GIORDANO, Gian Giacomo
Nacque da Francesco e Claudia Carosielli a Castel Baronia, diocesi di Trevico (Avellino), probabilmente intorno al 1591 e gli fu imposto il nome di Geronimo. Tra il 1611 e il 1615, dopo aver completato il periodo del noviziato presso il convento di Montevergine, il G. prese i voti come monaco dell'Ordine di S. Benedetto della Congregazione della Ss. Vergine Maria.
Maestro in teologia, benché non addottorato - come era invece necessario secondo l'usanza del suo Ordine -, il G. ricoprì diverse cariche: dapprima fu nominato priore, quindi definitore, abate, maestro dei novizi, visitatore, due volte procuratore generale e, infine, quattro volte abate generale. Nel 1643 a Napoli diede alle stampe la Vita sanctissimi patris Guiglielmi Vercellensis abbatis fundatoris Congregationis Montis Virginis Ord. Divi Benedicti…, e nel 1649 riuscì a pubblicare, sempre a Napoli, le Croniche di Montevergine. Il 28 ott. 1651 fu nominato da Innocenzo X vescovo di Lacedonia.
La piccola diocesi - che comprendeva, oltre alla città, soltanto il casale denominato Rocchetta -, era nella provincia del Principato Ultra del Regno di Napoli e contava una popolazione di duecento "fuochi", per un totale di mille abitanti. Soggetta al potere temporale del principe Doria, nello spirituale era suffraganea della chiesa metropolitica di Conza. La chiesa cattedrale - posta al di fuori della città e intitolata all'Assunzione - comprendeva cinque "dignità" (arcidiacono, archipresbitero, primicerio, cantore e tesoriere) e sette altri canonici; l'ubicazione esponeva la cattedrale ai pericoli di atti vandalici e quindi la cura delle anime era esercitata nella chiesa di S. Antonio, dove si trovava il fonte battesimale.
Le entrate della mensa episcopale, benché non gravate da pensioni, ascendevano alla modesta cifra di 500 ducati annui. In diocesi, inoltre, non era presente alcun ordine religioso e le uniche istituzioni pio-laicali erano tre confraternite, delle quali due attive nella chiesa di S. Antonio (Ss. Corpo di Cristo e Ss. Rosario) e una nella cattedrale (S. Marco evangelista).
Il G. giunse a Lacedonia con il mandato di riparare la cattedrale e la sede del vescovato, provvedere la sacrestia delle necessarie suppellettili, istituire le due prebende per il teologo e per il penitenziere e, infine, erigere il seminario e il Monte di pietà. Trovò una situazione in cui le principali riforme conciliari non erano ancora state attuate: i suoi predecessori, nonostante le piccole dimensioni della diocesi, avevano avuto scarsi mezzi economici a disposizione, data l'esiguità della rendita vescovile. Nel corso del suo decennale governo spirituale egli visitò la diocesi; dedicò cure particolari all'insegnamento della dottrina cristiana, confermò i dettami sinodali del suo predecessore, Giovanni Girolamo Campanile (1608-25), in materia di riforma del popolo e del clero e dell'incremento del culto; presentò due relazioni ad limina, per mezzo del procuratore F. Bonaventura, canonico e tesoriere della chiesa cattedrale, il 20 ott. 1652 e l'11 maggio 1660. Fece inoltre ricostruire il palazzo vescovile e donò numerose suppellettili.
Il G. morì a Lacedonia il 9 nov. 1661 e fu sepolto nella cattedrale.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Sacra congregazione del Concilio, Relationes ad limina, Laquedonen., 433/A, ad annum; Arch. concistoriale, Acta Camerarii, 19, c. 196v; Processus Datariae, 30, cc. 87r-93r; Abbazia di Montevergine, Regesto delle pergamene, a cura di G. Mongelli, VI, Roma 1958, ad ind.; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, pp. 109, 146; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, VI, Venetiis 1720, p. 842; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, XX, Venezia 1866, p. 563; P. Gauchat, Hierarchia catholica, IV, Monasterii 1935, p. 215.