GIAN FRANCESCO da Tolmezzo (Giovanni Francesco Dal Zotto)
Non si conosce l'anno di nascita di questo pittore friulano che, come testimonia l'iscrizione apposta nel 1493 a firma degli affreschi in S. Martino a Socchieve, era originario di Tolmezzo e figlio del sarto, ricordato anche come pittore, Odorico Daniele da Socchieve "de la caxada de queli del Zoto" (Bergamini, 1988).
Non si hanno dati documentari certi sulla formazione di Gian Francesco. Alcuni studiosi hanno voluto collegare i suoi inizi all'attività del pittore Bellunello (Marini, 1942, pp. 37-39), altri a quella di Domenico da Tolmezzo (Rizzi, 1979, p. 71); ma, alla luce delle più recenti attribuzioni, è sembrato più ragionevole ipotizzare il rapporto, forse diretto, con una grande bottega di Padova o Venezia. A un linguaggio già profondamente veneto, legato ad A. Mantegna e ai Vivarini, rimandano infatti i primi cicli noti di G. (Valcanover; Bergamini, 1972, p. 11; Bonelli - Casadio, p. 13), firmati e datati 1482: gli affreschi sulla facciata della parrocchiale di Vivaro, in Friuli, e quelli nel coro della parrocchiale di San Nicolò di Comelico, nel Cadore. Sono andate invece perdute le pitture (Joppi, 1887, p. 78) eseguite nella chiesa di S. Floriano nella villa d'Imponzo, di cui si ha notizia per questioni insorte nel 1484 tra il pittore e i suoi committenti.
Degli affreschi in San Nicolò di Comelico erano note solo le lunette con l'Adorazione dei pastori e l'Adorazione dei magi. Nel 1951, in seguito a lavori di restauro, riemerse sotto lo scialbo anche il resto della decorazione insieme con la firma e la data 1482 presenti sull'imposta sinistra dell'arco trionfale. Inserite in una ancor difettosa costruzione prospettica dello spazio, e quasi completamente senza notazioni chiaroscurali, sono riaffiorate l'Annunciazione sull'arco trionfale, figure di Sante a mezzobusto nell'intradosso dell'arco, Santi sulle pareti del coro e nelle vele della volta e tre scene sopra gli sguanci delle finestre con S. Giorgio e il drago, LaMadonna con il Bambino e S. Martino e il povero.
Del ciclo coevo eseguito per la parrocchiale di Vivaro rimangono soltanto tre frammenti: una Pietà e due teste di santi, non meglio identificati, conservati all'interno della chiesa. In origine la decorazione doveva ricoprire l'intera facciata dell'edificio, distrutto nel 1820 per far posto alla nuova parrocchiale. Accanto agli elementi desunti dalle grandi botteghe venete del Quattrocento - innanzitutto il segno incisivo di Mantegna, quindi l'insegnamento plastico dei Vivarini - ne compaiono altri che caratterizzano lo stile proprio di G. e che saranno sempre presenti nella sua attività di frescante: un marcato espressionismo e una predominanza della linea nella composizione.
Il 20 nov. 1489 G. risulta aver già eseguito gli affreschi nel coro della chiesa di S. Antonio a Barbeano (Joppi, 1887, p. 78), dove troviamo raffigurati la Natività, l'Adorazione dei magi, l'Ascensione di Cristo e il Giudizio universale, ma anche i Dottori della Chiesa con Profeti ed Evangelisti, sulla volta, e dieci figure a mezzo busto di Profeti nell'intradosso dell'arco; tracce di affreschi sullo zoccolo testimoniano che la decorazione era in origine più vasta, così come lascerebbero pensare alcuni disegni preparatori per alcune figure di Santi, sulla parete destra, attribuibili alla stessa mano.
A G. viene concordemente assegnata la decorazione dell'abside, datata 1492 ma non firmata, della chiesa di S. Lorenzo a Forni di Sotto. La volta è decorata con Profeti e Dottori della Chiesa; sulle pareti si allineano in basso figure di Apostoli e in alto alcune di Evangelisti; nella lunetta di sinistra è raffigurato Il martirio di s. Lorenzo; sull'arco trionfale, una Annunciazione e S. Martino e il povero tra i ss. Nicolò e Antonio Abate; nell'intradosso dell'arco, figure a mezzobusto di Sante. L'anno seguente G. firmò e datò le pitture della chiesa di S. Martino di Socchieve. Seguendo lo schema del ciclo di Barbeano dipinse Dottori della Chiesa nella volta del coro, Natività e vari Santi sulle pareti, un'Annunciazione sull'arco trionfale e varie figure di Sante nell'intradosso dell'arco; tuttavia in questo caso una maggiore apertura alle conquiste rinascimentali porta le figure a essere inserite in uno spazio ben definito tridimensionalmente.
Nel 1496 G. eseguì uno dei suoi cicli meglio conservati, quello nella parrocchiale di S. Leonardo a Provesano, firmato e datato sopra la figura del S. Sebastiano presente nel sottarco. In aggiunta alle consuete presenze di Profeti e Dottori, di Sante e dei santi Sebastiano e Rocco, G. raffigurò sulle pareti dell'abside scene dell'Apocalisse e nove episodi della Passione di Cristo intorno a una grande Crocifissione.
I nove riquadri hanno da sempre interessato gli studiosi per l'evidente carattere nordico che li distingue nettamente dalla produzione precedente del pittore (Cavalcaselle, 1867; Marini, 1942, p. 49; Fiocco, 1951-52, p. 8; Marchetti, 1953, p. 168); tale influsso è stato spiegato con l'utilizzo da parte di G. di stampe tedesche (Marini, 1955, pp. 163-166). In questi affreschi l'espressionismo violento e drammatico tipico della scuola tedesca assume un netto predominio sugli altri elementi pittorici; le forme venete sono abbandonate per figure dipinte ancor più schematicamente, per colori meno brillanti, panneggi più contorti ed espressioni di un realismo caricato. La dipendenza da incisioni di M. Schongauer appare puntuale nel Cristo davanti a Pilato, nella Flagellazione, nella Salita al Calvario, nel Cristo davanti a Caifa e nella Deposizione. Sarebbe invece ripresa da una stampa del cosiddetto Maestro I.A.M. la scena con la Cattura (Shestack).
Gli stessi soggetti e le medesime fonti appaiono nell'impresa pittorica di G. successiva al ciclo di Provesano. Intorno al 1497, anche se la cronologia di quest'opera rimane ancora un problema aperto (G. da T., 1991, pp. 10 s.), lavorò in S. Gregorio a Castello d'Aviano e dipinse sulle pareti della navata dodici scene della Passione di Cristo, di cui ne rimangono otto; completano la decorazione medaglioni con personaggi ritratti di profilo.
Il 3 luglio 1499 G. e il pittore Pietro da Vicenza si impegnarono a eseguire Storie della Vergine e Storie dei ss. Martino e Felice (andate perdute) in tre cappelle della chiesa di S. Maria a Cordenons (Joppi, 1887, pp. 78 s.). La data 1499 presente presso la Madonna col Bambino che decora un capitello a Prata di Pordenone (Furlan, 1957, pp. 72 s.) è da riferirsi al sacello e non all'affresco, da collocarsi invece a una data di qualche anno posteriore (Goi, 1985, p. 192).
Abbandonati gli spunti nordici e tornato al suo stile più tradizionale, G. eseguì l'ultima sua decorazione giunta a noi integra, quella della chiesa di S. Floriano a Forni di Sopra. Datato "1500 XVII Aprilis", il ciclo ripropone il solito schema con i Dottori della Chiesa sulla volta, Apostoli e Santi con S. Floriano sulle pareti, figure di Sante a mezzobusto sull'intradosso dell'arco e, sull'arco, una Madonna con il Bambino e s. Floriano.
È possibile che a questa impresa pittorica, in cui G. ritorna a uno stile precedente, abbiano collaborato altri pittori; tra questi, forse anche il figlio Nicolò, che compare insieme con il padre come testimone in un atto del 2 ag. 1504 a Forni di Sotto (Joppi, 1890, p. 89). Ma è anche probabile che lo scarto qualitativo riscontrabile all'interno del ciclo rispetto a quelli precedenti sia imputabile non alle diverse mani ma a una possibile dilazione dei lavori nel tempo, considerate le tante commissioni che impegnavano G. in quegli anni.
Al 1502 è documentato il ciclo di pitture nell'abside della chiesa di S. Maria di Pignano a Ragogna (Joppi, 1890, pp. 88 s.), recentemente riemerso sotto uno spesso strato di intonaco, del quale rimangono tracce di una Annunciazione e figure frammentarie di Apostoli (La conservazione…, 1987, p. 222).
Completamente perduti sono invece gli affreschi eseguiti per il coro della chiesa di S. Pantaleone a Invillino nel 1501; per la chiesa di S. Giacomo a Pesariis nel 1505; per il coro della chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo a Sezza nel 1506; perduti sono andati anche un gonfalone e una pala d'altare eseguiti in collaborazione con il figlio Nicolò per la parrocchiale di Arba nel 1503, come pure la pala eseguita per la chiesa di S. Leonardo a Gemona nel 1510 (Joppi, 1890, pp. 89 s.; Bergamini, 1988, pp. 498 s., 503 s.; Goi, 1985, p. 193; G. da T., 1991, p. 13).
Dopo una diversa attribuzione ad Antonio da Firenze (Forniz, pp. 62-64), la pala d'altare della chiesa di S. Giuliana a Castello d'Aviano (Madonna e il Bambino tra i ss. Nicola, Dorotea, Giuliana, Caterina, Apollonia e Gregorio) è stata ricollegata con sicurezza alla mano di G., con una datazione al 1507; nello stesso anno il pittore realizzò, nella medesima chiesa, una serie di pitture a fresco di cui rimangono solo due scene: LaMadonna con il Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Leonardo (staccata e conservata al Museo civico di Pordenone) e l'Uccisione da parte del prefetto di Nicomedia di un gruppo di persone convertite al cristianesimo da s. Giuliana, ancora in situ.
In seguito agli studi più recenti sono stati attribuiti con sicurezza alla mano di G., con una datazione tra il 1499 e il 1500, l'affresco con l'Annunciazione in una lunetta di un grande ambiente, originariamente adibito a cappella, al pian terreno del Castello di Torre di Pordenone (Goi, 1988, p. 509), e, con una datazione più tarda (entro il primo decennio del XVI secolo), l'affresco con S. Floriano in S. Pietro a Sclavons (G. da T., 1991, p. 24); di incerta cronologia è invece la tavola con la Madonna, il Bambino e angeli (Venezia, Gallerie dell'Accademia), sulla quale Cavalcaselle nell'Ottocento lesse la firma (perduta) "Zuane Francischo de Tomezo".
Dell'attività di G. nella città di Pordenone, e dunque con datazioni oscillanti tra gli ultimi anni del Quattrocento e il primo decennio del XVI secolo, si riconoscono invece un fregio ad affresco, parte di una più vasta decorazione sulla facciata di un palazzo cittadino, con puttini, stemmi e clipei contenenti profili maschili e femminili (Ganzer, 1984; G. da T., 1991, pp. 19-22); affreschi molto rovinati in duomo raffiguranti S. Luca e la Pentecoste (Goi, 1985, p. 192; G. da T., 1991, pp. 22 s.); e un lacerto di affresco con S. Barbara nella chiesa detta del Cristo (S. Maria degli Angeli) raffigurante S. Barbara (ibid., p. 24).
Di incerta attribuzione rimangono invece le due portelle d'organo con l'Annunciazione conservate nel Museo di Budapest; la decorazione, molto rovinata, di una "maina" posta a lato della strada che collega le località di Socchieve e Nonta (Bergamini, 1974); il dipinto di ubicazione ignota con la Madonna e il Bambino tra Gerolamo Savorgnan e la moglie Maddalena Della Torre (Rizzi, 1983, pp. 153 s.); il rovinatissimo ciclo di affreschi di S. Lucia in Colle a Budoia di cui resta leggibile solo la scena del Martirio della santa (G. da T., 1991, p. 18); i frammenti pittorici di una più vasta decorazione sul portale maggiore della chiesa di S. Martino a Palse (Bonelli - Casadio, p. 25; Goi, 1985, p. 192).
Per S. Martino a Socchieve G. dipinse una pala d'altare che lasciò incompleta alla morte e che venne terminata dal genero, tale Bernardino tintore, della cui produzione pittorica non si conosce nulla di più (Bergamini, 1988). La pala, raffigurante la Madonna e il Bambino tra i ss. Michele e Lorenzo nel registro superiore, S. Martino tra s. Rocco e s. Sebastiano in quello inferiore, è una delle pochissime pitture su tavola note dell'artista.
G. morì nel 1511 a causa della peste: dai documenti (ibid., pp. 488-506) risulta che egli era sposato con una certa Maddalena e che era padre, oltre che di Nicolò, di Valentina, moglie di Bernardino, citata come unica erede di G. in un documento del 1520.
Dopo i mediocri giudizi e le confuse notizie sulla sua pittura riportati dai primi studiosi che si interessarono al suo lavoro (Di Maniago, 1823, pp. 37 s.; Cavalcaselle, 1867, p. 128), G. è oggi comunemente considerato la più importante personalità pittorica attiva in Friuli tra gli ultimi decenni del Quattrocento e il primo Cinquecento; il caposcuola di quella pittura friulana che si andava aprendo alle conquiste rinascimentali: è stato anche proposto, in particolare, da Fiocco e da Marini, un alunnato di Giovanni Antonio Pordenone presso di lui, ipotesi abbandonata negli studi più recenti (Bonelli - Casadio, p. 11).
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