FONTANA, Gian Giacomo
Di estrazione borghese, figlio di Matteo e di Maria Maddalena Rota, nacque presumibilmente a Mondovì nel 1674. Compì gli studi nell'università cittadina, dove il 26 sett. 1691 conseguì la laurea in legge, assumendo il titolo di dottore collegiato il successivo 16 ottobre. Nel 1695 ottenne il signorato acquistando dai de Piene una parte dei territori di Torre d'Ussone. Nominato intendente, fu destinato a Nizza, dove per qualche anno dovette occuparsi di varie questioni di carattere fiscale. Sposò Anna Maria Francesca Faussone ed ebbe. due figli, Ignazio Amedeo (che morì il 10 dic. 1747) e Maurizio Nicolò (morto il 10 marzo 1746, in fama di santità).
Nel 1706, durante l'assedio di Torino, il F. si occupò degli spostamenti e dell'alloggiamento delle truppe, dimostrando ottime doti di organizzatore. Nel 1709, con patenti del 23 giugno, venne chiamato a ricoprire la carica di contadore generale delle milizie e genti di guerra. Nel 1711 fu nominato, con il senatore G.B. Dentis, commissario plenipotenziario a Milano per la risoluzione delle vertenze con l'imperatore. Secondo le istruzioni del 23 dicembre la missione, durata sino al maggio 1713, doveva ottenere la cessione dei territori di Vigevano, di Alessandria e della Lomellina, promessi dal trattato.
Con una "Memoria istruttiva" del 15 sett. 1713, il F. fu incaricato di recarsi a Genova per ritirare dal marchese Villamayor gli ordini del re per il trasporto delle truppe ispaniche dalla Sicilia alla Spagna.
Negli anni 1714-15 il F. fu in Sicilia con l'incarico di riformare il sistema fiscale. Le sue relazioni da Palermo - dove si dovette anche occupare dei delicati rapporti con i locali feudatari di origine spagnola - informavano la corte sabauda della situazione politica siciliana complessiva, inclusi i rapporti con la corte di Roma.
Rientrato a Torino, nell'agosto del 1715 il F. si adoperò per risolvere una questione sorta con Genova in merito a un carico daziale sulle "merci di ponente" che aveva spinto il Piemonte a cercare nuove soluzioni per l'importazione. Il F. dovette anche prendere parte a un congresso, dal quale scaturì la proposta, peraltro rimasta inattuata, di introdurre tali merci attraverso Nizza e Villafranca.
Nel 1718 il F. venne inviato in missione diplomatica a Vienna per proporre la cessione della Sicilia all'imperatore in cambio delle terre dello Stato di Milano al di qua del Ticino e dei matrimonio dell'arciduchessa Maria Giuseppina con Carlo Emanuele, principe di Piemonte, proposte che però non ebbero seguito. Dal 9 aprile ai primi di giugno 1719 il F. fu a Napoli per occuparsi dell'evacuazione del Regno di Sicilia. Dopo una missione a Cagliari nel 1720, nel 1721 fu inviato due volte in Germania per il trattato di matrimonio tra il principe di Piemonte e Cristina Luisa di Baviera.
L'8 luglio 1722 il F. acquistò i luoghi di Monastero di Vasco, per i quali venne infeudato con il titolo di conte. Il 27 apr. 1724 dovette recarsi a Rheinfelds per le trattative delle seconde nozze di Carlo Emanuele con Polissena Giustina d'Assia-Rheinfelds e nello stesso anno fu a Francoforte e a Basilea. Il 10 nov. 1728 venne nominato primo segretario di guerra. Più volte si interessò alla riforma della legislazione del Regno e non solo in materia militare. Il 18 nov. 1729 gli fu concesso il permesso di continuare la sua attività di filatore di seta, ma risulta anche essere stato padrone di manifatture di lana. Il 21 sett. 1730 venne nominato ministro di Stato. Nel marzo del 1731 ottenne il feudo di Cravanzana, al quale seguì, in data 11 giugno, l'attribuzione del titolo di marchese.
Nel 1736 fu chiamato, con V.A. Saint-Laurent e A. Petitti, a elaborare un parere, che venne reso in data 25 aprile, sull'editto di imposizione straordinaria del 29 successivo. Il 3 giugno 1737 presentò con il Saint-Laurent e G.-F. Maistre una proposta di riscatto dei beni demaniali alienati durante la guerra.
Dissensi sulla sua gestione della segreteria di Guerra con il gran cancelliere C.F. Ferrero, marchese d'Ormea, che si preparava a sostituirlo con G.B. Bogino, lo indussero a chiedere la dispensa dalla carica di primo segretario, onorevolmente accordatagli con patenti del 13febbr. 1742; gli venne concesso anche un congruo trattamento economico.
Il F. morì a Torino il 10 marzo 1751.
Nel suo testamento, redatto in data 5 maggio 1740, il F. aveva stabilito la primogenitura per i discendenti maschi. Erede universale fu quindi il nipote, per la morte di Ignazio Amedeo e di Maurizio Nicolò, che era stato nominato erede particolare. L'atto di ultima volontà conteneva anche una lunga serie di legati e le disposizioni del F. per la propria sepoltura nella chiesa della Congregazione di S. Filippo Neri.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. di corte, Lettere particolari, Lettera F, mm. 53-56 (Fontana Gian Giacomo); Ibid., Lettere ministri, Milano, m. 45, n. 2; Ibid., Napoli, m. 8; Ibid., Real Casa, Matrimoni, m. 39, nn. 5-7, 10-11; m. 40, n. 11 Ibid., Materie economiche, Demanio, donativi, sussidi, m. 12, n. 20; Ibid., Negoziazioni Spagna, m. 6, b. 35; Ibid., Materie politiche, Negoziazioni Austria, m. 9; Ibid., Arch. camerale, Patenti controllo finanze, regg. 1708, II, ff. 163, 165; 1709 in 1711, f 5; 1711 in 1712, ff. 108, 113; 1712 in 1713, f. 41; 5, f. 69; 6, f. 168; 7, f. 11 1; 8, f. 104; 9, f. 22; Ibid., Patenti Piemonte, 164, f 11v; Roma, Bibl. dell'Ist. della Enciclopedia Italiana, A. Manno, Il patriziato subalpino, VI, 2, S. V.; P. G. Galli Della Loggia, Cariche del Piemonte e Paesi uniti, Torino 1798, III, pp. 71, 196; G. Grassi di Santa Cristina, Dissertazioni sopra l'univ. degli studi e sopra la tipografia di Mondovì, Mondovì 1804, p. 118; D. Carutti, Storia del regno di Carlo Emanuele III, Torino 1859, pp. 13, 204; Id., Storia della diplomazia della corte di Savoia, III, Torino-Firenze-Roma 1880, p. 532; F. Venturi, Il Piemonte dei primi decenni del Settecento nelle relazioni dei diplomatici inglesi, in Boll. storico bibl. subalpino, LIV (1956), p. 237; G. Quazza, Le riforme in Piemonte nella prima metà del Settecento, Modena 1957, I, pp. 49 s., 184, 191; II, pp. 242, 260, 283, 305; Id., Il problema ital. e l'equilibrio europeo 1720-1738, Torino 1965, p. 108; G. Symcox, Vittorio Amedeo II. L'assolutismo sabaudo (1675-1730), Torino 1985, p. 230.