario abbattere l’edificio (Fappani, 1978, p. 40); in generale, sembra che la conversione di Piantavigna alla professione di architetto e ingegnere non sia stata preparata o accompagnata da competenze adeguate.
Nel 1573 gli scultori Matteo e Gian Giacomo da Lugano e Martino Bissone si impegnarono a realizzare la balaustra lapidea sopra la trabeazione del portico del palazzo della Loggia di Brescia, su modello di Piantavigna (Zamboni, 1778, p. 81); il lavoro non fu tuttavia concluso (Lucchesi Ragni, 1995).
Nel 1575 Piantavigna consegnò la sua ultima opera autografa di intaglio: il Crocifisso in legno di pero per il coro del duomo di Asola commissionatogli dieci anni prima e trasferito, cinque anni più tardi, alla sommità del presbiterio; nel 1865 l’opera fu poi ceduta alla vicina chiesa parrocchiale di Barchi, dove tuttora si conserva (Besutti, 1915).
È l’unica scultura figurativa a oggi esistente dell’intagliatore e, nonostante qualche accento realistico, mostra un’armonia e un equilibrio formale che la pongono nella corrente classicista del Cinquecento lombardo (Grassi, 1975, p. 101). La scultura è realizzata senza policromie, in ossequio a un gusto cinquecentesco che esprimeva apprezzamento per gli intagli lignei così perfetti da rendere superfluo un trattamento pittorico della superficie.
Larga parte delle opere di Piantavigna è perduta, ma alcune gli sono state attribuite su base stilistica; tra queste, per esempio, l’ancona lignea intagliata, del 1552, che ospita l’Assunzione della Vergine del Moretto all’altare maggiore dell’abbazia benedettina di Maguzzano (L’Occaso, 2012); la grande macchina – la cui struttura classica e sobria è confrontabile con quella dell’altare maggiore del duomo Vecchio – fu ridorata e dipinta nel 1607.
Sono state assegnate a Piantavigna anche due sculture in pioppo, raffiguranti S. Benedetto e S. Simeone, poste nella sagrestia polironiana (Artoni, 2008, p. 142 nn. 44 s.), ma di scarsa qualità ed estranee al suo linguaggio; anche l’altare ligneo che nei Ss. Faustino e Giovita a Caionvico (Brescia) ospita l’Ultima Cena attribuita a Pietro Marone (Anelli, 1975) sembra di altra mano e forse è databile alla fine del secolo.
Morì, forse a Brescia, poco dopo il 27 ottobre 1575, data in cui è menzionato ancora in vita in un documento con il quale il lapicida Martino da Bissone s’impegnava a realizzare la fontana dei Pescherii su suoi disegni (Boselli, 1957, pp. 356, 364).
Dei figli, Alessandro fu architetto (Fenaroli, 1877, p. 196), Giovan Battista fu intagliatore e continuò la collaborazione con gli Antegnati (Piazzi, 1975; Fappani, 1978, p. 39; L. Pilon, L’attività degli Antegnati nella basilica di S. Maria Maggiore di Bergamo, in Gli Antegnati. Studi e documenti..., a cura di O. Mischiati, Bologna 1995, p. 267).
Fonti e Bibl.: Oltre alle fonti documentarie citate nel testo si vedano: B. Zamboni, Memorie intorno alle pubbliche fabbriche…, Brescia 1778, pp. 81, 111 s., 120; P. Brognoli, Nuova guida per la città di Brescia, Brescia 1826, pp. 34, 226, 231; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, p. 410; S. Fenaroli, Dizionario degli artisti bresciani, Brescia 1877, pp. 165, 195 s.; Annali della fabbrica del duomo di Milano, IV, Milano 1881, pp. 5, 26 s.; A. Besutti, La chiesa cattedrale di Asola, in Brixia Sacra, VI (1915), 1, p. 15; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, p. 563, s.v.; G. Gombosi, Appunti d’archivio: nuovi elementi per la biografia del Moretto, in Rivista d’arte, 1940, n. 22, pp. 119 s.; C. Boselli, L’architetto comunale di Brescia nel secolo XVI, in Atti del V Convegno nazionale di storia dell’architettura. Perugia… 1948, Roma 1957, pp. 355 s., 363 s.; C. Boselli, Stefano Lamberti a Brescia..., in Arte lombarda, VII (1962), 1, pp. 23 s.; N. Tartaglia, in Storia di Brescia, II, La dominazione veneta (1426-1575), Brescia 1963, pp. 836 s., 862-864; M. Grassi, in Tesori d’arte nella terra dei Gonzaga (catal., Mantova), Milano 1974, pp. 155, 180; L. Anelli, L’altare dell’Ultima Cena a Caionvico, in Brixia Sacra, n.s., X (1975), 6, p. 189; M.G. Grassi, Gli arredi lignei e l’intaglio negli edifici religiosi di Mantova e del Mantovano, in Arte lombarda, 1975, nn. 42-43, pp. 100 s.; A. Piazzi, La Confraternita dei Disciplini e la chiesa del Corlo in Lonato, Verona 1975, p. 299; C. Boselli, Regesto artistico dei notai roganti in Brescia dall’anno 1500 all’anno 1560, in Commentari dell’Ateneo di Brescia. Supplementi, I, Brescia 1977, pp. 247-249; A. Fappani, Enciclopedia bresciana, XIII, Brescia 1978, pp. 39 s., s.v.; P. Piva, L’arte a Polirone..., in I secoli di Polirone (catal., San Benedetto Po), I, Quistello 1981, pp. 43 s.; E. Gombrich, Il palazzo del Te. Riflessioni su mezzo secolo di fortuna critica, 1932-1982. L’opera di Giulio Romano..., in Quaderni di Palazzo Te, 1984, n. 1, p. 51; R. Fait, Organi e organisti del duomo dalle origini al 1562, in Sei secoli di musica nel duomo di Milano, a cura di G. De Florentiis - G.N. Vessia, Milano 1986, pp. 191-194, 202; P. Guerrini, Note storiche e problemi musicali. III (Pagine sparse, 13), Brescia 1986, pp. 548 s.; O. Mischiati, Novità documentarie..., in Dal Correggio a Giulio Romano… (catal., San Benedetto Po), a cura di P. Piva - E. Del Canto, Mantova 1989, pp. 147-150; Il ritorno dei profeti (catal.), a cura di G. Agosti - C. Zani, Brescia 1993, pp. 42 s.; A. Nova, Girolamo Romanino, Torino 1994, pp. 266 s., 348; E. Lucchesi Ragni, L’ordine superiore della Loggia (1549-1569), in V. Frati - I. Gianfranceschi - F. Robecchi, La Loggia di Brescia e la sua piazza, II, Brescia 1995, p. 244; V. Volta, Evoluzione edilizia del complesso di S. Faustino, in La chiesa e il monastero benedettino di S. Faustino Maggiore in Brescia, Brescia 1999, pp. 45 s.; A. Belluzzi, Documenti polironiani..., in Storia di S. Benedetto Polirone, V, 5, L’età della soppressione, a cura di P. Piva - M.R. Simonelli, Bologna 2001, pp. 136 s., 143 s.; V. Volta, Una Rotonda per le Sante Croci, in Le Sante Croci. Devozione antica dei bresciani, Brescia 2001, pp. 68 s., 81 n. 75; F. Frangi, in L’ultimo Romanino (catal., Brescia), a cura di E. Lucchesi Ragni - R. Stradiotti - F. Frangi, Cinisello Balsamo 2006, p. 76; B.M. Savy, «Manducatio per visum». Temi eucaristici nella pittura di Romanino e Moretto, Cittadella (Padova) 2006, pp. 112, 126, 138 n. 188; P. Artoni, in L’abbazia di Matilde... (catal., San Benedetto Po), a cura di P. Golinelli, Bologna 2008, pp. 142 nn. 44 s., 187 n. 79; B. Adorni, Giulio Romano architetto…, Cinisello Balsamo 2012, p. 128; S. L’Occaso, Lattanzio Gambara a Maguzzano, in Prospettiva, 2012, nn. 147-148, p. 177.