MANFREDI, Gian Galeazzo
Quinto signore di Faenza della dinastia dei Manfredi, nacque da Astorgio (I) di Giovanni e da Leta di Guido da Polenta. Poiché sposò Gentile di Galeotto Malatesta nel 1396 o 1397 e nel 1397 fu associato al padre nel vicariato apostolico, si può collocare la nascita nei primi anni Settanta del Trecento.
Nei primi anni Novanta il M. inizia a comparire a fianco del padre: in particolare era accanto a lui nella campagna contro Azzo d'Este che culminò nell'aprile 1395 con la battaglia di Portomaggiore. Il padre era signore di Faenza e della Val di Lamone; una bolla di Bonifacio IX del 27 sett. 1397 confermò ai due Manfredi il vicariato su Faenza e conferì loro il vicariato anche su Fusignano, Montemaggiore e Donegaglia. Le tormentate vicende trecentesche del dominio manfrediano su Faenza sembravano risolte, ma per la dinastia si preparava in realtà un ennesimo rovescio di fortuna. La pressione di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano, sull'Italia centrale si faceva infatti sempre più forte: nel contesto di questo conflitto, i Manfredi si scontrarono con il Comune di Bologna per il possesso del castello di Solarolo. Bologna - collegata con Firenze, i da Carrara, gli Ordelaffi, gli Estensi - assoldò il condottiero Alberico da Barbiano contro i Manfredi, giovandosi dell'inimicizia che li divideva.
In quell'occasione il M. fu inviato dal padre a parlamentare con Baldassarre Cossa, legato pontificio a Bologna, e con il duca di Milano. Quest'ultima spedizione, organizzata grazie alla mediazione di Carlo Malatesta, prese le mosse nell'autunno 1400, quando Faenza era da mesi sotto assedio. Il M. uscì segretamente dalla città con la madre Leta, la moglie Gentile e la cognata Elisabetta, moglie di Carlo Malatesta, ma fu catturato da Niccolò (III) d'Este, che se ne servì come ostaggio per ottenere da Astorgio il rilascio di Azzo d'Este, prigioniero a Faenza dal 1395.
La situazione dei Manfredi, temporaneamente migliorata dalla pace con Bologna del 1401, si aggravò nuovamente negli anni 1403-04: il Barbiano infatti, al soldo del Cossa, non dava tregua ai Manfredi, mirando a insignorirsi di Faenza. Nel settembre 1404 il M. trattò con Paolo Orsini, capitano del legato, la restituzione di Faenza al diretto dominio della Chiesa per dieci anni (la Val di Lamone veniva ceduta per cinque) dietro corresponsione di una pensione annua di 2400 fiorini. I Manfredi si rifugiarono a Rimini.
Dopo la morte per decapitazione del padre, nel novembre successivo, il M. fu investito dal Cossa del castello di Solarolo, ma rimase sotto la protezione del cognato Carlo. L'elezione a Bologna, nel 1410, di Baldassarre Cossa a papa del Concilio di Pisa Giovanni XXIII in contrapposizione a Gregorio XII, papa di obbedienza romana, portò il M. a schierarsi: dalle sue rocche in Val di Lamone, dove era tornato nel 1409 allo scadere dei cinque anni di diretto dominio ecclesiastico, il M. divenne per Gregorio XII un buon alleato. Il 18 giugno 1410 il M. si impossessò di nuovo di Faenza e Gregorio XII confermò la riconquista concedendo il vicariato apostolico (1 agosto). Il 27 apr. 1411 il M., con il cognato Carlo, si legò a Gregorio XII con un patto di otto anni.
Nella veste di capitano pontificio, il M. si trovò a contrastare in Romagna due avversari di un certo rilievo, Giorgio Ordelaffi di Forlì, creato vicario da Giovanni XXIII, e il congiunto Ludovico di Almerico Manfredi, signore di Marradi e discendente di Alberghettino di Francesco il Vecchio. Il conflitto con quest'ultimo ebbe origine dall'occupazione da parte del M. del castello di Gattara, nell'alta Val di Lamone; il castello fu sottratto a Ludovico, che nel 1412 si schierò con Giovanni XXIII contro il M. e Gregorio XII.
Nel corso di questo conflitto Gregorio XII scorporò la contesa Val di Lamone dal distretto di Faenza e la eresse a contea con
centro a Brisighella, concedendone la signoria al M. e ai suoi discendenti (28 genn. 1413).
Il M. cumulò così su di sé due cariche di natura profondamente diversa, il vicariato sulla città, da rinnovarsi periodicamente, e la titolarità, ereditaria, di conte sulla valle, non necessariamente interdipendenti.
Nel 1413 divampò di nuovo la guerra con Bologna: il M. rimase fedele a Gregorio XII e figura tra i collegati di Carlo Malatesta sino alla pace con Bologna e alla lega stipulata nel 1416. In quell'anno il M. riprese il castello di Oriolo (Riolo).
Il M. morì improvvisamente per malattia il 16 ott. 1417.
Lasciava la moglie, che ebbe la reggenza dello Stato e che attendeva il quarto figlio, Gian Galeazzo, e due figli maschi, Guido Antonio e Astorgio. Un primo figlio, Carlo, nato a Rimini nel 1406, è ritenuto morto da Litta intorno al 1410: in realtà era vivo almeno nel 1418, allorché i Manfredi pagavano al Papato 100 fiorini come parte del censo dovuto per le loro terre (Messeri lo dice vivo ancora nel 1426). Ebbe anche due figlie: Marzia, sposa di Tommaso Fregoso di Genova, e Ginevra, moglie di Ostasio di Obizzo da Polenta.
La breve signoria del M. si caratterizza per il tratto peculiare della sua spiccata vocazione legislativa. Nel 1410 affidò a Bernardo da Casale e ad altri tre giurisperiti locali (Ostasio da Cavina, ser Cortese di ser Giovanni e Nicolò Bedini) il compito di approntare una nuova redazione statutaria per Faenza, terminata nell'ottobre 1410 e approvata il 31 dic. 1413; di lì a poco commissionò allo stesso da Casale, suo visconte in Val di Lamone, la promulgazione ex novo degli statuti "Terre Brisichellae et comitatus Vallis Hamonis", che le ricerche più recenti collocano tra il 3 ott. 1410, giorno in cui è menzionato per la prima volta un "vicecomes Vallis Hamonis", e il 31 dic. 1413. Tra il 1414 e il 1417 il M. fece redigere anche gli statuti e le matricole delle diverse arti cittadine.
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