CIPELLI (Cipello), Gian Giacomo
Nacque, nel 1484 a Maleo, in provincia di Milano, da Antonio, membro di una famiglia illustre e agiata.
Si ricorda che nel 1339 un Nicolò Cipelli lasciò metà di una sua casa per l'erezione in Maleo di un pubblico ospedale, mentre alla fine del sec. XV Elena de' Pezandri, vedova di un Pietro Antonio Cipello, con altre benefattrici si offerse generosamente di acquistare un terreno fra Maleo e Pizzighettone su cui doveva sorgere un convento di francescani. Della nobiltà della famiglia del C. fa fede anche lo stemma araldico, consistente in un'arma parlante che reca nel secondo partito tre "cipelli" o zoccoli di mandriani, detti in dialetto "zupei". Lo stemma è ricamato sia sulle bende della mitra del C. sia su documenti pastorali che tutt'ora si conservano.
Il C. studiò a Milano diritto ecclesiastico e teologia ed è abnoverato, a quanto sembra. tra gli "scriptores Archivii" di Milano, sorta di associazione dei segretari del ducato che, verso gli anni in cui ne fu membro il C., faceva capo a Iacopo Antiquari, umanista e amico del Poliziano.
Questo si deduce da una lettera di Bartolomeo Ripari, consigliere del Comune di Pizzigliettone, indirizzata da Lodi, in data 4 luglio, "Ioanni Iacobo Cipello scriptori Archivii". La lettera si trova nella coronide della Oratio pro populo Mediolanensi in die triumphi ad Lodovicum regem Francorum et ducem Mediolanensi (c. 10v), pronunciata da Iacopo Antiquari per incarico del popolo milanese subito dopo la vittoria riportata sui Veneziani dalle truppe di Luigi XII ad Agnadello. Siccome l'orazione fu stampata in Milano da Alessandro Minuziano "die XVIII Iuni MCCCCCIX" (nonostante che il Gesamtkat. der Wiegendr., n. 2067, e l'Ind. gener. degli Incunab., n. 603, l'attribuiscano a una data prossima al 1500), se ne ricava che all'inizio dell'estate del 1509 il C. si trovava a Milano e godeva della protezione di influenti personaggi, che in seguito contribuirono a fargli ottenere la prepositura. Dalla lettera risulta che ufficio del C. era quello di trascrivere copie dell'orazione (ancora manoscritta) per Bartolomeo Fedro e Annibale Gennaro, che le avrebbe portate a Napoli.Il 2 sett. 1509, con lettera di papa Giulio II presentata dal padre, il C. fu designato prevosto di S. Bassiano di Pizzighettone, con una procedura insolita, in quanto la Comunità godeva del privilegio di eleggersi i propri parroci. Dopo lunga discussione, la nomina del C., che già aveva ottenuto i benefici della prepositura dei ss. Gervasio e Protasio in Maleo (collegiata dal 1497), fu ratificata dalle autorità comunali. L'Arisi (Cremona literata, p. 65) riferisce che il C. soggiornò lungamente a Roma, "caro per le sue insigni qualità" al pontefice Clemente VII (salito al soglio papale nel 1523), ed è probabile che al periodo romano si debbano riferire le due cariche di protonotario apostolico e accolito cappellano del numero dei partecipanti di Sua Santità. Fu allora che il C. entrò a far parte della cerchia di poeti, artisti e letterati che si riunivano intorno a Giovanni Goritz, prelato di origine lussemburghese con vocazione di mecenate, che nel 1512 aveva fatto eseguire da Andrea Contucci (il Sansovino) un gruppo marmoreo di S. Anna con la Vergine e il Bambino destinato alla chiesa di S. Agostino in Roma. Nel 1524, per onorare appunto la liberalità del Goritz, fu pubblicata da Blosis Palladio con il titolo di Coryciana (ilnome del Goritz era stato latinizzato in "Ianus Corycius") una miscellanea contenente poesie latine di vari autori, che per lo più consistono in una minuziosa descrizione del monumento predetto. Fra i molti contributi si leggono le uniche due poesie del C. che noi conosciamo.
L'autore, che vi è detto "Cremonese", protesta nel primo componimento in faleci di non poter celebrare contemporaneamente l'abilità dello scultore, la munificenza dei Goritz e la divinità del Cristo, perché questo compito converrebbe piuttosto a Ermete Trismegisto. Nel secondo, che è un epigramma di due distici elegiaci, il C. sottolinea ancora una volta l'immortalità della scultura e la generosità del Goritz, che "dà più di quanto riceva". Negli stessi Coryciana, il C. viene- nominato con lode nell'elegia di G. F. Anisio.
Che il C. abbia mantenuto anche in seguito eccellenti rapporti con il Goritz e con l'ambiente pontificio dimostra una sua lettera del 5 ag. 1527 al cardinale Ercole Gonzaga, in cui si allude alle traversie dello stesso Goritz, riparato a Verona dopo il sacco di Roma (Luzio, Isabella dEste, p. 102 n. 2).
L'avvenimento più importante della vita del C. fu certamente l'incontro con il re di Francia Francesco I, avvenuto in Pizzighettone dove, dopo la sconfitta di Pavia, il sovrano era sratq portato prigioniero il 27 febbr. 1525. In qualità di prevosto, il C. fece visita a Francesco I recandogli in omaggio un manto di velluto cremisi (Pollaroli, Tentativi, p. 268) e contribuì molto a sollevarne il morale abbattuto. Era presente quando il vescovo A. Pucci, inviato straordinario del papa Clemente VII, recò a Francesco I un breve di conforto del pontefice.
Da alcune notizie ricavate dai Diarii del Sanuto si può supporre che il C. facesse un po' da tramite fra il re francese, il cardinale Giovanni Salviati e i congiurati guidati da Girolamo Morone che avevano intenzione di far evadere il re dal castello di Pizzighettone per metterlo a capo dell'alleanza antispagnola.
Come ricompensa di questa sua attività il cardinal Salviati, che era giunto l'11 maggio 1525 in città accompagnato da Bernardino della Barba, nunzio pontificio presso gli Imperiali, per rendere visita al re, gli portò una bolla dataa 4 maggio 1525, con la quale si erigeva S. Bassiano - riprendendo la mozione del consigliere della Comunità, Bartolomeo Ripari, che risaliva al 1509 - in collegiata.
Dovendo i parroci essere "dottori" a norma dello statuto della collegiata, o dovendo il designato addottorarsi entro l'anno di nomina, fu necessario che il C. si laureasse in utroque iure, e siccome il decreto del suo diploma, convalidato dall'arcivescovo di Milano, reca la data 23 apr. 1524, si può credeire che la notizia ufficiosa della sua nuova carica gli fosse pervenuta tempo prima.
Numerosi erano i privilegi della collegiata e del prevosto, ma essi, ribaditi con bolla del cardinale Ippolito de' Medici in data 2 febbr. 1529, che si conserva nel Museo civico di Pizzighettone, andarono in disuso dopo la morte del Cipelli.
Il re Francesco I, partito dalla città dopo una prigionia di settantánove giorni, gli inviò da Madrid, dove per circa un anno fu trattenuto in ostaggio da Carlo V, ricchi doni che ancora oggi si trovano nella chiesa di S. Bassiano: un mantello e una pianeta intessuti d'oro, un pallio d'altare, un frammento della sacra spina, per custodire il quale il C. ordinò un tabernacolo marmoreo. Nel 1535 Francesco I chiamò il C, in Francia con il titolo tolo, di elemosiniere privato. Prima di partire egli fece testamento (ora perduto), a rogito di Antonio Cadaveo e Francesco Messaini. Non venne meno la sua sollecitudine nei confronti della propria parrocchia: nel 1536 fece innalzare un nuovo campanile e nel 1538 inviò alla Comunità un maestro che insegnava latino, greco, francese e italiano. Aveva inoltre fondato a sue spese una biblioteca ricca di incunaboli, ora per lo più dispersi.
Il C. visse in Francia mantenendo i suoi benefici ecclesiastici fino alla morte, avvenuta nel 1540 a Pont de Dieu o Pont de Yeu. Aveva disposto prima di morire che il suo cuore fosse sepolto sotto l'altare maggiore della chiesa di S. Bassiano. Ancor oggi si conserva, nella sacrestia della collegiata, il suo ritratto con un'iscrizione marmorea dovuta alla pietà dei fratelli Barnaba e Gian Carlo e delle sorelle.
Lo Squintani (citato dal Cisorio, E. G. Crotti, p. 71) attribuisce la partenza del C. per la Francia al periodo immediatamente successivo alla prigionia di Francesco I; il C. sarebbe tornato a Pizzighettone nel 1529 e avrebbe ripreso la via della Francia, definitivamente, nel 1536. Queste notizie però non sono appoggiate a nessuna prova.
Le poesie del C., insieme con gli altri carmi coriciani, si trovano sia in codici mss., Roma, Bibl. Corsiniana, fondo Nic. Rossi 207, f. 30rv (P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 114) e Bibl. Ap. Vaticana, Vat. lat. 2754 (ibid., p.352), sia nella rara edizione a stampa Coryciana, seu variorum carmina, in araminaede d. Augustini a Iano Corycio extructam, Romae 1524, cc. Iiv-IIiir. Le stesse poesie senza varianti furono ripubblicate da T. A. Vairani, Cremonensium monumenta Romae extantia, II, Romae 1778, pp. 110-111.
Fonti e Bibl.: In generale H. Claravacaeus, Fastorum libri XII, Mediolani 1554, VIII, c. 75v; F. Arisi, Cremona literata, II, Parmae 1705, p. 65; A. Grandi, Descriz. della stato fisico-politico-statistico-storico-biografico della prov. e diocesi di Cremona, II, Codogno 1856, p. 115; L. Cisorio, E. G. Crotti e G. Oldoini di Cremona, G. Claravaceo di Pizzighettone, Cremona 1916, pp. 46-47, 70-71 (nn. 53-54); G. Grossi, Mem. stor. di Pizzighettone, Codogno 1920, pp. 104-109; A. Contardi, La collegiata di Maleo, Chieri 1969, pp. 32 s.; F. Bernocchi, Storia di Pizzighettone, Pizzighettone 1973, pp. 41 s. Il primo a richiamare l'attenzione sulla lettera del Ripari al C. è stato M. E. Cosenza, Dict. of the Italian Humanists, II, Boston 1962, p. 1012; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, II, coll. 359-360, n. 2067; L. Hain, Repertorium bibliographicum, n. 1157, La lettera del C. al cardinale Ercole Gonzaga (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2509), è citata da A. Luzio, Isabella d'Este e il sacco di Roma, in Archivio storico lombardo, XXXV(1908), 2, p. 102 e n. 2. Sull'incontro tra Francesco I e il C., in partic., M. Sanuto, Diarii, XXXVIII, Venezia 1879, ad Indicem;S. Pollaroli, I tentativi per liberare Francesco I re di Francia prigioniero nella rocca di Pizzighettone, in Arch. stor. lomb., LV (1928), pp. 268 s.