Fortunio, Gian Francesco
Grammatico (sec. XVXVI), probabilmente nato a Pordenone; forse discepolo e certo amico dell'umanista Marcantonio Sabellico, fu giudice e avvocato; a Trieste fu ‛ vicario ' nel 1497, e nel 1498 ebbe il governo della città. L'anno successivo si recò a Venezia, dov'era ancora nel 1501; poi di nuovo era a Trieste nel 1509. Pretore di Ancona nel 1517, precipitò dalle finestre del pretorio, non si sa se assassinato o suicida.
Può essere considerato il primo grammatico del volgare. Tra lui e il Bembo corsero reciproche accuse di plagio. Di fatto le Regole grammaticali della volgar lingua (Ancona 1516), indirizzate piuttosto alla critica testuale che all'uso, rivolgono parecchie correzioni all'edizione aldina del 1501-1502 curata dal Bembo e già nel 1509 dovevano essere state in parte scritte, se in quell'anno ne fu richiesto il privilegio per la stampa. Forse il F. conobbe, tramite C. Castaldi, un abbozzo delle Prose bembiane; a sua volta il Bernbo si servì delle Regole per trarre esempi. Tuttavia lo schema del libro è attinto ai grammatici latini, infoltito con citazioni, emendamenti, digressioni polemiche. Doveva essere in 4 o forse in 5 libri, ma furono scritti soltanto i primi due.
Il F. si fonda sui tre maggiori trecentisti. Ebbe molto familiare il testo della Commedia, spesso citata, ma ritenne che il poeta " intento all'altezza del soggetto, forse più che al regolato ordine di rime e di grammatica, ne fosse alquanto licenzioso trasgressore ". Che le irregolarità nel poema siano in funzione anche della struttura, non gli poteva venire in mente; né il F. si chiese se certe licenze non fossero nell'uso trecentesco, e giudicò che gli stampatori le avessero moltiplicate. Alla ‛ licenziosità ' di D. contrappose la correttezza del Petrarca.
Primo nella storia degli studi danteschi esaminò di proposito la lingua di D. nelle sue peculiarità, pur negli stretti limiti della propria cultura linguistica. Nella raccolta del materiale procede con prudenza, cercando le corrette lezioni, non senza congetture e arbitrii. Ha pure l'ambizione d'interpretare i testi; discute per D. le note del Landino, riuscendo a volte meglio di lui con l'aiuto di altri noti interpreti.
Bibl. - C. Trabalza, Storia della grammatica ital., Milano 1908, 65-72; V. Brunelli, G.F.F. primo grammatico ital., in " Atti e Mem. Soc. Dalmata St. Patria " II (1927); G.G. Ferrero, D. e i grammatici del Cinquecento, in " Giorn. stor. " CV (1935) 1-59; A. Hortis, Notizie di G.F.F., ibid CXI (1938) 205-212; C. Dionisotti, Ancora del F., ibid 213-254; ID., N. Liburnio e la letteratura cortigiana, in " Lettere Ital. " XIV (1962) 33-58.